GIOVANNI di Bonandrea
Nacque a Bologna, come affermato da lui stesso nel primo dei tre esametri posti a prologo della sua opera Brevis introductio ad dictamen. Si ignora la data di nascita precisa, che è però da collocarsi poco prima della metà del XIII secolo, presumibilmente intorno al 1245, considerando che la sua iscrizione alla matricula notariorum Comunis Bononie avvenne nel 1266 e che l'età media dei notai, all'inizio della professione, si aggirava intorno ai ventuno anni. Il padre, Bonandrea, è ricordato come piscator, titolo che identificava il magistrato preposto a tutto quanto riguardava il piscatum, ossia il controllo della cattura e della immissione sul mercato dei prodotti della pesca. Nulla si sa, invece, della madre, ma si conoscono i nomi di tre fratelli di G.: Simone e Bongiovanni, attivi a Verona, e Pietro, che fu notaio in Bologna.
I primi documenti in cui appare il nome di G., in veste di testimone, risalgono al 26 maggio e all'11 ag. 1266. Il 31 dicembre dello stesso anno superò l'esame per l'iscrizione alla corporazione dei notai, ma il primo documento da lui rogato a noi noto è posteriore di oltre un anno. Al 1273 è datato l'ultimo documento relativo alla sua attività professionale in Bologna. Per il ventennio successivo, infatti, abbiamo la totale assenza a Bologna di ogni traccia a lui relativa. Poiché il periodo viene a coincidere con quello delle lotte politiche fra la fazione guelfa dei Geremei e quella ghibellina dei Lambertazzi, che terminò con la sconfitta di quest'ultima e il conseguente allontanamento, volontario o forzato, dei suoi fautori, si è portati a ritenere che anche G. possa aver lasciato Bologna per motivi politici. Vi sono però alcuni elementi oggettivi che si oppongono a tale ipotesi, primo fra tutti il fatto che il nome di G. non risulta nella lista dei notai radiati dalla matricula; inoltre il padre e il fratello Pietro restarono sicuramente a Bologna, e ciò contrasta con le sanzioni estese a tutti i membri delle famiglie colpite da bando che venivano anche escluse da ogni possibilità di partecipazione a cariche politiche o pubbliche in genere, mentre un figlio del fratello di G., Bonandrea di Bongiovanni, è citato negli statuti del 1288 tra i facenti parte del Consiglio del Popolo.
G. trascorse probabilmente alcuni anni a Padova per approfondire gli studi di retorica presso l'Università di quella città; questa ipotesi può essere suffragata da quanto risulta da un documento del 22 apr. 1292 in cui si afferma che, quando fu chiesto ai cittadini bolognesi di giurare fedeltà ai Geremei nel 1274, il padre di G. e il fratello Pietro giurarono, mentre egli non poté farlo perché assente dalla città in quanto era "in Studio".
Dopo il periodo padovano, riguardo al quale non sappiamo nulla, G. si trasferì a Verona, dove si trovavano già due suoi fratelli, ed entrò anche lui, come il fratello Simone, al servizio di Alberto Della Scala. La sua presenza presso la corte scaligera è attestata sicuramente dal 7 luglio 1278, data in cui autenticò un documento. Negli anni successivi restò a Verona in qualità prima di scriba di Alberto Della Scala, poi di suo cancelliere. Nel 1279 fu presente a un compromesso di pace stipulato fra le città di Ferrara e di Milano, e il 14 settembre dello stesso anno fu fra i testimoni presenti all'incontro tra i podestà e i capitani del Popolo di Verona, Mantova e Brescia per la nomina dei rispettivi ambasciatori a conclusione della pace stipulata fra i tre Comuni.
Il soggiorno veronese si protrasse sicuramente fino al 1291; in quest'anno infatti, in data 9 maggio, rogò un documento firmandosi come "domini Capitanei Verone scriba". Probabilmente in questo periodo si dedicò anche all'insegnamento, raggiungendo una discreta notorietà come magister; non sarebbe altrimenti giustificato quanto dichiarato nel documento che lo nominava insegnante di retorica all'Università di Bologna in data 22 ag. 1292, in cui si afferma che la sua presenza avrebbe apportato molto onore e vantaggio al Comune e allo Studio bolognese. Nel periodo compreso fra il 1292 e il 1295 attese alla stesura della Brevis introductio ad dictamen, composta espressamente per l'insegnamento dell'ars dictaminis ai giovani, come dichiarato negli esametri da lui posti a introduzione dell'opera.
