GIOVANNI di Lorenzo (detto Giovanni delle Corniole)
Assai scarse sono le notizie biografiche su questo intagliatore di gemme, in gran parte raccolte da Gaetano Milanesi alla fine dell'Ottocento nel suo commento alle Vite del Vasari. Nacque a Pisa intorno al 1470 da Lorenzo di Pietro, detto delle Opere, in quanto alcuni membri della famiglia erano stati tessitori di stoffe di seta a opera. Sembra però che i suoi antenati avessero esercitato l'arte del fabbro e del corazzaio, motivo per il quale ebbero per arma uno scudo con una fascia orizzontale nel mezzo del campo, ornata con tre "morioni".
Pare che G. sia stato educato all'arte dell'intaglio da un certo Antonio pisano. Nel 1498 risiedeva già da tempo a Firenze, come si può dedurre dalla sua portata al Catasto di quell'anno (quartiere di S. Giovanni, "gonfalone" Drago): risulta allora possessore d'un sito per costruirvi una casa in via S. Zanobi (allora via Mozza), comprato dal capitolo dei canonici del duomo per 25 fiorini d'oro, ma residente in una casa d'affitto in via dei Pilastri, di proprietà d'un pittore, Giovanni di Michele Scheggini, detto il Graffione. G. era temperatore dell'orologio della torre del Saggio in mercato Nuovo, appartenente all'arte dei mercanti, e in questo luogo esercitava la professione d'intagliatore di corniole. Nel 1495, insieme con Michelangelo di Viviano, padre del celebre scultore Baccio Bandinelli, con Lorenzo Benintendi e con Salvestrino Della Vecchia, orafi e gioiellieri, stimò le gioie e altre pietre preziose cedute ai Tornabuoni dai sindaci dei beni di Piero di Lorenzo de' Medici e dei suoi familiari banditi dalla città, a parziale compenso della somma loro dovuta per il recupero della filiale romana del banco mediceo (Grote). Il 25 genn. 1504 venne chiamato a esprimersi, insieme con i più prestigiosi artisti fiorentini, in merito alla migliore collocazione del David di Michelangelo, che stava per essere completato: pur essendosi in un primo tempo dichiarato favorevole alla collocazione del colosso accanto al Marzocco (l'effigie del leone, simbolo della città, scolpita da Donatello), di fronte a palazzo Vecchio, in un secondo momento mutò parere, allineandosi con quello dell'architetto Giuliano da Sangallo (Giuliano Giamberti), che aveva proposto di collocare il "gigante" sotto la loggia dei Lanzi, per preservare il marmo dall'azione delle intemperie. Nel giugno del 1505, insieme con Lorenzo di Credi e Pietro Perugino, giudicò migliore una testa di S. Zanobi in mosaico realizzata da Monte del Fora in concorrenza con David del Ghirlandaio per l'Opera del duomo di Firenze. Il 29 ag. 1513 ricevette la commissione, da parte della Signoria di Firenze, di realizzare una corniola intagliata con la raffigurazione di Ercole, uno dei simboli tradizionali della città di Firenze, che doveva servire come sigillo della Repubblica (Arch. di Stato di Firenze, Deliberazioni della Signoria, III, c. 70).
Il 6 genn. 1516, già infermo, dettò il proprio testamento, rogato da Filippo Cioni, aggiungendovi un codicillo il 27 di quello stesso mese. La morte dovette sopraggiungere di lì a poco. Nel documento G. ricorda tra l'altro lo stretto legame con il fratello Francesco delle Opere, morto a Venezia nel 1496, "il quale lui sempre ebbe in luoco di padre": sappiamo che uno dei figli di quest'ultimo, Camillo, morto giovane nel 1529, fu discepolo dello zio G. nell'arte d'intagliare le corniole.
L'eccellenza di G. nella lavorazione delle pietre dure fu celebrata da Giorgio Vasari nel 1568 nell'ambito delle biografie di "Valerio Vicentino, Giovanni da Castel Bolognese ed altri intagliatori di camei e gioie": egli fu senza dubbio, come già lo storiografo aretino gli riconobbe, uno dei primi a esercitarsi nell'intaglio di gemme in età moderna, con tecniche e soggetti ripresi dalla tradizione classica, una specializzazione evidentemente favorita nella sofisticata ed erudita cerchia di Lorenzo il Magnifico, appassionato collezionista di intagli e cammei antichi, da cui G. ricevette senza dubbio incoraggiamenti e commissioni. Purtroppo, a fronte di quella che dovette essere una ricca e variegata produzione, rimane oggi di questo maestro un solo lavoro sicuro, il ritratto intagliato in corniola di Girolamo Savonarola. La pietra, conservata oggi presso il Museo degli argenti di Firenze (Inventario delle gemme 1921, n. 321), fu acquistata dal duca Cosimo I de' Medici il 22 nov. 1565 per la notevole cifra di 50 scudi da un certo Martino orefice fiorentino (Arch. di Stato di Firenze, Mediceo del principato, 225, c. 21v), ed è descritta in un inventario del 1566 come incastonata "in uno guarnimento d'oro puro con lettere negre a tergo dell'ornamento" (ibid., 643, c. XVIIIr n. 212), montatura oggi perduta; la corniola è inoltre ricordata da Vasari con l'attribuzione a Giovanni di Lorenzo. La fama della gemma nella Firenze della seconda metà del Cinquecento è attestata anche dalla descrizione ammirata del monaco Agostino Del Riccio nella sua Istoria delle pietre (1597), in cui si dice che: "è scolpita tanto bene la sua effigie, che il Gran Duca Francesco di felice memoria mostrava cotal corniola con gran reputazione a principi e come cosa rara che avesse fra le sue cose rare e belle". Il frate predicatore è effigiato di profilo verso destra, la testa coperta da un cappuccio e l'iscrizione: "hieronymus ferrariensis ord pred propheta vir et martyr"; il tipo del ritratto è lo stesso che si ritrova su una medaglia, nota in diversi esemplari e attribuita, anche se non unanimemente, ad Ambrogio Della Robbia, eseguita senz'altro - come del resto la corniola di G. - dopo la drammatica morte del frate nel 1498 (Hill, 1930); sono note pure fusioni, in genere in piombo, evidentemente derivate da calchi della gemma (Pollard, 1984-85, I, n. 270). Un'incisione su rame di primo Cinquecento, ascritta a Marcantonio Raimondi, è testimonianza ulteriore della diffusa conoscenza e del prestigio del prezioso prototipo (H. Delaborde, Marc'Antoine Raimondi, Paris 1888, p. 304 n. 37); Anton Francesco Gori ricorda nel Settecento due repliche della pietra e diverse altre sono state censite dagli studiosi moderni (Kris).
