Giovanni Domenico Cassini
Giovanni Domenico Cassini fu autore di contributi molto significativi in astronomia planetaria e nello studio del Sole e delle comete. Fu attivo anche in cartografia, ingegneria e costruzione di strumenti scientifici. Tra i maggiori astronomi d’Europa, operò a Parigi dal 1669, quale membro della Académie des sciences voluta da Jean-Baptiste Colbert per il re di Francia Luigi XIV, e nella realizzazione dell’Observatoire. Caratteristica fu la sua capacità di utilizzare il sistema di patronage e le strutture di organizzazione accademica, che nella Francia del secondo Seicento si segnalavano per un rinnovato impulso del potere politico nella promozione della ricerca scientifica.
Giovanni (Giovan) Domenico Cassini nacque a Perinaldo, l’8 giugno 1625, da Giacomo e Giulia Crovesi. Fu inviato prima a studiare a Vallebona, poi nel collegio dei gesuiti di Genova, dove rimase dal 1638 al 1646. Completato il percorso umanistico, cominciò a studiare matematica e astronomia sotto la guida di Giovan Battista Baliani. La conoscenza del marchese Cornelio Malvasia, senatore bolognese appassionato di astronomia e di astrologia, gli schiuse nel 1651 le porte dell’ateneo felsineo. Ottenne la cattedra di astronomia che era stata di Bonaventura Cavalieri.
Il passaggio di una cometa nel Natale 1652 gli permise di esordire con una pubblicazione su uno degli eventi celesti che più colpivano l’immaginazione del popolo e più attiravano l’attenzione degli scienziati. L’ampliamento della basilica di San Petronio e la conseguente distruzione della meridiana costruitavi da Ignazio Danti diedero occasione a Cassini per farvene realizzare una più grande. Dal 1657 cominciò a occuparsi del reggimento delle acque; nel 1663 sovrintese anche all’ampliamento del Forte urbano. Il favore di papa Alessandro VII gli permise di introdursi negli ambienti dell’aristocrazia romana: riuscì, per es., a creare un solido rapporto con Cristina di Svezia, con cui studiò le comete del 1664-65. Negli stessi anni iniziarono i contatti con Vincenzo Viviani e l’Accademia del Cimento, di cui diventò corrispondente. I soggiorni a Roma propiziarono poi l’incontro con i fratelli Matteo e Giovanni Campani, che rivaleggiavano con Eustachio Divini nella costruzione di lenti per telescopi.
La sua fama crebbe al punto da indurre Colbert a invitarlo a Parigi come membro dell’Académie des sciences. Dopo lunghe e delicate trattative tra Luigi XIV, Clemente IX e il Senato bolognese, Cassini arrivò a Parigi il 4 aprile 1669. Quello che doveva essere un soggiorno breve si trasformò ben presto in una scelta di vita: Cassini sovrintese alla costruzione dell’Observatoire; poi coordinò le osservazioni del gruppo di matematici, astronomi e geografi dell’Académie. Nel 1672 divenne membro della Royal society (Marcello Malpighi fece da tramite per la corrispondenza con il suo segretario, Henry Oldenburg); nel 1673 sposò Geneviève de Laistre (Delaître), da cui ebbe tre figli. Solo uno però sopravviverà al padre: ovverosia Jacques (1677-1756), che proseguì il suo lavoro all’Observatoire.
Tra il 1694 e il 1696 rientrò in Italia. Durante il viaggio restaurò la meridiana di San Petronio a Bologna; per compensarlo dei suoi servigi, la città gli concesse la cittadinanza nel 1702. In Francia, tra il 1700 e il 1701 compì viaggi nel Sud del Paese per completare il prolungamento dell’arco meridiano di Parigi. Qui continuò le sue osservazioni astronomiche, ma nel Journal, il manoscritto che le registra, il suo nome risulta sempre più spesso accompagnato dai nomi del figlio Jacques e di Giacomo Filippo Maraldi (1665-1729). Nel 1708 perse la moglie; l’anno successivo si ammalò gravemente. Ritrovò la salute, ma per poco: nel 1710 diventò progressivamente cieco. Le forze cominciavano a mancargli: passava sempre più tempo nella sua stanza, dove dettava le sue memorie a un segretario. Morì il 14 settembre 1712; due mesi dopo, Bernard Le Bovier de Fontenelle leggerà il suo elogio in una seduta dell’Académie des sciences.
