FANTONI, Giovanni
Nacque a Torino il 22 marzo 1675. Compì i primi studi sotto la guida del padre Giambattista, illustre clinico e medico personale di Vittorio Amedeo II di Savoia, da cui apprese i primi elementi di medicina. Nella sua formazione confluirono sia la tradizione aristotelica sia le moderne correnti atomistiche. A diciotto anni (1693) si era già laureato a Torino ed iscritto al Collegio medico della capitale sabauda. Dopo un tirocinio di tre anni presso l'ospedale Maggiore di Torino, fu inviato in Olanda e in Francia da Vittorio Amedeo II che, particolarmente attento a una politica di rivalutazione dell'ateneo torinese, era solito sovvenzionare viaggi di perfezionamento di giovani studiosi. Il F. soggiornò per alcuni mesi del 1696 a Leida spostandosi poi a Parigi, dove entrò in contatto con anatomisti di fama quali J.-G. Duverney e J. Mery.
Ritornato in patria, iniziò la carriera accademica ottenendo il 25 maggio 1697 la cattedra di anatomia. Nel 1699 raccolse e pubblicò alcune osservazioni di anatomia patologica del padre Giambattista rimaste allo stato di abbozzo, corredandole di ampi e puntuali commenti (Ioannis Baptistae Fantoni Observationes anatomico-medicae selectiores editae, et scoliis illustratae a Iohanne Fantone filio editae, Taurini 1699). Sempre nel 1699 pubblicò la Brevis manuductio ad historiam anatomicam corporis humani (Taurini) e nel 1701 le Dissertationes anatomicae (Augustae Taurinorum), poi confluite nel suo più importante trattato di anatomia Anatomia corporis humani ad usum theatri accomodata (ibid. 1711), giudicato dal Lancisi il miglior compendio in materia disponibile all'epoca.
L'opera, divisa in tredici lezioni, affrontava infatti alcune delle questioni più dibattute del periodo. In particolare il F., mettendo a frutto sia i dati dell'osservazione sperimentale sia i principi e il metodo dell'anatomia comparata, individua l'importanza del sistema linfatico, sostiene l'esistenza, negata da alcuni contemporanei, dello sfintere della vescica, analizza il problema della generazione secondo una prospettiva di tipo preformista pur mantenendo alcune riserve circa la presistenza del germe della fecondazione.
In questo stesso periodo collaborò insieme con G. B. Morgagni, A. Pacchioni e F. Soldati alla pubblicazione curata da Giovanni Maria Lancisi delle rinvenute tavole anatomiche di Bartolomeo Eustachi (Tabulae anatomicae Bartholomaei Eustachii, Romae 1714). Successivamente si dedicò a ricerche di fisiologia del sistema nervoso, dando vita ad una lunga ed accesa polemica con il clinico romano Antonio Pacchioni intorno alle funzioni delle meningi e, in particolare, della dura madre.
Il Pacchioni, seguace delle teorie iatromeccaniche, riteneva che la dura madre avesse struttura muscolare e che la sua funzione fosse quella di stimolare il deflusso del "fluido nervoso" dal cervello alla periferia in virtù di una oscillazione "tremulo increspante".
Il F., basandosi su rigorose osservazioni sperimentali, ribadì in diversi scritti, in particolare in una Dissertazione del 1712, pubblicata a Roma nel 1713 dal Pacchioni, e in un'altra del 1718, rimasta inedita fino al 1721, l'inconsistenza di tali opinioni. La dura madre non soltanto non presentava caratteristiche anatomiche di tipo muscolare, ma, fissata al cranio in tutta la sua estensione, non poteva in alcun modo contrarsi e stimolare meccanicamente il cervello; in tale senso non era possibile attribuirle alcun movimento o azione specifica, comunque non più di quanto si potesse ascrivere il movimento del cuore e dei polmoni ad un'analoga azione del pericardio o della pleura.
Della questione arrivò ad occuparsi, su richiesta del Pacchioni, anche l'Istituto delle scienze dell'Accademia di Bologna che, sottoposto il problema ad Antonio Maria Valsalva e a Giovanni Antonio Stancari, emise nel 1719 un parere ufficiale che avvalorava erroneamente le opinioni del clinico romano, anche se sospendeva il giudizio sulle funzioni della meninge. Per l'occasione il Pacchioni pubblicò a Roma nel 1721 l'intero dossier della disputa nelle Dissertationes physico-anatomicae de dura meninge humana, che comprendono, oltre al responso dell'Accademia, anche le due dissertazioni del Fantoni.
