Giovanni di Sassonia
Figlio del principe Massimiliano di Sassonia e della principessa Carolina di Parma; nacque a Dresda nel 1801, salì sul trono sassone nel 1854 e morì, sempre a Dresda, nel 1872. Coltissimo e munifico, fu al centro, si può dire, di tutti gli apporti del Romanticismo germanico alla conoscenza di D. e del suo mondo. A lui infatti, filologo e organizzatore di filologia, si riannodano la maggiore e più fortunata versione tedesca della Commedia, il primo periodico dantesco specializzato, il più attivo gruppo di ricerche dantesche, la più ricca raccolta iconografica.
Singolarmente favorito da un lunghissimo periodo di attesa al trono (cui salì a 53 anni) e da un altrettanto lungo tempo di pace, ebbe modo di dedicarsi giovanissimo agli otia letterari, profondendovi ingegno e sostanze. Benché figlio di principessa italiana, non ebbe familiare dapprima l'uso della lingua italiana, finché un viaggio in Italia (1821-22) e una lunga residenza a Pavia e a Firenze non lo resero entusiasta e dell'idioma e del mondo spirituale di Dante. Cominciò così, quasi per diletto o per privato esercizio, quella versione della Commedia che poi gli amici eruditi (F. Ludwig Breuer e K. August Foerster) lo convinsero a pubblicare. Al Breuer inviò anzi un capitolo in mosaico dantesco (" Mi venne un dubbio ed io rimango in forse sì che nel capo si e no tenzona... ") ricevendone una risposta entusiastica e un caldo incoraggiamento alla stampa di quel Dante's Goettlische Comoedie. Hoelle, che, con la firma di Philaletes, conteneva la versione dei primi dieci canti della Commedia e fu distribuito a Dresda in forma privata tra amici e studiosi. Era il 1828, l'anno stesso in cui uscivano gli studi del Witte sui commenti dell'Ottimo e di Iacopo della Lana. Commenti egli non volle farne, ma già andava adunando quelle postille erudite che, ancora limitate a qualche richiamo nella seconda edizione, pure privata, dell'intero Inferno (1833), divennero un vero e proprio apparato d'illustrazioni storico-dottrinali nella prima edizione posta in commercio presso l'editore Arnould di Dresda (1839). Dieci anni più tardi usciva la prima versione completa del poema, e il commento diventava sempre più nutrito passando dal Purgatorio al Paradiso, in cui anzi la straordinaria messe delle osservazioni e dei riscontri teologici costituiva un implicito riconoscimento della forza morale e dottrinale della terza cantica, in un tempo in cui le preferenze di traduttori e illustratori andavano manifestamente alla prima.
I criteri fondamentali della versione di Philaletes sono espressi dall'autore stesso nella prefazione alla seconda edizione dell'Inferno: premesso che la lingua di D. fu non tanto assunta da un contesto sociale quanto da lui per primo creata, e definita la Commedia come una cattedrale gotica, prodotto di un'età feconda di commozioni e di slanci religiosi, afferma di aver lavorato per sovrapposizioni " con la più possibile fedeltà letterale, per quanto almeno lo permettesse il genio della lingua tedesca, e non solo la grammatica di essa ". E prosegue: " A questo scopo io preferii di tradurre esattamente secondo la quantità sillabica dell'originale, ma libero affatto dalla rima ". Ne uscì una versione in giambici sciolti, esemplare per chiarezza e aderenza al testo, che divise con quella del Witte il favore dei lettori tedeschi, anzi fu spesso preferita a quest'ultima in virtù del commento a piè di pagina, insuperato in Germania fino a quello di H. Gmelin (1949).
Al cenacolo dantesco di Dresda fecero capo da allora tutti i letterati e i filologi intenti alla riscoperta romantica del poeta italiano, dal Foerster al Carus, dal Tieck allo Schlosser: il neoumanesimo germanico, mentre si fondava con una superba enciclopedia di accertamenti (quella che metteva capo al Witte e al Blanc, entrambi assidui frequentatori di G.) consentiva anche una ricca esperienza di letteratura in atto: e l'una e l'altra avevano di fronte, come oggetto o come analogia, il poema dantesco. Così mentre da una parte la biblioteca del principe, organizzata da un bibliografo coscienziosissimo come G. Petzholdt, attirava i più dotti dantisti con migliaia di pubblicazioni specializzate, dall'altra il fervore dei nuovi studi stimolava le invenzioni dei poeti (oltrepassando anche le riserve dell'appartato Goethe) e soprattutto dei pittori. Nel 1865, in occasione del centenario dantesco, fu solennemente inaugurata la " Deutsche Dante-Gesellschaft " con un alto discorso del Witte alla presenza di G., che la presesotto il suo patrocinio. Primi frutti dell'Associazione furono il catalogo della biblioteca dantesca a cura del Petzholdt, lo studio del Paur, D. in Deutschland (" Unsere Zeit ", 1865) e la riedizione completa della versione di G. di Sassonia, il " Philaletes ". Più tardi (1867) s'iniziava la pubblicazione del primo periodico dantesco, lo " Jahrbuch der deutschen Dantegesellschaft ", che da Lipsia diffonderà in tutta Europa, continuato dal " Deutsches Dante-Jahrbuch ", i ragguagli sull'attività del grande sodalizio sassone.
Particolare importanza ebbe, in quegli anni, la ricchissima raccolta iconografica dantesca adunata da G. nel suo palazzo: a essa infatti guardarono gl'illustratori romantici della Commedia e tutti gli artisti che dal mondo stilnovistico trassero pretesto a raffinatezze neogotiche. Si può dire che le tre maggiori scuole della Germania romantica (la scuola dei Nazareni o romana-bavarese, la scuola di Düsseldorf e la cosiddetta Arte di Dresda) s'incontrarono nell'equilibrato sincretismo del principe, o per compiacerlo come fece il Cornelius, o per dipartirsene verso le soluzioni più arbitrarie o preziose, come fecero Hess, Bendemann, Vogel von Vogelstein, e altri.
Bibl. - G. Ticknor, Life, letters and Journals, I, Londra 1876, 385 ss.; G. Petzholdt, Philaletes König Johann von Sachsen, Dresda 1879; G.A. Scartazzini, D. in Germania, 2 voll., Milano 1881-83, 50 ss.; P. von Falkestein, Johann Kön. von Sachsen, Dresda 1879; A. Farinelli, D. in Spagna, Francia, Inghilterra, Germania, Torino 1922, 413-416; T. Ostermann, D. in Deutschland, Dresda 1929, sub voce. Dell'opera di G. furono tradotte in italiano dapprima le diverse prefazioni e le note ai canti I-XIV dell'Inferno (La D.C. con note critiche e storiche del re G. di S. [Filalete], traduz. di G. Bellotti, a c. di C. Negroni, in " Il Propugnatore " XX [1887] 1334-370; II 64-108, 352-383); il seguito del commento all'Inferno apparve nelle annate de " L'Alighieri " I (1889) - IV (1893), sempre nella traduzione del Bellotti e a c. del Negroni.