DURANDO, Giovanni
Nacque a Mondovi (Cuneo) il 22 giugno 1804 da Giuseppe e da Margherita Vinaj. Fratello maggiore di Giacomo, condivise con lui molte esperienze giovanili. Compi anch'egli i primi studi presso i preti della Missione a Savona.
Nell'aprile del 1822 entrò come cadetto nelle guardie del re e nel gennaio 1826 venne promosso sottotenente. Successivamente passò nella brigata "Cuneo", dove il 3 nov. 1831 ottenne il grado di luogotenente. Nel frattempo aveva aderito, con il fratello Giacomo e con altri ufficiali, alla cospirazione dei Cavalieri della libertà, che aveva l'obiettivo di strappare a Carlo Felice, ormai in punto di morte, una costituzione. Scoperto il complotto dalle autorità poliziesche nella primavera del 1831, il D. dovette fuggire all'estero; si recò in Francia e successivamente raggiunse il fratello Giacomo in Belgio. Qui il 16 genn. 1832 venne arruolato con il grado di luogotenente nella legione straniera che combatteva a favore dell'indipendenza del Belgio contro l'Olanda.
Alla fine del 1832, terminata la guerra con la vittoria belga, la legione venne sciolta ed il D., nel novembre di quell'anno, passò in Portogallo per prestare la sua opera nell'esercito costituzionalista dell'ex re Pietro e della regina Maria da Gloria che, con l'appoggio dei liberali, combattevano contro i realisti di Michele. Il 1° genn. 1833 fu arruolato nel 2° reggimento di fanteria della Regina, con il grado di capitano, sotto gli ordini del maggiore G. Borso di Carminati. Prese parte alla difesa di Oporto, contro cui i miguelisti avevano sferrato un attacco il 23 luglio 1833; comandava allora le truppe stanziate all'avamposto della Quinta de Vanzela e, nel tentativo vittorioso di difendere quella posizione, venne ferito per la prima volta il 25 luglio 1833.
Nell'agosto di quello stesso anno partecipò alla difesa di Lisbona - da poco conquistata dall'esercito di Pietro - che si protrasse per diversi mesi. Sempre nel 1833 fu promosso maggiore. Il 16 maggio 1834 prese parte al sanguinoso scontro di Asseiceira, dove riportò una nuova ferita ed in seguito al quale ricevette la croce di cavaliere dell'Ordine di Torre e spada. A causa delle ferite riportate, il D. trascorse un mese in ospedale a Leira, dopo di che, terminata ormai la guerra in Portogallo, passò in Spagna; il 22 ott. 1835 entrò con il grado di maggiore a far parte del corpo dei Cacciatori di Oporto, che, sempre sotto il comando di Borso di Carminati, combatteva a sostegno delle forze liberali della reggente Maria Cristina contro don Carlo. Al D. fu dato il comando di uno dei battaglioni del sopracitato corpo.
Durante la guerra condotta contro i carlisti il D. operò in un primo momento in Catalogna, dove partecipò alla difesa della posizione di El Bruch, tra Barcellona e Lerida: per il suo comportamento fu decorato con la croce di cavaliere dell'Ordine di S. Ferdinando di prima classe. Il 10 maggio 1837, in seguito alla sconfitta subita dall'esercito cristino a Caty, riusci a proteggere le truppe durante la ritirata e venne promosso sul campo di battaglia luogotenente colonnello. Il 19 apr. 1838 partecipò allo scontro di Alcora al comando della 1ª divisione del corpo d'armata del Centro; il 30 apr. 1838 fu promosso colonnello e poco dopo decorato con la croce di cavaliere dell'Ordine di Carlo III. Il 19 dic. 1839, infine, divenne generale di brigata per meriti di guerra. Nel maggio del 1840 partecipò alla presa di Morella, uno degli ultimi baluardi della resistenza carlista; la brigata "Durando", di cui faceva parte anche la legione dei Cacciatori d'Oporto, fu una delle prime a entrare in città nella notte tra il 28 e il 29 maggio.
