GIOVANNI di Paolo
Figlio di Paolo di Grazia e di una monna Mina, G. nacque a Siena probabilmente verso la fine del XIV secolo. Firmò spesso le sue opere come "Iohannis Pauli de Senis" (o "Senensis"); è anche ricordato come "Giovanni dal Poggio" da Poggio Malavolti, dove risiedette, dove ebbe la sua bottega e dove fu sepolto. Il 1403 era frequentemente indicato come anno di nascita di G. sulla base della registrazione del battesimo in quell'anno di un Giovanni di Paolo; ma Bacci (1941) ha rilevato come sia improbabile che quel documento si riferisca al pittore e ha indicato una data intorno al 1399 sulla base della prima attività professionale conosciuta di Giovanni di Paolo. Pope-Hennessy (1993) ha proposto al riguardo un periodo più ampio compreso tra il 1393 e il 1398, sostenendo che G. era poco più vecchio di due dei maggiori pittori senesi a lui contemporanei, Stefano di Giovanni, detto il Sassetta, e Sano di Pietro.
Non si hanno notizie sull'apprendistato di G. come pittore di miniature e tavole; Taddeo di Bartolo e Martino di Bartolomeo sono stati indicati alternativamente come suoi maestri. Lo sconosciuto pittore Nanni di Giovanni di ser Cecco, che nominò nel 1428 la madre di G. come sua erede universale, potrebbe aver partecipato alla sua iniziale formazione. La prima fonte relativa all'attività di G. è ritenuta da alcuni studiosi un documento, datato il 5 sett. 1417, di un pagamento effettuato da fra Niccolò di Galgano Arrigucci, bibliotecario del convento di S. Domenico a Siena, a un pittore chiamato Giovanni, per la doratura e forse anche la miniatura di un libro d'ore (non rintracciato) per Anna, moglie di Cristoforo Castiglioni (Koudelka, 1959, pp. 133 s.), il giurista milanese, professore di diritto a Pavia, che visse con la consorte a Siena tra il 1415 e il 1419 circa. Indicato come "Johannis Pauli pictor", G. è menzionato in diversi documenti a partire dal 1420: il 16 maggio fu pagato dal giurista milanese Franceschino Castiglioni per la realizzazione di una piccola tavola della ancora non canonizzata Caterina da Siena; e tra agosto e novembre, da fra Niccolò di Galgano per conto dello stesso Franceschino, per un dipinto che fu ceduto a una monaca residente a S. Marta, a Siena. Da allora, la lunga carriera di G. è documentata sino al 1475 da numerosi lavori firmati e datati e da documenti di archivio. Per il 1428 egli è documentato nella corporazione dei pittori senesi, di cui fu rettore nel 1441. In due occasioni collaborò con Sano di Pietro nella chiesa di S. Francesco, come attestano i pagamenti della compagnia e Fraternita di S. Francesco (1445-46) e della Compagnia di S. Bernardino (1447). Una dichiarazione fiscale del 1453 e acquisti di beni immobili indicano la prosperità di G. durante questo periodo. All'inizio del settimo decennio del Quattrocento, fu tra i quattro maggiori pittori senesi incaricati da Pio II di produrre le pale d'altare per la cattedrale di Pienza, di nuova fondazione e costruzione. L'artista stabilì la propria sepoltura nella cappella di S. Giovanni Battista nella chiesa, ora distrutta, di S. Egidio a Siena (testamento del 1477, che nominava come beneficiaria l'abbazia cistercense di S. Galgano a Montesiepi). In una dichiarazione fiscale del 1478, affermava "sono vechio et non posso più lavorare perché la vista mene manchata et non vecho molto". Dettò il suo ultimo testamento, "corpore languens", il 29 genn. 1482, indicando la moglie Anna, che aveva sposato nel 1480, come sua erede.
Morì prima del 27 marzo 1482 verosimilmente a Siena.
Tra i più importanti e prolifici pittori attivi a Siena durante il secondo e terzo quarto del Quattrocento, G. sviluppò un proprio stile caratteristico, che si contraddistingue per un profondo rispetto verso l'eredità dei grandi maestri senesi del secolo precedente e per una decisa idiosincrasia verso le innovazioni portate dal primo Rinascimento nella resa del chiaroscuro e nella rappresentazione pittorica dello spazio tridimensionale. Le opere devozionali di G. riflettono una particolare capacità di muoversi fra estremi di delicata bellezza e di bruttezza selvaggia e si segnalano tutti per le loro qualità immaginative e per l'intensa spiritualità, nonché per il loro carattere visionario. La sensibilità nelle scene narrative si affianca spesso a una eccezionale penetrazione psicologica della condizione umana.
