FALLANI, Giovanni
Nacque a Roma il 15 nov. 1910 da Achille ed Elvira Mazza; ordinato sacerdote nel 1933, si laureò in teologia all'università lateranense e in lettere nel 1937 presso l'università di Napoli, dove fu allievo di G. Toffanin. Insegnò letteratura italiana e storia dell'arte nel liceo del Seminario romano dal 1 34 al '47. I suoi interessi letterari, mai disgiunti dalla passione per l'arte figurativa, si esprimevano già nelle prime opere pubblicate: nel '45 usciva a Firenze un'antologia, Venti scrittori del '900, poi Scrittori di ieri e di oggi, in cui il F., in collaborazione con M. Escobar, presentava una serie di testi di autori contemporanei, corredata da una rara scelta di dipinti e disegni di artisti del '900.
Questa pubblicazione, accanto a uno studio sull'artista G. Ceracchini, mostra la conoscenza dell'espressione figurativa più recente. Un excursus nell'epoca neoclassica erano, però, le due piccole opere Melchiorre Missirini, segretario di Canova (Roma 1949), che illumina la curiosa figura dell'abate forlivese, che fu anche poeta, scrittore di satire ed epigrafi, e Canova (Bergamo 1949), con il catalogo completo delle opere, dove il F. cercava di contrapporre a un giudizio negativo di R. Longhi l'eccezionalità della figura dello scultore, "una voce a sé" nella storia dell'arte (p. 117), un classico al di fuori degli schemi che guarda al suo tempo già come un "antico".
La vita e il lavoro del F. sono caratterizzate dalla simultaneità di diversi studi e diversi incarichi; così, mentre nel '47 veniva nominato segretario della Pontificia Commissione centrale per l'arte sacra, era pure chiamato alla cattedra di teologia dantesca nell'università lateranense. Si dedicava, quindi, agli studi danteschi, allargando poi il suo campo didattico all'università per stranieri di Perugia e all'istituto di filologia romanza di Vienna e nell'arco di sedici anni pubblicava numerosi libri sulla letteratura religiosa e su Dante.
Lo studio dell'opera dantesca si approfondì ulteriormente anche attraverso la lettura settimanale alla Fondazione Besso di Roma, dove succedette al padre L. Pietrobono, divenendo direttore della Lectura Dantis romana.
Nel '63 pubblicava a Firenze La letteratura religiosa italiana, dove, accanto a un profilo della letteratura italiana vista alla luce dell'idea religiosa, un'antologia di pagine non molto note invoglia alla lettura della ricca messe di testi inediti di predicatori del Duecento e del Trecento. D. Bartoli, A. Cesari, N. Tommaseo, A. Capecelatro sono rivalutati, oltre che per la testimonianza cristiana, per la bellezza della lingua. Così l'umanesimo prima (il Toffanin aveva insistito sull'idea di un umanesimo non solo pagano), l'Ottocento poi offrono la continuità di una gran mole di lavoro storico e letterario di matrice cattolica.
Un disegno provvidenziale venne dal F. riconosciuto nella storiografia letteraria, per quanto egli parlasse spesso di una "religio" presente nell'opera di poesia che non ha legami veri e propri con la rivelazione, ma che "coincide con la legge eterna che è in ogni umana natura" (pp. 127 s.). In Dante il F. si proponeva di mettere in evidenza la certezza del discorso teologico, esaminandone tutte le differenti pieghe e sfaccettature. Intraprese, così, itinerari diversi nel mondo dantesco, servendosi di diverse chiavi atte a decifrare i significati delle figurazioni poetiche. Così, oltre alla chiave d'interpretazione teologica, userà anche quella scientifica (illustrando l'accordo totale fra teologia e scienza nel Paradiso), la chiave di lettura storico-politica e, infine, non ultima d'importanza, l'interpretazione degli elementi figurativi e le analogie con l'arte del tempo.
In questo complesso di opere su Dante si completa un imponente affresco del mondo medievale, con un'osmosi affascinante tra la Divina Comedia e le altre opere dell'Alighieri, tutto documentato dalle parole stesse del poeta e dei primi commentatori, tenendo sempre presenti le letture di Dante e ciò che potevano offrire lo Studium di Bologna, di Parigi, le scuole dei francescani in S. Croce, dei domenicani in S. Maria Novella, degli agostiniani in S. Spirito. L'esame del F. diventa puntuale quando fa luce su simbologie e strutture già presenti in testi cristiani e medievali, quando riscopre la classicità come struttura portante del diritto e della cultura medievale, o si addentra nelle contese fra averroisti, tomisti, bonaventuriani, dogmatici, giurisdizionalisti, quando ricrea il fermento di creatività figurativa e di pensiero, di speranze spirituali ed escatologiche che si contrappone all'accanita conflittualità del tempo.
