GIOVANNI di Gioacchino (Giovanni de Gigante, Ioan o Ioanne Tedeschino o Todeschino o Todisco)
Non si conoscono il luogo e la data di nascita di questo miniatore forse di origine tedesca attivo presso la corte aragonese di Napoli alla fine del Quattrocento. La tradizionale ricostruzione della vita e dell'attività di G. si basa su una lettera del 20 marzo 1524 di Pietro Summonte in risposta a Marcantonio Michiel che per la sua storia sulle arti figurative aveva chiesto informazioni sulle opere d'arte degne di nota della città di Napoli. Summonte dando sue notizie lo chiama "Ioan Tedeschino", lo dice figlio di un tedesco, nato in Lombardia, eccellente nell'arte della miniatura, e aggiunge che visse a lungo a Napoli, che fu originariamente legato ai modi "di Fiandra", che si dedicò poi a imitare lo stile "d'un Gasparo romano" e che, seguendo la maniera di quest'ultimo, "pervenne in tanta sublimità"; e conclude: "di costui sono molte opere in questa città" (Nicolini, p. 165). Il miniatore cui Summonte si riferiva era evidentemente Gaspare da Padova (detto Gaspare Romano); e Nicolini, che nel suo studio del 1925 riporta la lettera, suppone che G. fosse figlio del miniatore Gioacchino de Gigante (Gioacchino di Giovanni) e che l'adesione di G. ai modi di Gaspare Romano coincidesse con il ritorno del padre a Roma nel 1481.
Fin dal 1875 Minieri Riccio aveva parlato dell'esistenza di quattro miniatori, distinguendo tra Gioacchino d'Alemagna, Gioacchino di Giovanni, Giovanni de Gigante e Giovanni Tudischino, mentre Mazzatinti nel 1897 li riteneva una sola persona. De Marinis (1947) riportando i documenti tratti dalle cedole aragonesi cita un atto del 6 apr. 1474 in cui si dice che "Iohanne de Gigante" minia un testo di Plutarco, uno di Plinio e dei versetti di Ovidio; nei successivi documenti da lui riportati, che vanno dal dicembre 1487 al giugno 1495, G. compare con il nome di Todischino o Ioan Todisco. Mentre De Marinis e Ruysschaert ritenevano G. e Gioacchino l'uno padre e l'altro figlio e sostenevano che G. e Ioan Todeschino fossero la stessa persona, D'Urso nel 1998 ha messo in evidenza che né Summonte, né i documenti aragonesi fanno alcun cenno a rapporti di parentela tra Ioan Todeschino o Tedeschino e il miniatore Gioacchino di Giovanni o de Gigante. Secondo D'Urso (pp. 472 s. n. 30) difficilmente il documento del 1474 si può riferire a Ioan Todeschino, che non viene mai citato come "de Gigante": dovrebbe invece riferirsi a un figlio del miniatore Gioacchino che potrebbe aver seguito il padre a Roma dopo il 1480, il che spiegherebbe l'assenza di "Giovanni de Gigante" nelle cedole aragonesi degli anni successivi.
Secondo Ruysschaert, sulla base della lettera di Summonte, che indica Gaspare Romano come maestro di G., si può supporre che questi fosse a Roma con il padre e qui incontrasse il suo maestro e Bartolomeo San Vito e si rifacesse al loro stile. Riguardo alle opere Ruysschaert attribuisce a G. il frontespizio del Plinio (Naturalis historia, ms. 691 della Biblioteca universitaria di Valenza) posteriore al 1487 e il Biondo Flavio (Decades, Cod.Lat. Mon. 11324 della Bayerische Staatsbibliothek di Monaco) del 1494.
Alexander (1969), aggiunge a questi due codici l'attribuzione dell'Orazio (Carmina, ms. 78.D14) del Kupferstichkabinett di Berlino notando una compresenza di caratteri napoletani, in particolare nei putti, e di reminiscenze venete ricche di inserti antiquari, soprattutto nella resa delle cornici in cui si notano continui richiami ad architetture classiche. Pur senza addentrarsi in specifiche ricostruzioni biografiche, lo studioso, ancora nel 1994, continua ad accettare l'ipotesi che Todeschino sia identificabile con G., figlio del miniatore Gioacchino.
Secondo D'Urso, invece, dal passo di Summonte si ricostruisce la sola figura di Ioan Todeschino i cui modi, più che rimandare a Gaspare Romano, richiamano l'artista veneto che va sotto il nome del Maestro del Plinio di Londra, la cui attività è stata ricostruita da L. Armstrong (Renaissance miniature painters and classical imagery…, London 1981, pp. 30-49 e passim). Quest'ultimo artista, attivo per il cardinale Giovanni d'Aragona nella prima metà degli anni Ottanta e la cui produzione in Veneto si arresta attorno al 1478, a parere di D'Urso potrebbe addirittura essere identificabile con Ioan Todeschino. Questa idea era in qualche modo già stata adombrata da A.C. De La Mere, che nell'approfondito esame dedicato ai manoscritti eseguiti per il cardinale Giovanni d'Aragona ipotizzava che il Maestro del Plinio di Londra dopo il periodo veneto, intorno al 1480, si fosse recato verso l'Italia meridionale al seguito del cardinale, come attestato dall'esistenza di un gruppo di manoscritti di provenienza napoletana riferibili al maestro o comunque da lui fortemente influenzati, tra cui includeva quelli già assegnati a Todeschino da Alexander.