Il principale contributo di G. alla scena artistica della Siena del Quattrocento è costituito dalle numerose pale d'altare dipinte durante molti decenni di attività.
Alcune delle pale di G. si sono conservate integre o quasi e mantengono elementi consistenti delle loro cornici originali; molte altre sono state invece smembrate e numerose immagini e scene singole si trovano disperse in varie sedi. La loro ricostruzione ha costituito perciò uno dei temi principali degli studi del XX secolo dedicati all'artista. In molti casi comunque i dubbi non sono stati risolti.
È stato spesso considerato tra le più antiche pale di altare realizzate da G., e forse databile nei primi anni Venti, un ampio pannello ora intitolato CristopazienteeCristo trionfante (Siena, Pinacoteca nazionale, n. 212).
Cristo è rappresentato frontalmente due volte su un fondo dorato, al di sotto dei due archi trilobi della cornice. La figura di Cristo che tiene la croce è inserita in un paesaggio roccioso; quella di Cristo che siede in giudizio è racchiusa da angeli in volo al di sopra dell'immagine di s. Michele al centro tra beati e dannati. Frammenti dello stemma della famiglia Bellanti si trovano sul retro. Sebbene sia entrata a far parte della Pinacoteca dalla chiesa senese di S. Niccolò al Carmine, la pala è stata indicata (Strehlke, 1988) come opera commissionata per la cappella della famiglia Bellanti a S. Domenico per adempiere alle disposizioni dettate per la propria sepoltura dal vescovo Francesco Bellanti.
La chiesa di S. Domenico a Siena era peraltro la sede originaria della più antica opera di G. firmata e datata, ancora esistente, una Vergine col Bambino con dieci angeli musicanti del 1426 (ora nella prepositura di Castelnuovo Berardenga). Secondo quanto ricostruito da Brandi (1934) sulla base del testo del domenicano senese Isidoro Ugurgieri (1649), il pannello era in origine fiancheggiato dalle rappresentazioni di S. Giovanni Battista e S. Domenico (Siena, Pinacoteca nazionale, nn. 193, 197) e da immagini, non rintracciate, dei Ss. Paolo e Lorenzo (forse Stefano); quattro pannelli nella Walters Art Gallery di Baltimora (La resurrezione di Lazzaro, Andata al Calvario, Deposizione, Sepoltura di Cristo) e uno nello Staatliches Lindenau-Museum di Altenburg in Germania (Crocifissione) costituivano la predella. Che questa pala ornasse un altare associato con la famiglia Malavolti (piuttosto che Pecci come è stato spesso sostenuto dagli studiosi del XX secolo) è indicato da Ugurgieri e da altre fonti; il patronato originario dell'altare da parte dell'arte degli speziali è suggerito da un documento notarile del 1462 (Bähr, 1987, p. 358). Sempre a S. Domenico, nel 1427, G. firmò e datò una pala per la cappella della famiglia Branchini (ibid.): la raffigurazione centrale della Madonna col Bambino (Pasadena, CA, Norton Simon Museum), era probabilmente fiancheggiata in origine da immagini (non rintracciate) dei ss. Giacomo e Cristoforo.
Una Madonna della Misericordia, firmata e datata 1431, in S. Maria dei Servi a Siena potrebbe aver costituito il pannello centrale di una pala presumibilmente commissionata per questa chiesa. Di poco successivi potrebbero essere i pannelli di predella dispersi tra varie sedi: Andata al Calvario (Philadelphia Museum of art), Cristo nell'orto di Getsemani, Deposizione (Pinacoteca vaticana) e Crocifissione (Altenburg Museum: Pope-Hennessy, 1937). Al 1432 o al 1440 è alternativamente ascritto il trittico (Madonna col Bambino con i ss. Giacomo e Nicola di Bari sormontati da Cristo benedicente, AngeloGabriele e Annunciazione della Vergine) nella chiesa parrocchiale di S. Nicolò a Baschi, presso Orvieto. Ugurgieri registra una pala firmata e datata 1436 nella cappella della famiglia Fondi (o forse Tondi: Tasselar, 1989) in S. Francesco a Siena. Diversi pannelli sono stati identificati con questa opera, ma in modo non definitivo. De Nicola (1918) ha ipotizzato che tre pannelli di predella (Siena, Pinacoteca nazionale, nn. 174-176), raffiguranti la Presentazione di Maria al tempio, Crocifissione e Fuga in Egitto, siano identificabili con la descrizione fornita da Ugurgieri. Questa ipotesi è stata condivisa da Brandi (1941), il quale ha suggerito che anche la figura stante di S. Giacomo Maggiore della Pinacoteca nazionale di Siena (n. 213), ora mutila, derivi dal polittico Fondi, così come un quarto pannello di predella (passato in Olanda) con l'Adorazione dei magi. Diversamente, Pope-Hennessy (1937) ha proposto che il registro principale comprendesse una Madonna col Bambino (mutila: Siena, Monte dei Paschi), i Ss. Caterina di Alessandria e Giovanni Battista (mutili e separati: Houston, Museum of fine arts) e i Ss. Matteo e Francesco (New York, Metropolitan Museum of art). Una predella, spesso datata stilisticamente nei primi anni Quaranta del Quattrocento e originariamente comprendente una Annunciazione con la cacciata di Adamo ed Eva (Washington, National Gallery of art), una Natività con l'annuncio ai pastori (Pinacoteca vaticana), una Crocifissione (Berlino, Gemäldegalerie), una Adorazione dei magi (Cleveland Museum of art) e una Presentazione di Cristo al tempio, è stata associata (De Marchi, 1992) con il passo di Ugurgieri sulla pala Fondi e con i pannelli messi insieme da Pope-Hennessy.
