GIOVANNI DI BRIENNE, RE DI GERUSALEMME E IMPERATORE LATINO DI COSTANTINOPOLI
Figlio di Edoardo III di Brienne, si trovò coinvolto nelle vicende del Medio Oriente, teatro di una guerra che vedeva impegnato l'Occidente, a partire dal sec. XI, nel controllo degli interessi sorti in quell'area con la liberazione dei Luoghi Santi dopo la prima crociata. Il fratello Gualtiero sposò Albiria, figlia primogenita di Tancredi d'Altavilla, re di Sicilia. Quando nel 1208 Maria, regina di Gerusalemme, figlia di Isabella d'Angiò e di Corrado del Monferrato, compì diciassette anni, giungendo, così, all'età da marito, un'ambasceria guidata da Florent, vescovo di Acri, e da Aimaro, signore di Cesarea, si recò presso la corte di Francia per chiedere consiglio al re, Filippo Augusto, sul possibile candidato. Nonostante la posta in gioco fosse una corona, sembra non sia stato facile trovare un aspirante. La scelta cadde dunque su Giovanni di Brienne, scelta sostenuta peraltro da papa Innocenzo III. Il pontefice e il sovrano francese costituirono una dote di 4.000 marchi d'argento a favore dello squattrinato sposo. Sbarcato ad Acri il 13 settembre del 1210, il giorno successivo fu unito in matrimonio con la regina Maria. Nel mese di ottobre la coppia fu incoronata a Tiro. La scelta del sessantenne cavaliere francese per il trono del piccolo Regno di Gerusalemme, fondato da Goffredo di Buglione alla fine del sec. XI col titolo di "Advocatus Sancti Sepulchri" e ridottosi a una stretta fascia costiera che da Giaffa giungeva a Tiro e S. Giovanni d'Acri, si dimostrò felice per la prudenza da lui stesso dimostrata nei rapporti con i musulmani, sulla base di una sperimentata conoscenza della politica internazionale, con i vassalli e con gli Ordini monastico-cavallereschi. Nell'estate del 1211 non si oppose alla partecipazione di alcuni suoi vassalli a una spedizione templare contro Damietta. Pochi mesi dopo stipulò con al-῾Ādil, fratello del Saladino, una tregua quinquennale, proseguendo, così, nella politica di Giovanni d'Ibelin (v.), già reggente del Regno al tempo della minore età di Maria. Proprio nel 1210 egli aveva proposto il rinnovo della tregua triennale scaduta in quell'anno. Ciò non impedì il sollecito di una nuova spedizione crociata. Nel 1213 moriva la giovanissima regina Maria dopo aver dato alla luce una figlia, alla quale fu imposto il nome della nonna, Isabella, spesso ricordata come Iolanda (v. Iolanda di Brienne).
Alla morte della moglie G. continuò a governare come reggente della figlia. Nel 1214 sposò Stefania di Armenia, figlia di Leone II, morta abbastanza presto fra il 1219 e il 1220. Nell'estate di quell'anno morì Leone d'Armenia. Eredi erano le due figlie, Stefania, moglie di G., e la secondogenita Isabella, chiamata alla successione. G. tentò di difendere i diritti del figlio avuto da Stefania, morto, però, qualche settimana dopo la scomparsa della madre. Gli avvenimenti del marzo 1220 evidenziarono la considerazione di cui godeva G. specialmente nell'ambiente dei Cavalieri. Mentre, infatti, il cardinale Pelagio, messo a capo della quinta crociata da papa Onorio III, sicuro dei rinforzi consistenti giunti dall'Italia, era intenzionato a riprendere l'offensiva, i Templari (v.) rifiutarono di muoversi, ritenendo G. l'unica persona che il contingente crociato composto da varie nazionalità avrebbe riconosciuto come capo. Dopo la presa di Damietta, avvenuta intanto il 5 novembre 1219, a differenza del cardinale Pelagio, G. aveva proposto con forza che la città fosse annessa al Regno di Gerusalemme. Ancora una volta egli ebbe modo di dar prova, anche se inascoltato, di prudenza, disapprovando il rifiuto opposto alle reiterate offerte di pace di al-Kāmil con la contestuale cessione di Gerusalemme, di tutta la Palestina e la sottoscrizione di una tregua di trent'anni. Poca cosa, al confronto, la conquista di Damietta, nonostante la strategica posizione della città sul Nilo. Si dimostrò altresì contrario a un'avanzata in Egitto decisa da Pelagio, consenziente il duca Luigi di Baviera giunto a capo del consistente corpo di spedizione inviato da Federico II. Nonostante la grande superiorità di forze, l'esercito crociato venne accerchiato e sconfitto dalle truppe di al-Kāmil che approfittarono della crescita delle acque del Nilo per porsi tra i crociati e Damietta dopo aver attraversato il fiume nei pressi del lago Manzaleh. Il valore di G. e dei suoi cavalieri non cambiò il corso degli eventi. La quinta crociata si concluse, infatti, con l'ingresso in Damietta, l'8 settembre del 1221, del sultano al-Kāmil. Sembra comunque che G., unitamente a Pelagio, non sia stato esente da responsabilità nella disastrosa condotta della guerra.