Le serie di lezioni con i commenti parziali a canti particolari della Commedia sfociarono nel 1965 nel commento integrale al poema; alcuni di questi studi confluirono in Poesia e teologia nella Divina Commedia, Milano 1961, rielaborati in Dante poeta teologo, ibid. 1965. Ne L'esperienza teologica di Dante, Lecce 1976, il F. si sofferma sui canti che riguardano il paradiso terrestre, punto focale dell'ideologia del poema, dove Dante riceve da Beatrice l'investitura suprema, la missione di "cooperare alla salvezza della società religiosa e politica del suo tempo" (p. 36). Dante è lo "scriba Dei", che inventa una nuova lingua teologica; la Commedia, pari alle cattedrali e alle summae medievali, porta ad unicità la molteplicità dell'universo fisico e spirituale nel quale si svolge la storia dell'umanità redenta. Altro nodo fondamentale la "donazione costantiniana", tema che riunisce le due esigenze della "renovatio Ecclesiae" e della "restauratio Imperii". Nel poema il F. riconosce varie discendenze teologiche: agostiniana, quale si registra nel Commentarium di Pietro Alighieri (cfr. Pietro Alighieri e il suo commento al Paradiso, Firenze 1965), gioachimita e paolina.
In Dante autobiografico, Napoli 1975, la ricostruzione della vicenda umana del poeta si compie attraverso lo studio puntuale delle sue opere e di mille riferimenti storici: ed ecco la Firenze di Cacciaguida e quella di Dante, le amicizie, gli incontri fra poeti, il mito della donna come iter ad Deum, Brunetto Latini, i drammatici eventi dell'epoca. In Dante e la cultura figurativa medievale, Bergamo 1976, il F. percorre un'altra volta le tappe dell'opera dantesca per scoprirne le affinità con l'arte figurativa coeva e per verificarne il durevole potere d'ispirare la produzione artistica di ogni tempo. La innovazione poetica della Vita nuova è posta in parallelo con la nuova espressività che Giotto induce nelle forme ancora elegantemente bizantine dei suoi predecessori; aderenza ideologica alla monarchia mostrano le ricorrenti immagini di Dio come imperator, della Chiesa come dea Roma. Le numerose analogie tra la Commedia e le arti figurative riguardano, oltre ai giudizi, i mostri infernali, che il F. ricollega alle sculture romaniche, gli angeli e le figurazioni del paradiso che richiamano, invece, l'esperienza ravennate. Il capitolo-saggio Oderisi da Gubbio e Franco bolognese (pp. 137-151) porta i risultati di una ricerca sull'arte del minio e, infine, nel parallelo fra Dante e Giotto (già nella prolusione alle celebrazioni assisiane del VII centenario della nascita di Giotto) il F. accomuna i due artisti nel sentimento di essere parte viva della storia, protagonisti della vicenda umana e religiosa.
In Dante moderno, Ravenna 1970, molti sono gli spunti per un approccio moderno a Dante: anzitutto le Lecturae Dantis degli artisti moderni, ma anche le opere teatrali e cinematografiche che in tutti i tempi, fino ai più recenti progetti di P. P. Pasolini e del F. stesso, al poema si ispirarono.
Il capitolo "Viaggio dantesco nelle regioni d'Italia" verifica attraverso le conoscenze geografiche di Dante la configurazione dell'Italia del tempo; ogni personaggio del poema è occasione per tale ricerca, che evidenzia un sentimento dantesco ante litteram di unità sociale, politica, spirituale europea.
Mentre intraprendeva il suo insegnamento su Dante il F. veniva nominato nel 1947 segretario della Pontificia Commissione centrale per l'arte sacra. Egli, che già si era impegnato nella commissione per la ricostruzione delle chiese distrutte dalla guerra, s'impegnava ora per l'edificazione di nuove parrocchie e per un sistematico restauro e tutela degli edifici pubblici in Italia. Tale lavoro era documentato nelle pagine di Fede e arte, la rivista edita dalla Poliglotta Vaticana, di cui, come di Ecclesia, fu direttore. Attivo ideatore di convegni e mostre su tali argomenti, amava confrontare iniziative e risultati italiani con quanto si poteva vedere all'estero. La sua dimestichezza con l'arte contemporanea e i suoi protagonisti, mentre lo guidavano nella formazione della nuova collezione d'arte religiosa in Vaticano, gli permise di vedere felici realizzazioni, come la cappella dell'università di Roma, che egli riuscì a far costruire quando ne era cappellano. L'anno 1964, che lo vide consacrato vescovo in S. Pietro il 28 giugno col titolo di Partenia in Mauritania, fu un anno decisivo per il rilancio dell'arte sacra.
Il giorno dell'Ascensione, nella cappella Sistina, Paolo VI rivolgeva un discorso agli artisti, invitandoli ad offrire il contributo della loro creatività alla causa dell'arte sacra.
Il F., che nel frattempo era divenuto presidente della Pontificia Commissione centrale per l'arte sacra, sì mise al lavoro per coinvolgere i maggiori artisti italiani nel progetto. Nel 1969 pubblicava a Bergamo Orientamenti dell'arte sacra dopo il Concilio Vaticano II. L'arte deve mediare le esigenze della creatività che aspira al nuovo con quelle del rito e della immediata comprensione. Il nuovo edificio sacro, improntato a "verità, semplicità, modernità" (p. 65), deve conciliare la necessità pastorale con la realtà sociologica in cui si inserisce.