Nel 1440 G. firmò e datò un ampio pannello raffigurante Cristo sulla croce fiancheggiato dalla Vergine Maria e s. Giovanni Evangelista con s. Maria Maddalena, quest'ultima in atto di abbracciare le gambe di Cristo, ai piedi della croce. Ancora nella sua cornice originaria la Crocifissione, proveniente dal convento dell'Osservanza francescana, dove è ricordata da Della Valle (1786), fu spostata nella Pinacoteca nazionale (n. 200). Nel 1445 G. realizzò un'altra pala per S. Domenico, per un altare associato con la famiglia Guelfi (come è indicato da Ugurgieri), costruito in onore dei fondatori dell'Ordine domenicano (Bähr, 1987): si tratta verosimilmente di un polittico a cinque elementi con la Madonna e il Bambino con i ss. Domenico, Pietro, Paolo e Tommaso d'Aquino (Firenze, Uffizi). Della predella dovevano far parte i due pannelli conservati a New York (Metropolitan Museum of art), uno con la Creazione e la cacciata di Adamo ed Eva dal paradiso e l'altro con il Paradiso: secondo la descrizione di Ugurgieri, della predella facevano parte anche la Creazione, il Diluvio e il Giudizio universale. Nello stesso anno G. firmò e datò una pala con l'Incoronazione della Vergine con i ss. Andrea e Pietro (Siena, S. Andrea).
Nel 1447 la corporazione dei pizzicaiuoli commissionò a G. l'esecuzione, entro due anni, di una pala per la chiesa dello spedale di S. Maria della Scala. Nel pannello centrale (Siena, Pinacoteca nazionale, n. 211) è dipinta la Presentazione di Gesù al tempio, un soggetto assimilabile al tema della purificazione della Vergine, celebrata in quella chiesa con una processione annuale (Os, 1990). Il manoscritto del XVIII secolo dell'abate G. Carli (Siena, Biblioteca comunale, CVII.20) indica che la Purificazione e gli altri pannelli originariamente assemblati con essa erano stati separati e collocati nei vari edifici dello spedale. Questi ultimi comprendevano una Crocifissione, sei tavole oblunghe con figure di Santi (quattro identificate nei due pannelli conservati nel Museo arcivescovili di Utrecht e nei due conservati nel Metropolitan Museum of art di New York) e dieci Scene della vita di s. Caterina di Siena (due nel Cleveland Museum of art; cinque a New York, Metropolitan Museum of art; una nel Detroit Institute of art; una a Madrid, Museo Thyssen-Bornemisza; una in collezione privata).
Gli studiosi sono divisi sull'interpretazione delle notizie fornite dall'abate Carli sull'associazione originale delle scene di s. Caterina con il pannello con la Purificazione. Mentre alcuni ritengono che i pannelli con s. Caterina formassero parte dell'insieme originario e si debbano datare tra il 1447-49, altri pensano che essi furono dipinti intorno agli anni della canonizzazione della santa (1461) e della visita di Pio II allo spedale (1464) e aggiunti alla pala con la Purificazione oppure che appartenessero a una struttura separata destinata a onorare specificamente la nuova santa.
