FALCONI, Giovanni
Nacque a Cagliari, da Angelo e da Rita Corongiu, il 15 luglio 1817. Iscrittosi alla facoltà di chirurgia dell'università di Cagliari, ove ben presto seppe meritare la stima dei docenti, al termine del secondo anno di corso, secondo la consuetudine dell'epoca, conseguì la patente di flebotomo: dal 1840 per alcuni anni poté così esercitare nel bagno penale di S. Bartolomeo (Cagliari), sotto le dirette dipendenze del medico e del chirurgo, la "bassa chirurgia" consentita ai flebotomi (salassi, applicazioni di sanguette e di ventose, clisteri, estrazioni di denti, ecc.).
Sotto la guida di F. A. Boi, ordinario di anatomia umana descrittiva che lo aveva carissimo allievo, il F., oltre a proseguire gli studi di chirurgia, cominciò a interessarsi dei problemi inerenti alla pratica della variolizzazione, allora ancora eseguita con modalità troppo cruente e non scevre di pericoli. Nel 1841 ideò e fece costruire, dagli artigiani Veritier e Olmetta di Cagliari, un particolare ago per iniettare la linfa vaccinica al disotto dell'epidermide senza provocare profonde e dolorose, oltreché sovente pericolose, ferite del derma.
L'ago, caratterizzato da una cruna breve e ristretta con due lati taglienti, che fu chiamato crunato o falconiano, fu al centro di varie polemiche: in particolare, G. Beka, professore di fisiologia a Sassari, sostenne che lo strumento del F. sarebbe stato in tutto simile a quello usato per lo stesso scopo da molti anni da alcuni chirurghi dell'Italia settentrionale, non considerando tuttavia che questo era in realtà un ago acuminato terminante in una scanalatura a margini taglienti atto a ledere più in profondità la pelle. Il F. impiegò con successo il suo ago e dette inizio a una vera e propria campagna di variolizzazione in tutta la Sardegna: studiò e sperimentò l'impiego della linfa animale e umanizzata (restando sempre in contatto col Boi e con altre autorità mediche), tenne conferenze aperte ai medici e alla popolazione, istruì al corretto uso del suo ago medici e chirurghi.
Conseguita nel 1843 la laurea in chirurgia, il F. vinse nel '45 il concorso di settore anatomico nell'istituto diretto da B. Piso, successo al Boi; intanto si era iscritto alla facoltà di medicina. Nominato chirurgo maggiore del corpo di sanità nel 1849, fu destinato all'ospedale militare di Vercelli. L'anno seguente riprese servizio come settore nell'ateneo cagliaritano, impegnandosi in un intenso e gravoso lavoro didattico, che il ministero della Pubblica Istruzione premiò con un aumento di stipendio. Nello stesso anno 1850 si laureò brillantemente in medicina. Nel 1854 fu richiamato in servizio nella sanità militare e assegnato come medico di battaglione a Genova, ove cominciavano a manifestarsi i primi casi di colera. Dopo essere stato nominato capo settore anatomico nel 1855, nel 1858 assunse la direzione del gabinetto di anatomia umana, consistente in un'unica malsana sala, arredata con un armadio per i libri e gli strumenti, una scrivania, una poltrona, alcuni banchi per gli studenti e un tavolo anatomico collocato in posizione centrale: in questo ambiente, poiché all'epoca non esisteva un gabinetto di anatomia patologica, venivano anche eseguiti i riscontri diagnostici e le autopsie a scopo medico-legale.
Dopo aver avuto nel 1858 l'importantissimo incarico di conservatore del vaccino per la Sardegna, nel 1863 il F. divenne professore ordinario di anatomia umana e resse l'insegnamento fino al 1885-86; nel 1867 ebbe l'incarico di medico della sanità marittima; dal 1884 al 1888-89 fu preside della facoltà di medicina e chirurgia dell'università di Cagliari.
Il F. è ricordato soprattutto per la sua opera per la diffusione della pratica della variolizzazione e per l'impegno che profuse nella lotta contro il colera.
Per quanto riguarda la variolizzazione, il grande merito del F. fu di averne diffuso la pratica, grazie soprattutto al suo metodo pressoché incruento di inoculazione e all'instancabile attività svolta a favore della misura profilattica; quando in qualità di conservatore del vaccino poté rifornire di "linfa vaccinica" i commissari provinciali suoi dipendenti e controllare l'operato di medici e chirurghi vaccinatori, si adoperò perché la linfa così detta "umanizzata", allora comunemente impiegata in Sardegna, fosse preparata da individui sani e robusti e, a partire dal 1862, curò personalmente la preparazione di nuova linfa da croste prelevate a vacche colpite da vaiolo naturale, tanto che in un decennio poté affermare di avere, per così dire, rinnovato "l'umore vaccinico" impiegato nell'isola.
