EROLI, Giovanni
Nacque a Narni (od. prov. di Terni) il 17 nov. 1813 da Francesco dei marchesi Eroli e da Luisa Tani di Cannara, in una famiglia patrizia narnese, che aveva avuto un cardinale nel secolo XV, in persona di Berardo, e numerosi vescovi: tuttavia suo padre (che nel 1841, gonfaloniere, avendo ricevuto Gregorio XVI di passaggio per Narni, ne ottenne la croce di S. Gregorio Magno) non apparteneva al ramo primogenito, onde le sue personali condizioni economiche, pur agiate, non erano splendide. Per questo motivo l'E. fu inviato per la sua educazione nel seminario-convitto di Senigallia, dove rimase per diversi anni, godendovi della paterna e affettuosa protezione del vescovo di quella città, card. F. Sceberras-Testaferrata.
Ivi gli fu condiscepolo Gioacchino Pecci, con cui si trovò spesso a rivaleggiare per il titolo di "imperator" nelle gare scolastiche di prosodia e di latino che vi si svolgevano fra "romani" e "cartaginesi": lo rivedrà dopo settant'anni, sommo pontefice, quando fu da lui insignito di una medaglia d'oro per meriti culturali.
Già da allora aveva manifestato propensione per la storia, la paleografia, l'archeologia e la ricerca erudita in genere; terminato il primo ciclo di studi, passò all'università romana e dal 1831 fu per tre anni allievo dell'Accademia ecclesiastica, dove il padre, che sognava per lui una brillante carriera prelatizia, lo aveva voluto. Non poté godere della prelatura fondata dagli avi, perché già posseduta in quel tempo da un lontano cugino del ramo primogenito, ma ottenne una pensione di studio dal camerlengo cardinale B. Pacca. Conseguiti i gradi accademici, entrò come praticante negli uffici della Segnatura apostolica, e prese a frequentare assiduamente gli ambienti della corte pontificia, ben presto conosciuto e benvoluto, tanto da ottenere subito la dignità di canonico di S. Maria ad Martyres (il Pantheon). Ma non si sentiva portato "né a fare il prete né a maritarsi, amante com'era della sua libertà", e non se la sentì di continuare la carriera e prendere i voti. Nel 1840 con sofferta decisione gettò alle ortiche la cappa e il benefizio, per ritirarsi a vivere a Narni, dedicandosi completamente agli studi prediletti e vivendo di una modesta rendita, cui si aggiunse quella di un'abbazia secolare sotto il titolo di S. Pellegrino, giuspatronato di famiglia che gli era stato conferito e che fu la sola prebenda ecclesiastica da lui conservata. Da questo momento, totalmente libero di vivere a suo modo (il padre scomparirà nel febbraio del 1849, consentendogli di non abitare più in famiglia), verrà manifestandosi la personalità dell'E., quella cioè di uno dei più tipici esemplari della sua epoca, di gentiluomo-letterato di provincia, non solo scrittore di storia e di erudizione locale (con qualche venatura di campanilismo) che pubblica per suo diletto, incurante della carriera letteraria, ma anche giornalista, poeta, verseggiatore richiestissimo per pubblicazioni in occasione di nozze aristocratiche, latinista stimato, ed infine curioso sperimentatore nel piccolo ambito cittadino delle novità tecniche provenienti da fuori (per esempio la fotografia ai suoi primordi).
Proprio in questa veste ce lo descrive il Gregorovius, che lo conobbe durante il suo passaggio per Narni nel 1861, nel suo Passeggiate per l'Italia (Roma-Bologna 1968, I, pp. 107 s.): "Visitai questo signore, scapolo gentile, antiquario erudito, studioso di storia e cronaca vivente della sua città, ancora in buona età. La vita di un patrizio in una cittadina di campagna povera di risorse per lo spirito deve essere piena di privazioni; più le sue cognizioni e la sua tendenza ad estenderle sono grandi, più grande è in lui il senso della privazione..."; e continua narrando come, dopo aver pienamente soddisfatto tutte le sue curiosità erudite sulle biblioteche e gli archivi umbri, l'E. volle condurlo fuori dal suo palazzo a visitare il suo atelier di fotografo dilettante in un locale affocato simile ad una serra, dove si dedicava con grande passione a tale attività, ma con risultati tanto inferiori all'apparato da suscitare qualche ironia nello studioso tedesco.