La produzione di G. nel sesto decennio è documentata in maniera significativa da lavori che si sono conservati in larga parte integri: una predella con Scene della vita di s. Stefano, aggiunta nel 1450 alla pala trecentesca realizzata da Andrea Vanni in S. Stefano alla Lizza a Siena (Os, 1981); un polittico, firmato e datato 1453 con S. Nicola di Bari in trono fiancheggiato dai santi francescani Bernardino, Francesco, Chiara e Luigi di Tolosa (Siena, Pinacoteca nazionale, n. 173), al quale potrebbero essere appartenuti due pannelli attualmente conservati a Heidelberg (Gabriele e l'Annunciazione: Riedl, 1986); un altro polittico firmato e datato 1454 con la Madonna e il Bambino in trono con i ss. Monica, Agostino, Giovanni Battista e Nicola da Tolentino (New York, Metropolitan Museum of art); una Madonna e Bambino in trono con i ss. Pietro Damiano, Tommaso, Chiara e Ursula con il pannello centrale sormontato da un'immagine a mezzo busto di Cristo benedicente (Siena, Pinacoteca nazionale, n. 191), generalmente datata per motivi stilistici al 1457-60. Una serie di quattro pannelli di predella con Scene della vita di s. Giovanni Battista (Londra, National Gallery) dovrebbe essere datata agli anni Cinquanta e doveva probabilmente appartenere in origine al polittico datato 1454 oppure a un'opera simile eseguita in onore del santo (Davies, 1961). Quattro piccoli pannelli con Scene di s. Chiara (due a Berlino, Gemäldegalerie; una a Houston, Museum of fine arts; una a New Haven, Yale University Art Gallery) sono stati associati alla pala della Pinacoteca nazionale di Siena n. 191 (Strehlke, 1988); più probabilmente facevano parte di un più ampio ciclo relativo alla vita della santa (Wilson, Structure…, 1996). Una Incoronazione della Vergine (New York, Metropolitan Museum of art), datata su base stilistica al 1455 circa, costituiva l'elemento principale di una pala d'altare; è stato ipotizzato (Pope-Hennessy, 1987) che la sua predella includesse una Sepoltura e l'Assunzione della Vergine (Cambridge, Fitzwilliam Museum; El Paso, TX, Museum of art) con a fianco una Imago Pietatis (New York, Peter Jay Sharp). Nel 1456, G. firmò e datò un pannello, nella chiesa di S. Agostino a Montepulciano, con S. Nicola da Tolentino (da poco canonizzato, 1446) a figura intera: a esso sono stati associati due pannelli con scene dei miracoli del santo (Vienna, Gemäldegalerie der Akademie; Philadelphia Museum of art). Probabilmente non molto più tardi G. dipinse una pala d'altare non rintracciata, in onore dei Ss. Giovanni Battista e Giovanni Evangelista, per la cappella della compagnia degli artisti a Montepulciano (Brogi, 1897): della predella facevano verosimilmente parte un Battesimo di Cristo (Oxford, Ashmolean Museum), una Crocifissione (collezione privata), un Tentativo di uccidere s. Giovanni Evangelista (Firenze, collezione privata) e La resurrezione di Drusiana (New York, Metropolitan Museum of art). Nel 1457 G. firmò e datò la Madonna con Bambino già nella collegiata di Castiglion Fiorentino (ora nella locale pinacoteca); quest'opera e la S. Caterina di Alessandria dovevano essere parti di un medesimo trittico.
La pala di G. nella cattedrale di Pienza è datata 1463; l'opera, conforme al programma stabilito che prevedeva che i dipinti fossero in armonia con l'architettura albertiana di Bernardo Rossellino, consiste in una tavola centrale quadrata, racchiusa entro una cornice a tabernacolo classicistica, in cui la raffigurazione della Vergine e il Bambino con i ss. Bernardino, Antonio abate, Francesco e Sabina occupa uno spazio unico, mentre una Pietà con Maria e quattro angeli si trova nella lunetta di coronamento.
Tra le opere datate per motivi stilistici al settimo decennio si ricordano un Giudizio universale, dipinto su una tavola di forma rettangolare allungata (Siena, Pinacoteca nazionale, n. 172), probabilmente destinato a essere impiegato come predella, e due esemplari di Presentazione di Cristo al tempio - Purificazione della Vergine, che si conservano a New York (Metropolitan Museum of art) e a Siena (Pinacoteca nazionale, n. 9: firmato "Opus Giovanni dal Pogio"). A quest'ultimo sono stati associati una predella comprendente una Adorazione dei magi (New York, Metropolitan Museum of art), una Natività (Cambridge, MA, Fogg Art Museum), Cristo tra i dottori (Boston, Isabella Stewart Gardner Museum) e una Crocifissione (Oxford, Christ Church Gallery). Sono databili a partire dal 1470 circa i resti delle pale d'altare di G. per l'abbazia di S. Galgano (Siena, Pinacoteca nazionale, nn. 198 s., 201): quattro pannelli laterali con i ss. Benedetto, Maria Maddalena, Galgano e Bernardo di Chiaravalle e una predella con scene della vita di questi stessi santi e due scene della vita della Vergine al centro e con lo stemma della abbazia posto alle estremità. Un'altra tarda pala d'altare è la Maestà della Pinacoteca nazionale di Siena (n. 575).