Fin dai primissimi anni del periodo bolognese Cassini non si limitò ad adempiere i compiti previsti dal suo incarico di docenza, ma svolse indagini su un ampio novero di fenomeni celesti. Alcuni di questi interessi furono certamente determinati dal caso e dal desiderio di pubblicare su temi centrali nel dibattito astronomico. È quanto avvenne per le comete, che studierà per buona parte della sua vita. Lo studio delle comete del 1652-53 si incentrò prevalentemente sul calcolo della parallasse: un dato fondamentale per risolvere la controversia sulla loro lontananza dalla Terra e dunque sulla loro natura. Cassini concordava con quanti le ritenevano un fenomeno celeste; non credeva quindi che potessero essere esalazioni accese, come voleva la teoria aristotelica. Nel 1664-65 studiò invece la traiettoria delle comete: lasciata da parte la polemica antiperipatetica, si trattava ora di stabilire se seguissero una traiettoria rettilinea oppure un qualche tipo di curva. Pur senza arrivare a una conclusione definitiva, Cassini sembrava chiaramente propendere per l’idea che le comete seguissero un’orbita, per quanto molto eccentrica rispetto alla Terra; in almeno un caso era convinto di aver osservato una cometa già studiata da Tycho Brahe (1546-1601; cfr. Gualandi 2009; Bonoli 2011).
A volte i suoi lavori furono determinati dal tipo di strumento a sua disposizione: costruita la meridiana di San Petronio, se ne servì per condurre ricerche sul rallentamento apparente del corso del Sole in estate, sui valori dell’obliquità dell’eclittica, sulla parallasse solare, sulla rifrazione atmosferica e sul diametro apparente del Sole. Poté così compilare nuove tavole solari.
Se i lavori sulle comete possono sembrare di relativo interesse, rispetto a quanto di lì a poco farà Edmund Halley (1656-1742), non altrettanto si può dire delle ricerche dedicate da Cassini all’astronomia planetaria. Le sue grandi doti di osservatore, combinate con l’eccellenza degli strumenti adoperati, gli permisero infatti una serie di rilevazioni e di scoperte in un campo che Galileo Galilei e Christiaan Huygens (1629-1695) avevano reso di grande attualità. Notando la presenza di macchie su Giove e su Marte, Cassini fornì prove della rotazione di questi pianeti sul proprio asse e ne determinò il periodo con grande precisione. A Marte si dedicò anche per determinarne la parallasse, in modo da calcolarne con precisione la distanza: poté così migliorare la stima della distanza Terra-Sole, e valutare con maggiore esattezza quali fossero le dimensioni del Sistema solare allora noto. Su Saturno si sviluppò una competizione con Huygens: Cassini prima individuò la zona oscura negli anelli, che ancora porta il suo nome; poi nel 1671 e nel 1684 riuscì a osservare altri quattro satelliti. Ma furono i lavori sui satelliti di Giove ad assicurargli il maggior successo: la pubblicazione delle effemeridi gli schiuse la via dell’Académie des sciences, e l’osservazione delle loro eclissi gli suggerì un nuovo e più preciso metodo per calcolare le longitudini. I dati raccolti offrivano una conferma osservativa della seconda legge di Johannes Kepler (1571-1630); ingrandivano ulteriormente le dimensioni del cosmo; presupponevano che i pianeti fossero corpi simili alla Terra (macchie e irregolarità; presenza dei satelliti) e suggerivano che la Terra potesse muoversi come loro; attestavano che il Sole era un corpo in cui avvengono cambiamenti (macchie e faculae). Cassini non trattò ex professo questioni cosmologiche, né aderì espressamente al copernicanesimo: per prudenza, ma forse anche per precisa scelta metodologica. Egli lavorò tuttavia in un quadro concettuale sicuramente moderno e implicitamente copernicano, che le sue osservazioni tendevano a confermare: è significativo che a metà secolo fosse coinvolto nella pubblicazione delle Opere di Galilei, fortemente voluta da Leopoldo de’ Medici e dalla sua Accademia del Cimento. Cassini era però convinto che il tempo delle grandi battaglie ideologiche era passato e quello delle prove definitive della teoria copernicana non era ancora venuto.
