HAFFNER (Hafner, Affner), Giovanni Enrico (Arrigo, Enrico)
Figlio di Giovanni, delle guardie svizzere, e Caterina Bianchi, nacque a Bologna il 25 ag. 1640. Fratello maggiore di Antonio Maria, l'H. è ricordato nelle fonti come valente pittore della scuola bolognese specializzato nelle quadrature. Giovanissimo, egli tentò di seguire la carriera militare paterna non senza un certo successo: divenne infatti tenente delle guardie svizzere e per questo fu conosciuto come "il Tenente". Il suo apprendistato pittorico avvenne presso la bottega dei quadraturisti e frescanti B. Bianchi e G.G. Monti; ma ben più importante fu l'alunnato presso D.M. Canuti, dal quale imparò l'arte di disegnare le figure.
L'H. è segnalato al servizio del duca di Modena dal primo novembre 1661 al 31 luglio dell'anno successivo (stipendiato con 130 lire mensili), ma è tuttora ignoto il ruolo che ebbe a corte; si è supposto che quest'esperienza gli sia anche servita per ammirare e copiare, a Modena e a Sassuolo, le opere di A. Mitelli e di A. Colonna, eminenti rappresentanti della pittura di prospettiva (Schazmann).
Sono purtroppo scomparse le testimonianze delle prime realizzazioni bolognesi dell'H. insieme con Canuti: le decorazioni per la cappella maggiore della chiesa dei Ss. Vitale e Agricola - i cui restauri eseguiti all'inizio del Novecento ne hanno cancellato ogni traccia - e quelle per il secondo cortile del palazzo pubblico, ormai praticamente illeggibili. Da questo momento Canuti ebbe "in gran stima il nostro artefice" (Crespi, p. 171); decise infatti di condurlo con sé a Roma nell'aprile del 1672. Chiovelli (p. 46) sostiene che anche il fratello minore partecipò al viaggio e ai lavori affidati alla coppia, secondo quanto più volte affermato da fonti antiche.
A Roma i pittori furono impegnati in primo luogo nell'abbellimento di due ambienti in palazzo Colonna, abitazione del gran connestabile Lorenzo Onofrio; attualmente viene indicata come affrescata da loro soltanto la galleria delle Carte geografiche.
Il successivo incarico fu il vastissimo ciclo decorativo nella chiesa dei Ss. Domenico e Sisto a Magnanapoli (L'apoteosi di s. Domenico e il Patrocinio di Maria sull'Ordine); i documenti attestano con precisione che i lavori per la navata e il presbiterio si protrassero dal 10 marzo 1674 al 10 agosto dell'anno seguente e non c'è traccia di Antonio Maria (Ontini).
L'11 sett. 1675 l'H. fu accolto tra i membri dell'Accademia di S. Luca (in Schazmann, p. 14, si dice anche che fu ammesso tra i Virtuosi al Pantheon, ma non si sa quando), e tale riconoscimento precedette l'ultima impresa romana, vale a dire le quadrature per l'Apoteosi di Romolo di Canuti in palazzo Altieri.
Fu il cardinal Paluzzo Altieri ad affidare agli artisti, nel mese di dicembre, l'abbellimento del "camerone" del piano nobile pattuendo un compenso di 500 scudi complessivi, di cui 300 a Canuti, pagati nel marzo e nell'ottobre dell'anno seguente, e il rimanente all'H. (Schiavo).
Tornato a Bologna nel 1677, sempre come collaboratore del vecchio maestro e a partire dal dicembre l'H. fu coinvolto in quello che a tutt'oggi è considerato il suo capolavoro: le architetture dipinte nei locali della libreria del convento di S. Michele in Bosco, ove un elaborato programma illustrativo gli consentì di dispiegare la propria abilità e inventiva.
A partire dal 1680 l'artista iniziò una lunga e proficua collaborazione con il pupillo di C. Cignani, M. Franceschini; il loro banco di prova fu in palazzo Ranuzzi Baciocchi (nello stesso anno o al più tardi all'inizio del 1681), nella stanza degli appartamenti al piano nobile, sul cui soffitto è raffigurata la Fortuna che incatena Cupido. Nell'ottobre del 1681 (e fino al maggio del 1683, per 450 lire) i due affrescarono, invece, la sala dell'udienza in palazzo Marescotti Brazzetti.
