BERNARDI, Giovanni Desiderio (Giovanni da Castelbolognese)
Figlio di Bernardo, nacque a Castelbolognese nell'anno 1496.
Bernardo, figlio di Giovanni, nacque intorno al 1463. Della sua attività di orafo resta, conservato nel Museo diocesano di Pennabilli (Pesaro-Urbino), un calice in rame dorato, con qualche niello argenteo nel piedestallo, firmato: "Bernard. de Castro Bononiensi fecit ". Morì intorno all'anno 1553 (cfr. Corbara, 1964).
Trascorsi gli anni d'apprendistato nella bottega paterna, il B. eseguì i suoi primi lavori per Alfonso I d'Este: fra l'altro, un intaglio in cristallo riproducente la Presa di Bastia ed una medaglia col ritratto del duca e, sul rovescio., la Cattura di Gesù nell'orto degli ulivi, ricordati entusiasticamente dal Vasari e non altrimenti conosciuti. Dopo alcuni anni di permanenza alla corte estense, dietro incitamento di Paolo Giovio, si trasferì a Roma, dove incontrò la protezione dei cardinali Ippolito de' Medici e Giovanni Salviati, e per loro intercessione riuscì a lavorare per il pontefice Clemente VII. Nel 1530 si recò a Bologna in occasione dell'incoronazione imperiale di Carlo V (24 febbraio) che lo invitò invano a seguirlo in Spagna: una medaglia col ritratto dell'imperatore gli valse allora un compenso di ben cento doppie d'oro. Tornato a Roma al servizio del cardinale Ippolito, fu nominato mazziere da Clemente VII, e fu successivamente chiamato alla Zecca in qualità d'incisore di coni.
Alla Zecca pontificia, data allora in appalto a Giacomo Balducci, lavorava dal 1529 Benvenuto Cellini, che alla notizia dell'arrivo a Roma di "maestro Giovanni da Castel Bolognese molto valent'uomo per far medaglie" non aveva desiderato "altro al mondo che di fare a gara" con lui. Agli inizi del 1534, però, in seguito ai maneggi di Pompeo de Capitaneis e di Tommaso Alicorni, la Zecca fu tolta al Cellini ed affidata a Tommaso d'Antonio, detto il Fagiuolo, al quale il pontefice con motu proprio del 3 marzo 1534 affiancò il Bernardi.
Secondo la testimomanza del Vasari, confermata da una lettera non datata (ma scritta comunque fra il 1537 ed il 1547) di Claudio Tolomei ad Apollonio Filarete, il B. intagliò, per Ippolito de' Medici, due cristalli su disegni che Michelangelo aveva eseguiti fra il 1532 ed il 1533 per Tommaso Cavalieri.
I due cristalli ricordati dal Vasari raffiguravano, rispettivamente, i miti di Tityos e di Fetonte. I disegni di Michelangelo (Barocchi, IV, pp. 1881 s., 1902)sono conservati, quello del Tityos a Windsor Castle, e quello del Fetonte al British Museum e a Windsor Castle, in due delle tre varianti che ne furono fatte. Dei cristalli intagliati dal B. il Bulgari ricorda una variante firmata del Tityos,che cita, però, come Prometeo e dà come conservata a Firenze. Il Tityos è, inoltre, conosciuto attraverso un'altra variante conservata nel British Museum (Dalton, n. 787) e attraverso le placchette che ne furono tratte, le quali costituiscono peraltro l'unico mezzo per la conoscenza del Fetonte. Il Tityos riproduce con fedeltà lo schema compositivo michelangiolesco, con disegno chiaro e preciso e minuziosa resa dei particolari. Nell'esecuzione del Fetonte, invece, il B. tenne presenti tutt'e due le varianti citate, e dalla loro contaminazione trasse un nuovo disegno con l'esclusione della figura di Zeus.
Fra i disegni michelangioleschi per il Cavalieri era compreso un Ratto di Ganimede (Barocchi, IV, pp. 1888, 1898 ss., 19o4),dal quale, come si apprende da una lettera del 3 sett. 1533dello stesso Cavalieri a Michelangelo (ibid., p. 1888), il cardinale Ippolito aveva espresso il desiderio di far intagliare al B. un nuovo cristallo. In effetti, fra le piacchette di Tommaso Cades conservate nel Deutsches Archaeologisches Institut di Roma una ve n'è che richiama, nello stile e nelle dimensioni, quella firmata del Fetonte e riproduce all'inverso il disegno michelangiolesco del Ratto di Ganimede.
