SANCES (Sanci, Sonzi, Sonci, Sanchez), Giovanni Felice
SANCES (Sanci, Sonzi, Sonci, Sanchez), Giovanni Felice. – Nacque a Roma negli ultimissimi anni del XVI secolo (probabilmente nel 1599 o 1600).
Il padre, Orazio, era cantante. Ipotetica la discendenza da una famiglia omonima di cantori di origine spagnola attivi a Roma nella cappella papale.
Si formò nel Collegio germanico, dal novembre 1609 al marzo 1614; putto soprano, nel febbraio di quest’ultimo anno impersonò Clio ed Eternità nel «festino» epitalamico Amor pudico, rappresentato nel palazzo della Cancelleria per le nozze di Michele Peretti e Anna Maria Cesi. Ai primi d’aprile il padre venne imprigionato per averlo ritirato dal collegio senza preavviso.
Anche il fratello Lorenzo, correntemente detto Lorenzino, fu cantore: contralto non castrato, dal 1619 al 1626 operò nella cappella pontificia, indi nella cappella Borghese in S. Maria Maggiore, nel Collegio germanico, in S. Luigi dei Francesi; salariato del cardinal Antonio Barberini, cantò in spettacoli musicali allestiti a Roma e a Firenze. Nel 1618 due sue composizioni comparvero tra i Motetti [...] fatti da diversi musici servitori del [...] duca di Mantova (edizione moderna a cura di L. Mari, Lucca 2016, pp. 10-12, 26-28).
In una sua lettera a Romano Micheli, da Vienna il 2 novembre 1641, Sances si gloriava «di essere stato suo discepolo» (Roma, Biblioteca Angelica, Ms. 500, cc. 93r-94v): ciò può essere avvenuto non già a Roma, dove Micheli non ebbe cariche importanti sino al secondo decennio del secolo, bensì a Venezia, dove Micheli, dal 1614 a un’epoca imprecisata (forse sino al 1621), fu insegnante di canto di alcuni scelti fanciulli cantori. A fine 1618 Sances era a Padova, di dove scriveva al rettore del Collegio germanico, affermando di essere in viaggio al seguito di un padrone non nominato. Risalgono forse a quest’epoca i primi contatti con il marchese Pio Enea II Obizzi, nobile padovano e ferrarese, al quale molti anni dopo, il 1° agosto 1633, Sances dedicò il suo secondo libro di Cantade (in due parti, a voce sola e a due voci; facsimile della parte II in Italian secular songs 1606-1636, a cura di G. Tomlinson, VII, New York 1986, pp. 107-175; edizione moderna di singoli brani in Whenham, 1982, II, pp. 363-374, 438-447, e in Leopold, 1995, II, pp. 105-122). Obizzi gli affidò la composizione delle musiche della sua Ermiona, allestita a Padova nell’aprile 1636: di questa «introduzione d’un torneo a piedi e a cavallo e d’un balletto» rimane il libretto con la descrizione di Nicolò Enea Bartolini (Padova 1638); Sances, che tenne la parte principale (Cadmo), vi è detto «uomo nella voce e nella maestria singolare». Nello stesso anno, il 1° novembre 1636, Sances dedicò il Quarto libro delle Cantate et arie a 1, 2 e 3 voci al conte Odoardo Pepoli, bolognese, che aveva assistito all’Ermiona e ch’egli aveva frequentato «sino colà tra le delitie del Cataio», l’edificio monumentale ai piedi dei Colli Euganei, storico luogo di delizie della famiglia Obizzi.
Il torneo padovano puntava a esaltare le virtù cavalleresche di Obizzi e della nobiltà locale, ma ai rettori veneziani della città venne riservato un posto d’onore nei palchi del teatro provvisorio eretto in Prato della Valle. Già dal 16 aprile 1626, del resto, «Felizze Sonzi tenor» era tra i membri effettivi della cappella ducale marciana guidata da Claudio Monteverdi. Nel 1633 Enzo Bentivoglio raccomandò il musicista romano a Carlo I duca di Mantova come insegnante di alcune cantanti da lui protette, descrivendone la figura, le abilità musicali e le occupazioni: stabilmente impiegato nella cappella ducale di S. Marco a Venezia, circa trentenne, cantore squisito, si accompagnava sul chitarrone e al clavicembalo, e ricavava la più gran parte dei suoi guadagni dall’insegnamento, attività che Bentivoglio stimò potesse rendergli dai 500 ai 600 ducati annui; somma davvero ragguardevole anche se rapportata a quelle che decenni dopo ottenevano insegnanti di nome come Francesco Cavalli o il collega-competitore di questi, Massimiliano Neri (Sances continuò poi l’attività d’insegnante, con alterne vicende, anche dopo che si fu stabilito alla corte imperiale). Ancora a distanza di molti anni, i Vezzi d’Erato del nobile Leonardo Quirini (Venezia 1649, 2a edizione 1653, p. 83) esaltavano le virtù canore e il fascino personale del giovane Sances.