La sua permanenza a Bologna fu interrotta da uno o più viaggi, anche di lunga durata, a Verona; vi si trovava infatti, forse invitato proprio dalla corte, il 19 luglio 1299, quando comparve in qualità di testimone al contratto dotale per le nozze di Costanza, figlia di Alberto Della Scala, con Guido Bonacolsi, detto Bottesella.
I buoni rapporti con gli Scaligeri si interruppero con la morte di Alberto, avvenuta il 3 sett. 1301; nell'anno successivo, infatti, sotto il governo del figlio di questo, Bartolomeo, G. venne espulso con tutti i suoi familiari e parenti da Verona, dopo aver subito anche la confisca dei beni e aver visto il nipote Alberto vittima di un omicidio che rimase impunito.
Rientrato nella sua città, nel 1303 si rivolse ad Arnolfo "de Fuxigara", capitano del Popolo di Bologna, affinché questi intervenisse presso il governo di Verona perché gli fosse resa giustizia e fosse punito il colpevole dell'omicidio del nipote. Chiese inoltre che il Comune di Bologna lo aiutasse economicamente restituendogli la cattedra all'Università. In seguito alla sua petizione, oltre l'affidamento dell'insegnamento della retorica per un anno, compensato con 25 lire bolognesi, come risulta dal libro dei conti degli amministratori dello Studio, Bettino dei Ghisilieri e Gregorio dei Provedelli, ricevette anche l'incarico, il 28 luglio 1303, di impartire per sei mesi lezioni sul dictamen ai notai meno esperti della Cancelleria; tale incarico fu rinnovato nel gennaio del 1304. Il 28 sett. 1303 aveva avuto anche la nomina definitiva quale insegnante di retorica, incarico che mantenne fino alla morte; il 6 marzo 1304 il governo ratificò inoltre tutti i provvedimenti in suo favore.
Sempre nel 1304 fu tra i viri discreti cui venne affidato il compito di redigere i nuovi statuti della società dei notai; a lui spettò inoltre il compito di rogarli e trascriverli, a ulteriore conferma del suo notevole prestigio professionale. Gli statuti sono stati pubblicati in Statuti delle società del popolo di Bologna, a cura di A. Gaudenzi, II, Statuti delle società delle arti (sec. XIII-XIV), in Fonti per la storia d'Italia [Medio Evo], IV, Roma 1896, pp. 5-53.
Nel 1305, essendo di nuovo cambiato il governo a Verona con l'ascesa al potere di Alboino (succeduto al fratello Bartolomeo, morto nel marzo 1304), G. rivolse una supplica alle autorità bolognesi per sollecitare un nuovo intervento presso gli Scaligeri; la mancanza di ulteriore documentazione relativa a questa richiesta fa supporre che il tentativo non abbia avuto seguito.
Pur non essendo documentata, un'interruzione del suo insegnamento è ipotizzabile sulla base di un documento del Consiglio degli anziani, in data 29 sett. 1306, che gli affidava nuovamente l'incarico di maestro di retorica nello Studio, confermando i provvedimenti già stabiliti in suo favore.
Nel 1309 fu, insieme con il fratello Pietro, tra gli esentati dal pagamento di un versamento di 1000 bolognini imposto dal Comune ai fautori dei Lambertazzi. In questo fatto alcuni hanno voluto vedere un ulteriore atto di benevolenza delle autorità bolognesi nei suoi confronti; esso può essere ritenuto invece una conferma di quanto già precedentemente ipotizzato circa la posizione sua, e della sua famiglia, nella politica della città.
G. morì nel 1321 a Bologna, lasciando una grande fama di maestro, forse superiore al merito.
Il 14 ottobre dello stesso anno venne nominato al suo posto, come maestro di retorica, Bartolino di Benincasa "de Canulo", che era stato prima suo discepolo poi ripetitore. Bartolino si impegnò a seguire le orme del suo maestro e a leggere, come il suo predecessore, la Rhetorica ad Herennium di Cicerone e l'Ars dictandi dello stesso Giovanni di Bonandrea.