Sempre in questa sede a loro si devono le pitture in una delle stanze accanto all'alcova (Venere disarma Cupido) e nel piccolo gabinetto, decorato con tre putti che reggono la chioma di Berenice circondati da un ornato estremamente variegato e quasi rocaille. Poiché tali affreschi - che risalgono al 1685 - furono pagati solamente al collega, l'H. ebbe occasione di rivendicare il mancato compenso durante un processo intentato contro Ranuccio Marescotti nel 1691.
Nell'attesa di attribuire con certezza all'H. anche le quadrature in palazzo Monti Salina (Chiovelli, p. 54), risalenti al 1682, si deve revocare momentaneamente dal suo corpus l'intervento in palazzo Zaniboni Bianconcini come aiuto di G.G. Dal Sole, attribuito di recente a T. Aldrovandini (Thiem).
Al principio del 1687 (ma forse anche sul finire dell'anno precedente: Marcenaro, p. 7) il pittore si recò a Genova in compagnia del fratello e qui fu coinvolto nella campagna di adornamento del secondo piano nobile di palazzo Brignole-Sale (ora Rosso).
A differenza di quanto sostenuto dai biografi settecenteschi, i pagamenti per questi ambienti "a levante" sembrano menzionare l'H. soltanto per lavori relativi alle pareti del salone (Marcenaro, p. 29 n. 16), sul cui soffitto - non più esistente - G. De Ferrari aveva raffigurato Il mito di Fetonte. La maggior parte degli affreschi in queste stanze sarebbe da attribuire al solo Antonio Maria, sebbene i compensi - affermano alcuni studiosi - nella loro genericità non testimonino dei rispettivi incarichi, in quanto riferiti indifferentemente all'uno o all'altro dei fratelli, che lavoravano a stretto contatto. Recentemente si è voluta ipotizzare la presenza dell'H. anche in palazzo Negrone (Chiovelli, p. 56 n. 26).
Le fonti registrano con sicurezza un viaggio del quadraturista alla volta di Savona, ove egli fu attivo in più luoghi.
Lavorò in due cappelle della chiesa dello Spirito Santo (Crespi, p. 172), oggi distrutta; in palazzo Gavotti (ora Biblioteca civica), per il Carro del Sole e divinità di B. Guidobono, di cui resta pochissimo; nella cappella della Crocetta presso il santuario di Nostra Signora della Misericordia, poco fuori città, sempre con il collega ligure; e in ultimo nella cappella (completamente ridecorata a partire dal 1870) della famiglia Balbi, in cattedrale, al servizio di D. Piola.
L'ipotesi di un coinvolgimento marginale del pittore a Palazzo Rosso trova credito se si considerano i lavori da lui già avviati a Bologna (1686-88) per decorare il presbiterio della chiesa di S. Giovanni Battista dei Celestini come assistente di G.A. Burrini.
Inizialmente chiamato per un consulto e un progetto, poi scartato, sulla risistemazione dell'ambiente, l'H. realizzò l'apparato decorativo che doveva incorniciare il quadro, dipinto da Franceschini l'anno precedente, dell'altare maggiore e l'ornato della volta del presbiterio (già nel 1681 per la stessa chiesa l'H. aveva dipinto le quadrature su pareti e volta della sesta cappella di sinistra, dedicata al Sacro Cuore, ma la sua opera e quella di Burrini furono cancellate nel 1819). Sebbene abbia pari valore anche l'ipotesi secondo la quale il pittore avrebbe iniziato i lavori per i celestini prima di partire per la Liguria (Chiovelli, p. 58), va considerato che dal 1° giugno 1687 l'H. approntò le ornamentazioni per la cappella di S. Caterina de Vigri nella chiesa bolognese del Corpus Domini e qualche anno più tardi, sempre insieme con Franceschini, ne decorò la volta (inaugurata nel 1692) e altre cappelle; ma di questa campagna pittorica ben poco rimane dopo i bombardamenti del 5 ott. 1943 e del 29 genn. 1944: furono risparmiati soltanto il transetto e, appunto, la cappella di S. Caterina.
Il 23 ag. 1690 si scoprirono al pubblico i tre scomparti nell'abside di un'altra chiesa, quella di S. Bartolomeo, le cui pitture (perdute) furono poi completate nel 1693 con il coinvolgimento di L. Quaini, cognato di Franceschini.