Negli anni seguenti Sances ebbe consistenti aumenti retributivi nella sua posizione di cantore della cappella ducale. Un documento di molto successivo ne ricorda l’aiuto fornito al maestro e vicemaestro della cappella nel coordinare le forze esecutive per le esecuzioni musicali più complesse. Ma certo dovette anche constatare la difficoltà di assurgere ai gradini successivi nella gerarchia interna della cappella.
È probabile che Sances abbia sfruttato le proprie aderenze con la nobiltà imperiale residente tra Padova, Ferrara e Bologna, profondamente legata all’impero asburgico, per introdursi alla corte viennese, dove entrò come tenore al più tardi a fine 1636. L’ammissione di Sances nell’organico della cappella imperiale a Vienna avvenne in concomitanza con la Dieta imperiale di Ratisbona, celebrata nel dicembre del 1636 per eleggere il re dei Romani, ossia il successore designato dell’imperatore regnante, il futuro Ferdinando III. Sances potrebbe essere stato il latore di composizioni monteverdiane recentissime destinate alla corte imperiale, in particolare l’Introdutione al ballo che, celebrando il «Re novo del Romano impero», fu poi incluso nell’ottavo libro dei Madrigali, guerrieri et amorosi, dedicato da Monteverdi appunto a Ferdinando III nel 1638.
Poco tempo dopo l’ammissione nella cappella già ricevette i primi, notevoli segni della benevolenza dell’augusto padrone, sotto forma di successivi e consistenti aumenti di stipendio. Anche da Vienna Sances mantenne però qualche legame con gli antichi committenti veneziani, in particolare con Niccolò Sagredo, ambasciatore veneto presso l’imperatore, al quale nel 1649 dedicò i Capricci poetici a 1, 2 e 3 voci, pubblicati a Venezia (nella lettera dedicatoria ricorda «quell’antica servitù ch’in Venetia già molti anni sono le consecrai»). Assunto nella cappella imperiale viennese dapprima come semplice cantore, il 1° ottobre 1649 fu eletto vicemaestro; alla morte del maestro di cappella Antonio Bertali, il 23 aprile 1669 gli succedette; e pochi mesi dopo fu elevato alla nobiltà imperiale. Nel 1642 aveva sposato Anna Barbara Ludwig, dalla quale ebbe almeno 12 figli: ne istruì alcuni nel canto, ricevendo perciò alcune remunerazioni dalla corte. Adamo Felice Sances fu arruolato tra i bassi di cappella dal 1667 fino alla morte (3 settembre 1711); a Francesco Lorenzo, Ferdinando Carlo, Giovanni Vito, Gioseffo e Ignazio Leopoldo venne concesso un salario mensile.
Già nel 1667 la salute del vecchio Sances vacillava; almeno dal 1675 risultava ormai inabile a svolgere gran parte delle sue mansioni, demandate al vicemaestro Johann Heinrich Schmelzer. L’imperatore melomane, Leopoldo I (1658-1705), ne tenne però sempre in gran conto l’operato, e quando nel 1677 fu palese che il vicemaestro si sarebbe dovuto accollare anche certi compiti minori, raccomandò che ciò fosse fatto in modo che «il buon vecchio Felice» non se ne sentisse «troppo sconsolato» (Knaus, 1967-1969, II, p. 38).
Morì a Vienna e il 12 novembre 1679 fu sepolto in S. Agostino, chiesa parrocchiale della corte. La moglie era deceduta nel 1661.