La fine delle ostilità e le lotte interne tra Selgiuchidi e Ayyubidi di Aleppo e Mosul consentirono ai cristiani, e anche al Regno di Gerusalemme, quindi, di riprendersi e di riavviare i rapporti commerciali con l'hinterland musulmano. Nel 1222 G. si recò a Roma per consigliarsi con Onorio III sul futuro del suo Regno, ponendo sul tappeto la questione della successione e, quindi, di un possibile matrimonio della figlia Isabella, ancora undicenne, che in dote avrebbe portato la rivendicazione del titolo di regina di Gerusalemme. L'età di G., ormai settantenne, imponeva, però, di prendere una decisione. Nello stesso periodo di tempo, per preparare l'incontro tra l'imperatore e il papa, sostenitore della crociata, si trovava a Roma il Gran Maestro dell'Ordine dei Cavalieri teutonici, Ermanno di Salza, artefice del matrimonio di Jolanda di Brienne con Federico II di Svevia, ormai vedovo di Costanza d'Aragona, al quale si sarebbe aperta, così, una prospettiva concreta e allettante per la crociata. Lo Svevo sarebbe diventato infatti re di Gerusalemme, titolo che comparirà, da questo momento in poi, negli atti sovrani. La scelta di Ermanno di Salza trovò consenziente il pontefice, che, conseguentemente, immaginò Federico più interessato alla questione orientale. In questa maniera all'incontro di Ferentino tenutosi nella primavera del 1223 partecipò anche Giovanni. Il matrimonio fu gradito anche all'anziano Brienne, che fece cadere ogni residua riserva quando gli fu assicurato dallo stesso Ermanno di Salza che gli sarebbe stata riconosciuta la reggenza del Regno vita natural durante. Meno gradita la cosa fu a Filippo Augusto di Francia, escluso dalle vicende del Regno di Gerusalemme, al quale, anche in un recente passato, al momento della designazione di G. a sovrano del piccolo Regno, ci si era rivolti. Era evidente che con il matrimonio di Jolanda con Federico di Svevia il controllo della situazione passava all'imperatore di Germania, re di Sicilia nello stesso tempo. La cerimonia di nozze fu, ad ogni modo, celebrata nella cattedrale di Brindisi agli inizi di novembre del 1225 con il fasto che si addiceva a una coppia imperiale. Con uguale magnificenza la regina e il suo seguito erano stati accolti all'arrivo in città, dove ad attenderli vi erano il futuro sposo e il padre che, intanto, avevano soggiornato nel castello di Oria.
G., all'indomani del matrimonio, dovette prendere atto di che tempra fosse suo genero. Senza alcuna esitazione, infatti, Federico lo spogliò del titolo di re di Gerusalemme, essendone titolare la figlia. Né fu tenuto conto di quanto sembra gli avesse fatto intendere Ermanno di Salza al momento della stipula del matrimonio di Jolanda con Federico, e cioè che l'imperatore avrebbe continuato a riconoscergli la reggenza. Si può immaginare che Federico non abbia tenuto in alcun conto quanto da lui stesso, in effetti, mai dichiarato, trattandosi, al contrario, di semplici assicurazioni verbali tutt'al più fatte dal Gran Maestro dei Cavalieri teutonici quando era stato importante avere il consenso di G. al matrimonio della figlia con l'imperatore. L'atteggiamento di Federico sembra doversi mettere in relazione con i timori nutriti nei confronti del nipote di G., Gualtieri, figlio del fratello e, per parte di madre, di Tancredi, conte di Lecce e re di Sicilia. La situazione suggerì a G., spogliato, oltre che della dignità, anche del lascito di 5.000 marchi fatto, sembrerebbe, da Filippo Augusto a favore del Regno di Gerusalemme, di allontanarsi, andando in pellegrinaggio a Santiago de Compostela in Spagna. In seguito si rifugiò a Roma. Sorte migliore non ebbe sua figlia, morta il 25 aprile del 1228, sei giorni dopo aver dato alla luce un figlio cui fu imposto il nome di Corrado; fu sepolta nella cattedrale di Andria.
Per qualche tempo a G. furono affidate importanti mansioni di comando nelle terre del papato. Alla testa delle truppe pontificie penetrò in Puglia per rendere operativo, al momento della scomunica di Federico II, il progetto di papa Gregorio IX di annessione della parte continentale del Regno al papato. Nonostante l'età G. si risposò, prendendo in moglie Berengaria di Castiglia, figlia di Alfonso IX. Nel 1229 con il favore di Gregorio IX divenne reggente per il giovane Baldovino II (v.), al quale dette in moglie la figlia avuta da Berengaria di Castiglia, dell'Impero di Costantinopoli, salvandolo dagli attacchi congiunti dei bulgari e dei greci di Nicea. Morì il 23 marzo del 1237.
Fonti e Bibl.: Relation française du mariage de Frédéric II avec Isabelle de Brienne et de ses démêlés avec le roi Jean, in Historia diplomatica Friderici secundi, II, 2, pp. 922-923; Riccardo di San Germano, Chronica, in M.G.H., Scriptores, XIX, a cura di G.H. Pertz, 1839, pp. 344-345, 350. A. Georges, Jean de Brienne, Troyes 1855; Id., Les Briennes de Lecce, Paris 1869, cap. IV, pp. 91-117; S. Runciman, Storia delle crociate, I-II, Torino 1966: I, p. 252; II, pp. 751, 800-802, 824-838; E. Kantorowicz, Federico II, imperatore, Milano 1978, pp. 120 e passim, 188; G. Masson, Federico II di Svevia, ivi 1978, pp. 124-128; E. Horst, Federico II di Svevia, ivi 1981, pp. 121-123, 158-162; D. Abulafia, Federico II. Un imperatore medievale, Torino 1988, pp. 124-127, 164-167; J. Le Goff, San Luigi, ivi 1996, pp. 102-105.