Delle altre opere lodate dal Vasari, che il B. eseguì per il papa Clemente VII e per il cardinale Ippolito negli anni intomo al 1530, sono conservati i quattro tondi di cristallo con i Quattroevangelisti (Napoli, Museo Nazionale di Capodimonte) e la medaglia col ritratto del pontefice, che ricorre con due differenti rovesci: Giuseppe riconosciuto dai fratelli e gli Apostoli Pietro e Paolo. Ilcristallo raffigurante il Ratto delle Sabine è conosciuto attraverso placchette di bronzo conservate in numerose collezioni; mentre i ritratti di Ippolito de' Medici non sono sicuramente identificati.
Attivo alla Zecca (accanto al Fagiuolo e a Valerio Vicentino) negli ultimi mesi del pontificato di Clemente VII, il B. vi rimase ancora sotto Paolo III, negli anni che videro l'uccisione di Pompeo de Capitaneis e il ritorno del Cellini al suo lavoro d'incisore di coni, fino al 1538.
Nel 1535 moriva il cardinale Ippolito, e il B. passava al servizio del cardinale Alessandro Famese, nipote di Paolo III.
In una lettera del 28 luglio 1539 al cardinal Famese il B. dà notizia di essere stato a Venezia e di aver fatto approntare una serie di cristalli per una croce e due candelieri: "ho fatto far tutti li cristalli de li candeleri et ho fatto liquefare quelli due pezzi de la Croce. perché li voglio rifare. E più io faccio una Croce di cristallo e una pace… per Moriale" (Ronchini, pp. 10-12). Di questi cristalli il Vasari ricorda segnatamente quelli intagliati per i due candelieri: Gesù che guarisce il figlio del centurione, la Piscina probatica,la Trasfigurazione,la Moltiplicazione dei pani e dei pesci, la Cacciata dei mercanti dal tempio e la Resurrezione di Lazzaro.
Una lettera del B. al Farnese del 4 apr. 1546 si riferisce ad una seconda serie di cristalli, fatti anch'essi preparare a Venezia ed incisi tutti con scene della vita di Cristo. Notizie particolareggiate sui soggetti delle incisioni (terminate nel 1547) sono ancor una volta fornite dal Vasari: natività, preghiera nell'orto degli ulivi, cattura, presentazione ad Anna, Erode e Pilato, fiagellazione, coronazione di spine, salita al Calvario, crocefissione e resurrezione.
Nel 581 il cardinal Farnese donò alla basilica vaticana una croce e due candelabri per la decorazione dei quali il faentino Antonio Gentile si servì, secondo la più tarda testimonianza di Francesco Antonio Vettori (1739: Kris, p. 98), di precedenti intagli del Bernardi.
Dal confronto dei cristalli inclusi nelle opere del Gentile, conservate nel Tesoro di S. Pietro, con la lista fornita dal Vasari appare evidente che furono adoperati, oltre a cristalli della seconda serie, che era rimasta inutilizzata, anche taluni della prima serie che erano già stati montati nella croce e nei due candelabri del 1539. Della prima serie vennero impiegati Gesù che guarisce il figlio del centurione,la Piscina probatica,la Trasfigurazione e la Resurrezione di Lazzaro;della seconda, la Preghiera nell'orto degli ulivi,la Cattura, la Presentazione ad Anna, Erode e Pilato, la Flagellazione,la Coronazione di spine,la Crocefissione e la Resurrezione.
Altre raffigurazioni ricordate dal Vasari e non incluse nella lista precedente (Cacciata dei mercanti dal tempio e Salita al Calvario) sono state successivamente montate in un cofanetto d'argento conservato al Museo di Copenaghen: di esse la prima è firmata. Inclusi nella cassetta di Copenaghen e nei candelieri di S. Pietro sono ancora quattro cristalli che il Vasari non nornina: una Resurrezione firmatae una Trasfigurazione (Copenaghen), più un'UltimaCena euna seconda Guarigione miracolosa (S. Pietro), mentre la Natività ricordata dallo storico aretino è stata individuata con molta probabilità in un cristallo in collezione inglese (Rushfort) con Adorazione dei pastori. Sconosciuta resta la Moltiplicazione dei pani e dei pesci.
