FAGIOLI (Fagiuoli, Fasoli, Fazioli, Facelli, Fagelli), Giovanni
Nacque probabilmente a Pisa intorno al 1223, da una ricca famiglia popolare residente nel quartiere di Ponte nella "cappella" di S. Sisto, che vantava numerosi giudici e professori di diritto e partecipava attivamente alla vita cittadina.
Il fatto che in questa famiglia il nome Giovanni ricorra spesso rende difficile l'identificazione del F.: a ciò si aggiungono alcuni dubbi circa la paternità delle sue opere, sollevati poco dopo la loro stesura e non dissipati, anzi aggravati, da ricerche recenti.
Gli estremi della vita del F. risultano dall'iscrizione sepolcrale tramandataci, in forma certamente corrotta, dal Brancaccini e da altri: "Legum doctoris Faseoli tumba Ioannis / Doctorum fioris dedit hunc: natale Ioannis / Annis millennis sex octoginta ducentis / Christi vita senis defecit tam sapientis / vixit fons roris decies sex et tribus annis / mensibus undenis / Liberet a penis queni Christus". La maggioranza degli autori ne dedusse che il F. fosse nato verso il 1223 e morto nel 1286 all'età di sessantatré anni. Ma il Brancaccini e il Fabbrucci misero in dubbio questa interpretazione. Il primo, in coerenza con la sua tesi circa la fondazione dell'università di Pisa nel 1309, riteneva che il giurista fosse nato nel 1286 e credeva a un suo legame con l'imperatore Enrico VII; il secondo arrivava a una conclusione simile analizzando il bassorilievo che secondo la testimonianza del Martini era visibile nel Camposanto di Pisa ancora all'inizio del Settecento (la seconda edizione del Theatrum basilicae Pisanae ne parla già al passato) e raffigurava un professore seduto in cattedra e circondato da allievi. Secondo il Fabbrucci questa immagine sarebbe stata tipica del Trecento. Tali argomentazioni tuttavia non risultano convincenti, dato che i pochi elementi disponibili sembrano confermare che l'attività del F. avesse raggiunto il culmine già nella seconda metà del Duecento.
Non sappiamo con sicurezza dove il F. abbia studiato ed abbia iniziato il suo cursus universitario, ma tutti gli indizi sembrano riferirsi a Napoli.
La notizia (fornita dallo stesso F. nel Tractatus de summariis cognitionibus) che Benedetto da Isernia era stato suo maestro indusse il Sarti, seguito dal Savigny, a dedurne che egli avesse studiato a Bologna: ma una svolta decisiva apportarono gli studi del Meijers, il quale scoprì nel manoscritto del Digestum vetus della Biblioteca Vaticana (Vat. lat. 1413, recante tracce d'uso di indubbia provenienza meridionale) un'additio firmata dal F. e riportante una glossa di Benedetto. Avvalendosi di questa sua scoperta, il Meijers formulò l'ipotesi che egli avesse studiato a Napoli intorno all'anno 1243, il periodo in cui vi insegnava un "Mattlieus de Pisis", forse con lui imparentato. Nelle sue opere del resto il F. cita anche Martino da Fano, il cui insegnamento a Napoli è stato confermato sia dal Meijers sia dal Besta. E proprio all'ambiente partenopeo, dove il F. si formò e secondo ogni probabilità anche insegnò, il Besta attribuisce il suo interesse per le questioni processuali e feudali. L'ipotesi circa il suo insegnamento all'università di Napoli ha trovato conferma nella scoperta delle sue additiones in altri manoscritti di libri legales di provenienza meridionale. In questo quadro si inserirebbero anche le molto discusse additiones attribuite al F. da Tommaso Grammatico nella sua edizione delle Costituzioni del Regno.
Comunque nell'anno 1245 oppure 1255 (Dal Borgo, pp. 107 e 117, fornisce entrambe queste date) il F. era a Pisa in veste di dottore e giudice; in un documento del 26 febbr. 1252 è menzionata la "domus domini Iohannis Fazeli legum doctoris" nella cappella di S. Sisto. Qui però la serie di documenti pisani riguardanti il F. si interrompe fino al 1270.
