GIOVANNI di Pietro da Pisa
Non si conosce la data di nascita di questo pittore documentato a Genova dal 1401 al 1423.
La prima notizia relativa a G., figlio di Pietro, risale al 1401, quando venne prescelto, insieme con alcuni genovesi, per il giuramento di fedeltà alla Francia e al governatore Jean (II) Le Meingre de Boucicault (Alizeri, p. 224). Questa testimonianza permette di ritenere che G. fosse giunto a Genova dalla natia Pisa, ove mancano testimonianze della sua presenza, in giovanissima età, e che nel centro ligure abbia aperto una bottega verosimilmente già a partire dall'ultimo decennio del XIV secolo. Tale ipotesi pare avvalorata anche dall'analisi stilistica degli scomparti raffiguranti la Maddalena, S. Giovanni Battista, S. Paolo e S. Giacomo (Genova, convento della Ss. Annunziata di Portoria), parti di un polittico, oggi parzialmente conservato, provenienti dalla chiesa genovese dei cappuccini di S. Barnaba e assemblati, probabilmente nel corso dell'Ottocento, in modo arbitrario a formare un'unica ancona.
Queste tavole, che costituiscono cronologicamente la prima testimonianza certa oggi conosciuta della produzione dell'artista toscano, sebbene rivelino, particolarmente nella resa degli incarnati dei volti e delle mani, alcune tangenze con la cultura figurativa pisana, denunciano soprattutto un sostanziale accostamento da parte di G. alla tradizione pittorica genovese tardotrecentesca, con un peculiare riferimento alla produzione avanzata di Barnaba da Modena, anche per quanto concerne l'originale struttura dell'ancona, tipologia diffusasi nel territorio ligure proprio a partire dagli ultimi anni del Trecento (Algeri, 1991, p. 73).
Il 7 nov. 1415 G. è nuovamente documentato a Genova, dove partecipò, come luogotenente della corporazione, a una riunione convocata con lo scopo di riformare le norme statutarie riguardanti la nomina dell'elezione dei consoli dell'arte (Alizeri, p. 210). Intorno alla metà del secondo decennio del Quattrocento si deve collocare l'esecuzione dell'ancona raffigurante S. Lorenzo tra i ss. Chiara, Paolo, Francesco e Leonardo, oggi conservata nella chiesa di S. Giorgio a Moneglia, ma originariamente realizzata per la chiesa suburbana di S. Lorenzo della stessa località, dal 1414 nominata parrocchiale.
Il dipinto, ancora racchiuso nell'originaria carpenteria lignea decorata con applicazioni in pergamena dorata, strutturalmente del tutto analoga a quella del polittico oggi all'Annunziata di Portoria a Genova, è stato inserito nello scarno catalogo dell'artista da Algeri (1988, pp. 37-41). La studiosa ha riscontrato nella raffinata definizione delle figure dei santi e nella resa delle vesti, percorse da delicati e insistiti panneggi, una più profonda e meditata attenzione da parte di G. ai coevi esiti pittorici genovesi, riproponendo motivi desunti dalla produzione di Barnaba da Modena, intrecciati con elementi ripresi dalle opere di Nicolò da Voltri unitamente ad accenni al linguaggio del gotico internazionale. Il riferimento dell'ancona a G., ribadito anche nel 1993 (pp. 53 s.) da Algeri, non è stato al contrario accettato da De Marchi (1991, p. 123), che ha riproposto la precedente attribuzione (Rossetti Brezzi, 1983, pp. 12-14) all'anonimo Maestro di Moneglia, artista al quale ha ascritto inoltre, con riserve, anche gli scomparti raffiguranti la Trinità e i ss. Antonio Abate e Lazzaro, conservati nella chiesa genovese di S. Maria delle Vigne. Algeri (1991, pp. 104 s.) li assegna invece a un ignoto pittore denominato Maestro di S. Maria delle Vigne, personalità attiva negli anni Venti del Quattrocento e ampiamente influenzata dalla contemporanea produzione del maestro pisano.
A una fase più matura del percorso di G., a cavallo tra il secondo e il terzo decennio del XV secolo, sono databili le tavole raffiguranti S. Chiara, S. Leonardo (già Torino, coll. Balbo Bertone: Algeri, 1991, p. 79 figg. 74 s.) e S. Agata (Pavia, Pinacoteca Malaspina), scomparti laterali di un polittico smembrato al quale apparteneva inoltre la cuspide raffigurante la Madonna col Bambino conservata nella chiesa genovese di S. Fede, città da dove proviene probabilmente il complesso.
Al centro dell'articolata pala d'altare doveva essere rappresentata la figura di un santo che, sia per motivazioni stilistiche sia per la presenza di un'identica punzonatura dell'aureola, potrebbe essere ipoteticamente identificato con il S. Lorenzo (già Roma, coll. Paolini: Algeri, 1991, p. 82 fig. 79), attribuito in passato a Turino Vanni ma ora accostato all'opera di G. (Id., 1988, pp. 35-37), come dimostrano la definizione dei tratti del volto e delle mani, caratterizzate da dita estremamente affusolate, e la tipica stesura dei panneggi.