Nulla si sa dei disegni tenuti presenti dal B. nell'incisione, ma il fatto che i soggetti della prima serie sono gli stessi affrescati da Perin del Vaga nella cappella Massimi in Trinità dei Monti (distrutti, meno un frammento della Resurrezione di Lazzaro oggi al Victoria and Albert Museum di Londra) hanno fatto pensare al Bonaccorsi come autore di tali disegni e, infatti, già lo Sloman (p. 20)riconobbe nel disegno della Resurrezione di Lazzaro (Louvre, n. 539) la rappresentazione preparatoria per il cristallo (vedi, anche per gli altri disegni, B. F. Davidson, Perino del Vaga e la sua cerchia [catal.], Firenze 1966, pp. 42-44).
L'opera più significativa del B. è, però, costituita dai sei ovali di cristallo inseriti nella cosiddetta Cassetta Farnese conservata nel Museo di Capodimonte a Napoli. Il cofanetto d'argento, opera di Manno di Bastiano Sbarri, venne eseguito fra il 1548 e il 1561. I cristalli del B., incisi con elegante chiarezza su disegni di Perin del Vaga, rappresentano la Battaglia delle Amazzoni (firmato), la Battaglia dei Centauri (firmato), la Battaglia di Salamina,la Caccia al cinghiale Calidonio,il Trionfo di Bacco (firmato) e una Corsa di quadrighe.
Secondo una lettera del B. al Farnese del 21 apr. 1544 era pure destinato alla CassettaFarnese ilcristallo con la Guerra di Tunisi, menzionato dal Vasari. Eseguito anch'esso su disegno di Perin del Vaga, è conservato ora al Metropolitan Museurn di New York (coll. Morgan). Una replica assai interessante è quella che, firmata "Iohannes B(ernardi) f(ecit)" e con la leggenda "Expeditio Africana ", ricorre su di una medaglia d'argento conservata nella Buridessammlung von Medaillen di Vienna, riproducente al dritto il ritratto di Carlo V, che ripete fedelmente lo schema del dipinto di Tiziano del 1548. Come già per i cristalli precedenti, il B. ordinò ancora a Venezia il cristallo di rocca inserito nel piatto conservato nel Museo degli argenti di palazzo Pitti e raffigurante l'Entrata di Noé nell'arca (lettere relative, in Ronchini, pp. 24-26, 27). Altri cristalli attribuiti al B. e conservati al Museo dell'Ermitage di Leningrado raffigurano il Ratto di Deianira, Venere e Adone e Dedalo e Icaro. Nella Bibliothèque Nationale di Parigi è inoltre conservato (n. H 2964)un cristallo con Crocefissione (firmata).
Nell'aprile del 1540 il B. aveva intanto ripreso la sua attività alla Zecca pontificia in qualità d'incisore dei coni al posto del Fagiuolo (l'ultimo pagamento al Fagiuolo è del 10 genn. 1541). In quello stesso anno il posto di zecchiere era stato tolto a Giacomo Balducci e concesso a Bartolomeo Bettini, durante la gestione del quale si avvicendarono, accanto al B., Leone Leoni e Alessandro Cesati detto il Grechetto. Pagamenti al B. sono ricordati alle date del 14 giugno 1541 e del 5 maggio 1545. Questi rimase alla Zecca fino al dicembre del 1545, quando venne sostituito da Gian Giacomo Bonzagna, ufficialmente insediato da Paolo III con motu proprio dell'8 genn. 1546.
Nel 1544il B. si fece costruire a Faenza una nuova casa che adornò con le armi del cardinal Farnese, il quale già nella vecchia casa era spesso suo ospite. Qui, secondo la testimonianza del Vasari (Liverani), il B. conservava due quadri, uno di Giorgione e l'altro di Tiziano, che erano stati dipinti per il padre della sua prima moglie, di cui si ignora il casato. Morta la prima moglie nel dicembre 1545,il B. si risposò con Girolama Moridini, dalla quale ebbe tre figli: Cesare, Alessandro e Lucrezia.
Il B. morì a Faenza il 22 maggio 1553, e fu sepolto nella chiesa di S. Girolamo fuori Porta Montanara.
Altre sue opere non citate dal Vasari si trovano menzionate nelle lettere indirizzate da Faenza al cardinal Farnese: tra l'altro una Battaglia di Melegnano (4 apr. 1546),una Conversione di s. Paolo (25 dic. 1547) e un "tabernacolo" ricordato in due lettere del 17 nov. 1543 e del 21 apr. 1544 (Ronchini, pp. 17, 24, 27)
L'ipotesi del Liverani (p. 28)che i cristalli inseriti nel ciborio di S. Maria degli Angeli (eseguito da I. del Duca e da I. Rocchetto, probabilmente su disegno di Michelangelo, e conservato a Napoli nel Museo di Capodimonte) fossero opera del B. è ripresa successivamente dal Bulgari che alla data 8 maggio 1545 ricorda una consegna di "parti lavorate" effettuata a Roma per conto del Bernardi. Allo stato attuale degli studi tale ipotesi non può essere accertata (per il ciborio, vedi E. Lavagnino, in Riv. dell'Ist. di archeologia e storia dell'arte,II [1939], pp. 104-14).
