GIOVANNI di Simone
Non si conosce la data di nascita di questo ingegnere attivo a Pisa nella seconda metà del Duecento; non è noto se egli fosse pisano di nascita oppure divenuto solo in seguito civis della città. La sua figura fu totalmente ignorata per secoli dalla critica e dalla storiografia artistica proprio per colpa del suo nome che lo fece confondere, da Vasari in poi, con Giovanni Pisano, finché, nel 1918, Bacci, sorretto dalla sua accurata ricostruzione documentaria, riuscì a trarre G. definitivamente fuori da questo buio. Lo storico dimostrò anzi che egli era stato uno degli architetti più eminenti e capaci della Pisa della seconda parte del XIII secolo.
Il primo documento che riguarda G. è del luglio 1245, quando, insieme con altri, diede il consenso all'accettazione di un certo Martino come converso della casa e dell'Opera del duomo di cui egli stesso era già "servitor et fidelis" (Caleca, 1996, p. 40). Per trovare un altro documento che lo riguardi, bisogna aspettare parecchi anni; però parte della critica ha supposto che G. abbia avuto un ruolo di primo piano nella costruzione dell'ospedale nuovo avviata sul lato sud della piazza del Duomo nel 1257, quando il papa Alessandro IV revocò l'ormai decennale interdetto che pesava sulla città ghibellina.
L'edificio risultava quasi ultimato nel 1262, quando G. doveva essere già al lavoro nella chiesa di S. Francesco a Pisa; la chiesa, infatti, cominciata nel 1261 e terminata, all'infuori della copertura, entro la fine del secolo, è in cotto, secondo una consuetudine tipicamente pisana, ma poggia su un basamento di pietra che, stando a un documento del 1264, un gruppo di "magistri lapidum" stava cavando dal monte Pisano proprio sotto la direzione di Giovanni. L'elemento che di certo caratterizza l'intero cantiere è il campanile pensile che scarica il peso solo su due muri perimetrali in cui G. inserì due mensoloni che sorreggono un'accuratissima tromba di mattoni concentrici alleggeriti da arcatelle. Sulla base di questa singolare architettura, la Cristiani Testi (1986) ha attribuito a G. anche il campanile di S. Caterina, la chiesa domenicana di Pisa, di poco anteriore a quella francescana. Sebbene non tutti gli studiosi si dichiarino certi di questa attribuzione, c'è da dire che i due campanili pisani costituiscono episodi precoci e molto rilevanti all'interno dello sviluppo dell'architettura mendicante italiana.
Secondo quanto dicono i documenti, a partire dal 1266 e certamente fino al 1286, G. fu capomastro dell'Opera del duomo; è, infatti, del marzo 1266 un atto di vendita di un terreno nelle immediate vicinanze del duomo, comprato proprio per la costruzione del Camposanto, in cui G. viene citato con questa carica. Sempre "capomagistro" è detto in un documento dell'agosto del 1267 in cui egli compare come testimone nella controversia fra l'Opera del duomo e il conte Federico Lancia, compagno di Corradino di Svevia. Un documento del maggio 1270 dà l'esatta misura della stima che Pisa riservava a G.: è una delibera del Comune in cui si esenta il maestro dal pagamento di qualunque tassa, fatta salva quella sui suoi estimi. I brevi relativi all'esenzione dalle tasse vengono ripetuti nel 1275, nel 1280 e poi ogni anno fino al 1286 (Bacci). Intorno al 1275 ripresero i lavori del campanile, interrotti ormai da quasi novant'anni per il famigerato inclinamento della costruzione. I lavori furono affidati a G., che condusse a termine i tre ordini superiori e la copertura senza il coronamento. Non sempre i documenti relativi alla torre sono di chiara interpretazione (Sanpaolesi; Cristiani Testi, 1976), ciononostante la critica non ha dubbi sulla paternità di G., proprio in virtù dell'estrema difficoltà dell'intervento che prevedeva una rettifica della pendenza, ben visibile dai rilievi. Per la costruzione del quarto ordine, G. dovette disporre di materiale che era già stato preparato prima dell'interruzione; ma, a partire dal quinto ordine, con l'aggravarsi della pendenza (nella fase costruttiva compresa fra il 1275 e il 1284 questa aumentò di ulteriori 80 cm), l'unico modo per tentare di far avanzare i lavori fu quello di tagliare ogni singolo pezzo da montare in modo da adattarlo.