La prudenza di Cassini non implicava però che le speculazioni cosmologiche fossero del tutto assenti dai suoi scritti, come attesta il trattato dedicato alla luce zodiacale. Nel cercare una spiegazione di questo fenomeno, osservato già a Bologna, poi a Parigi, Cassini si avvicinò esplicitamente alle teorie di Kepler. Partì infatti dall’ipotesi che fosse la rotazione solare a produrre il moto di rivoluzione dei pianeti; per analogia, la rotazione dei pianeti sul proprio asse produceva quella dei loro satelliti. L’attività del Sole era del resto confermata dalla presenza di macchie e di faculae: perché non credere che il nostro astro fosse in grado di espellere materia al di là della sua superficie, generando la luce zodiacale? Se così fosse stato, si sarebbe potuto attribuire un’origine simile all’anello di Saturno (Découverte de la lumière céleste qui paroist dans le Zodiaque, 1685, pp. 17, 23-26, 32, 64).
Una caratteristica costante del modo di interpretare la scienza proprio di Cassini è quella di sottolineare l’utilità dell’astronomia. Il tema dell’uomo contemplator mundi e perfino gli elementi apologetici compaiono invece di rado negli scritti di Cassini: sarà Fontenelle a introdurli nel suo Éloge de Cassini (in Œuvres de Fontenelle, 1° vol., 1825, pp. 253-80). All’antico rapporto astronomia-medicina, fondato sulle credenze astrologiche, viene sostituito quello con la geografia e la nautica: il De l’origine et du progrès de l’Astronomie et de son usage dans la géographie et dans la navigation (1693) è in gran parte dedicato a mostrare come le grandi scoperte geografiche del secolo precedente siano state possibili solo grazie alle cognizioni astronomiche. L’interesse per la geodesia si concretò in un vasto e oneroso programma collettivo di rilevazione delle longitudini e di delineazione del meridiano di Parigi, che arrivò a coinvolgere perfino i missionari in Cina: lo scopo era produrre carte geografiche e nautiche di maggiore precisione. Se i primi risultati vennero pubblicati da Cassini stesso (che produrrà un cospicuo numero di carte della Francia e, con Le Neptune françois del 1693, una carta nautica), sarà solo il nipote, César-François Cassini de Thury (1714-1784), a portare a compimento quest’opera (Pelletier 1990).
Professore a ventisei anni, fondatore di una vera e propria dinastia di astronomi che dirigerà i lavori dell’Observatoire de Paris per due secoli, la carriera di Cassini è sorprendente ed è lecito interrogarsi sui motivi di questo successo. Un primo elemento risulta evidente: Cassini era un eccellente organizzatore. Concepiva piani di indagine e li portava a termine non solo coinvolgendo i suoi stretti collaboratori dell’Observatoire, ma coordinando anche il lavoro dei suoi colleghi dell’Académie des sciences. Le memorie private e le pubblicazioni scientifiche ci attestano il lavoro di équipe svolto con Jean-Félix Picard (1620-1682), che si recò all’osservatorio dell’isola di Hven (oggi in Svezia) per svolgere osservazioni congiunte con Parigi e per determinarne la longitudine, in modo da poter usare i dati raccolti da Brahe; con Jean Richer (1630-1696), che aveva lo stesso compito nel suo soggiorno a Cayenne; ancora con Picard e poi con Philippe de La Hire (1640-1718) per prolungare il meridiano di Parigi. Un lavoro in cui la necessità della collaborazione sembrava non lasciare più spazio al desiderio di tenere segreti risultati raggiunti, procedimenti e strumenti usati: Cassini confrontava le proprie misurazioni con quelle di altri astronomi; condivideva il suo sapere con i colleghi dell’Académie des sciences e diffondeva scrupolose istruzioni a uso di chi svolgeva osservazioni a Parigi o altrove; era consapevole dell’importanza di poter ricostruire delle serie storiche per le osservazioni dei fenomeni celesti e quindi, per parte sua, redigeva uno scrupoloso Journal in cui annotava tutte le attività dell’Observatoire.