Nel 1738 il F. tornò ad occuparsi dell'argomento negli Opuscula medica et physiologica (Genevae) in cui, tra l'altro, pubblicava una edizione riveduta delle dissertazioni e trenta nuove Animadvertiones indirizzate al Pacchioni, in cui chiariva ulteriormente le proprie teorie corredandole di nuovi esperimenti e osservazioni.
Nel frattempo la carriera del F. era proseguita con importanti riconoscimenti. Il 15 genn. 1717 aveva ottenuto la prestigiosa carica di consigliere e medico personale del principe ereditario Carlo Emanuele di Savoia. Il 15 nov. 1720, in seguito alla ristrutturazione dell'università torinese, fu nominato professore primario di medicina pratica e il 18 ag. 1729 preside della stessa facoltà: incarico riconfermato il 23 sett. 1732 e il 29 ott. 1735 e durante il quale svolse un'intensa opera riformatrice fino a che nel 1738, per effetto dell'abolizione della carica, decadde dalla funzione pur continuando a percepire la pensione corrispondente a titolo onorario.
Molto importanti furono le sue ricerche in campo nosologico e, in particolare, quelle sull'epidemia di febbre miliare divampata nella prima metà del sec. XVIII in Piemonte e in molte regioni di Europa. Il Commentariolum de quibusdam aquis medicatis, et historica dissertatio de febribus miliariis del 1747 (Augustae Taurinorum) costituisce al riguardo un interessante esempio di indagine epidemiologica.
Valendosi delle informazioni e dei dati raccolti dalla corrispondenza con colleghi italiani e stranieri, il F. fu in grado di fornire una sorta di rilevamento statistico intorno alla diffusione dell'epidemia, accanto a una ricostruzione storica dell'insorgere del contagio in diverse epoche ed aree con cui confutava la teoria di un'origine endemica in Piemonte. Altrettanto interessante lo Specimen observationum de acutis febribus miliariis, pubblicato postumo nel 1762 (Nicaeae), in cui il F. evita programmaticamente ogni discussione eziologica, impegnandosi viceversa a un'analisi approfondita ed obiettiva della sintomatologia delle febbri, con accurato rilievo delle possibili manifestazioni dell'esantema miliare e completando l'indagine con osservazioni intorno alle risultanze necroscopiche e alle pratiche terapeutiche, con particolare attenzione al valore curativo delle acque termali, di cui peraltro si era già occupato in diversi scritti.
Il F. raggiunse una notevole notorietà, come attestano la nomina, fin dal 1702, a membro onorario della Accademia degli Spensierati di Rossano, i suoi rapporti di amicizia e corrispondenza con J.-J. Manget, G. B. Morgagni, G. Zambereani, G. M. Mazzuchelli, A. de Jussieu e le opere che I. Facciolati, I. Sanguens e P. B. Calvo gli indirizzarono.
Il F. mori a Torino il 15 giugno 1758.
Opere: Oltre a quelle citate nel testo ricordiamo: Dissertationes duae de Thermis Valderianis, Aquis Gratianis, Maurianensibus, Genevae 1725; Dissertationes anatomicae septem priores renovatae, Taurini 1745; Inondazione improvvisa fatta dalla Dora a ciel sereno e tempo d'estate, nata di subito dall'improvviso scioglimento di nevi e ghiacci sui monti, che conferma l'origine delle fontane e dei fiumi. Al cav. Vallisnieri, Torino 22 luglio 1728, in Raccolta di opuscoli scientifici e filologici, a cura di A. Calogerà, III, Venezia 1730, pp. 223-224.
Fonti e Bibl.: G. Tremigliozzi, Elogi accademici della Società degli Spensierati di Rossano, Napoli 1703, p. 445; A. Portal, Histoire de l'anatomie et de la chirurgie, IV, Paris 1760, pp. 269-273; A. Haller, Bibliotheca chirurgica, II, Basileae 1775, p. 26; G. De Gregory, Istoria della vercellese letteratura ed arti, IV, Torino 1824, pp. 172-175; G. Bonino, Biografia medica piemontese, II, Torino 1825, pp. 83-109; S. De Renzi, Storia della medicina italiana, IV, Napoli 1845, pp. 161 s.; G. Bilancioni, Veteris vestigia fiammae, Roma 1922, pp. 380 s.; A. Pazzini, Storia della medicina, II, Milano 1947, ad Ind. W. Bernardi, Le metafisiche dell'embrione. Scienze della vita e filosofia da Malpighi a Spallanzani, Firenze 1986, pp. 205, 236 s.