Mentre il campanile veniva faticosamente innalzato, ripresero le trattative per il terreno su cui doveva sorgere il Camposanto: nel giugno del 1277 il vescovo Federico Visconti fece finalmente la donazione sperata dell'appezzamento di terra; e una lastra celebrativa in marmo, posta ancora a sinistra del portale est, riporta, oltre alla data, i nomi del podestà, dell'arcivescovo, dell'Operaio e di "magistro Iohanne edificante" (Caleca, 1996). Il disegno complessivo del monumento fu quindi di G.; e anche la fase successiva dei lavori, affidata a Giovanni Pisano, dovette rispettare il complesso progetto originario che univa la tipologia della chiesa tripartita a quella del chiostro e del recinto cimiteriale. Alla direzione dei lavori di G. spettano le prime venti arcate della parte orientale che si apparentano, ma solo nella struttura, con l'architettura del duomo. La decorazione infatti, al pari di alcuni capitelli del campanile che la Cristiani Testi (1976) attribuisce a G., sembra avere ben presente l'arte dei Bigarelli, quasi deliberatamente saltando le grandi prove di Nicola Pisano. Questa riapertura di dialogo con i comaschi, rilevabile in particolare nei capitelli per la marcata essenzialità dei tratti fisiognomici trattati con uno stile aguzzo, ad angoli vivi e linee profondamente incise, sembra essere di sostegno alle affermazioni di Caleca (1996) che rileva come certe modanature, alcune apparecchiature murarie, certe raffinatezze tecniche di antica tradizione rimandino direttamente all'arte lapicida lombarda.
Non vi sono documenti che indichino con certezza quando cessò il lavoro di G. per il Camposanto; l'interruzione dei lavori del campanile invece risale sicuramente al 1284 in coincidenza con un periodo nero per Pisa culminato nella battaglia della Meloria. Questo fece supporre a Biagi che G. fosse morto in quell'occasione, ma l'ultimo breve di esenzione fiscale, del 1286, esclude questa ipotesi. La scomparsa di G. dovette comunque avvenire entro il 1298, dal momento che in un documento di quell'anno, in cui compaiono il figlio maggiore Guido insieme con Giovanni Pisano a proposito della piombatura del campanile, egli risulta già morto.
Fonti e Bibl.: P. Bacci, Il Camposanto di Pisa non è di Giovanni di Niccola Pisano, Pisa 1918, pp. 15-25, 34-56; V. Biagi, La torre pendente di Pisa nella leggenda, nella storia, nell'arte, Pisa 1930, pp. 56-64; P. Sanpaolesi, Il campanile di Pisa, Pisa 1956, pp. 26-32; E. Carli, Il campanile di Pisa, Pisa 1973, pp. 9-13; A. Caleca - L. Lenzi, Un documento sulla "torre pendente", in Antichità pisane, 1974, n. 4, pp. 18-20; M.L. Cristiani Testi, Sculture nel campanile pisano, in Critica d'arte, XLI (1976), pp. 14-30; M. Ronzani, Il francescanesimo a Pisa fino alla metà del Trecento, in Bollettino storico pisano, LIV (1985), pp. 31-33; M.L. Cristiani Testi, G. di S.: campanili pensili di Pisa, in Critica d'arte, LI (1986), pp. 57-64; F. Redi, Pisa com'era: archeologia, urbanistica e strutture materiali, Napoli 1991, pp. 384-390; E. Tolaini, Campo Santo di Pisa: progetto e cantiere, in Riv. dell'Istituto italiano di archeologia e storia dell'arte, XVII (1994), pp. 120 s.; A. Caleca, Il Camposanto di Pisa, problemi di storia edilizia, in Il Camposanto di Pisa, Roma 1993, pp. 7-11; V. Ascani, in Enc. dell'arte medievale, VI, Roma 1995, pp. 757 s.; A. Caleca, Costruzione e decorazione dalle origini al secolo XV, in Il Camposanto di Pisa, a cura di C. Baracchini - E. Castelnuovo, Torino 1996, pp. 14 s., 40.