Al corpus del Maestro del Plinio di Londra, alias Ioan Todeschino, attraverso le ulteriori proposte di Avril e di Reynaud, sono state aggiunte le cornici del Libro d'ore di Federico d'Aragona (probabilmente realizzato intorno al 1501-04: Parigi, Bibliothèque nationale, Fondslat. 10532), ricordate già da Alexander (1994), e le miniature del Libro d'ore della Sainte-Chapelle (collezione privata: D'Urso, pp. 468, 478-480).
L'ipotetica identificazione di Ioan Todeschino con il Maestro del Plinio di Londra consentirebbe di spiegare la stessa origine cosiddetta "lombarda", o piuttosto veneta (D'Urso) di Todeschino, e giustificherebbe il fatto che questo artista dopo aver lavorato al servizio del cardinale Giovanni d'Aragona (morto nel 1485), nel 1488 diventasse miniatore ufficiale della corte, come attestano i documenti riportati da De Marinis.
Nel tentativo di ricostruire la vita e l'attività di Todeschino come figura separata dal miniatore figlio di Gioacchino si andrebbe dunque da un primo periodo veneto-lombardo a uno al servizio del cardinale d'Aragona, estimatore della cultura figurativa antiquaria, per poi passare alla produzione per la corte aragonese.
Dopo l'ultima cedola aragonese del 1495 la presenza di Todeschino è attestata a Napoli nel 1497 da una serie di pagamenti del distrutto monastero benedettino napoletano dei Ss. Severino e Sossio. Alcuni dei pagamenti, che non specificano il ruolo avuto da Todeschino nella produzione dei corali del monastero, avvennero tramite il priore di S. Domenico, fatto che avallerebbe la notizia riportata da Nicolini degli stretti rapporti con i domenicani.
Secondo Nicolini, infatti, il miniatore finì con l'entrare nel convento di S. Domenico Maggiore a Napoli, tanto che nell'interesse del convento intervenne come testimone in un compromesso il 30 genn. 1500 e morendo lasciò a questa comunità un proprio manoscritto, come è riportato in calce al codice XIII.A.18 (In quartum librum sententiarum secundum Thomam de Argentina) della Biblioteca nazionale di Napoli.
Non si conoscono documenti successivi a questa data; se G. e Todeschino fossero due nomi dello stesso artista si potrebbe ipotizzare che G. al seguito dell'esule re Federico d'Aragona sia emigrato in Francia e lì abbia lavorato ancora nei primi anni del XVI secolo.
Fonti e Bibl.: C. Minieri Riccio, Cenno storico dell'Accademia Alfonsina, Napoli 1875, pp. 3, 5 s.; G. Mazzatinti, La biblioteca del re d'Aragona in Napoli, Rocca San Casciano 1897, pp. LXXV, LXXVII; F. Nicolini, L'arte napoletana del Rinascimento e la lettera di P. Summonte a M.A. Michiel, Napoli 1925, pp. 165, 268-271; T. De Marinis, La biblioteca napoletana dei re d'Aragona, I, Milano 1952, pp. 51, 62, 101 s., 156 s., 162; II, ibid. 1947, pp. 132, 155, 263, 286-291, 299, 301-303, 307 s., 310; J. Ruysschaert, Miniaturistes "romains" à Naples, ibid., Suppl., I, Verona 1969, pp. 263-267, 269, 271 s., 274; J.J.G. Alexander, Notes on some Veneto-Paduan illuminated books of the Renaissance, in Arte veneta, XXIII (1969), p. 20 n. 36; M. Rotili - A. Putaturo Murano, Introduzione alla storia della miniatura e delle arti minori in Italia, Napoli 1970, p. 140; A. Putaturo Murano, Miniature napoletane del Rinascimento, Napoli 1973, pp. 40 s.; A.C. De La Mere, The Florentine scribes of cardinal Giovanni d'Aragona, in Il libro e il testo. Atti del Convegno internazionale, … 1982, a cura di C. Questa - R. Raffaelli, Urbino 1984, pp. 256 s. n. 44, 291 s.; F. Avril, in Dix siècles d'enluminure italienne (catal.), Paris 1984, pp. 166 s., 178 s.; A. Compagnone, Aggiunte alla miniatura del Rinascimento, in Miniatura a Napoli dal '400 al '600 (catal.), a cura di A. Putaturo Murano - A. Perriccioli Saggese, Napoli 1991, pp. 61 s.; M. Reynaud, Le manuscrits à peinture en France, 1440-1520, Paris 1993, pp. 296 s. n. 163; J.J.G. Alexander, in The painted page. Italian Renaissance book illumination 1450-1550 (catal., London-New York), München 1994, ad indicem; T. D'Urso, in La Biblioteca reale di Napoli al tempo della dinastia aragonese (catal.), a cura di G. Toscano, Napoli-Valencia 1998, pp. 465-482, 596-599 (con un ricco catalogo di opere); T. D'Urso - M. Cruz Cabeza Sánchez-Albornoz, ibid., pp. 600-603, 642-645; U. Thieme - F. Becker, Künstlerlexikon, XIV, p. 12 (s.v. Gigante, Giovanni de).