Sances affidò agli editori veneziani la stampa di tredici opere, sei di musiche da camera e sette da chiesa. A un primo libro di Arie musiche a 1 e 2 voci, perduto (1621; Vanhulst, 1996, pp. 35, 65), ne seguirono altri 3 di Cantate ed arie «commode da cantarsi sopra tiorba, clavicembalo, arpa o altro simile instrumento», con l’aggiunta della notazione alfabetica per la chitarra alla spagnola: oltre il secondo e il quarto, già citati (1633, 1636), ce ne fu un terzo a voce sola nel 1635, perduto (cfr. ibid., pp. 33, 63; Krummel, 1980). Nel periodo viennese si aggiunsero i citati Capricci poetici e infine il primo libro di Trattenimenti musicali a 2, 3, 4 e 5 voci, op. VI da camera, dedicato a Ferdinando III nel 1657. Un paio di canzonette sono incluse nelle Arie de diversi raccolte da Alessandro Vincenti (Venezia 1634); una manciata di brani, tra cui due inediti, è in manoscritti di provenienza viennese nella Landesbibliothek und Murhardsche Bibliothek di Kassel.
Accanto ad alcune liriche di Giambattista Marino e a qualche repêchage da Battista Guarini (una drammatizzazione di Tirsi morir volea nel libro II, parte II) o da Ottavio Rinuccini, i testi poetici, adespoti, sono in prevalenza assai brevi – canzonette e ariette strofiche – e per carattere e tecnica si possono assimilare a quelli offerti dalle coeve collettanee veneziane di «ariette a voce sola», spesso con l’accompagnamento accordale della chitarra spagnola, notato mediante stenografia alfabetica (l’«alfabetto per la chitarra» è delucidato in apertura del libro IV). Non mancano tuttavia, e sono dichiarate fin dal titolo, le «cantate», ossia ampie composizioni che combinano stile recitativo e arie. Spesso queste ultime sono condotte su bassi ostinati moderni come la Ciaccona e la Passacaglia, di cui Sances offre esempi precocissimi: per ambo i tipi si vedano, nel libro II, parte I, Accenti queruli («cantata sopra la ciaccona») e il monologo Usurpator tiranno («cantada sopra il passacaglie»), un’aria-lamento sul tetracordo discendente (la-sol-fa-mi); entrambi sfociano in un breve segmento recitativo. Ma questa procedura trova applicazione anche nella sfera della musica da chiesa: prova ne sia il Pianto della Madonna, ossia lo Stabat mater, che conclude i Motetti a voce sola (1638), un’ampia cantata basata in larga parte sul tetracordo discendente cromatico, con alcuni versetti in recitativo.
I libri di musica da chiesa risalgono tutti agli anni di Vienna. Uscirono tre libri di Motetti: a 1-4 voci, dedicato all’imperatore (1638; edizione moderna a cura di S. Saunders, Middleton, Wis., 2003, con importante introduzione biografica); a voce sola, dedicato all’imperatrice madre, Eleonora Gonzaga (1638; edizione facsimile in Solo motets from the seventeenth century, 8, 1, Rome, a cura di A. Schnoebelen, New York 1988); a 2-5 voci, op. IV ecclesiastica, dedicato a Vilém Slavata, gran cancelliere del regno di Boemia (1642; edizione moderna a cura di A.H. Weaver, Middleton, Wis., 2008). Indi due libri di antifone e litanie mariane: a 2-8 voci, dedicato all’imperatrice Maria d’Austria (1640); e a voce sola, dedicato ad Anton Spindler von Hofegg, antistite nella Schottenkirche, l’abbazia degli Scozzesi a Vienna (1648). Infine due di salmi: a otto voci concertati, dedicati a Leopoldo Guglielmo, arciduca d’Austria (1643); e a 4 voci concertate, dedicati all’erede imperiale, Ferdinando IV re di Boemia (1647). Alcuni mottetti vennero ristampati in florilegi pubblicati a Lipsia (1641, 1649). Il Teatro musicale de concerti ecclesiastici... (1649), una collettanea promossa dall’editore milanese Giorgio Rolla, offrì due mottetti inediti, Miserere servorum tuorum ed Excita furorem et memento belli; quest’ultimo, su una parafrasi di passi biblici compilata dall’imperatore in persona, invoca l’ira divina contro gli avversari della casa d’Austria (doveva dunque risalire a prima della fine della guerra dei Trent’anni; edizione moderna a cura di G. Morche, 2012, http://hz. imslp.info/files/imglnks/usimg/4/40/IMSLP346143-PMLP558896-Sances-1.pdf; 11 agosto 2017). L’inventario dell’archivio musicale di corte (Vienna, Biblioteca nazionale, Mus. Hs. 2451, cc. [42r]-79v) offre una distinta delle composizioni di Sances. Le tante partiture manoscritte per il servizio della cappella imperiale, di cui nel Settecento Johann Joseph Fux vantava l’ingente quantità (cfr. L. Ritter von Köchel, Johann Josef Fux Hofcompositor und Hofkapellmeister..., Wien 1872, pp. 232, 377), sono andate disperse. Ma delle copie che ne furono tratte restano nuclei importanti nella Biblioteca nazionale austriaca e nell’archivio arcivescovile di Olomouc (oggi a Kroměříž).
