GIOVANNI di Simone
Architetto e, forse, scultore attivo a Pisa nella seconda metà del Duecento. G. è ricordato una prima volta come magister murorum nel 1260 nell'ambito dell'Opera della cattedrale della stessa città, quindi fu a capo dei lavori seguiti da quella istituzione - non è chiaro se ininterrottamente - dal 1264 al 1286; egli risulta già morto nel 1298 (Bacci, 1918).Alla singolare sfortuna critica di G., del quale si era quasi totalmente perduta memoria, ha fatto seguito in questo secolo una serie di interventi storiografici volti a raggruppare intorno al suo nome un consistente nucleo di opere architettoniche comprendente alcune delle più significative costruzioni innalzate a Pisa tra il sesto e il nono decennio del 13° secolo. Fin dalla prima, precisa ricostruzione documentaria della sua attività (Bacci, 1918), a G. è stato ascritto il Camposanto di Pisa, perlomeno nelle sue fasi di avvio, riconosciute nella parte orientale - per lo spazio di venti arcate - del prospetto verso il fianco della cattedrale buschetiana; di quell'edificio vengono, anzi, ripresi tanto i materiali quanto le più evidenti caratteristiche formali nel lungo e basso corpo di fabbrica iniziato nel 1277, a continue arcature piene e completo rivestimento marmoreo, mentre fu riservato all'ornamentazione scolpita il compito di denunciare più chiaramente l'evoluzione stilistica intercorsa e il mutato gusto decorativo. Le parti occidentali del Camposanto e il suo assetto interno appaiono però frutto delle successive fasi edificatorie, risalenti agli anni a cavallo del 1300, dominati dalla personalità di Giovanni Pisano, e alla committenza dell''operaio' Borgogno Tadi, come più precisamente riconosciuto di recente (Caleca, 1993). Si seguì peraltro un progetto esecutivo con buona probabilità non radicalmente divergente dall'idea originaria. Permane rischioso tuttavia l'attribuire direttamente a G. la concezione icnografica del singolare organismo. Questo, al tempo stesso chiostro, recinto cimiteriale e chiesa, con riconoscibile area presbiteriale e corpo longitudinale tripartito e parzialmente subdiale, è da riconoscersi sostanzialmente autonomo rispetto ai pur possibili precedenti, stante soprattutto il profondo e meditato legame della struttura con gli aspetti liturgici e funzionali della costruzione, senz'altro da riportare alle direttive della sia pur mediata committenza arcivescovile.Mentre un probabile coinvolgimento di G. nella costruzione dello Spedale di Alessandro IV a Pisa (Biagi, 1930), risalente agli anni 1257-1262, attende una più attenta conferma documentaria e stilistica, l'opera dell'artista è ravvisabile con pressoché assoluta certezza nell'architettura della chiesa pisana di S. Francesco, per la quale si raccoglievano fondi già nel 1255 (Ronzani, 1985) e che, iniziata nel 1261, sembra essere stata terminata entro la fine del secolo (Biebrach, 1908; Wagner-Rieger, 1957-1958). Si tratta di un vasto edificio orientato con corpo longitudinale a navata unica, ampio transetto separato da arconi su pilastri e coro a sette cappelle terminali voltate a crociera, mentre il resto della costruzione è coperto a tetto. La fabbrica è realizzata in cotto, secondo una tecnica affermatasi solo nel primo Duecento in area pisana, su un basamento continuo - elemento derivato dall'ambito cistercense - preliminarmente attuato, a filari di pietre calcaree del monte Pisano, alla cui lavorazione le maestranze dell'Opera del duomo capitanate da G. sono documentate nel 1264 (Bacci, 1918). La struttura è completata da un elegante e alto campanile ad aperture progressive, singolarmente sorretto da una tromba a corsi di mattoni concentrici di accurato disegno, virtuosisticamente alleggerita da piccole arcature, poggiante su due mensoloni, ben in vista sul braccio settentrionale del transetto. L'ardita opera è stata attribuita a G. al pari del consimile campanile della chiesa domenicana di Pisa, S. Caterina - edificio di poco anteriore alla fabbrica francescana -, impiantato addirittura sulle volte stesse del transetto (Biagi, 1930; Cristiani Testi, 1986-1987; 1987), ma dotato di elementi architettonici di più arcaica concezione. Le due fondazioni costituiscono in ogni caso un episodio precoce e saliente, tuttora non appieno indagato, nel panorama dell'architettura mendicante in Toscana, nella fase del suo primo sviluppo.Ancora, sono stati assegnati a G. i tre ordini superiori di logge del campanile pendente del duomo pisano (Biagi, 1930; Sanpaolesi, 1956; Carli, 1973) e, talora, anche alcuni dei capitelli che li decorano (Cristiani Testi, 1976), denotanti una semplificazione linearistica e un ininterrotto scorrere dei piani, sulla base di un linguaggio espressivo rimontante più che a Nicola Pisano ai precedenti e ancora vivi esempi bigarelliani. Le ragioni di queste attribuzioni poggiano sia sulla base dei documenti, sebbene non esenti da ambiguità, sia dell'esame stilistico, peraltro reso difficoltoso dalla presenza di estese sostituzioni e di arbitrari restauri, sia sull'ambiziosa rettifica alla pendenza della torre che si nota nella sua struttura, che risulterebbe in effetti ben spiegabile se originata dalla stessa cultura ingegneristica che seppe progettare e realizzare i due campanili pensili delle maggiori fondazioni mendicanti della città.I lunghi anni di direzione del cantiere della cattedrale pisana - nonostante la contemporanea presenza, in alcuni periodi, di Nicola Pisano e del figlio Giovanni -, l'esenzione dalle tasse testimoniata a più riprese per l'architetto e solitamente riservata ad artefici universalmente acclamati dalla cittadinanza, e la presenza, in anni successivi alla morte di G., di quattro figli architetti lasciati alle dipendenze della stessa Opera, con incarichi di una certa importanza, sono elementi che lasciano percepire una personalità di non secondario rilievo, forse con una preparazione più specificamente tecnica rispetto ad altri artisti contemporanei, certamente un capomastro abituato a coordinare - come appare dalle fonti - l'attività in primari cantieri di vaste dimensioni, interessato a tipologie edilizie e tecniche architettoniche innovatrici, da conciliare, ove necessario, con i tradizionali e armonici stilemi ereditati dai precedenti secoli romanici.