Il trattato di G., Brevis introductio ad dictamen, trasmesso da una quindicina di codici, presenta in tutti i manoscritti che lo tramandano un particolare comune, il fatto cioè di essere sempre adespoto e spesso anche anepigrafo. Poiché in più casi a un controllo diretto si è potuto rilevare che l'anonimato dell'autore è dovuto alla rasura del suo nome, si può supporre, pur non conoscendone i motivi, che vi sia stata a un certo punto una sorta di damnatio memoriae nei confronti di G.; per questo il trattato è stato spesso indicato o citato con l'incipit "Bononie natus". Di due copie non pervenuteci della Brevis introductio ad dictamen si ha notizia grazie all'inventario dei beni di Giovanni Aprucio di Palermo e all'inventario dei libri posseduti dal notaio Giovanni Baldracchino di Montebelluna. L'ampia diffusione geografica dei codici fa supporre che l'opera sia stata utilizzata oltre che a Bologna, nel cui Studio il manuale fu adoperato come libro di testo per circa un secolo, in molte altre università.
Il trattato si può dividere in due parti: la prima tratta dell'epistola e delle sue cinque parti (salutatio, exordium, narratio, petitio e conclusio), e ricalca lo schema tradizionale delle artes coeve, che tendevano alla schematizzazione e alla semplificazione delle regole del comporre abitualmente adoperate; la seconda affronta invece argomenti di carattere grammaticale e stilistico quali il cursus e la punteggiatura. Quest'ultima è descritta da G. con molti spunti innovativi, il che ha determinato in gran parte la fortuna dell'opera. La Brevis introductio ad dictamen è stata pubblicata in edizione critica a cura di S. Arcuti, Galatina 1993. Del trattato esiste anche un volgarizzamento trecentesco, edito a cura di F. Zambrini, Brieve introductione a dittare, Bologna 1854.
G. è autore anche di una canzone: Scende da monte mirabel altezza, strutturata in quattro stanze in ottava rima e conservata, sotto il nome Zanine di Bonandrea, nel codice della Bibl. apost. Vaticana, Barb. lat. 3953, compilato da Nicolò de' Rossi in Bologna nel primo quarto del XIV secolo, quindi contemporaneamente all'attività di G.; un altro codice, il Barb. lat. 3989, riporta la canzone sotto il nome Giovanni di Bonandrea. Questo componimento poetico, non certo eccelso dal punto di vista contenutistico e stilistico, presenta però una grande importanza in quanto è il primo testo letterario italiano che presenta la forma metrica dell'ottava rima, la cui paternità è tradizionalmente attribuita a Giovanni Boccaccio. La canzone è stata pubblicata in G. Zaccagnini, G. di B. dettatore e rimatore e altri grammatici e dottori in arti dello Studio bolognese, in Studi e memorie per la storia dell'Università di Bologna, V (1920), pp. 162 s.