Sono stati attribuiti a G. anche un cammeo in agata con il ritratto di Lorenzo il Magnifico (Firenze, Museo degli argenti, Inventario delle gemme 1921, n. 111) e un intaglio in sardonica col ritratto di Giovanni Boccaccio (Hill, 1912). Le placchette firmate IO.F.F., che tra la fine dell'Ottocento e l'inizio del Novecento sono state da alcuni studiosi messe in rapporto con G. (Molinier), interpretando il monogramma come Iohannes Florentinus Fecit, sono invece da riferire a un orafo bolognese, attivo nella cerchia di Francesco Francia nel medesimo arco cronologico (cfr. Fulton).
Fonti e Bibl.: G. Vasari, Levite… (1568), a cura di G. Milanesi, V, Firenze 1880, pp. 368 s. e n. 1; A. Del Riccio, Istoria delle pietre (1597), a cura di R. Gnoli - A. Sironi, Torino 1991, p. 163; G.A. Aldini, Instituzioni glittografiche, Cesena 1735, pp. 101 s.; P.J. Mariette, Traité des pierres gravées, Paris 1750, pp. 114 s.; A.P. Giulianelli, Memorie degli intagliatori moderni in pietre dure, cammei e gioie dal secolo XV fino al secolo XVIII, Livorno 1753, p. 25; A.F. Gori, Dactyliothecfa Smithiana, II, Historia glyptographica, Venetiis 1767, pp. CCXXXIII s.; G. Pelli Bencivenni, Saggio istorico della Real galleria di Firenze, Firenze 1779, I, p. 31; II, p. 11 n. 10; M. Lastri, L'osservatore fiorentino sugli edifici della sua patria per servire alla storia della medesima, Firenze 1821, IV, pp. 80 s.; G. Gaye, Carteggio inedito d'artisti dei secoli XIV, XV, XVI, Firenze 1839-40, II, pp. 455, 462; III, p. 196; A. Zobi, Notizie storiche sull'origine e progressi dei lavori di commesso in pietre dure, Firenze 1853, pp. 44 s.; C. Pini - G. Milanesi, La scrittura di artisti italiani(sec. XIV-XVII), Firenze 1876, p. 87; E. Molinier, Les plaquettes. Catalogue raisonné, Paris 1886, pp. 86 s.; E. Babelon, La gravure en pierres fines. Camées et intailles, Paris 1894, p. 249; Id., Catalogue des camées antiques et modernes de la Bibliothèque nationale, Paris 1897, p. LXXXVII; C. Mazzi, Le gioie della corte dei Medici nel 1566, in Rivista delle Biblioteche e degli archivi, XX (1909), p. 108 n. 212; G.F. Hill, in U. Thieme - F. Becker, Künstlerlexikon, VII, Leipzig 1912, p. 444 (s.v.Corniole, Giovanni delle); O.M. Dalton, Catalogue of the engraved gems of the post-classical period in the British Museum, London 1915, p. XXXVIII; E. Kris, Meister und Meisterwerke der Steinschneidekunst in der italienischen Renaissance, Wien 1929, pp. 37 s., 156 s. nn. 87 s.; G.F. Hill, A Corpus of Italian medals of the Renaissance before Cellini, London 1930, n. 1072; K. Piacenti Aschengreen, Il Museo degli argenti di Firenze, Milano 1967, n. 1178; M.R. Casarosa, Collezioni di gemme e il cardinale Leopoldo de' Medici, in Antichità viva, XV (1976), 4, p. 61 n. 3; C. Avery, A high Renaissance cameo, in The Connoisseur, CC (1979), 803, pp. 20 s.; M.A. Mc Crory, Some gems from the Medici cabinet of the Cinquecento, in The Burlington Magazione, CXXI (1979), p. 512; A. Grote, Notizie sui vasi e sulle gemme medicee dal 1495 al 1502, in N. Dacos et alii, Il tesoro di Lorenzo il Magnifico. Repertorio delle gemme e dei vasi, Firenze 1980, pp. 140-144; M.A. Mc Crory, in Palazzo Vecchio. Committenza e collezionismo medicei (catal.), Firenze 1980, p. 154 n. 285; J.G. Pollard, Medaglie italiane del Rinascimento nel Museo nazionale del Bargello, I, Firenze 1984-85, n. 270; C. Fulton, The Master IO.F.F. and the function of plaquettes, in Italian plaquettes, a cura di A. Luchs, in Studies in the history of art, XXII (1989), pp. 143-162; G. Seidman, in The Dictionary of art, XII, London-New York 1996, pp. 257 s.