Quel periodo della sua vita così intenso di incontri e fruttuoso di risultati è rievocato in un libro, pubblicato anni dopo: Manzù farà le porte di S. Pietro? (Bologna 1980), che è quasi un diario delle visite agli studi degli artisti. Il F. racconta la rinascita dell'arte sacra attraverso le esperienze del S. Eugenio, della messa dell'artista, dei progetti anche più discussi dei grandi maestri. Negli ultimi anni il F. amò raccontare gli incontri, con gli artisti, con gli studiosi, ma anche le esperienze umane le più disparate. I vivi, i morti e i naviganti (Roma 1972) riunisce elzeviri, pagine più propriamente attente alla scrittura che alla storia e alla erudizione, ritratti umani accomunati dalla ricerca spesso dolorosa della pace, naviganti, dunque, che, anche dissenzienti (come A. Camus), sono oggetto di fraterna simpatia.
Nel 1982 (Da Panzini a Montale; Milano) e nel 1983 (Il Parnaso ravvicinato; Firenze) riprendeva le figure di autori a lui cari; alcuni sono gli stessi dell'antologia del 1945, ormai consacrati dalla fama, altri sono amici e maestri, come U. Saba, G. Toffanin, G. De Luca, E. Montale, E. Greco. Ritornava poi a studiare l'opera dell'Angelico (Vita e opere di fra' Giovanni Angelico, Firenze 1984), nella quale vedeva la più luminosa testimonianza di fede, la realizzazione più perfetta di arte religiosa, che riprende e glorifica la tradizione domenicana in vigorosa ripresa con l'avvento di Martino V.
Negli ultimi anni il F. fu consacrato arcivescovo e fu anche a capo della delegazione della S. Sede presso il Consiglio d'Europa. Tornava però sempre a Dante. Nel '85 aveva ideato e fatto realizzare al Braccio di Carlo Magno, in S. Pietro, la mostra "Dante in Vaticano". Il F. morì a Roma il 22 luglio 1985, dopo averne potuto vedere il successo.
Oltre alle opere già citate vanno ricordati i seguenti scritti del F.: G. Ceracchini, Roma 1945; Storia di un santo futuro, in S. Camillo De Lellis, Firenze 1946; Cristo. Testimonianze, ibid. 1949; L'interpretazione di Dio nella manifestazione delle arti, in Dio nella ricerca umana, Roma 1952, pp. 413-433; Il sacerdote e l'arte sacra, in I servi inutili, Milano 1953, pp. 303-309; Palestina, la terra delle distanze, Torino-Genova-Milano 1955; Figurativo e non figurativo sacro, in Filosofia dell'arte sacra, Padova 1957, pp. 43-54; I messaggi di Cristo agli uomini (opera di vari autori), Torino 1958; Gesù con noi, Messina 1961; Gesù redentore, ibid. 1961; Gesù nell'arte contemporanea, Assisi 1964; Immagini del concilio, presentazione del F. al testo di F. Villainc, Roma 1966; Giotto e i giotteschi in Assisi, Roma 1969; Terrasanta, Ancona 1970; Arte in Vaticano, Milano 1974; Tutela e conservazione del patrimonio storico e artistico della Chiesa in Italia, Bergamo 1974; La collezione vaticana d'arte religiosa moderna, con V. Mariani e G. Mascherpa, Milano 1974; Artisti per l'anno santo 1975, Città del Vaticano 1976; Chi è Gesù, Roma 1977; La Passione narrata per un uomo nuovo, Napoli 1977; Il dokita C. Maino e i suoi fratelli di Sangmélima, ibid. 1981; Città del Vaticano, con F. Quilici, Milano 1984; le voci Leopardi e Pascoli, in Enc. catt., la voce G. Guinicelli, in Letteratura italiana (Marzorati). I minori, I, Milano 1961, pp. 159-170.
Fonti e Bibl.: G. Grana, La poesia teologica di Dante in una sintesi di G. F., Roma 1961; A. Vallone, Storia della critica dantesca del Novecento, Firenze 1976, pp. 114, 131; Id., Scheda per F., Roma 1980, I, pp. 45 ss.; U. Saba, Lettere a un amico vescovo, Vicenza 1980; Arte e letteratura per G. F., Napoli 1982 (S. E. Ferranti, Dante autobiografico); I. Borzi, Una monografia sulla esperienza teologica di Dante; Id., La più grande vita; S. Ragazzini, Per il centro dantesco di Ravenna; D. Mondrone, Passeggiate romane con G. F.; A. Vallone, Un'idea di F. dantista; L. Bedeschi, I casi che condussero mons. F. ad occuparsi di artisti ...); Un vescovo per il dialogo arte-fede, in Il Tempo, 27 luglio 1985; F. Bellonzi Un protagonista dell'alleanza tra Chiesa e arte, ibid., 26 ag. 1985; I. Borzi, G. F. interprete di Dante, Roma 1985, II, pp. 53 ss.; Enc. Dantesca, II, p. 781.