Successivamente, terminata la guerra contro i carlisti, il D. si lasciò invischiare nelle lotte civili scoppiate tra i sostenitori del reggente generale B. Espartero, impadronitosi del potere nel 1841, e Maria Cristina, rifugiatasi in Francia. Il 26 nov. 1841 prese parte a un moto antiesparterista, soffocato sul nascere; dovette, di conseguenza, fuggire dalla Spagna.Dopo un soggiorno in Francia, nel 1843 il D. poté rientrare in Piemonte e per un certo numero di anni visse lontano dalla vita politica e militare, fino a quando, nel 1847, fu chiamato a Roma da Pio IX per riorganizzare l'armata pontificia. Allo scoppio della prima guerra d'indipendenza ebbe il comando supremo delle truppe pontificie inviate a operare in Veneto. Secondo le istruzioni ricevute non avrebbe dovuto passare il Po, ma limitarsi a un'azione difensiva. Sollecitato in seguito dal ministro delle Armi del governo pontificio, principe C. Aldobrandini, a "prendere per le operazioni le istruzioni di re Carlo Alberto", tramite Massimo d'Azeglio, che fungeva da ufficiale di collegamento col comando dell'esercito sardo, il D. esponeva il suo piano, che consisteva nel portare le sue truppe regolari volontarie su Padova, cosi da contrastare di li l'avanzata del corpo di riserva austriaco, comandato dal generale L. Nugent. Carlo Alberto aveva la diversa esigenza di rafforzare l'ala destra del suo esercito sul Mincio, per contenere l'eventuale offensiva del Radetzky. Il 18 aprile il D. cominciò a varcare il Po e si portò con le sue truppe a Ferrara. Ma il 23 seguente il Nugent prendeva Udine, oltrepassava il Tagliamento e marciava verso il Piave. Il quartier generale piemontese autorizzava allora il D. a portarsi in difesa del Veneto ed egli muoveva verso Treviso.
Pio IX aveva nel frattempo tolto il comando al D., creando incertezze soprattutto tra la truppa volontaria comandata dal napoletano colonnello A. Ferrari, per il serpeggiare della preoccupazione di non essere riconosciuti come belligeranti, bensi essere considerati corpi franchi, mancando anche una formale dichiarazione di guerra all'Austria da parte del governo pontificio.
Per la difesa del Veneto il D. si trovava inoltre nella necessità di coprire da un lato la Repubblica di Venezia, dall'altro Padova e Vicenza. Lasciò pertanto sul Piave il Ferrari con i suoi volontari, rafforzati da duecento dragoni pontifici, a presidiare il punto più naturale per un attacco austriaco, tra Onigo e la foce del fiume; egli intanto con il resto delle sue truppe regolari si spostava verso la valle del Brenta. L'8 e il 9 maggio il Nugent attaccava a Cornuda, al centro cioè dello schieramento sostenuto dal Ferrari. Il D., raggiunto dalla notizia di questo attacco austriaco, lasciava Bassano per muoversi in soccorso del Ferrari, ma la lentezza con cui venne operata l'inversione di marcia impedi il suo arrivo in tempo utile sul campo di battaglia.
La sconfitta di Cornuda fu un antefatto decisivo per le sorti della guerra del Veneto. Alla fine di maggio del '48 il D. respinse l'attacco austriaco su Vicenza, ma l'11 giugno dovette capitolare: ottenne di fare uscire dalla città i suoi soldati con l'onore delle armi e di recarsi a Padova.
L'episodio di Cornuda fu al centro di una serie di accuse sollevate a Roma contro il D. per la sua condotta di guerra, soprattutto dal Ferrari, e da cui egli si difese, tra l'altro, con un memoriale (Ovidi, pp. 141 ss.). Successivamente ricevette da Carlo Alberto la medaglia al valor militare per la difesa di Vicenza.
Il 31 ott. 1848 fu nominato luogotenente generale comandante la 1ª divisione dell'esercito sardo e alla ripresa della guerra, nel '49, prese parte alle battaglie di Mortara e di Novara.
Il 29 ott. 1849, essendoci stata una riduzione dei ranghi dell'esercito, il D. venne collocato in aspettativa come luogotenente generale.
Nel frattempo, il 2 febbr. 1849, si era sposato con Cornely Elisabeth of Geffrier, di origine inglese, da cui ebbe un figlio, Alessandro, morto prematuramente, e tre figlie. Il 15 giugno 1850 fu nominato comandante generale della divisione militare di Novara e il 7 ag. 1851 venne inviato in Sardegna come comandante della divisione militare di Cagliari.
In Sardegna il D. si trovò a dover affrontare, tra i numerosi problemi dell'isola, anche le sommosse popolari contro il governo piemontese, fra cui la rivolta avvenuta a Sassari durante il carnevale del 1852; per riportare l'ordine, dovette allora porre la città sotto assedio. "Dopo un mese si recava poi personalmente nella Gallura infestata da banditi corsi ed indigeni, che trascorrevano a continui delitti, facendo contemporaneamente disarmare la città e trascorrerla da numerose pattuglie" (G. D., generale d'armata, p. 51).