Queste opere rivelano un accresciuto apporto della bottega, evidente negli ultimi lavori documentati di G., per esempio, la pala d'altare della chiesa di S. Silvestro di Staggia Senese, anch'essa nella Pinacoteca di Siena (nn. 324, 186/189), per la quale è certa (Van Marle, 1925) la collaborazione di Giacomo del Pisano.
Come ricorda Brandi (1934), doveva essere firmata e datata 1475 la pala di Staggia con l'Assunzione della Vergine, di cui si conservano le figure laterali dei ss. Bernardino, Giovanni Battista, Giorgio e Gregorio Magno, così come i pilastri figurati e la predella decorata al centro da una ImagoPietatis. Un'altra Assunzione, che si pensa rifletta la stessa collaborazione intorno al 1470-75, è conservata ad Asciano (Museo di arte sacra).
È generalmente considerata come la maggiore opera di G. la sua serie di undici pannelli verticali dispersi (quattro dei quali con coronamento arcuato) databili al 1455-60 con Episodi della vita di s. Giovanni Battista (sei al Chicago Art Institute; uno a New York, Metropolitan Museum of art; due a Münster, Westfälisches Landesmuseum; uno a Parigi, Louvre; uno a Pasadena, Norton Simon Museum).
Poiché i pannelli erano sistemati secondo la narrazione del Vangelo, con le quattro tavole arcuate sulla sommità, appare chiaro che la serie era composta da dodici pannelli, di cui uno non è stato rintracciato, e che i pannelli erano in origine articolati in quattro file verticali, ciascuna di tre scene. Verosimilmente i pannelli facevano parte della custodia di un reliquiario, forse realizzato in seguito all'acquisizione da parte della cattedrale della reliquia del braccio destro di s. Giovanni Battista (Strehlke, 1988). Altri arredi e paramenti ecclesiastici furono ideati da G. per la chiesa dello spedale di S. Maria della Scala nel 1442 e nel 1464 (Bacci, 1944, docc. 18, 36). Crocefissi dipinti infine si conservano a Siena (S. Pietro Ovile) e a Dublino (National Gallery of Ireland).
Un tardo dipinto con i Ss. Fabiano e Sebastiano (Londra, National Gallery) con due piccolissime figure inginocchiate doveva verosimilmente essere una immagine votiva autonoma per una confraternita.
G. realizzò anche singole immagini di culto di piccole dimensioni (Bernardino da Siena e Nicola da Tolentino). Altre opere su tavola attribuite a G. e destinate al culto privato sono piccoli trittici con cornici a timpano, in legno dorato (in alcuni casi con il retro realizzato a imitazione del porfido e del marmo) con rappresentazioni della Madonna con Bambino e santi. Un primo esempio, databile al terzo decennio, è conservato nel Los Angeles County Museum of art (Dabell, 1996); altri, datati tra il quinto e il sesto decennio, includono gli esemplari di Fort Worth (Kimbell Museum) e Siena (Pinacoteca nazionale, nn. 178 s.). Un esemplare leggermente più grande con una seconda fila di figure (circa 1445-50), conservato a Kansas City, Nelson-Atkins Museum (Rowlands, 1996), potrebbe essere stato destinato a una cella di monaco a Lecceto.
Rispetto a Sano di Pietro, G. realizzò poche tavole con la Madonna e il Bambino a mezzo busto o di tre-quarti; gli esemplari a lui attribuiti comprendono quello di Altenburg, con gigli dipinti sulla cornice e retro dipinto a imitazione del porfido (Staatliches Lindenau-Museum, quinto decennio) e una Madonna e il Bambino accompagnati dai ss. Girolamo e Agnese (New York, Metropolitan Museum of art, metà del settimo decennio), che ha sul retro gli stemmi delle famiglie Chiavelli-Pini e Aldobrandeschi posti su un fondo a imitazione del porfido. Tra le immagini devozionali con Maria seduta in adorazione del Bambino (Madonna dell'Umiltà) sono due pitture di rilievo con un vasto paesaggio di sfondo (Boston, Museum of fine arts, circa 1442; Siena, Pinacoteca nazionale, n. 206, circa 1450) e un elegante lavoro del 1440-45 circa conservato a Madrid nel Museo Thyssen-Bornemisza, probabilmente parte dello sportello sinistro di un dittico (Boskovits, 1990).
G. fu tra i pittori impiegati dal governo di Siena per decorare la copertura lignea dei registri della Biccherna (amministrazione delle entrate pubbliche) e la Gabella (esazione delle imposte).
Sono generalmente attribuiti a G. le copertine di Biccherna con la rappresentazione di S. Gerolamo e il leone (1436: Arch. di Stato di Siena) e della Morte e i giocatori di dadi (1437: Berlino, Kunstgewerbemuseum) e quelle della Gabella con S. Pietro Alessandrino in trono tra due angeli (1439-40: Arch. di Stato di Siena) e L'Annunciazione (1445: Pinacoteca vaticana).
