FERRETTI, Giovanni Domenico
Nacque a Firenze il 15 giugno 1692 da Antonio di Giovanni da Imola e da Margherita di Domenico Gori (Maser, 1968, p. 15, n. 2). La parentela della madre con Anton Francesco Gori, personalità di spicco dell'ambiente artistico fiorentino, probabilmente servì a favorire la sua ascesa professionale. Trascurando la pretesa nascita romagnola, sostenuta erroneamente da alcuni storici locali, va sottolineato che proprio a Imola il giovane F. compì la sua prima educazione artistica e lì ritornò successivamente, ricevendo spesso l'appellativo di "imolese". È infatti nella cittadina, presso la bottega del modesto Fr. Chiusuri, che è attestato (1708) il suo primo tirocinio pittorico (Maser, 1968, p. 16). Ma poco dopo la famiglia fece ritorno a Firenze, dove il F. si mise a frequentare lo studio di T. Redi e S. Galeotti (Baldinucci [1725-30], p. 398). In breve tempo il padre lo inviò a Bologna, presso la bottega di Felice Torelli e della moglie Lucia Casalini, entrambi discepoli di G. G. Dal Sole. Qui il F. rimase cinque anni, come aiutante del suo maestro.
Firmata e datata 1713 è la natura morta pubblicata da M. Gregori (1990), che vede nel dipinto un legame con le esperienze alla corte fiorentina e con l'attività lì svolta da G. M. Crespi.
Si tratta di uno dei primi lavori condotti autonomamente dal F. e rappresenta una testimonianza interessante sul suo impegno in questo genere pittorico.
Al primo periodo dell'attività del F. appartengono i cicli decorativi della villa La Magia (1715) a Quarrata (Pistoia), dei palazzi fiorentini Ferroni, Capponi, Giraldi, Non-Finito, nonché, ancora nel Pistoiese, di villa Puccini (Gregori, 1976).
Nel 1714 a Firenze (Maser, 1968, pp. 16, 22, n. 4) un suo figlio, nato dal matrimonio con Rosa Follini, veniva sepolto in S. Stefano. A quest'epoca risale l'affresco (assai guasto) nell'ex chiesa di S. Chiara, terminato il 12 ag. 1715 (Richa, 1760, XI, p. 85). Nel 1717 fu accolto nell'Accademia del disegno di Firenze e, quasi contestualmente, ottenne il primo incarico di rilievo: il card. U. G. Gozzadini gli commissionò (1718) la decorazione della cupola della cattedrale di Imola (affresco con i Santipatroni Cassiano, Pietro Crisologo, Proiecto e Maurelio), poi totalmente rifatta in forme neoclassiche (Maser, 1968, pp. 16 s.). Nella stessa cittadina, dove più tardi ereditò alcune proprietà immobiliari, gli vennero allogati altri lavori. Ma dopo un anno, accompagnato da una lettera di raccomandazione per Cosimo III, era nuovamente a Firenze, dove assisté, il 22 dicembre, al funerale di una figlia (ibid., p. 17).
Questa volta fissò in città una più stabile dimora (nel 1727 figura nella parrocchia dei Ss. Apostoli, insieme con i genitori, la moglie e tre figlie: Ottavia, Caterina e Teresa, di 12, 10 e 7 anni), spostando il proprio raggio d'azione in Toscana, dove abbondano sue testimonianze in molti centri. A Pistoia si conserva ancora l'imponente decorazione (Ercole e la famiglia Amati, La Fede e Michele arcangelo che sconfiggono l'Eresia, Le Arti, Il Tempo, La Fama) nel palazzo Amati-Cellesi, terminata nel 1721, che costituisce il documento più importante dei suoi esordi e dove già figura al suo fianco il quadraturista Lorenzo Del Moro, con cui poi collaborò sovente (Andreini Galli, 1991).
In un'altra ala del medesimo edificio si trova un inedito ulteriore ciclo di affreschi del F., cui è forse possibile ricondurre un bozzetto in coll. privata (comunicaz. orale di M. Gori Sassoli; Maser, 1968, fig. 11).
