Achillini, Giovanni Filoteo
, Nel poema didascalico Il Fidele, il letterato bolognese (1466-1538) immagina di essere istruito su vari argomenti in una visione in cui gli è guida la Fede e lo assistono coi loro interventi D., il Petrarca e G. Guinizzelli. A parte le ovvie reminiscenze dantesche nell'impostazione del poema, la presenza di quest'ultimo non è solo un omaggio al concittadino, ma risponde a una tesi cara all'A. e accennata nello stesso poema al primo incontro con D.; questi confessa vagamente di aver derivato da " l'alte fatiche " del Guinizzelli il suo Convivio, al che l'A. risponde di aver veduto " i primi titoli e rubriche " del trattato in un manoscritto incluso in altri del Guinizzelli, e lo accusa di " leggiadri furti ". Questa tesi è svolta più ampiamente nelle Annotazioni della volgar lingua, dialogo pubblicato nel 1536 per giustificarsi di aver usato nel Fidele una lingua non schiettamente toscana. Il cavaliere Achille Bocchio, che espone le idee dell'autore, asserisce che D. si appropriò di molte cose del Guinizzelli, e tra l'altro del Convivio che avrebbe " tutto integro usurpato ", mutandone il titolo originario (" Il Consesso ").
Fondamento della tesi sarebbero stati certi manoscritti di opere guinizzelliane che l'A. aveva prestato al card. Bibbiena e che per la morte di questi non gli erano stati più restituiti. Qui l'A. adduce solo Pg XXVI 94-117 quale criptografica confessione dei furti, cessati con la composizione dell'Inferno (" né per lo foco [dell'inferno] in là più m'appressai "). La mancanza di qualsiasi documento o di altra testimonianza che non sia quella dell'A., basta da sola a infirmare siffatta opinione, per tacere degli argomenti interni ed esterni che comprovano l'autenticità integrale del trattato.
Le Annotazioni sembrano ignorare la versione trissiniana del De vulgari Eloquentia che pure avrebbe portato argomenti a favore della lingua ‛ comune ', anziché strettamente toscana, sostenuta dall'autore, nonché alle lodi del bolognese; ma la Commedia è difesa in più luoghi contro i suoi detrattori linguistici, come esempio di scostamento dal fiorentino stretto verso una lingua ‛ comune ' e forme più fedeli al latino.
Bibl. - G.F.A., Annotazioni della volgar lingua, Bologna 1536. Del poema Il Fidele è scomparsa l'unica edizione che, secondo un'indicazione di G. Fantuzzi (Notizie degli scrittori bolognesi, Bologna 1781, 164), sarebbe uscita nel 1523 (ma nella dedica delle Annotazioni a Ercole II già duca di Ferrara, e quindi posteriore all'ott. del 1534, l'A. asserisce d'aver finalmente compiuto il poema e averlo mostrato ad alcuni " prima che fuora l'abbia donato in luce ", donde gli appunti linguistici da cui intende difenderlo con le Annotazioni, " fatte precursori " del Fidele; sicché il poema risulterebbe posteriore a quella data). Ne esiste tuttavia il ms. autografo nella Biblioteca Universitaria di Bologna, e larghi brani, tra i quali i pertinenti a D., furono pubblicati da C. Del Balzo, in Poesie di mille autori intorno a D.A., IV, Roma 1893, 476-604. Per notizie generali cfr. T. Basini, in Dizion. biogr. degli Ital. I (1960) 148-149. Circa la tesi sul Convivio, v. L. FRATI, D. accusato di plagio, in " Nuova Antol. " s. 7, CCXLVIII (1926) 357-359.