Una Madonna della Misericordia dipinta sulla copertina di un Libro vitale (1458: Arch. di Stato di Siena) viene dallo spedale della Scala. Il Tommaso d'Aquino che confuta Averroè (1445-50 circa: Saint Louis Art Museum) di G. faceva verosimilmente parte di un'altra di queste tavolette. Un'opera di soggetto secolare ascritta da alcuni studiosi a G. (e che sembra costituire il suo più antico lavoro datato) è un Trionfo di Venere che decorava una cassetta di legno datata al 1421 (Parigi, Louvre).
Sebbene la sua attività come miniaturista sia documentata in modo impreciso, l'attribuzione a G. di opere specifiche di qualità eccellente e di concezione fantastica si basa sulle evidenti affinità stilistiche con i suoi pannelli. L'iniziale A con Dio Padre che appare a David ritagliata da un graduale (Los Angeles, J. Paul Getty Museum) testimonia del suo stile iniziale (Strehlke, 1988). Probabilmente intorno al 1438-44, G. realizzò le miniature per il Paradiso in un codice della Divina Commedia (Londra, British Museum, Yates-Thomson Collection) eseguito a Siena per Alfonso V di Aragona, re di Napoli (Pope-Hennessy, Sienese Quattrocento painting, 1947; 1993). Nel 1442, G. e un altro artista senese miniarono un antifonario (Siena, Biblioteca comunale, Mss., G.I.8) indicato nelle fonti più antiche come "comunella de santi" ed eseguito per l'eremo agostiniano di Lecceto (Vailati Schoenburg Waldenburg, 1992). Sono inoltre attribuite a G. tre iniziali istoriate e due decorate di un graduale conservato nella Biblioteca comunale di Siena (Mss., H.I.2: 1460 circa), iniziali istoriate e figurate in un altro graduale proveniente dalla chiesa dello spedale della Scala (Siena, Museo dell'Opera del duomo, Mss., 18.4: Dal Poggetto, 1984) e iniziali istoriate e figurate, databili al 1470 circa, in un messale romano conservato anch'esso nella Biblioteca comunale si Siena (Mss., X.II.3: Strehlke, 1989). È da sottolineare l'influenza esercitata da G. sui contemporanei miniatori senesi che lavoravano per l'Osservanza (Damiani, 1984).
Limitate sono le testimonianze dell'attività di G. come pittore a fresco; è generalmente accettata l'attribuzione di una Crocifissione monocroma (danneggiata), databile intorno al 1445, nella sala del capitolo dell'eremo di S. Leonardo al Lago. Tra gli altri lavori frammentari attribuiti a G. è il monocromo S. Giovanni Battista nella cappella della Madonna sotto le Volte dello spedale della Scala. Alcuni documenti attestano una scultura policroma di G. (una Vergine e Angeli per il portale del duomo nel 1446) e stendardi cerimoniali dipinti (tre "drappelloni" con S. Bernardino per lo spedale della Scala, nel 1450); è probabile che egli abbia eseguito il disegno per una Annunciazione posta a decorare un paliotto ricamato già in S. Maria della Scala (Siena, Museo dell'Opera del duomo).
G. fu attivo principalmente a Siena, ma realizzò opere anche in località dei dintorni di Siena e della Toscana meridionale; e la sua collaborazione è stata individuata in molti dei più importanti progetti artistici di restauro o costruzione attuati nella regione durante questo periodo (allo spedale della Scala, a Lecceto, a Pienza). I suoi committenti furono governanti, per esempio Alfonso d'Aragona, Pio II, privati, ma soprattutto le comunità mendicanti e monastiche e altre istituzioni religiose locali. I suoi rapporti in età giovanile con fra Niccolò di Galgano nel convento di S. Domenico, situato vicino all'abitazione di G., sembrano essere stati determinanti nell'impostazione della sua attività. Inoltre, il rapporto con i domenicani può spiegare l'influenza esercitata su G. dal Beato Angelico e può aver determinato la sua scelta per l'ampio ciclo pittorico della vita di s. Caterina da Siena. G. realizzò opere anche per gli Ordini dei serviti, degli agostiniani e dei cisterciensi. Il suo legame con i francescani è ben documentato; e la sua Crocifissione all'Osservanza potrebbe essere stata commissionata dallo stesso Bernardino da Siena (Strehlke, 1988).