Cassini si dimostrò molto abile anche nel coordinare i lavori necessari alla realizzazione di importanti strumenti astronomici. Convinse i bolognesi, appena arrivato nella loro città, a costruire una nuova meridiana in San Petronio, sebbene l’opera sembrasse impossibile da portare a termine. Cosa ancor più sorprendente, riuscì a far applicare all’Observatoire la sua idea che gli edifici potessero essere trasformati in strumenti astronomici. Si scontrò così con l’architetto Claude Perrault (1613-1688), che aveva già fatto erigere il primo piano dell’edificio: non tutte le modifiche da lui suggerite furono approvate, ma alla fine riuscì a ottenere almeno in parte quello che voleva. L’Observatoire divenne quindi, come era stato quello di Brahe, un luogo espressamente concepito per lo studio del cielo, in cui si svolgeva un lavoro altamente professionale. Se infatti è vero che Cassini e i suoi collaboratori si dedicavano talvolta alla storia naturale o all’idraulica, va tuttavia osservato che la loro occupazione predominante era l’astronomia. La struttura stessa dell’Académie favorì questa attenzione quasi esclusiva per una branca del sapere: stipendiati dal re, i suoi membri erano reclutati come specialisti di una certa materia. L’evoluzione delle istituzioni che si occupavano di scienza e dei luoghi in cui essa si svolgeva comportò dunque un netto cambiamento nella figura dello scienziato, che perse ogni somiglianza con quella del poliedrico curioso.
Importanti per la comprensione del successo di Cassini sono la sua abilità tecnica e la sua sensibilità per i progressi tecnologici. Se poteva redigere effemeridi, calcolare parallassi e rifrazioni, prevedere il corso delle comete in maniera più precisa di altri non era solo perché era un buon matematico, ma perché sceglieva e sapeva usare meglio di molti suoi contemporanei gli strumenti a sua disposizione. Il sodalizio con i fratelli Campani, i migliori costruttori di obiettivi in Europa, si rivelerà duraturo e fecondo: Cassini continuerà a usare le loro lenti anche dopo la partenza per Parigi, una decisione che sicuramente contribuì ad assicurargli la supremazia osservativa tra gli astronomi dell’epoca. Ma Cassini non si limitò a usare strumenti costruiti da altri: con la collaborazione di Adrien Auzout (1622-1691) iniziò infatti a usare i micrometri per le rilevazioni astronomiche; con Huygens escogitò un sistema di pulegge per poter usare gli obiettivi dei telescopi sbarazzandosi degli ingombranti e poco maneggevoli tubi che li collegavano. L’abilità necessaria per maneggiare tali strumenti era tale che solo i due scienziati erano in grado di servirsene.
Cassini, infine, eccelse nella capacità di ingraziarsi i potenti e di sfruttare il sistema di patronage (van Helden 1996). Ovunque strinse amicizie aristocratiche, a cominciare da quella giovanile con Francesco Maria Imperiali-Lercaro, futuro doge di Genova, per continuare con quella del marchese Malvasia, che gli propiziò la cattedra bolognese, e per finire con la nobiltà romana: ad aristocratici e cardinali dedicò i suoi scritti, nei loro palazzi costruì meridiane, con loro compì osservazioni. Seppe conquistarsi la fiducia di tutti i regnanti con cui entrò in contatto: il rapporto con Cristina di Svezia continuò per tutta la vita, sebbene l’ex regina non riuscisse a convincerlo ad abbandonare Parigi per costruire un osservatorio astronomico nel suo palazzo romano. I pontefici con cui ebbe contatti apprezzarono le sue capacità, gli diedero incarichi importanti, favorirono il suo insediamento in Francia e cercarono perfino di conservargli lo stipendio di professore universitario. Luigi XIV non gli fece mai mancare il suo favore.
Ovunque andasse, Cassini era lo scienziato più remunerato: all’apice della sua carriera, quando si stava accingendo a trasferirsi a Parigi, lo Studio di Bologna gli corrispondeva 3800 lire, mentre Marcello Malpighi ne guadagnava 1200 e Geminiano Montanari solo 400. All’Académie des sciences gli vennero corrisposte 9000 livres, mentre Huygens ne riceveva 6000. Oltre a un’innegabile abilità nel muoversi nell’ambiente di corte, questo successo va sicuramente attribuito alla capacità di Cassini di scegliere problemi che suscitavano la curiosità del pubblico e di studiarli usando strumentazioni spettacolari, come è il caso della meridiana di San Petronio. Alla sua carriera contribuì l’insistente ricerca dell’utilità immediata degli studi astronomici in campi di interesse politico: riuscì a portare a compimento un’intuizione galileiana, ossia usare le eclissi dei satelliti di Giove per misurare le longitudini e per disegnare carte geografiche e nautiche più precise, un programma di ricerca apprezzato dalla corona francese che impegnò gli astronomi dell’Académie des sciences fino alla morte di Cassini, e che verrà proseguito dai suoi discendenti.
