BELTOFT (Beltot, Beltotto, Bellotto), Giovanni di
Nobile inglese, nacque nella seconda metà del secolo XIV nella parrocchia di Belton in diocesi di Lincoln; la famiglia era infeudata di alcune località della diocesi e da una di esse trasse il proprio cognome il Beltoft.
Già in fama di valoroso e temuto uomo d'arme il B., dopo avere con ogni probabilità preso parte alla guerra dei Cento anni, dovette venire dalla Francia in Italia intorno al 1380; il suo nome appare tuttavia per la prima volta nell'estate del 1384, quando egli venne inviato, insieme con altri due capitani, al comando di cinquanta lance dalla Signoria di Firenze in soccorso della Repubblica di Siena.
Nel 1386 il B., con una compagnia di trecento lance, prestava servizio sotto papa Urbano VI, il quale lo aveva assunto per affidargli il compito di riconquistare i territori di dominio pontificio, nella loro quasi totalità passati all'obbedienza dell'antipapa francese Clemente VII nel corso delle lotte provocate dal grande scisma del 1378. Fin dal 28 nov. 1386 Urbano VI lo aveva nominato suo vicario nel ducato di Spoleto; le operazioni militari, tuttavia, cominciarono soltanto nella primavera dell'anno successivo.
I capitani pontifici si proponevano di rompere innanzitutto la resistenza opposta all'autorità di Urbano VI dal feudatario Rinaldo Orsini, conte di Tagliacozzo, al quale si era affiancato uno dei maggiori esponenti della fazione filo-clementina in Italia centrale, Francesco di Vico, signore di Viterbo.
Al B. era stato affidato il compito di occupare Narni, ma egli venne prevenuto dall'Orsini, il quale, dopo aver provocato nella città tumulti popolari, se ne era reso signore. Anche se l'assassinio di Francesco di Vico (maggio 1387) compensò questo insuccesso delle armi pontificie facendo cadere Viterbo nelle mani del cardinale Tommaso Orsini, vicario generale del Patrimonio e comandante delle truppe pontificie, al B. toccava poco dopo un nuovo rovescio ad opera delle truppe di Rinaldo Orsini nei pressi di Orvieto. Un mese più tardi veniva nominato capitano generale delle truppe della Chiesa con la direzione delle operazioni nell'Italia centrale (30 luglio 1387), e nel settembre di quello stesso anno, raggiunto Urbano VI nel suo rifugio di Lucca, era a capo del contingente di duecento lance che scortava il pontefice da Lucca a Perugia.
L'esonero del cardinale Tommaso Orsini, seguito dalla nomina del B. a capitano generale, trova la sua spiegazione più probabile nei contrasti sorti tra il papa ed il cardinale, cui Urbano VI rimproverava soprattutto una politica personale e autoritaria. Che il pontefice diffidasse dell'Orsini è dimostrato dal fatto che, nel novembre di quello stesso anno 1387, egli inviava il B. contro il cardinale, con l'ordine di catturarlo: il condottiero inglese s'impadronì a Viterbo dell'Orsini e lo tradusse prigioniero.
I buoni rapporti tra il papa e il condottiero, tuttavia, non potevano durare a lungo: le difficoltà finanziarie misero Urbano VI nell'impossibilità materiale di far fronte alle pressanti richieste di denaro continuamente avanzate dal B. sotto la minaccia di abbandonare la condotta. L'assegnazione di una rendita annua di 300 marchi da rilevarsi sulle entrate della Camera apostolica in Inghilterra (24 ott. 1387) non valse che a prorogare di due mesi la rottura fra i due. Quando Urbano VI si vide costretto, agli inizi del 1388, a licenziare il B. e la sua compagnia, era ancora fortemente indebitato col condottiero inglese, il quale, a quanto sarebbe risultato ai Fiorentini, vantava nei suoi confronti un credito di ben 30.000 fiorini.
Cessata la sua condotta al servizio della Chiesa, il B. si dette a imprese ben più sicure e redditizie. Associata la sua compagnia (la cui forza era allora di ben 1.500 cavalli) a quelle del famoso condottiero guascone Bernardone de La Salle e del venturiero tedesco Eberhard von Landau (noto in Italia come Averardo della Campana), nel maggio del 1388 compì, assieme con i due alleati del momento, una vasta scorreria attraverso le terre della Toscana, movendo da Cannara, dove i capitani avevano posto il loro quartier generale. La scorreria fruttò un'ingentissima somma di denaro. Siena si riscattò con 12 mila fiorini; Pietro Gambacorta, signore di Pisa, il più minacciato, dato che tra le file dei venturieri militavano numerosi fuorusciti pisani della fazione degli Appiano, versò 15 mila fiorini; Lucca non attese l'arrivo delle bande e si affrettò ad inviare 9 mila fiorini. Dopo questa fortunata campagna i "tre caporali di compagne di ladroni", come li ebbe a definire l'anonimo cronista fiorentino, si ritirarono a Cannara.