Nell'opera di G., come in molta dell'arte senese quattrocentesca, si notano una profonda religiosità e una forte influenza della pittura senese del Trecento in linea con l'elogio pubblicamente espresso da Bernardino della spiritualità dell'Annunciazione eseguita nel 1333 da Simone Martini per la cattedrale di Siena (Firenze, Uffizi: Carli, 1976). La fede personale di G. si rispecchia nell'iscrizione sull'aureola di Maria nella tavola della cappella Branchini datata 1427: "hic qui te pinxit protege Virgo virum". La più antica pala d'altare datata di G., del 1426, è influenzata in particolare dalle opere dei maestri senesi tardogotici Taddeo di Bartolo (per il tipo della Madonna e Bambino) e Paolo di Giovanni Fei (nelle scene della predella e nella nervosa linearità). G. inoltre dovette essere introdotto alla miniatura lombarda tramite i suoi possibili contatti con Cristoforo e Franceschino Castiglioni e con i fratelli franco-fiamminghi Limbourg, che furono a Siena nel 1413. G. fu fortemente influenzato durante il terzo decennio da Gentile da Fabriano, che visitò Siena nel 1425, com'è desumibile dalle tavole di G. del 1426 e soprattutto dalla pala Branchini con la Madonna e Bambino del 1427, con i suoi colori brillanti, la sua eleganza decorativa e la sua precisione. L'influenza di Gentile è ancora evidente in alcuni dei pannelli che sono stati collegati alla pala Fondi del 1436. I tipi compositivi della Madonna frammentaria della collezione del Monte dei Paschi e la sinuosa, aristocratica s. Caterina della tavola di Houston, così come il loro colore fine e il modellato, sono molto vicini agli elementi della pala Quaratesi dipinta da Gentile nel 1425. Che G. conoscesse bene i principî della prospettiva albertiana è evidente nel pavimento della tavola dei Ss. Francesco e Matteo e nel paesaggio e nell'architettura visibili nelle serie di pannelli di predella ora a Washington, al Vaticano, a Berlino, a Cleveland e a New York. Tra questi le scene della Natività con annuncio ai pastori, dell'Adorazione dei magi e della Presentazione di Cristo al tempio si riconoscono come copie di scene della pala eseguita da Gentile nel 1423 per la cappella Strozzi in S. Trinita a Firenze. La Presentazione di Cristo - Purificazione di Maria di G. è ispirata anche dalla pala dello stesso soggetto eseguita da Ambrogio Lorenzetti nel 1342 per la cattedrale di Siena (alla stessa maniera delle successive opere dello stesso soggetto); mentre l'Annunciazione della stessa predella segue una composizione nota nelle opere del Beato Angelico.
Richiami ad altrui modelli precedenti si ritrovano in tutta la produzione di G.; e i suoi dipinti che dipendono da altre opere (Ladis, 1995) costituiscono reinterpretazioni stilistiche e drammatiche, nelle quali sono accresciute la tensione lineare e l'intensità di espressione che generalmente contraddistinguono la sua arte.
Durante il quinto e il sesto decennio del Quattrocento, G. fu molto attivo e impegnato in numerosi progetti di prestigio; le sue opere di questi anni si distinguono principalmente per l'originalità delle sue scene narrative e per il tenore poetico dei suoi paesaggi fantastici. La tendenza idiosincratica e il potere visionario della sua arte sono evidenti soprattutto nei pannelli verticali dedicati alla vita di s. Giovanni Battista. Nel S. Giovanni che va nel deserto e nell'Incontro con Cristo presso il Giordano (Ecce Agnus Dei), G. enfatizza le leggi della prospettiva e la resa realistica delle forme del paesaggio - come, per esempio, gli sfondi panoramici di collinette calcaree presso Siena riprodotti nelle sue precedenti opere con la Madonna dell'Umiltà conservate a Boston e a Siena - in un modo che contraddice il potenziale mimetico della sua arte e crea invece vertiginosi arretramenti entro lo spazio e allucinanti composizioni di tormentate formazioni rocciose che servono a focalizzare e ad accrescere l'emozione del soggetto. Difatti l'ultimo pannello è stato considerato da Pope-Hennessy (1937, p. 84) come l'apice della sua arte e forse la più libera espressione di individualismo visivo nel complesso della pittura italiana.
L'originalità e la capacità di G. nella resa delle scene narrative sono inoltre evidenti nelle miniature eseguite a partire dalla metà della sua carriera. Le miniature oblunghe squisitamente disegnate e colorate nel codice del Paradiso si distinguono tra le illustrazioni dell'opera dantesca per le figure graziosamente eteree di Dante e Beatrice e per i gesti delicati e protettivi di quest'ultima. Le scene narrative delle iniziali figurate dell'antifonario di Lecceto sono accuratamente selezionate non per illustrare il testo, ma piuttosto per esprimere l'emozione e il messaggio contenuti nella liturgia cui ogni passaggio si riferisce. L'atmosfera di isolamento del romitaggio agostiniano è espressa nel paesaggio, particolarmente in quello della scena intitolata Morte, che è dipinta come un ibrido grottesco in groppa a un cavallo al galoppo mentre punta il suo arco verso un uomo piegato dal terrore. La particolare attenzione di G. all'episodio narrativo e agiografico si rivela in numerosi dei suoi pannelli di predella e la sua capacità inventiva è evidenziata in alcune scene insolite e senza precedenti delle vite di s. Chiara e s. Caterina da Siena.