L'E. si occupò anche di tipografia (tra l'altro scrisse un saggio, Breve storia della narnese tipografia, inserito in appendice a Descrizione di una tav. dipinta dal Ghirlandaio...) e di una libreria, ma senza risultati apprezzabili. In quel primo periodo, dopo il rientro in patria, gli approcci con la letteratura avvennero soprattutto attraverso la collaborazione a giornali e riviste: quella più duratura e fruttuosa fu con L'Album, l'elegante settimanale romano fondato nel 1834 da G. De Angelis, di cui l'E., che aveva frequentato il suo "gabinetto di lettere" di piazza S. Carlo al Corso, fu amico e collaboratore.
La maggior parte degli articoli che pubblicò su quel periodico, quasi tutti di carattere storico e archeologico, furono ristampati in seguito, nella sua Miscellanea narnese o per estratto, e verranno quindi esaminati fra le opere; collaborò spesso anche con il Giornale scientifico, agrario, letterario di Perugia, con L'Enciclopedia contemporanea di Fano, con L'Imparziale fiorentino, il Giornale arcadico di Roma e altri.
La prima pubblicazione conosciuta, ancora del periodo curiale romano, è di carattere storico: Biografia di mons. Feliciano Capitone scritta dal marchese Giovanni Eroli da Narni, Roma 1835. Nel periodo immediatamente successivo stampò invece solo composizioni in versi, quelle per le nozze Soderini-Manduit (Bologna 1840) e Cinque favole in versi (Terni 1847). Tornò in qualche modo al genere storico con Il sacco dei Borboni in Narni, racconto storico (Terni 1848), narrazione che gli fornirà in seguito lo spunto per un lavoro scientifico sullo stesso argomento inserito nel primo volume della sua Miscellanea narnese; seguirono Notizie del celebre ponte Rotto di Augusto fabbricato sul fiume Nera presso Narni... (Roma 1848), che poi riprenderà e amplierà con Notizie del celebre ponte Rotto di Augusto e di altri antichi e moderni ponti fabbricati sulle vie consolari... (Narni 1862); Notizie dei vescovi Eroli, Terni 1852 (anche questo lavoro sarà inserito nella Miscellanea narnese); Narrazione sopra il santuario della Madonna del Ponte di Narni, Roma 1856; Narrazione delle feste in Montoro per la benedizione del nuovo acquedotto, Narni 1858. In questo stesso anno apparve pure il primo volume della sua opera più ricordata, la già citata Miscellanea storica narnese ... (Narni 1858), di cui il secondo volume uscirà sempre a Narni nel 1862, e che rimarrà interrotta a quel punto per mancanza di fondi.
Si tratta di una tipica compilazione di storia locale (e di storia familiare dell'autore), la cui parte di maggior interesse resta quella (pp. 225 ss.) relativa al carteggio fra l'E. e i noti archeologhi B. Borghesi, G. Henzen e F. Orioli.