Fonti e Bibl.: Chartularium Studii Bononiensis, I, Bononiae 1909, p. 231; II, ibid. 1916, p. 248; V, ibid. 1921, pp. 216, 228; VII, ibid. 1923, pp. 210, 227; X, ibid. 1936, p. 24; XI, ibid. 1938, pp. 95 s.; XV, ibid. 1987, pp. 114 s.; Liber, sive Matricula notariorum Comunis Bononie (1219-1299), a cura di R. Ferrara - V. Valentini, Roma 1980, p. 245; G.N. Pasquali Alidosi, I dottori bolognesi di teologia, filosofia, medicina, e d'arti liberali dall'anno 1000 per tutto marzo del 1623, Bologna 1623, p. 79; C. Ghirardacci, Della historia di Bologna, II, Bologna 1657, pp. 17 s.; L. Allacci, Poeti antichi raccolti da codici mss. della Biblioteca Vaticana, e Barberina, Napoli 1661, pp. 360 s.; G.M. Crescimbeni, L'istoria della volgar poesia, I, Roma 1698, p. 44; F.S. Quadrio, Della storia e della ragione d'ogni poesia, II, 2, Milano 1742, pp. 247 s.; G. Fantuzzi, Notizie degli scrittori bolognesi, II, Bologna 1782, pp. 375 s.; S. Mazzetti, Repertorio di tutti i professori antichi, e moderni della famosa Università, e del celebre Istituto delle scienze di Bologna, Bologna 1847, p. 63 n. 50; O. Mazzoni Toselli, Racconti storici estratti dall'Archivio criminale di Bologna, III, Bologna 1872, p. 64; A. Corradi, Notizie sui professori di latinità nello Studio di Bologna sin dalle prime memorie, in Documenti e studj pubblicati per cura della R. Deputazione di storia patria per le provincie di Romagna, II (1886), pp. 358, 393, 399-401; F. Cavazza, Le scuole dell'antico Studio bolognese, Milano 1896, p. 132; C. Cipolla, Documenti per la storia delle relazioni diplomatiche fra Verona e Mantova nel secolo XIII, Milano 1901, pp. 163, 243, 363, 365; F. Novati, Di una Ars punctandi erroneamente attribuita a F. Petrarca, in Rendiconti del R. Istituto lombardo di scienze e lettere, s. 2, XLII (1909), pp. 94, 110 s.; E. Orioli, La Cancelleria pepolesca. Atti e formule, Bologna 1910, pp. 20-26, 63-66; G. Manacorda, Storia della scuola in Italia, I, Il Medio Evo, I, 2, Palermo 1914, p. 273; L. Frati, Rimatori bolognesi del Trecento, Bologna 1915, pp. XX-XXIII, 57-60; G. Zaccagnini, Notizie ed appunti per la storia letteraria del secolo XIV, in Giornale storico della letteratura italiana, LXVI (1915), 3, pp. 328 s.; Id., G. di B. dettatore e rimatore e altri grammatici e dottori in arti dello Studio bolognese, in Studi e memorie per la storia dell'Università di Bologna, V (1920), pp. 145-163; Statuti di Bologna dell'anno 1288, a cura di G. Fasoli - P. Sella, I, Città del Vaticano 1937, p. 381; A. Sorbelli, Storia della Università di Bologna, I, Il Medioevo, Bologna 1944, pp. 120 s.; G. Bertoni, Il Duecento, Milano 1951, pp. 257 s.; J. Tognelli, Introduzione all'"Ars punctandi", Roma 1963, pp. 18, 149; M. Marti, La prosa. La letteratura istituzionale e le origini della prosa d'arte in volgare, in Storia della letteratura italiana (Garzanti), I, Milano 1965, p. 535; J.R. Banker, G. di Bonandrea and civic values in the context of the Italian rhetorical tradition, in Manuscripta, XVIII (1974), pp. 3-5, 10-20; Id., The "Ars dictaminis" and rhetorical textbooks at the Bolognese University in the fourteenth century, in Medievalia et humanistica, n.s., V (1974), pp. 153-163; F. Carboni, Incipitario della lirica italiana dei secoli XIII e XIV, I, Città del Vaticano 1977, p. 348 n. 3404; L. Gargan, Cultura e arte nel Veneto al tempo del Petrarca, Padova 1978, pp. 114, 212; S. Karaus Wertis, The commentary of Bartolinus de Benincasa da Canulo on the "Rhetorica ad Herennium", in Viator, X (1979), pp. 287-289; G.C. Alessio, L'"ars dictaminis" nelle scuole dell'Italia meridionale (secoli XI-XIII), in Luoghi e metodi di insegnamento nell'Italia medioevale (secoli XII-XIV). Atti del Convegno internazionale di studi, Lecce-Otranto… 1986, Galatina 1986, p. 300; C. Bologna, La letteratura dell'Italia settentrionale nel Trecento, in Letteratura italiana (Einaudi), VII, Storia e geografia, I, L'età medievale, Torino 1987, p. 564; G. Tamba, La società dei notai di Bologna, Roma 1988, p. 168; M. Camargo, Ars dictaminis. Ars dictandi, Turnhout 1991, p. 49; Letteratura italiana (Einaudi), Gli autori. Diz. bio-bibliografico e indici, I, Torino 1990, pp. 907 s.; Rep. fontium historiae Medii Aevi, VI, p. 289.