GIOVANNI di Niccolò di Ranuccio
Non si conosce la data di nascita di questo marmorario originario di Roma, figlio di Niccolò di Ranuccio e attivo nella seconda metà del XII secolo.
G. rappresenta la terza generazione di una famiglia di marmorari romani che ha per capostipite "Ranucius" o "Rainerius" e che fu operosa soprattutto nel Lazio settentrionale, ma anche a Roma, dalla prima metà del XII secolo fino all'inizio del secolo successivo (Glass, p. 10).
Il nome di G. compare, insieme con quello del padre e del fratello Guittone, in un'iscrizione collocata nel piedistallo della colonnina anteriore destra del ciborio della chiesa di S. Andrea in Flumine a Ponzano Romano: "Nicolaus cum suis filiis Johannes et Guittone fecerunt hoc opus". Il ciborio appartiene al tipo a tegurio molto diffuso in area romano-laziale, il cui primo esemplare noto si conserva in S. Lorenzo fuori le Mura a Roma (1148).
Sostenuta da quattro colonne marmoree coronate da capitelli corinzi, la copertura del ciborio di Ponzano Romano consta di due ordini di colonnine poste su architravi di pianta rispettivamente quadrata e ottagonale e ha dunque un andamento troncopiramidale che si conclude in alto con una lanterna e un globo apicale. L'opera è stata riferita al 1160 circa sulla base del testo epigrafico che indica in Niccolò il principale artefice e vede i due figli ancora nel ruolo di collaboratori (Claussen).
Nella stessa chiesa si conservano un'ampia porzione di opus sectile pavimentale e il recinto presbiteriale, opere assegnate alla metà del XII secolo e attribuite agli stessi Niccolò, G. e Guittone, che furono probabilmente gli autori dell'intero arredo liturgico, oggi in gran parte perduto (Glass; Claussen).
Nel 1166 (Stevenson, pp. 176 s.) o 1168 (De Rossi, 1875, p. 120) "Johannes et Guitto magistri" incisero il loro nome sul rovescio dell'epistilio del ciborio della chiesa di S. Maria in Castello a Corneto (l'odierna Tarquinia), rivendicandone la paternità.
L'iscrizione venne trascritta e pubblicata per la prima volta da Promis (Notizie epigrafiche…, p. 6), che tuttavia interpretò erroneamente la data, assegnando il manufatto all'anno 1060. De Rossi (1875) corresse questa lettura e riconobbe in Iohannes il figlio di Niccolò di Ranuccio, sulla base di un'altra iscrizione presente sul pulpito della cattedrale di Fondi, nella quale si attribuiva a un "Iohannis romano geniti cognomine Nicolao" la realizzazione dell'opera. Successivamente, De Rossi (1880) trovò conferma di questa sua deduzione nell'epigrafe di Ponzano Romano.
È a tutt'oggi però dubbia l'identificazione del "Iohannis romano geniti cognomine Nicolao" con Giovanni di Niccolò di Ranuccio. Già De Rossi (1875) aveva sottolineato come Niccolò potesse essere il figlio di Angelo di Paolo, esponente di un'altra famiglia di marmorari romani, molto attiva a Roma negli stessi anni. Comunque, la sua ipotesi conclusiva, ovvero che il "Nicolaus" citato nell'epigrafe di Ponzano fosse Niccolò di Ranuccio, trovò sostenitori in Clausse (p. 213), Bessone Aurelj (p. 37) e Stevenson (pp. 176 s.). Il Frothingham (p. 362), invece, affermò che difficilmente l'opera poteva attribuirsi a G. per gli evidenti influssi della prima scuola campana. Più decisamente, Bertaux (p. 610), Hutton (p. 34), Matthiae e recentemente Claussen (pp. 33-35) proposero di identificare Niccolò con il figlio di Angelo di Paolo.
Il ciborio, oggi visibile nella chiesa di S. Maria in Castello, non conserva nulla del manufatto realizzato dai maestri marmorari romani. Infatti, le colonne originarie di marmo verde furono rimosse nel 1672 per volontà del cardinale Paluzzo Altieri (Dasti, pp. 399 s.); la copertura fu invece demolita in un momento imprecisato. Essa constava di colonnine, che furono viste da De Rossi (1888-89, pp. 156 s.) già scomposte, e doveva pertanto avere una forma simile a quella di Ponzano Romano.
Il Toesca (p. 903) assegnò ai marmorari romani attivi a Corneto la vasca battesimale collocata nella navata destra della chiesa, giudicata invece da De Rossi (1875) prodotto anteriore all'XI secolo, e la ritenne opera eseguita secondo la "maniera primitiva, in semplici quadrature con mosaici più sobri e senza tesselle dorate". Questa attribuzione è stata ribadita e precisata da Raspi Serra (p. 53), che ha sottolineato le analogie esistenti fra il manufatto e la suppellettile liturgica di Ponzano Romano e ha avanzato una datazione alla metà circa del XII secolo.
Fu forse eseguito da G. in collaborazione col padre il ciborio, oggi smontato, della cattedrale di Sutri, commissionato dal vescovo Adalberto e portato a termine nel 1170, firmato da un "Nicolaus et filius eius".