È tuttora al vaglio della critica l'eventuale ritorno dell'H. a Genova tra il 1691 e il 1692 per continuare a dipingere in palazzo Brignole-Sale, nella stanza delle Arti liberali e in quella della Vita dell'uomo affrescata da G.A. Carlone; i pagamenti finora pubblicati (Marcenaro, p. 30 n. 25) danno ragione a chi sostiene l'esclusiva presenza - anche questa seconda volta - del fratello Antonio Maria.
Franceschini e Quaini furono nuovamente insieme con l'H. in due occasioni: nel 1696 a Modena, chiamati a dipingere il soffitto - la cui realizzazione durò quattro mesi - del salone d'onore in palazzo ducale, e nel 1701 per gli affreschi nella chiesa di S. Prospero (cappella del Tesoro) a Reggio Emilia.
Sempre nel 1701 gli venne affidato il rinnovamento della chiesa del Collegio di Spagna direttamente dal rettore don Gregorio de Parga y Bassadre. All'H. spettò la direzione dei lavori. Dopo i restauri promossi nel gennaio 1914 da monsignor Giulio Belvederi nel tentativo di recuperare l'aspetto gotico dell'edificio, ne è scomparsa ogni traccia.
L'H. morì a Bologna il 20 ag. 1702 e fu sepolto nella chiesa dei padri celestini.
Fonti e Bibl.: Bologna, Archivio generale arcivescovile, Libro dei battezzati della cattedrale. 1640, c. 159v; L. Crespi, Vite de' pittori bolognesi non descritte nella Felsina pittrice, Roma 1769, pp. 171 s.; A. Bolognini Amorini, Vite dei pittori ed artefici bolognesi, II, Bologna 1843, pp. 350-353; B.M. Ontini, La chiesa dei Ss. Domenico e Sisto in Monte Magnanapoli (continuazione e fine), in Memorie domenicane, LXVII (1950), 4, pp. 216-232; E. Feinblatt, The Roman work of Domenico Maria Canuti, in The Art Quarterly, XV (1952), pp. 45-65; A. Schiavo, Palazzo Altieri, Roma 1962, p. 96; C. Marcenaro, Gli affreschi del Palazzo Rosso di Genova, Genova 1965, pp. 7, 29 s.; P.E. Schazmann, Les peintres baroques Enrico et A.M. Haffner, in Versailles, X (1969), 7, pp. 14, 123-130; C. Degli Esposti, Valori artistici della chiesa dei "Celestini", in S. Giovanni Battista dei Celestini in Bologna, Bologna 1970, pp. 70 s., 75; M. Fanti, Sei secoli di storia ai Celestini 1369-1970, ibid., p. 34; R. Roli, Quattro secoli di pittura, in S. Michele in Bosco, a cura di R. Renzi, Bologna 1971, p. 242; G.V. Castenovi, Guidobono, H. e Piola nella cappella "della Crocetta" sul santuario di Savona, in Atti e memorie della Società savonese di storia patria, n.s., XII (1978), pp. 131-148; F. Montefusco Bignozzi, Le trasformazioni d'età barocca. La decorazione della sala dell'udienza e dell'appartamento Aldovrandi, in Palazzo Marescotti Brazzetti in Bologna, Bologna 1984, pp. 91-96; C. Guidetti Roli, in La pittura in Italia. Il Seicento, II, Milano 1989, p. 775; C. Thiem, Giovan Gioseffo Dal Sole. Dipinti, affreschi, disegni, Bologna 1990, p. 81; A. Draghi, La volta, in Ss. Domenico e Sisto, Roma 1991, pp. 49-56; G. Gallotti, Le chiese di Savona, Savona 1992, pp. 136-138; A. Mazza, L'età dei Ranuzzi. Progetti decorativi e quadreria, in Palazzo Ranuzzi Baciocchi, a cura di E. Garzillo - A. Emiliani, Bologna 1994, pp. 79 s.; E.A. Safarik, L'Apoteosi di Romolo di Domenico Maria Canuti in palazzo Altieri, Acqui 1995, passim; Id., Palazzo Colonna, Roma 2000, p. 126; R. Chiovelli, I quadraturisti bolognesi e l'opera di grande decorazione, in Raro ed eccellente pittore. Il restauro dei cartoni di Marcantonio Franceschini nelle collezioni demaniali in Orvieto (catal.), Perugia 2002, pp. 42-69; U. Thieme - F. Becker, Künstlerlexikon, XV, pp. 446 s.