La lacuna nella sua biografia può essere colmata accettando l'attribuzione al F. della Summa super feudis e della Summa iuris canonici. Entrambe recano numerose prove di un'approfondita conoscenza dei rapporti giuridici in Terrasanta, conoscenza improbabile senza avanzare l'ipotesi di un soggiorno del suo autore nel Regno di Gerusalemme. Dopo la morte di Federico II avvenuta nel 1250 e quella di Corrado IV nel 1254 s'aprì un lungo interregno, segnato dalla crisi dei ghibellini che giustificherebbe l'esilio di un ex professore dell'università di Napoli, e forse ufficiale di Federico, a S. Giovanni d'Acri, dove la colonia pisana godeva di ampi privilegi. Se si prende in considerazione il periodo di elaborazione della Summa super feudis, congetturato dal Meijers tra il 1250 circa e il 1266, e quello della Summa iuris canonici, che va secondo il Bertram dal 1265 al 1268, la coincidenza dei tempi è davvero sorprendente.
Il F. ricompare nei documenti pisani nel 1270: in quell'anno fu a capo dell'ambasciata inviata dai Pisani a Ripafratta per le trattative con i delegati di Carlo d'Angiò, poi di nuovo a Napoli alla corte angioina, e infine a Lucca per stipulare la pace con la Lega guelfa. Nello stesso anno 1270 fu "prior antianorum". Fu anziano ancora nel 1273 e nel 1280. Se è solo probabile la sua partecipazione alla revisione degli statuti di Pisa del 1275, questa è invece certa per la revisione del 1281, nella cui nota finale il F. è citato tra gli estensori. Nell'anno 1280 fu testimone di una sentenza emessa "presentibus domino Iohanne Fazelo et domino Ugone Villaringi iudicibus".
Non abbiamo altre notizie di lui, morto secondo l'indicazione della citata epigrafe sepolcrale, accolta dalla maggior parte degli studiosi, nel 1286.
Il F. era sicuramente sposato e lasciò almeno un figlio, Gherardo; pertanto è priva di fondamento la notizia ch'egli fosse arcivescovo, nata da un'erronea interpretazione di un passo di Baldo in cui era elencato tra gli autori di opere dedicate al diritto feudale insieme con Guillaume Durand, effettivamente insignito della dignità vescovile.
Opere: Tractatus de summariis cognitionibus. L'informazione che il F. fosse l'autore di un trattato simile, incorporato da Guillaume Durand nella seconda versione dello Speculum iudiciale, è fornita dal canonista Giovanni di Andrea nelle sue Additiones allo stesso Speculum (al paragrafo Postremo de officio omnium iudicum: 1, 1, 9, 8). Giovanni di Andrea ritorna sull'argomento nel commentario alla clementina Saepe de verborum significatione (Clem. 5, 11, 2) in v. Non postulet. La stessa notizia fu riportata inoltre da Cino da Pistoia, in l. Iudices C. de iudicis (C. 6, 1, 9); da Alberico da Rosciate, in I. 1. C. de hiis qui in ecclesiis manumittuntur (C. 1, 13[16], 1); e da Bartolo da Sassoferrato, in I. Praetoriarum ff. de praetoriis stipulationibus (D. 46, 5, 1). La tradizione letteraria, mai contestata nei secoli successivi, trova conferma nei manoscritti del trattato recanti l'indicazione del F. come autore. L'opera con il titolo di Tractatus de summariis cognitionibus si trova nei seguenti codici: Parigi, Bibl. nationale, Lat. 14329 (sec. XIV), ff. 217v-219r; Bologna, Bibl. comunale, B. 2794-2795 (fine del XIII-XIV secolo), ff. 107 ra-108 bv; Toledo, Bibl. de la Catedral, BC 42-1, ff. 79rb-84 va. La stessa opera, con il titolo di Tractatus de summaria cognitione, è custodita nella Bibl. universitaria di Kaliningrad (già Königsberg, Staats- und Universitätsbibliothek), F ff2, attualmente 170 (Sec. XIV), ff. 274v-275v (frammento); Napoli, Bibl. naz., II A 34 n. 2 (sec. XV), solo l'inizio; Cambridge, Mass., Harvard Law School Library, 75 (sec. XV), ff. 170v-176v; Bernkastel-Kues, S. Nikolaus Spital, Cusanusstiftsbibliothek, 255 (sec. XIV), ff. 26v-29r; Arch. di Stato di Roma, 1004 (prima, sez. VI, Fondo S. Spirito, cod. n. 8, sec. XIII-XIV), ff.26v-29r. L'opera fu edita da H. Briegleb, Ioannis Faxioli et Bartoli de Saxoferrato de summaria cognitione commentarii, Erlangae 1843, in base al testo dello Speculum iudiciale di Guillaume Durand; da T. Muther, Ioannis Faxioli de cognitione causarum extraordinariarum tractatus, in Jahrbuch des gemeinen deutschen Rechts, III, Leipzig 1859, pp. 374-377, attingendo dal frammento scoperto da E. Steffenliagen nella Biblioteca universitaria di Kaliningrad; da L. Walirmund, Iohannes Fasolus, De summariis cognitionibus, in Quellen zur Geschichte des römisch-kanonischen Prozesses im Mittelalter, IV, Innsbruck 1928, principalmente dal codice parigino.