L'identificazione di "Nicolaus" con Niccolò di Ranuccio padre di G. venne proposta per la prima volta dallo Stevenson, quindi successivamente da Claussen (p. 47) e da F. Gandolfo (Alla ricerca di una cattedrale perduta, Roma 1997, p. 26). Promis (Notizie epigrafiche…, p. 10), C. Nispi-Landi (Storia dell'antichissima città di Sutri, Roma 1887, p. 255), Boito (p. 122) e Bessone Aurelj credettero, invece, si trattasse di Niccolò di Angelo; mentre Hutton e Glass non avanzarono alcuna ipotesi in proposito.
Un "civis roman(us) doctissimus in arte Ioh(anne)s" insieme col "collega bonus Andreas" firmò il pulpito della chiesa di S. Pietro ad Alba Fucense. Promis (Notizie epigrafiche…, p. 12) pensò si trattasse di Giovanni, figlio di Guittone di Niccolò, noto per aver eseguito nel 1209 l'ambone della chiesa di S. Maria in Castello a Corneto, e datò il manufatto agli anni Venti del Duecento.
De Rossi (1888-89, p. 158) attribuì alla bottega della famiglia di "Rainerius" il ciborio conservatosi nella ex chiesa di S. Stefano presso Fiano Romano e lo considerò contemporaneo a quello di Ponzano Romano, implicitamente indicando in G., in suo padre e in suo fratello gli esecutori.
Di G. non si conoscono luogo e data di morte.
Fonti e Bibl.: C. Promis, Notizie epigrafiche degli artefici marmorarii romani dal X al XV secolo, Torino 1836, pp. 5-8, 10, 12; Id., Le antichità di Alba Fucense negli Equi, Roma 1836, p. 227; G.B. De Rossi, Del così detto opus alexandrinum, e dei marmorarii romani che lavorarono nella chiesa di S. Maria in Castello, in Bull. di archeologia cristiana, s. 2, VI (1875), pp. 120-124; L. Dasti, Notizie storiche archeologiche di Tarquinia o Corneto, Roma 1878, pp. 399 s.; G.B. De Rossi, Conferenze della Società di cultori della cristiana archeologia, in Bull. di archeologia cristiana, s. 3, V (1880), p. 59; C. Boito, L'architettura del Medioevo in Italia, Milano 1880, pp. 122 s.; E. Stevenson, Chiesa di S. Maria di Castello a Corneto, in Mostra della città di Roma all'Esposizione di Torino nell'anno 1884, Roma 1884, pp. 176 s.; G.B. De Rossi, Tabernacolo, altare e sua capsella reliquiaria in S. Stefano presso Fiano Romano, in Bull. di archeologia cristiana, s. 4, VI (1888-89), pp. 154-162; G. Boni, The Roman marmorarii, Roma 1893, pp. 6, 10; G. Clausse, Les marbriers romains et le mobilier presbytéral, Paris 1897, pp. 211-213, 223-226, 496 s.; E. Bertaux, L'art dans l'Italie méridionale, Paris 1903, pp. 609-612; A.L. Frothingham, The monuments of Christian Rome from Constantine to the Renaissance, New York 1908, pp. 361 s.; A.K. Porter, S. Maria di Castello in Corneto, in Arte e storia, XXXI (1912), p. 147; P. Toesca, Storia dell'arte italiana, I, Il Medioevo, Torino 1927, pp. 667 n. 71, 903 n. 58; A.M. Bessone Aurelj, I marmorari romani, Milano-Genova-Roma-Napoli 1935, pp. 36-38; E. Hutton, The Cosmati, London 1950, pp. 6, 14, 27, 34 s., 51, 54, 57, 59; G. Matthiae, Componenti del gusto decorativo cosmatesco, in Rivista dell'Istituto nazionale di archeologia e storia dell'arte, n.s., I (1952), p. 266; Id., Enc. universale dell'arte, III, Firenze 1958, p. 839, s.v. Cosmati; C. Tollis, Alba Fucense dalle origini ai giorni nostri, Avezzano 1961, p. 80; R. Delogu, La chiesa di S. Pietro di Alba Fucense e l'architettura romanica in Abruzzo, in Alba Fucens, II, Rapports et études, Wetteren 1969, p. 52; J. Raspi Serra, La Tuscia romana, un territorio come esperienza d'arte: evoluzione urbanistico-architettonica, Milano 1972, pp. 53, 164 s.; M. Leonida, Tarquinia nel Medio Evo, cenni di storia e di arte, Civitavecchia 1974, p. 76; V. Santa Maria Scrinari, Alba Fucens di Massa d'Albe, L'Aquila 1977, p. 25; B. Blasi, Chiese, palazzi e torri della città di Tarquinia, Roma 1978, p. 18; D.F. Glass, Studies on Cosmatesque pavements, Oxford 1980, pp. 10, 75-77, 132-135; I. Voss, Die Benediktinerabtei S. Andrea in Flumine bei Ponzano Romano, Bonn 1985, pp. 123-134, 186-226; P.C. Claussen, Magistri doctissimi Romani. Die Römischen Marmorkünstler des Mittelalters (Corpus Cosmatorum I), Stuttgart 1987, pp. 33-35, 45-51; A.M. Ramieri, Ponzano, la storia, i monumenti, il territorio, Roma 1987, pp. 80 s.; P. Cicerchia, Tarquinia borgo medievale, Roma 1990, p. 60; F. Catalli, Alba Fucens, Roma 1992, p. 62; E. Parlato - S. Romano, Roma e il Lazio, Milano 1992, pp. 240-264, 398-401; Enc. dell'arte medievale, V, p. 368, s.v. Cosmati.