LOMBARDI, Giovanni Domenico
Figlio di Andrea, nacque a Lucca nel 1682. Il Supplemento all'Abecedario pittorico di P.A. Orlandi (1776) riferisce che il L. studiò con Giovanni Marracci e si recò in seguito in Lombardia; mentre L. Lanzi (p. 204) aggiunge che soggiornò a Venezia. Nel 1706 il L. era di nuovo a Lucca, dove sposò Maria Caterina Domenici (Martini, 1992-93, p. 37). L'anno seguente portò a termine l'affresco del catino absidale della chiesa di Gallicano, in Lucchesia, con L'Assunzione della Vergine (Betti, pp. 13 s.). Poco più tardi eseguì l'Allegoria della Fama e dell'Eternità del Museo nazionale di Palazzo Mansi (1709), che celebrava la visita in città di Federico IV di Danimarca; ma le prime commissioni di grande rilievo furono il S. Pietro che risana lo storpio e il S. Pio V che istituisce la Confraternita del Ss. Nome di Gesù per l'omonima cappella in S. Romano (1714), "dipinti - a dire di Lanzi (p. 205) - con tanta forza e di tal magia che si appressano al migliore stile del Guercino (Giovanni Francesco Barbieri); e un di essi, a giudizio de' più severi critici, par del Guercino stesso". Il L. guardò di nuovo al Guercino nella tela con la Vergine che dà il pallio a s. Nicolao, oggi nel Museo nazionale di Villa Guinigi, che riprende, con poche varianti, lo schema dell'Apparizione della Madonna ai ss. Francesco e Alessandro papa, dipinta da questo per S. Maria Forisportam. L'attenzione per l'arte emiliana si coglie anche nel Cireneo che porta la croce di Gesù (1718) della curia arcivescovile, dai caratteri lanfranchiani, e nel Martirio di s. Romano (1719) presso l'omonima chiesa lucchese, il cui paesaggio di fondo è di evidente matrice carraccesca.
Questa fase classicista, palese anche nei cicli di affreschi per il coro di S. Nicolao e per la volta della cappella Cenami in S. Frediano, si protrasse fino agli inizi del terzo decennio del Settecento, quando il L. portò a termine le due grandi tele con il Beato Bernardo Tolomei che, in una, resuscita un muratore e, nell'altra, assiste gli appestati (1721 circa), oggi in S. Romano, ma un tempo presso la chiesa olivetana di S. Ponziano, in cui si colgono anche "grandiosità romane e abbagliante luminosità veronesiana" (Meloni Trkulja, 1994, p. 329). Se dunque è verosimile che il L. si recasse in Emilia, a studiare i maestri di quella scuola, nondimeno in questi stessi anni, dopo il già citato viaggio a Venezia, si volse con altrettanto interesse alla grande tradizione del Cinquecento veneto: lo si nota con chiarezza in due opere giovanili, quali l'Adorazione dei magi di Villa Guinigi (già in S. Nicolao), di impronta veronesiana, e l'Annunciazione di Palazzo Mansi (un tempo in collezione Cenami Spada), ricalcata sull'analogo soggetto tizianesco nella Scuola di S. Rocco. Ma il L. guardò anche agli artisti veneti del XVII secolo, come rivelano due tarde Battaglie navali fra Turchi e Cavalieri di Malta di collezione privata (Crispo, figg. 244-246), dove la ripresa ravvicinata dei combattenti sulle scialuppe, che relega in secondo piano lo scontro tra i vascelli, discende dalla Battaglia dei Dardanelli dipinta da Pietro Liberi nel palazzo ducale di Venezia poco oltre la metà del Seicento.
L'Apparizione della Madonna di Caravaggio con i ss. Francesco di Sales e Luigi IX in S. Pietro a Castelnuovo Garfagnana e la pala con S. Nicolao a Villa Guinigi rivelano però precise citazioni dalla Madonna col Bambino in trono con i ss. Giovanni Evangelista e Petronio eseguita dal Domenichino (Domenico Zampieri) per la Confraternita dei Bolognesi a Roma, oggi presso la Galleria nazionale d'arte antica (Crispo, p. 211); mentre il S. Luigi Gonzaga, già presso la chiesa dei Ss. Giovanni e Reparata, riprende, nella gloria angelica, la Morte di s. Francesco Saverio dipinta da Carlo Maratti per la chiesa romana del Gesù (Martini, 1992-93, p. 121).
Se le accennate relazioni avvalorano l'ipotesi di un viaggio a Roma, da collocare verosimilmente entro il secondo decennio del XVIII secolo, vista la datazione precoce dei dipinti di Castelnuovo Garfagnana e di Villa Guinigi, tale proposta, avanzata per la prima volta da Meloni Trkulja (1994, pp. 331 s.), ha trovato conferma nel ritrovamento di due tele con putti e frutta, in cui le figure spettano al L. e la natura morta a uno dei più noti specialisti attivi nella capitale agli inizi del XVIII secolo, Giovanni Paolo Castelli, detto Spadino (Crispo, figg. 227 s.). Del resto sembrano presupporre una committenza romana anche i due teleri del Museo di Roma-Palazzo Braschi con Innocenzo X e Clemente XI che conferiscono il cappello cardinalizio a due prelati, già attribuiti a Pier Leone Ghezzi e solo recentemente restituiti al L. (ibid., pp. 211-213), dove, al di là della ricca ambientazione architettonica, che torna simile nel S. Francesco di Sales che consegna la regola a s. Giovanna di Chantal presso il convento delle salesiane di Pistoia, emerge soprattutto il talento ritrattistico del Lombardi.