Secondo l'unanime parere degli studiosi, contestato solo dal Maffei, il trattato sarebbe stato composto negli anni che vanno dal 1271, data della prima versione dello Speculum, al 1286, anno della morte del giurista pisano. Il terminus a quo potrebbe invece essere spostato anche ai primi anni dell'insegnamento universitario del F. con il semplice accorgimento di abbinare le parole "paulo post dictam publicationem" non alla stesura del trattato stesso, ma al momento in cui esso pervenne nelle mani di Guillaume Durand. Questa interpretazione - più conforme al pensiero di Giovanni di Andrea, il quale sembra intenzionato a spiegare il motivo per cui il trattato fu inserito soltanto nella seconda edizione dello Speculum, piuttosto che, ad indicare la data della sua stesura - è ulteriormente avvalorata dal fatto che il F. (corretto poi dal Durand) non cita mai l'apparato di Accursio ma solo quello di Azzone. Già il Savigny riteneva il De summaria cognitione la più antica elaborazione di questo argomento. Nella seconda metà del Duecento il processo sommario era appena in via di formazione e assunse la forma definitiva nel sec. XIV. Ciò nonostante questo nuovo genere di processo, che abolendo le eccessive formalità contribuiva ad una notevole abbreviazione dei tempi, già nel Duecento cominciava a farsi strada negli statuti delle città italiane. Infatti il F. afferma nell'introduzione che questo processo è "cotidianus et utilis et apud plures incognitus ... quia non fuit tractatum super ipso a praedecessoribus nostris", e che pertanto, invogliato dai suoi allievi, e particolarmente da un certo Giustiniano da Civita Castellana, egli si accingeva a colmare questa lacuna per soddisfare le esigenze degli scolari come pure degli avvocati e giudici.
Come maggior pregio del trattato viene indicato il suo contributo alla teoria delle prove. Bisogna però osservare che la tesi sviluppata dal F. - secondo la quale nei processi, dove il reo nel caso di condanna può subire un grosso danno, non basta un semplice giuramento dell'attore se non confermato almeno da una "semiplena probatio", come la deposizione di un testimone oppure una scrittura privata - attinge in realtà alla glossa di Azzone Decidi oportet in l. Bonae fidei C. de rebus creditis (C. 4, 1, 3).
Del F. è inoltre segnalato un Tractatus de positionibus nel codice di Klagenfurt, Bischöfliche Bibliothek, XXIX A 10 (sec. XIV), ff. 72vb, 75va.
Summa super usibus feudorum: l'attribuzione di questa opera al F. è affermata da Baldo degli Ubaldi nel proemio In usus feudorum. Basandosi su questa affermazione, la letteratura posteriore (Panciroli, Diplovataccio, Fontana, Vernaccini, Sarti) non esitava a parlare di una Summa de feudis scritta dal Fagioli. Lo ripete anche il Savigny, pur osservando che al F. vengono attribuite molte opere di paternità ignota. Lo stesso autore compilò un primo elenco dei manoscritti di quest'opera, completato poi da Laspeyres e da Seckel. L'elenco aggiornato della tradizione manoscritta fornito da Dolezalek si presenta come segue. Il codice conservato nella Biblioteca Palatina di Parma, Parm. 1227 (già HH I 11/25), scritto fra la fine del XIII e l'inizio del sec. XIV, contenente, tra altre opere sullo stesso argomento, la Summa de usibus feudorum (ff. 72v, 75-84), presenta un explicit aggiunto il quale dimostra come i dubbi circa la paternità del F. si siano manifestati già pochi decenni dopo la morte dell'autore ("Explicit summa super usibus feudorum composita a domino Iohanne Phaseulo pisano legum doctore, quam quidem attribuunt domino Martino de Sullimano bononiensi legum doctori, qui forte huic summe aliquid addidit"). Altri manoscritti, che contengono l'opera, sono anonimi oppure recano un'attribuzione diversa: Lectura feudorum, Lipsia, Universitätsbibliothek, 113 (sec. XV), ff. 3r-32v, attribuita a Martino Sillimani ma forse secondo Dolezalek del R; Summa feudorum, El Escorial, Biblioteca de San Lorenzo, E I. 10 (inizi del sec. XV), ff. 83-100, attribuita ad Arnulphus de la Pradella, forse Arnaldus Arpadella. Summa de feudis, Bamberga, Staatsbibliothek, Can. 48 (secc. XIII-XIV), ff. 176va-186rb; Summa feudorum, Norimberga, Stadtsbibliothek, Cent. II 90 (sec. XIV), ff. 299ra-307va; Summa de feudis, Oxford, Bodleian Library, Canon. misc. 416 (inizi del sec. XIV), ff. 213va-222va. Questa lista va completata con il manoscritto di Parigi, Bibliothèque nationale, Lat. 4675, ff. 1ra-5rb, e con quello di Lambach, Stiftsbibliothek, Chart. 221.