Da questo momento le pubblicazioni si fanno fittissime, proseguendo con: Necrologio di Vincenzo Terrenzi (Narni 1869); Che cosa sia l'amore: scherzo poetico (ibid. 1871); Descrizione di una tavola dipinta dal Ghirlandaio e figurante la coronazione di Maria Vergine esistente in S. Girolamo di Narni (ibid. 1871); Erasmo Gattamelata da Narni, suoi monumenti e sua famiglia (Roma 1876); [Fedro], Le favole. Saggio di traduzione in versi sciolti (Narni 1877); Osservazioni al Bellucci intorno alla sua opinione della fonderia-officina di Bologna (Reggio Emilia 1878); Osservazioni sopra la lettera di Ettore Sconocchia ... (Roma 1879); Saggio di alcuni versi per nozze Eroli-Colelli (Perugia 1879); Il dio Mitra a Terni: racconto storico (Roma 1880); Monografia della chiesa della Madonna Impensole di Narni (ibid. 1884); Alcune prose e versi, I-IV, Roma-Assisi 1885-91 (il volume I, Roma 1885, il II, III e IV, Assisi, rispettivamente 1887, 1890 e 1891); Oggetti antichi scavati in Terni dal 1880 al 1885, descritti ed illustrati... (Roma 1886); Alcune notizie sopra Caterina Franceschi in Ferrucci da Narni (Assisi 1888); Iconologia delle antiche vie romane (Roma 1888); Il Cristo morto e gli emblemi della sua Passione: poesie pubblicate per nozze Fabiani-Calandrelli (Assisi 1888); Notizie sopra Nerva imperatore (ibid. 1888); Notizie sulla famiglia Alberti di Narni, e sull'opera già quivi da lei fondata (ibid. 1888); Due sonetti sull'amicizia, per nozze Vignoli-Cotogni (ibid. 1888); Traduzione del libro della Sapienza, della profezia di Sofonia, della Salve Regina, dell'Ave Maria, del Pater Noster ed altre (ibid. 1889); Lettera descrittiva dell'antica fiera di Senigallia (ibid. 1890); Traduzioni delle favole di Fedro e delle sentenze di P. Siro e di Dionisio Catone (ibid. 1890); Commento al verso del terzo canto dell'Inferno "Che fece per viltade il gran rifiuto" (Berna 1893); Raccolta generale delle iscrizioni pagane e cristiane del Pantheon di Roma (Narni 1895; quest'opera ponderosa è una delle più importanti e rigorose dell'E. e, insieme con i due opuscoli dello stesso argomento sottocitati, forma ancora una valida base d'informazione critica sulla materia); Una risposta all'opuscolo dell'avv. Fregni di Modena sulle due iscrizioni del Pantheon di Roma (s.n.t., ma 1901); Lettera in risposta al secondo opuscolo dell'avv. Giuseppe Fregni di Modena sulle iscrizioni del portico del Pantheon di Agrippa (s.n.t., ma ancora 1901); Lugnano città teverina e la sua celebre collegiata di S. Maria Assunta al Cielo: monografia storico-artistica (Narni 1903).
Fu questa l'estrema fatica dell'E., che per tutta la vita aveva continuato a passare qualche mese dell'anno a Roma, cercando di mantenere i contatti con gli ambienti eruditi e con quelli giornalistici della sua giovinezza. A Narni poi si era sempre attivamente occupato dell'ordinamento degli archivi e dell'arricchimento della civica biblioteca (che oggi è intitolata al suo nome), alla quale lasciò parte dei suoi manoscritti, fra cui si segnala Vite inedite degli illustri narnesi; altri manoscritti si trovano sempre a Narni nell'archivio domestico della famiglia Eroli.
L'ultima volta che egli, ormai novantenne, considerato "il nestore degli storici e letterati umbri", comparve in pubblico, fu al politeama di Terni per la tornata della Deputazione umbra di storia patria, nel settembre del 1902.
Morì a Narni il 9 genn. 1904.
Fonti e Bibl.: Roma, Bibl. nazionale, Autografi, A 65/25: lettera a S. Betti, 7 marzo 1854; Bassano del Grappa, Bibl. civica, ms. 1320, LVIII, Carteggio Ferrazzi, p. 88: lettera a G. J. Ferrazzi, 1866; L'Imparziale fiorentino, 19 apr. 1859, p. 67; A. De Gubernatis, Dizionario biografico degli scrittori contemporanei, Firenze 1879, pp. 419 s., 1159; necrol. in La Rassegna nazionale, 16 genn. 1904, pp. 363 s.; G. Casati, Dizionario degli scrittori d'Italia, III, Milano s.a., p. 10; R. De Cesare, Roma e lo Stato del papa dal ritorno di Pio IX al XX settembre, I, (1850-60), Roma 1907, p. 34; C. Lozzi, Biblioteca istorica della antica e nuova Italia-Saggio di bibliografia analitico comparato e critico, I, Bologna 1963, pp. 475 s.; Tipografia ed editoria in Umbria, a cura di F. Morotti, Perugia 1966, pp. 178 ss.