A tal riguardo vanno segnalati il Ritratto di gentiluomo con carta geografica e progetto di monumento funebre, da poco comparso sul mercato antiquario londinese, e i due di collezione privata lucchese raffiguranti un gentiluomo e la consorte con i quattro figli (Crispo, figg. 235-237), oltre a quelli di Giacomo Puccini senior e della moglie, Angela Maria Piccinini, appartenenti alla Fondazione Puccini e databili intorno al 1742 (Biagi Ravenni, p. 27).
Se le relazioni con il cardinale lucchese Orazio Filippo Spada, vescovo di Osimo dal 1714, consentirono poi al pittore di affermarsi anche nella città marchigiana - fornendo alla chiesa di S. Giovanni da Copertino una Crocifissione con la Vergine, la Maddalena e s. Giovanni Evangelista (1719) e alla cattedrale quattro Santi e il Martirio dei ss. Vittore e Corona, donato dallo stesso Spada nel 1720 (Gabrielli Fiorenzi, pp. 171 s.) - dal terzo decennio del Settecento il L. operò soprattutto nella città natale, dedicandosi non solo alla pittura sacra, ma anche a quella di genere.
In questo campo l'artista guardò ai modelli elaborati nella Lucca del XVII secolo da Pietro Paolini, rasentando in taluni casi la vera e propria contraffazione, come nel Concerto con vecchio che suona il violone e due giovani cantanti e nella Giovane donna che suona il liuto con bambino e vecchio addormentato, già sul mercato antiquario romano (Crispo, figg. 207s.) o ancora nell'Allegoria dell'udito e della vista che qui gli si restituisce, pubblicata da Contini (p. 108 fig. 102) come opera di Paolini e ricomparsa con la stessa attribuzione presso Finarte (Milano, 16 maggio 2001, lotto 133). Ma, più in generale, ripropose temi cari alla pittura di genere d'ambito caravaggesco, quali le scene galanti, quelle con soldati e giocatori, i concerti e le allegorie delle stagioni, delle arti e dei cinque sensi. In due Scene di corteggiamento eseguite per villa Sardi a San Martino in Vignale verso il 1739-40 (Betti, p. 22) e in altre quattro in collezione fiorentina - ma anch'esse originariamente nella stessa sede - con la buona ventura e giocatori di dama, di carte e di morra (Crispo, figg. 214-217), l'esasperazione caricaturale delle fisionomie, la gestualità scomposta e l'andamento schematico e lineare dei panneggi fanno intendere chiaramente come il L. guardasse a modelli ancora più arcaici, soprattutto ad Aurelio Lomi e ai tardomanieristi toscani. Tali riferimenti sono ancora più palesi nella pittura sacra, dove, dopo la Sacra Famiglia con i ss. Anna, Gioacchino e angeli in S. Anna (1724-25: Betti, p. 19), di impostazione ancora classicista, le composizioni si fanno più affollate e artificiose: è il caso dei tre dipinti per la parrocchiale di Casabasciana e della Deposizione dalla Croce di San Michele di Moriano, che pare ricalcare le complesse macchine compositive di Rosso Fiorentino (Giovanni Battista di Iacopo) e di Daniele da Volterra (Daniele Ricciarelli).
In questa fase tarda il L. continuò a lavorare per l'aristocrazia lucchese, dipingendo una Natività della Vergine (1738) per villa Sardi a San Martino in Vignale (Betti, p. 22) e una S. Zita che dà da bere al povero (1738-39) per l'oratorio di villa Talenti a Vicopelago, ma ricevette anche altre commissioni: nel 1746 eseguì infatti, per la chiesa del Suffragio a Rovereto, un S. Gregorio che intercede presso l'Addolorata per le anime purganti, esemplato sulla Madonna col Bambino, i ss. Giuseppe, Michele e le anime del purgatorio della parrocchiale di Quiesa. A questa fase estrema appartengono anche l'Angelo custode nella stessa chiesa roveretana, la Morte di Virginia della Fondazione Cassa di risparmio di Lucca e un'inedita coppia di tele con Cristo servito dagli angeli e la Fuga in Egitto (Assago, collezione privata: segnalazione di A. Morandotti).
Il L., che aveva avuto quattro figli, Paolino Andrea, Luca Francesco, Maria Elisabetta e Anna Margherita, morì a Lucca il 27 ott. 1751 e venne sepolto nella chiesa del Suffragio, della cui confraternita era membro (Martini, 1992-93, pp. 41 s.).
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