Nello stesso periodo il F. avviò un'intensa attività ritrattistica (Ewald, 1974; Leoncini, 1977), eseguendo dipinti e disegni per incisioni, tra cui si annovera l'Autoritratto degli Uffizi (1719), mentre altri fogli servirono per un Breviario edito dalla stamperia granducale (Maser, 1968, p. 17); gli è stato attribuito anche un ulteriore Autoritratto (Brera, Inv. gen., 487). Nel 1723 firmava e datava un ovale per la badia di Castiglion Fiorentino con le Ss. Caterina da Siena e Teresa d'Avila, mentre già da un anno aveva ricevuto pagamenti relativi a due tele raffiguranti Il ritrovamento dell'immagine acheropita per S. Maria dell'Impruneta.
Sempre nello stesso periodo il F. lavorò probabilmente per l'Arazzeria granducale, benché soltanto dal 1728 risultino pagamenti a suo favore (ibid., p. 18). Malgrado sorgessero in proposito alcuni contrasti alimentati da G. C. Sagrestani, ottenne un crescente successo sulla piazza fiorentina, venendo ammesso fra i maestri di pittura dell'Accademia e configurandosi progressivamente come pittore dotto. In tal senso paiono significativi i contatti col poeta e drammaturgo fiorentino G. B. Fagiuoli e con l'ambiente dell'Accademia del Vangelista, che si teneva a casa del cugino A. F. Gori, ritratto dall'artista nel 1742 (ibid., pp. 18 s.; Leoncini, 1977, pp. 59-63, tav. 51).
L'associazione era contraddistinta da un particolare interesse per il teatro, il che può offrire una prima traccia storiografica per spiegare il carattere delle famose "arlecchinate" del F., piccoli dipinti realizzati fra il 1742, quando C. Goldoni era a Firenze, e il 1760, allorché alcune di quelle telette, poi molto copiate, furono incise da F. Bartolozzi (cfr. Meloni Trkulja, 1990; Chiarini, 1990, p. 331).
Non potendo offrire qui una rassegna completa sul fecondissimo catalogo del F. è necessario almeno accennare alla sua notevole produzione di bozzetti (cui si può aggiungere il S. FilippoNeri in gloria, Christie's, Londra, 18 maggio 1990, n. 43), probabilmente alimentata da un interesse collezionistico per questo tipo di produzione già diffuso a Firenze. Il 17 apr. 1732 fu eletto console dell'Accademia del disegno, carica poi quasi sempre riconfermata (Maser, 1968, p. 18, nn. 27 s.). Due anni dopo firmava e datava gli affreschi del coro e dell'abside della badia fiorentina, col Martirio di s. Stefano, l'Assunzione e l'Incoronazione della Vergine, opera che suggellava il suo successo professionale.
Fra il 1736 ed il 1737 il F. lavorò nell'oratorio della Madonna della Quercia a Le Cure (Firenze) e in S. Domenico al Maglio, dove però i suoi dipinti sono andati completamente perduti. Appena finito, il 17 aprile riceveva anche il pagamento per alcune lunette destinate al complesso di S. Domenico, realizzate a fianco di M. Soderini e V. Meucci, già suoi condiscepoli presso lo studio di Torelli (ibid., p. 18). Ancora in marzo iniziava l'Adorazione dei pastori (abside) e Dio Padre benedicente (cupola) in S. Salvatore in Vescovado, affreschi firmati e datati 19 nov. 1738.
Il successo del F. era al culmine, favorito dalle commissioni dei domenicani, Ordine con cui l'artista ebbe relazioni privilegiate. Nel 1741 affrontò un tema tipicamente settecentesco come il Transito di s. Giuseppe per la cappella del santo nella cattedrale di Firenze, riproponendolo l'anno dopo nella cappella Rinuccini in S. Paolino (Richa, 1760). Quasi contemporaneamente conduceva il ciclo con le Storie di Cristo nel convento dell'Annunziata. Sono stati fatti risalire agli anni Quaranta anche alcuni dipinti in S. Ponziano a Lucca recentemente attribuitigli (Betti, 1995).
Nel 1746 ultimava gli affreschi che si estendono su quasi tutto lo spazio interno dei Ss. Prospero e Filippo a Pistoia, l'opera di soggetto religioso più articolata del F. fra quelle conservatesi, già lodata da Lanzi (1818) e realizzata con l'aiuto del quadraturista P. Anderlini, che aveva sostituito Del Moro, morto nel 1735 (Maser, 1968, p. 21; Meloni Trkulja, 1990). Poco prima il F. aveva decorato il salone di palazzo Sansedoni a Siena. Firmato e datato 1748 è il Martirio di s. Bartolomeo, opera eseguita per la chiesa dei Ss. Ranieri e Luigi a San Giuliano Terme (Pisa). Appartengono al contesto pisano anche le decorazioni compiute nei palazzi Quaratesi e Ceuli (Rasario, 1990).