Il 30 genn. 1419 G., "pintor in Scutaria Ianue" (Alizeri, pp. 212 s.), compare come arbitro in un atto notarile riguardante una controversia fra i pittori Baldo da Pisa e Mariano da Pisa, attivi entrambi nella città ligure nei primi due decenni del Quattrocento; il 21 nov. 1421 venne consegnata a G. dal pittore genovese Raffaele Bonaventura, documentato dal 1415 al 1421, la dote della moglie Pomellina Bonaventura, figlia del defunto Guglielmo e nipote di Raffaele.
All'inizio degli anni Venti risale la realizzazione del polittico raffigurante la Madonna col Bambino fra s. Agata, s. Stefano, s. Francesco e una santa martire (Barcellona, Museu nacional d'art de Catalunya), firmato nel bordo inferiore dello scomparto centrale "Johannes de Pisis pinxit". L'opera, proveniente con probabilità dal territorio genovese e conservata nel corso del XVIII secolo nell'importante collezione romana del cardinale F.S. Zelada, venne riprodotta da Seroux d'Agincourt (1823, tav. CXXXIII) ancora corredata dalla predella raffigurante alcune Scene della vita di s. Stefano, elemento andato disperso nel corso dei successivi passaggi sul mercato antiquario.
L'estrema testimonianza pittorica finora nota della produzione di G. risulta essere il polittico con la Madonna e il Bambino tra i ss. Giovanni Battista e Antonio Abate (San Simeon, CA, Hearst Castle), firmato e datato "Iohannes de Pisis pinxit MCCCCXXIII". Lungo il bordo inferiore dello scomparto centrale, al di sotto della firma del pittore, è inoltre visibile la scritta "Hoc opus fecit fieri homines de Resonego fuerunt extra domum": questa importante iscrizione permette di confermare l'ipotesi di un'originaria provenienza dell'opera dal territorio genovese (Algeri, 1991, pp. 80, 82), dove nel Quattrocento e ancor più nel secolo successivo assai numerosa fu infatti la presenza di abitanti provenienti dall'area comasca, e in modo particolare proprio dal paese di Rezzonico.
Di G. non si conosce la data di morte.
Fonti e Bibl.: J.B. Seroux D'Agincourt, Histoire de l'art par les monuments…, VI, Paris 1823, tav. CXXXIII; F. Alizeri, Notizie dei professori del disegno in Liguria dalle origini al secolo XVI, I, Genova 1870, pp. 210-213, 224; N.C. Garoni, Guida storico economica e artistica di Savona, Savona 1874, p. 230; B. Berenson, Quadri senza casa. Il Trecento senese, I, in Dedalo, XI (1930-31), pp. 281 s.; M.P., Commenti, ibid., pp. 791 s.; E. Carli, Pittura pisana del Trecento, II, La seconda metà del secolo, Milano 1961, pp. 98-100; M. Olivar, Museo d'arte di Catalogna. Barcellona, Novara 1963, p. 150; F.R. Pesenti, Un apporto emiliano e la situazione figurativa locale, in La pittura a Genova e in Liguria, I, Genova 1970, pp. 69, 74; C.L. Ragghianti, Arte pisana, in Critica d'arte, XLII (1977), 151, p. 236; M. Migliorini, Persistenze pisano-senesi nella pittura genovese del primo Quattrocento: un inedito di G., in Studi di storia delle arti, II (1978-79), pp. 97-103; E. Rossetti Brezzi, Nuove indicazioni sulla pittura ligure-piemontese tra '300 e '400, in Ricerche di storia dell'arte, 1978-79, n. 9, pp. 16-19; M.G. Albertini Ottolenghi, Anonimo pisano, S. Agata, in Pavia. Pinacoteca Malaspina, Pavia 1981, pp. 149 s.; E. Rossetti Brezzi, Per un'inchiesta sul Quattrocento ligure, in Bollettino d'arte, LXVIII (1983), 17, pp. 12-14; F.R. Pesenti, Un apporto emiliano e la situazione figurativa locale, in La pittura a Genova e in Liguria, I, Genova 1987, pp. 65 s.; M. Natale, La pittura in Liguria nel Quattrocento, in La pittura in Italia. Il Quattrocento, Milano 1988, I, p. 15; A. Gagliano Candela, ibid., II, p. 664; G. Algeri, Nuove proposte per G. da P., in Bollettino d'arte, LXXIII (1988), 47, pp. 35-48; Id., Ai confini del Medioevo, in La pittura in Liguria. Il Quattrocento, Genova 1991, pp. 50, 62-64, 69-82, 100, 103-106, 111, 116, 141, 510; A. De Marchi, Andrea de Aste e la pittura tra Genova e Napoli all'inizio del Quattrocento, in Bollettino d'arte, LXXVI (1991), 68-69, pp. 120, 122 s.; P. Santucci, La pittura del Quattrocento, Torino 1992, pp. 62, 97; G. Algeri, Testimonianze d'arte nella diocesi di Chiavari (catal., Chiavari), Genova 1993, pp. 13 s., 53-56 n. 2; V. Natale, in The Dictionary of art, XII, London-New York 1996, p. 705; U. Thieme - F. Becker, Künstlerlexikon, XIV, p. 142; Diz. encicl. Bolaffi dei pittori e degli incisori italiani…, VI, pp. 31 s.