Criticato non solo per la reticenza con cui si espresse sul sistema del mondo, ma anche per non aver pienamente accettato importanti scoperte effettuate dai suoi collaboratori – è il caso dell’ipotesi, avanzata dall’astronomo danese Ole Rømer (1644-1710), che la velocità della luce sia finita – Cassini si rivela una figura decisamente moderna per la costante dedizione alle osservazioni astronomiche, per le grandi doti sperimentali, per il ruolo di instancabile animatore e organizzatore della ricerca scientifica.
Ad serenissimum principem Franciscum Estensem Mutinae Ducem. Io. Dominicus Cassinus Genevensis In Bononiensi archigymnasio publicus astronomiae professor. De cometa anni 1652 et 1653, Mutinae 1653.
Ephemeris prima motus cometae novissimi mense aprili 1665 […] ad collationem cum observationibus ex primis ejus apparentiis deducta ad horam 4. post mediam noctem Romae, a Joanne Dominico Cassino, Romae 1665.
Lettere astronomiche di Gio. Domenico Cassini al signor abbate Ottavio Falconieri sopra il confronto di alcune osservazioni delle comete di quest’anno 1665, Roma 1665.
De periodo quotidianae revolutionis Martis, Bononiae 1666.
Martis circa axem proprium revolubilis observationes Bononiae a Jo. Dominico Cassino habitae, Bononiae 1666.
Ephemerides bononienses mediceorum syderum ex hypothesibus, et tabulis Io: Dominici Cassini almi Bononiensis archigymnasij astronomi ad observationum opportunitates praemostrandas deductae. Ad eminentissimum principem Iacobum S.R.E. Cardinalem Rospigliosum, Bononiae 1668.
Spina celeste meteora, osservata in Bologna, in mese di marzo 1668, da Gio. Domenico Cassini, Bologna 1668.
Découverte de deux nouvelles planètes autour de Saturne, Paris 1673.
Abregé des observations et des reflexions sur la comete qui a paru au mois de decembre 1680, et aux mois de janvier, fevrier et mars de cette année 1681. Presenté au Roy par Mr Cassini, Paris 1681.
Le Neptune françois ou Atlas nouveau des cartes marines levées et gravées par l’ordre exprès du Roy pour l’usage de ses armées de mer, dans lequel on voit la description exacte de toutes les côtes de la mer Océane et de la mer Baltique, depuis la Norwège jusques au détroit de Gibraltar. Reveu et mis en ordre par les sieurs Charles Pène, Cassini, et autres, Paris 1693.
Recueil d’observations faites en plusieurs voyages par ordre de sa Majesté pour perfectionner l’astronomie et la geographie. Avec divers traitez astronomiques. Par Messieurs de l’Academie Royale des Sciences, Paris 1693.
Mémoires pour servir a l’histoire des sciences et a celle de l’Observatoire Royal de Paris, suivis de la vie de J.-D. Cassini, écrite par lui-même, et des éloges de plusieurs académiciens morts pendant la Révolution, Paris 1810.
La meridiana del tempio di S. Petronio in Bologna, a cura di G. Berti, G. Paltrinieri, Bologna 2000.
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Il Sole nella chiesa: Cassini e le grandi meridiane come strumenti di indagine scientifica, Atti del Convegno, Bologna 2005, a cura di F. Bonoli, G. Parmeggiani, F. Poppi, «Giornale di astronomia», 2006, 1, nr. monografico.
F. Bonoli, A. Cassini, ‘Dictionnaire historique’ ovvero un manoscritto inedito di pensieri astronomici di Giovanni Domenico Cassini, redatto da Giacomo Filippo Maraldi, «Giornale di astronomia», 2007, 1, pp. 15-26.
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