Senza dubbio a Venezia, in S. Marco, Sances aveva praticato la policoralità come cantore, e forse come compositore. Nei Salmi a 8 voci concertati, con la comodità de suoi ripieni per chi li desiderasse (1643) Sances adotta una pratica corrente: data una scrittura polifonica per così dire neutra, indica semplicemente con una lettera sovrapposta (rispettivamente S e R per ‘soli’ e ‘ripieni’) la possibilità di raddoppiare con altre voci, ovvero con strumenti, le sole otto parti a stampa. Nelle composizioni sacre policorali che Sances andava alacremente scrivendo per la cappella imperiale, invece, agli strumenti sono affidate parti ben differenziate, notate su un rigo proprio nelle partiture manoscritte (un esempio: la Missa sanctae Mariae Magdalenae, a cura di D. Hauser - S. Saunders, 2003, www. ssccm-wlscm.org/main-catalogue/browse-by-composer/33-wlscm-no-2; 11 agosto 2017). L’esecuzione di composizioni così fastose era, anche nella cappella imperiale, riservata alle cerimonie solenni (cfr., per esempio, Die Diarien und Tagzettel des Kardinals Ernst Adalbert von Harrach (1598-1667), III, a cura di K. Keller - A. Catalano, Wien 2010, p. 336, 29 settembre 1649, ‘S. Michele, Vienna’). Queste composizioni, espressamente concepite per la cappella imperiale, erano considerate patrimonio della corte; perciò, oltre che per gli altissimi costi di stampa e le scarse possibilità di smercio, nessuna di esse venne stampata.
Sances ha composto relativamente poco per le scene. Le musiche drammatiche superstiti – opere, ma anche intermedi, ‘sepolcri’ (ossia oratori per la settimana santa) e altri lavori su testi devoti – esibiscono caratteristiche analoghe alle opere prodotte per i teatri di Venezia nel settimo e ottavo decennio (Antonio Sartorio, Pietro Andrea Ziani ecc.). La suddivisione in arie e recitativi è piuttosto netta, ma non mancano rapidi scambi dialogici (anche tra quattro e più interlocutori). Dell’opera epitalamica I trionfi d’Amore, «dramma imperfetta», composta per un allestimento a Linz nel 1648 poi cancellato per lutto, e dell’«operetta in musica» La Roselmina fatta canora (libretto di Aurelio Amalteo; Vienna, febbraio 1662), rimane il solo testo. Di tre spettacoli viennesi – Mercurio esploratore (Amalteo), intermezzi musicali per La Marienne di Giacinto Andrea Cicognini (21 febbraio 1662); Apollo deluso (Antonio Draghi), atto II composto da Leopoldo I (9 giugno 1669); Aristomene Messenio (Nicolò Minato), parte dell’atto II composto da Leopoldo (20 dicembre 1670) – rimangono le partiture nella Biblioteca nazionale austriaca. Da annotazioni presenti in queste fonti risulta una ricca partecipazione di strumentisti della cappella imperiale (Cornetti muti, Sonata di fagotti, Giuda con tromboni), ma le parti relative mancano.
Marginale fu la produzione strumentale di Sances: in tutto cinque brevi sonate da eseguire ad apertura degli atti dell’Orontea di Filippo Vismarri (Carnevale 1660).
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