La contrapposizione dei nomi del F. e di Martino Sillimani condusse alla scoperta dell'edizione stampata della stessa opera. Savigny e Laspeyres stabilirono che una Summa analoga a quella attribuita al Sillimani corrispondeva al Tractatus de feudis pubblicato a cura di Jean Thierry a Lione nel 1517 insieme con Quaestiones aureae et singulares di Pierre de Belleperche e attribuito al medesimo giurista. La stessa opera fu successivamente edita, sempre sotto il nome di Belleperche, a Colonia nel 1565, nel Tractatus universi iuris, X, 2, Venetiis 1584, e a Hanau nel 1603. Da questo dato il Seckel suppose che si trattasse sempre dell'opera del F., sottoposta ad un'elaborazione di Martino Sillimani, di cui si appropriò infine Pierre de Belleperche. Meijers invece attribuiva l'opera ad un "P. de Auton", nominato in alcuni documenti inseriti nell'edizione stampata, identificabile con un "Petrus de Accon" oppure "Petrus de Ancona", entrambi presenti in Terrasanta nel periodo della stesura dell'opera. A risolvere la questione il Maffei ha contribuito allegando un richiamo, che si trova sia nell'edizione del 1517 (f. 179va) sia in sette manoscritti dell'opera (Bamberga, Norimberga, Oxford, Parigi, Parma, Lambach), ad un'altra opera del F.: "nec: unquam invenietis inter casus summarios computatum, nec etiam in tractatu nostro, quem super summaria cognitione duxiimus..." Di fronte a questo dato non sembra rilevante l'obiezione del Cortese circa la scarsa attendibilità del manoscritto parmense. Decisamente cade invece un'altra obiezione mossa dallo stesso studioso relativa all'impossibilità di un rinvio al Tractatus de summariis cognitionibus. Molti elementi restano da chiarire quali, ad esempio, l'entità di correzioni e supplementi apportati dal Thierry, specie per quanto riguarda i frequenti richiami alla prassi milanese presenti nell'edizione stampata.
Secondo una suggestiva ipotesi del Maffei all'elenco delle opere del F. sarebbe da aggiungersi una Summa iuris canonici contenuta nel codice 377 di Bruges, Bibliothèque de la ville, (342 ff.), analizzata minuziosamente da Bertram. Secondo quest'ultimo studioso il codice sarebbe stato redatto nella seconda metà del Duecento e precisamente, tenendo conto dei personaggi e dei fatti che vi sono citati, negli anni 1265-68. L'autore di questa Summa è un "Iohannes domini Guidonis de Ancona", nato secondo Bertram prima del 1240, laico, che si definisce allievo di Martino da Fano e "iuris civilis professor", procuratore dell'Ordine dei templari e di quasi tutti i prelati e nobili del Regno di Gerusalemme. Si tratta di dati che coincidono con quel che si sa sulla vita del Fagioli. Il fatto ch'egli si proclamasse questa volta allievo di Martino da Fano non costituisce un ostacolo per accettare la tesi del Maffei; anche se nel trattato De summariis cognitionibus il F. chiamava Benedetto da Isernia suo precettore, nella Summa iuriscanonici poteva sembrargli più opportuno indicare Martino, presente durante i suoi studi a Napoli, il quale, pur essendo laico come lui si cimentava anche nel diritto canonico. Non stupisce nemmeno la dedica dell'opera, oltre che a Guglielmo patriarca di Gerusalemme, a Giovanni Bono vescovo di Ancona. Le relazioni del F. con la Marca d'Ancona sono attestate già nella Summa de feudis (f. 163vb), dove egli rammenta due nobili ivi noti ai tempi di Federico II: Gentile da Varano e Rainaldo da Brunforte, morto nel 1282, allorché rivestiva la carica di podestà di Pisa. La prova più incisiva per l'identità del personaggio è fornita da due riferimenti alla Summa de feudis (f. 93rb: "recurratis ad summulam nostram de feudis"; f. 196rb: "ut notavimus in summa nostra de feudis"). È invece difficile accettare il suggerimento del Maffei che si tratti di un rappresentante dell'omonima famiglia anconetana, trasferitosi a Pisa, soprattutto perché è impensabile che un forestiero potesse accedere ad un organo comunale di vitale importanza come il Collegio degli anziani o svolgere mansioni diplomatiche. Per il Giovanni "domini Guidonis de Ancona" bisogna quindi trovare un'altra spiegazione, magari accettando in parte quella riferita del Diplovataccio (p. 168), secondo cui invece di "Ancona" bisogna leggere "Accon".