Nel 1753 il F. iniziò la serie di lavori per il complesso del Carmine a Firenze. Si trattava di un'estesa decorazione (S. Maria Maddalena de' Pazzi, S. Andrea Corsini, il Beato Angelico Mazzinghi, il Venerabile Arcangelo Paoli), che, se si eccettua la Deposizione per la cappella di S. Girolamo, andò interamente distrutta dall'incendio della chiesa del 1771 (Fabbri, 1992, p. 89, nn. 3-4, p. 140).
Secondo E. Borea (1981) sarebbe databile dopo il 1755 la pala raffigurante la Concezione (Campobasso, Convitto nazionale), che la studiosa attribuisce al F. e ritiene provenga dal convento fiorentino di S. Martino alla Scala.
Il 17 ag. 1762 il F. fu sostituito nel ruolo di console dell'Accademia per motivi di salute, ma continuò a dipingere fino alla morte, avvenuta a Firenze il 18 ag. 1768, mentre eseguiva - sempre nella chiesa dei carmelitani, dove fu sepolto - la decorazione della navata centrale (La Vergine dona a s. Simeone Stock i paramenti), opera portata a termine dal suo assistente A. Nasini (Maser, 1968, p. 22).
Fonti e Bibl.: F. Baldinucci, Vite di artisti dei secoli XVII-XVIII [1725-30], a cura di A. Matteoli, Roma 1975, p. 398; G. Richa, Notizie stor. sulle chiese fiorentine, Firenze 1760, IV, p. 133, XI, p. 85; L. Lanzi, Storia pittorica della Italia, I, Bassano 1818, pp. 232 s.; E. A. Maser, G. D. F., Firenze 1968, con bibl.; G. Ewald, Aggiunte al F., in Antichità viva, VIII(1969), 5, pp. 3-16; A. M. Petrioli Tofani, Tre nuovi disegni di G. D. F., in Arte illustrata, 1972, pp. 154 s.; G. Ewald, Alcuni ritratti di ignoti del tardo Barocco fiorentino, in Antichità viva, XIII (1974), 3, pp. 36-39; M. Gregori, Per il periodo giovanile di G. D. F., in Kunst des Barock in Toskana, München 1976, pp. 367-382; E. A. Maser, Addenda ferrettiana, ibid., pp. 383-394; G. Leoncini, G. D. F.: contributi alla ritrattistica fiorentina del Settecento, in Paragone, XXVIII (1977), 329, pp. 58-72; E. A. Maser, The harlequinades of G. D. F., in The Register of the Spencer Museum of art, 1978, 5, pp. 16-35; B. Riederer Grohs, Florentinische Feste des Spätbarock..., Frankfurt a. Main 1978, p. 295; E. Borea, Due dipinti fiorentini del Settecento ritrovati a Campobasso, in Boll. d'arte, LXVI (1981), pp. 123-126; M. Gregori, A proposito di una natura morta di G. D. F. con alcune considerazioni sul mecenatismo di Ferdinando de' Medici, in Scritti in on. di G. Briganti, Milano 1990, pp. 231 ss.; M. Chiarini, in La pittura in Italia. Il Settecento, Milano 1990, ad Indicem; S. Meloni Trkulja, ibid., II, pp. 716 s.; G. Rasario, in Settecento pisano. Pittura e scultura a Pisa nel sec. XVIII, Pisa 1990, pp. 170, 173; N. Andreini Galli, Palazzi pistoiesi, Lucca 1191, pp. 160, 162; M. C. Fabbri, Le opere in chiesa, in La chiesa di S. Maria del Carmine, a cura di L. Berti, Firenze 1992, pp. 89-142; R. Roani Villani, Una cappellina del F. in Palazzo Grifoni all'Annunziata aFirenze e un'aggiunta documentaria per B. Ammannati, in Studi di storia dell'arte in onore di M. Gregori, Cinisello Balsamo 1994, pp. 334 ss.; P. Betti, Un'aggiunta al catalogo di G. D. F. con alcune note su B. De Santi, in Antichità viva, XXXIV (1995), 3, pp. 50-54; U. Thieme-F. Becker, Künstlerlexikon, XI, pp.476 s.