Intorno al 1440, o poco prima, le grandi figure poste nel registro principale delle sue pale d'altare cominciarono a essere influenzate dalla maggiore razionalità e monumentalità dello stile del Sassetta. Intorno alla metà del quinto decennio esse divennero tuttavia sempre più severe e fredde nelle tonalità. Le opere di G. ripropongono di frequente gli stessi tipi figurativi e le medesime posizioni. La sua mancanza di interesse per la sperimentazione in questo senso è particolarmente evidente nel pannello principale della pala di Pienza del 1463, che si uniforma al programma decorativo di unire le immagini sacre in un unico spazio, ma non mostra alcuno sforzo di legarle tra loro spazialmente o emozionalmente. Tuttavia, il Cristo nudo e muscoloso e l'audace scorcio nella lunetta sono elementi notevoli nell'ambito delle opere di G.; e la predella con l'ampio Giudizio universale (Siena, Pinacoteca) è ancora una volta una dimostrazione originale e straordinaria della compassionevole comprensione da parte dell'artista del genere umano. Pur affidandosi sempre di più negli ultimi anni all'aiuto della sua bottega, G. continuò a realizzare le sue tipiche opere a carattere narrativo, le più importanti delle quali sono le scene della predella di S. Galgano, con i loro paesaggi montagnosi argentei, innaturali.
Per quanto riguarda i metodi di lavoro di G., la sua adozione di singoli motivi e di intere composizioni dai maestri di età precedente o a lui contemporanei indica che egli aveva accesso a copie - disegnate da lui stesso o eseguite per lui - di dipinti conservati a Firenze, Assisi e Siena. È possibile che G. tenesse questi disegni nella sua bottega e che durante la sua carriera li avesse utilizzati a intervalli regolari. Si potrebbe presumere che G. conservasse anche disegni preparatori e documenti dettagliati delle sue composizioni originali per successive riutilizzazioni da parte sua e dei suoi aiutanti. Questi disegni preparatori, grazie alla riflettografia a raggi infrarossi, sono stati individuati per circa un terzo delle opere devozionali di G. (Panders, The underdrawings…, 1997) e spesso mostrano lunghe linee fluide per tracciare contorni e drappeggi insieme con vari sistemi di incisioni parallele per indicare il modellato delle carni. Per il resto G. sembra essersi adattato alle tecniche tradizionali di pittura e doratura su tavola. Sono tuttavia scarse le notizie sulla sua bottega; nel 1442 un garzone, Leonardo di Nanni, è menzionato per nome. È verosimile che G. sin dall'inizio della sua carriera utilizzasse aiuti per lavori secondari, come ricalcare disegni, e che successivamente si servisse di aiutanti per la pittura; mentre il ricorso ad aiuti per il disegno preparatorio dovette avvenire solo al termine della sua carriera.
La notorietà di G., molto diffusa durante tutta la sua vita, non gli sopravvisse, tanto che non è menzionato da Vasari. L'interesse storico-artistico per G. è maturato nel XIX secolo, sebbene gli fosse riconosciuta una statura inferiore rispetto a Sano di Pietro. Nei primi anni del XX secolo le notizie di archivio raccolte da Milanesi e da altri (poi notevolmente accresciute da Bacci) sono state completate dalle ricerche di Olcott, Mason Perkins e De Nicola e dalle compilazioni dell'elenco delle opere da parte di Berenson, Weigelt e Van Marle. Insieme con il riconoscimento della qualità magica dei paesaggi di G. da parte di Weigelt e Dami, ciò ha fornito la base per l'analisi della personalità artistica condotta da Gengaro, Brandi e Pope-Hennessy. La passione e l'eccentricità dell'arte di G. hanno spinto Berenson a metterlo a confronto con El Greco; l'apprezzamento moderno di G., come già riconosciuto da Gengaro, è coinciso con il movimento surrealista. La definizione della sua carriera è proseguita con le ipotesi di ricostruzione degli insiemi originari delle opere disperse, con l'esame di documenti di archivio e con lo studio della tecnica. Soprattutto durante gli anni Ottanta e Novanta l'attenzione si è concentrata sul contesto devozionale di singoli lavori, aumentando l'apprezzamento della creatività di Giovanni di Paolo.
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