Le Additiones si riferiscono all'attività didattica del Fagioli. La loro esistenza è confermata da Bartolo da Sassoferrato in l. Siservus communis § Quod vero ff. de furtis (D. 47.2. 62[63].5). Cino da Pistoia allega le Additiones del F. in l. Ob maritorum C. ne uxor pro marito (C.4.12.2), in l. Sive possidetis C. de probationibus (C. 4.19.16), in l. Si post C. si adversus libertatem (C.2.30[31].1). Queste testimonianze furono rese di pubblico dominio dal Vernaccini; il Savigny esprimeva dubbi circa la loro veridicità. Ogni incertezza fu però dissipata dal Meijers con lo studio delle additiones contenute nel manoscritto Vat. lat. 1413. A questo vanno aggiunti altri manoscritti indicati dal Dolezalek come quelli di San Gallo, Stiftsbibliothek, 746; Berlino, Staatsbibliothek Preussischer Kulturbesitz, Lat. 236, e Stoccolma, Kungliga Biblioteket, collocazione non data. Un importante contributo alla conoscenza delle additiones del F. hanno dato gli studi dei manoscritti di provenienza meridionale condotti da G. Nicolosi Grassi e da F. Martino, portando alla luce rispettivamente le additiones all'Infortiatum nel manoscritto della Bibl. apost. Vaticana, Archivio di S. Pietro, A. 32, e al Codice nel manoscritto conservato a Milano, Biblioteca Ambrosiana, E. 29 inf.; Tommaso Grammatico (In constitutionibus, capitulis et pragmaticis Regni Neap. Additiones et apostillae, Venetiis 1562, ff. 103 s.) cita un'additio alla costituzione federiciana Ad legitima pondera (3, 51) attribuita a un Giovanni Fagioli. La notizia, ripetuta in seguito da Fontana, Ziletti, Vernaccini, fu invece respinta dal Savigny e dal Capasso: il primo negava la possibilità che un giurista pisano potesse occuparsi delle costituzioni napoletane; il secondo aggiungeva che la redazione delle additiones doveva essere posteriore al 1286. Rimossa grazie alle ricerche del Meijers la prima obiezione, la seconda è sostenuta dal Cortese, il quale afferma, considerando gli autori allegati nell'additio, che si tratta di un Fagioli "di tre secoli più tardo". Fintantoché non sarà possibile documentare l'esistenza di quest'altro Fagioli, l'unica soluzione possibile sembra quella di ipotizzare aggiunte posteriori, forse effettuate dal Grammatico stesso, oppure una falsa attribuzione.
Bartolo (Consilia, II, Venetiis 1585, cons. 26, n. 3) evoca l'attività del F. come consulente. La notizia ripresa dal Vernaccini e dal Savigny non trova riscontro nei manoscritti finora noti. Il Dolezalek indica invece un manoscritto conservato a Barcellona, Archivo de la Corona de Aragón, Cugat 40, di provenienza italiana (Pistoia 1383) che ai ff. 193v-203v contiene le quaestiones attribuite al Fagioli. Infine F. Dal Borgo (Dissertazioni sopra l'istoria pisana, I, 2, Pisa 1768, p. 330-355) riporta un discorso in italiano che il F. avrebbe pronunciato in Gran Consiglio nel 1286 dopo la sconfitta della Meloria. L'autenticità di questo discorso fu negata già dal Savigny.
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