Il metodo incruento e quasi del tutto privo di effetti collaterali adottato dal F. nella pratica della variolizzazione, se da un lato risultava gradito sia ai medici e chirurghi operatori, sia a larghi strati della popolazione, dall'altro rappresentava la dimostrazione dell'infondatezza del concetto di antiche e non ancora sopite teorie vitaliste, sostenute dallo stesso Beka, secondo le quali soltanto la cruenta messa a nudo del derma avrebbe consentito l'attivazione del sistema dei vasi assorbenti e la conseguente sicura penetrazione della linfa vaccinica.
Encomiabile sotto l'aspetto clinico-terapeutico e profilattico fu l'attività espletata dal F. per contenere la diffusione del colera: egli, pur essendosi formato in un ambiente culturale in cui ancora dominavano le teorie rasoriane modificate da G. Tommasini, aveva saputo orientarsi verso più concrete concezioni anatomo-cliniche che lo allontanarono da qualunque forma di vuoto filosofeggiare. Decisamente contrario alle tesi "anticontagioniste" delle scuole mediche del Regno sardo, appartenne a quel gruppo di medici consci della realtà della diffusione epidemica del colera, che i giornali dell'epoca, e non solo sardi, definivano allarmisti e "coleromani". Tale atteggiamento lo guidò a individuare e a mettere in atto, oltre le cure allora possibili per lenire le sofferenze dei malati e tentarne la guarigione, le misure profilattiche e di polizia sanitaria (isolamento dei pazienti, immediata denuncia dei casi accertati o sospetti, ecc.) valide a circoscrivere i focolai epidemici.
Degli scritti del F. si ricordano: Illustrazioni della memoria d'accusa del medico Basilio Piso di Villagreca professore d'anatomia in Cagliari fatta contro il medico-chirurgo G. F. di Cagliari settore anatomico, Cagliari 1853; Lettera del medico-chirurgo G. Falconi al suo cognato Salvatore Ritzu medico di battaglione addetto al corpo di spedizione in Oriente sul trattamento da tenere cogli affetti dal choléra, ibid. 1855; Lettera del dottore G. Falconi ai distinti colleghi che nello scorso agosto generosamente accorsero a prestare gli aiuti dell'arte salutare ai fratelli di Sassari nell'invasione del choléra, ibid. 1856; Questione vaccinica ossia poche parole di G. Falconi a G. Beka professore di fisiologia, ibid. 1857; Relazione sull'ispezione sanitaria eseguita durante l'epidemia del vajuolo nella primavera del 1863, ibid. 1864; Sull'importanza degli studi anatomici e sul migliore metodo d'insegnamento di essi, ibid. 1866; Sul choléra asiatico che dominò in diversi comuni della provincia di Cagliari nel 1867. Relazione storica al consiglio sanitario provinciale, ibid. 1868; Sulla linfa vaccinica e sul metodo di vaccinazione, in La Sardegna medica, IX (1871); Sull'ago vaccinico, sulle vaccinazioni e rivaccinazioni col vaccino animale ed umanizzato, ibid., XI (1873); Di un rimedio poco noto quanto efficace nella cura della colerina e diarrea premonitoria, in Spallanzani, XXII (1884).
Il F. fu anche insignito di onorificenze: nel 1857 il re gli conferì il titolo di cavaliere dei Ss. Maurizio e Lazzaro per l'opera svolta in occasione delle epidemie di vaiolo e di colera e per il suo impegno nella diffusione della vaccinazione di massa; nel 1869 fu nominato cavaliere dell'Ordine della Corona d'Italia.
Morì a Cagliari l'11 luglio 1900.
Fonti e Bibl.: Notizie desunte dallo stato di servizio del F. presso l'Archivio dell'Università degli studi di Cagliari; Rimembranza, in L'Ichnusa, n. 79, 30 sett. 1856; L'ago crunato del dottor F., Cagliari 1861; Relazione fatta dalla commissione provinciale vaccinica di Trapani, in Gazz. officiale di Sicilia, n. 178, 11 ag. 1861; Ago Falconi, in La Sicilia, n. 1, 18 sett. 1861.