Il 31 dic. 1852 gli fu affidato il comando della divisione militare di Alessandria, che mantenne fino al 22 marzo 1855, allorché parti per la guerra di Crimea al comando della 1ªdivisione del corpo di spedizione. Nel 1856, ritornato in Piemonte, fu nominato grand'ufficiale dell'Ordine di Savoia ed il 19 maggio di quell'anno gli venne affidato il comando della divisione militare di Genova, che mantenne fino alla primavera del 1859 quando, allo scoppio della seconda guerra d'indipendenza, gli venne affidato il comando della 3ª divisione di fanteria.
Il D. ebbe il compito di difendere, in un primo tempo, gli sbocchi della valle dello Scrivia, cioè il territorio fra Novi e Serravalle. Successivamente avanzò con la sua divisione verso Alessandria e di là giunse fino a Valenza, dove, unendosi alla 1a e 2a divisione, dovette proteggere le sponde del Po. In seguito all'occupazione nemica di Tortona, fu destinato alla difesa di Casale. Dopo aver partecipato alla vittoriosa battaglia di Montebello, occupò Vinzaglio e il 9 giugno gli fu conferito il comando della a divisione che guidò nello scontro di San Martino.
Il suo comportamento durante la guerra contro gli Austriaci gli valse la nomina a senatore per meriti di guerra il 29 febbr. 1860. L'8 ott. 1860 fu promosso generale d'armata ed il 18 marzo 1861 gli venne affidato il comando militare di Napoli.
Qui dovette far fronte alle numerose bande di briganti che infestavano quelle regioni e perciò richiese ripetutamente al governo centrale rinforzi adeguati, che però gli furono sempre negati. Il 5 luglio di quello stesso anno venne destituito e sostituito da E. Cialdini, che si era impegnato ad affrontare il problema con le sole forze che aveva a disposizione.
Il D. si ritirò allora nel suo podere di Mezzavia, presso Mondovi, fino al marzo del 1862, allorché gli venne affidato il comando del secondo dipartimento militare di Milano. Mentre ricopriva questa carica, nel maggio del 1862, dovette bloccare con le sue truppe i volontari garibaldini raccolti a Sarnico, presso Bergamo, che si preparavano all'invasione del Veneto. Nel maggio 1866 assunse poi il comando del I corpo d'armata inviato a combattere gli Austriaci nella terza guerra d'indipendenza. Nella battaglia di Custoza del 1866 fu ferito ad una mano e dovette lasciare il campo.
Terminata la guerra, riprese il suo posto a Milano, ma per breve tempo, poiché dovette presto lasciarlo a causa della malferma salute. Nel 1867 fu nominato presidente del Tribunale supremo di guerra.
Si spense a Firenze nella notte tra il 26 ed il 27 maggio 1869, dopo aver ottenuto anche il riconoscimento del Collare dell'Annunziata.
Fonti e Bibl.: Alcuni documenti riguardanti il D. sono conservati al Museo dei Risorgimento di. Torino, Archivio Durando.
Per alcuni profili biografici, cfr.: G. D. generale d'armata. Cenni biografici, Torino 1865; G. D. generale d'armata. Cenni biografici, Firenze 1869; P. Ferrua, G.D. Cenni biografici, Torino 1879; E. Ovidi, Roma e i Romani nelle campagne del 1848-49 per l'indipendenza italiana, Roma-Torino 1903, passim; C. Spellanzon, Storia del Risorgimento e dell'Unità d'Italia, Milano 1988, IV, passim; P. Pieri, Storia militare del Risorgimento, Torino 1912, ad Indicem (con ulter. indicaz. bibl.); L. Chierotti, Ilpadre Marcantonio Durando, Sarzana 1971, pp. 31-34; Diz. del Risorgimento naz., II, pp. 967 s.; Encicl. Ital., XIII, p. 295; Encicl. militare, III, p. 548; T. Sarti, IlParlamento subalpino e nazionale, Roma 1890, pp. 424 s. Sul periodo dell'esilio cfr. P. Casana Testore, Giacomo Durando in esilio (1831-1847). Belgio Portogallo Spagna nelle sue avventure e nei suoi scritti, Torino 1979, ad Indicem.
P. Casana Testore