Bibl.: G. Carotti, La chiesa di S. Francesco a Pisa, Archivio storico dell'arte 1, 1888, pp. 87-88; K. Biebrach, Die Holzgedeckten Franziskaner und Dominikanerkirchen in Umbrien und Toskana, Berlin 1908; A. Bellini Pietri, Guida di Pisa, Pisa 1913; P. Bacci, Il ''Camposanto di Pisa'' non è di Giovanni di Niccola Pisano, Pisa 1918; A. Manghi, L. Simoneschi, La chiesa di S. Caterina di Pisa. L'incendio del 1651 ed i restauri odierni, Pisa 1924; V. Biagi, La torre pendente di Pisa nella leggenda, nella storia, nell'arte, Pisa 1930; G. Fascetti, Restauri al campanile di S. Caterina a Pisa, Pisa 1935; E. Carli, P.E. Arias, Il Camposanto di Pisa, Pisa 1937; P. Sanpaolesi, Il campanile di Pisa, Pisa 1956; R. Wagner-Rieger, Zur Typologie italienischer Bettelordenskirchen, Römische historische Mitteilungen 2, 1957-1958, pp. 266-298; G. Corallini, La chiesa di S. Caterina a Pisa dalle origini ad oggi, Pisa 1965; E. Carli, Il campanile di Pisa. Discorso tenuto nell'Abbazia di San Zeno a Pisa il 20 ottobre 1973 nella ricorrenza dell'ottavo centenario della fondazione della torre pendente, Pisa 1973; M.L. Cristiani Testi, Sculture nel campanile pisano, CrArte, s.IV, 41, 1976, 147, pp. 14-30; E. Tolaini, Forma Pisarum, problemi e ricerche, Pisa 19792 (1967); G. Villetti, Legislazione e prassi edilizia degli Ordini mendicanti nei secoli XIII e XIV, in Francesco d'Assisi, II, Chiese e conventi, cat., Assisi 1982, pp. 23-31; G. De Angelis d'Ossat, Proporzioni e accorgimenti visuali negli interni, ivi, pp. 150-161; M. Ronzani, Il Francescanesimo a Pisa fino alla metà del Trecento, Bollettino storico pisano 54, 1985, pp. 1-55; W. Schenkluhn, Ordines studentes. Aspekte zur Kirchenarchitektur der Dominikaner und Franziskaner im 13. Jahrhundert, Berlin 1985; M.L. Cristiani Testi, Giovanni di Simone: campanili pensili di Pisa, CrArte, s. IV, 51, 1986, 9, pp. 57-64; 52, 1987, 13, pp. 26-32; id., Nicola Pisano architetto e scultore. Dalle origini al pulpito del battistero di Pisa, Pisa 1987, pp. 111-118; M. Fanucci Lovitch, Artisti attivi a Pisa fra XIII e XVIII secolo, Pisa 1991; F. Redi, Pisa com'era: archeologia, urbanistica e strutture materiali (secoli V-XVI), Napoli 1991, pp. 389-390; A. Caleca, Il Camposanto di Pisa. Problemi di storia edilizia, in Il Camposanto di Pisa. Rilievo di Massimo Carmassi, Roma 1993, pp. 5-14; I marmi di Lasinio. La collezione di sculture medievali e moderne nel Camposanto di Pisa, cat., Firenze 1993; C. Bozzoni, Chiese francescane della Toscana: procedimenti progettuali e di controllo proporzionale, in Il Gotico europeo in Italia, a cura di V. Pace, M. Bagnoli, Napoli 1994, pp. 71-83.