L'anno 1388 segnò senza dubbio l'acme della carriera del B., divenuto uno dei condottieri più richiesti in Italia; nel momento in cui sempre più minaccioso si profilava il conflitto tra Firenze e Milano, i Fiorentini non lesinarono né denaro né maneggi per assicurarsi i suoi servigi. Fu così che Neri Caviccioli ebbe dalla Repubblica di Firenze l'incarico di sondare le intenzioni del condottiero inglese (giugno 1388), ma cadde nelle mani di Urbano VI, il quale, irritato con Firenze (non solo per l'alleanza che quest'ultima aveva conclusa con Rinaldo Orsini, ma anche perché, sperando anch'egli di indurre il B. a rientrare ai suoi servizi, vedeva nella missione del Caviccioli un intralcio ai suoi disegni), trattenne per qualche tempo l'inviato fiorentino nelle prigioni di Perugia. Sembra, tuttavia, che il Caviccioli sia riuscito a portare a termine ugualmente la sua missione, dato che, come sappiamo, Firenze concluse col B. un accordo segreto: nel luglio poteva infatti inviare al condottiero (che in quel turno di tempo aveva ricevuto offerte allettanti anche dal duca di Milano) Biliotto Biliotti con l'incarico di stipulare i termini della condotta (20.000 fiorini per un periodo di servizio di otto mesi; il B. avrebbe messo a disposizione della Repubblica circa 1.000 cavalli). I Fiorentini tuttavia non cessarono di dubitare della lealtà dei propositi del B., nonostante il consenso da lui dato alle loro proposte; essi temevano infatti, come risulta da una lettera indirizzata il 16 luglio 1388 a Gian Galeazzo Visconti, che il condottiero inglese stesse trattando segretamente col papa per rientrare al suo servizio.
I sospetti si dovevano rivelare fondati. Disperse presso Umbertide le soldatesche di Pandolfo Malatesta (18 giugno 1388), il B. cambiava improvvisamente campo, passando sul finire di luglio alla parte pontificia, proprio quando Urbano VI si preparava a rientrare in Roma. Agli inizi del mese di agosto egli mosse da Perugia a scorta del pontefice col grosso delle sue truppe (oltre 2.000 uomini), puntando su Roma; ma, giunti presso Narni, i suoi mercenari si rifiutarono di procedere, adducendo gli impegni assunti con Firenze, ma, soprattutto, nel timore dell'insolvenza del papa. Col B., rimasto fedele al pontefice, restarono poco più di duecento cavalleggeri, che egli, al termine del viaggio, fece acquartierare in Viterbo, per l'ostilità dei Romani.
Profittando del momento propizio, i Fiorentini iniziarono nuovi maneggi per avere dalla loro parte il condottiero inglese: nel novembre avevano intavolato trattative per indurlo ad unirsi alle bande di Giovanni Acuto nel servizio della Repubblica. Quale esito abbiano avuto tali trattative non sappiamo; il 23 dic. 1388, comunque, il B. veniva privato della rendita di 300 marchi annui assegnatagli dal pontefice in pagamento dei servizi resi. Ciò lasciava supporre che sul finire del 1388 egli fosse già passato al servizio della Repubblica di Firenze; ed al servizio dei Fiorentini si trovava ancora nell'anno 139o, quando scoppiò finalmente la temuta guerra fra Milano e Firenze.
Nell'ottobre del 1390, alla testa di un esercito forte (così riferisce un contemporaneo cronista fiorentino) di ottocento lance e tremila tra balestrieri e fanti, il B. saccheggiò il territorio di Siena, alleata del duca di Milano; nel dicembre dell'anno successivo, incaricato di scortare un convoglio di merci e vettovaglie diretto da Pisa a Firenze con un contingente di 200 lance e di 500 fanti, venne attaccato nei pressi di Cascina da un distaccamento di truppe milanesi, ma invece di affrontarle preferì prendere vergognosamente la fuga, lasciando il convoglio nelle loro mani. In seguito a ciò, i Fiorentini denunciarono il contratto che li legava al così poco fidato condottiero (fine del 1391).
Del B. non si hanno più notizie sicure: secondo una contemporanea cronaca fiorentina, egli, che aveva deciso di tornare al soldo pontificio, sarebbe caduto nelle mani di alcuni membri della famiglia Orsini non altrimenti identificati e da questi sarebbe stato decapitato, a quel che pare, nel 1392.
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