Per le placchette del B., o derivate da incisioni del B., vedi i cataloghi citati in bibliografia. Si dà qui un elenco dei soggetti, non menzionati precedentemente, di placchette firmate: Continenza di Scipione (nel British Museum c'è una sardonica incisa con lo stesso soggetto: Dalton, n. 852); Nettuno; Caccia alla pantera; Marte, Venere e Amore; Combattimento degli Orazi e Curiazi; Eliezer incontra Rebecca.
Un fratello del B., Orfeo, padre di Alessandro, maestro argentiere, e di Giovanni Battista, pittore, morì il 27 febbr. 1553. Alessandro nacque a Castelbolognese nel 1536; nel dicembre 1547 era a Roma con una raccomandazione dello zio Giovanni per il card. Farnese (Ronchini, p. 27); si hanno sue notizie sino al 1569.
Fonti e Bibl.:Delle opere relative all'attività dei B. si citano qui solo le fonti e la letteratura più significativa. Per la vita, fondamentale, G. Vasari, Le Vite…,a cura di G. Milanesi, V, Firenze 1880, pp. 371-75; inoltre, B. Cellini, Vita,a cura di O. Bacci, Firenze 1901, p. 129 e A. Ronchini, Maestro Giovanni da Castel Bolognese,in Atti e mem. delle RR. Deputazioni di storia patria per le Prov. modenesi e parmensi,IV (1867), pp. 1-28 dell'estratto (contiene le lettere dell'Archivio Farnesiano), nonché F. Liverani, Maestro G. B…,in Atti e mem. della R. Deputaz. di storia patria per le prov. di Romagna,VIII (1869), pp. 39-92 (lo stesso in volume, Faenza 1870). Vedi inoltre: E. Martinori, Annali della Zecca di Roma. Clemente VII,Roma 1917, pp. 35, 37, 41, 56 ss., 63 ss.; Id., …Paolo III,ibid. 1917, pp. 10, 17 s., 23, 56, 64, 66; A. De Rinaldis, Il cofanetto farnesiano del museo di Napoli,in Boll. d'Arte,III(1923-24), pp. 145-165; V. Sloman, Rock-crystals by G. B.,in The Burlington Magazine,XLVIII (1926), pp. 9 ss.; E. Kris, Di alcune opere ignote di G. dei B. nel Tesoro di S. Pietro,in Dedalo, IX (1928-29), pp. 97 ss.; N. Krasnova, Rock-crystals by G. B.,in the Hermitage Museum,in The Burlington Magazine,LVI (1930), pp. 37 ss.; G. M. N. Rushforth, A rock-crystal intaglio by G. B., ibid.,LXXI (1937), pp. 284 s.; C. Bulgari, Argentieri, gemmari e orafi d'Italia,I, Roma 1958, pp. 151 s. (p. 148 per Alessandro); P. Barocchi, in G. Vasari, La vita di Michelangelo…,Firenze 1962, IV, pp. 1881 s., 1888, 1898 ss., 1902, 1903, 1904. Per le placchette vedi i cataloghi delle collezioni più importanti; sono stati consultati: E. Molinier, Les Plaquettes…,Paris 1886, II, pp. 1-13; C. Drury-E. Fortnum, A descriptive catalogue of the bronzes… in the South Kensington Museum,London 1876, pp. 63-71; Königliche Museen zu Berlin. Beschreibung der Bildwerke der christlichen Epochen,II, Die Italienischen Bronzen,Berlin 1904, nn. 1187-1248; O. M. Dalton, Catalogue of the engraved gems of the post-classical periods… in the British Museum,London 1915, pp. XXXVIII s., LXXII, nn. 738, 787, 813, 852, 853, 878. Vedi inoltre: L. Forrer, Biographical dictionary of medaillists,I, London 1904, pp. 173 s.; VII, ibid. 1923, pp. 74-76; U. Thieme-F. Becker, Künstler-Lexikon,III,pp. 435 s. (con ulter. bibl.); Encicl. Ital.,VI,p. 748. Per Bernardo, cfr. A. Corbara, Bernardo orefice…, in La Pié,XXXIII(1964), pp. 202-205.