FLECHIA, Giovanni
Sanscritista e glottologo; nato a Piverone (Ivrea) il 6 settembre 1811, morto ivi il 3 luglio 1892. Nel 1848 fu nominato bibliotecario-archivista del senato, nel 1853 ebbe presso l'università di Torino l'incarico per un corso di sanscrito, preparatorio a quello di G. Gorresio, nel 1860 fu nominato dal Mamiani titolare di quella cattedra che prese poi il nome di storia comparata delle lingue classiche e neolatine. Lasciata la cattedra nel 1890, nel 1891 fu nominato senatore.
Tra le sue poesie giovanili abbondano le versioni dall'inglese, cui seguirono presto quelle dal sanscrito. Ma egli contribuì alla diffusione della indologia soprattutto come linguista, dando all'Italia, per incarico del governo, la prima grammatica sanscrita (Torino 1856). Presto l'attrasse la linguistica comparata dove, dopo alcuni lavori di latino e di celtico (riconobbe come gallica l'iscrizione di Briona: Riv. contemporanea, XXXVIII, 1864, pp. 231-57) che mostrano come tra i primissimi in Italia avesse assimilato il metodo comparatistico, egli si volse tutto a problemi di etimologia italiana e romanza. Qui non solo, compagno dell'Ascoli, combatté l'empirismo contrapponendogli il metodo della scuola nuova, e riconducendo l'indagine romanza di preferenza alla sua naturale sorgente, il latino (Spigolature etim., in Arch. glottol. ital., II, 1873, pp. 1-58, 317-84; III, pp. 121-76; Dell'origine della voce sarda Nuraghe, in Atti Acc. Torino, VII, 1872), ma soprattutto portò nella ricerca personalissime doti di acuta semplicità, d'intuito linguistico, di speciale sensibilità al lato morfologico dei problemi, nonché la sua fine mentalità di filologo. Dall'etimologia passò facilmente all'onomastica e toponomastica dove fu sistematore geniale, in quanto trattò i problemi per masse, sia che tracciasse le caratteristiche dei cognomi italiani (Mem. Acc. Lincei, s. 3ª, II, 1877, pp. 609-21) sia che rilevasse toponimi derivati da gentilizî latini (Atti Acc. Torino, X, 1874, pp. 79-134), o da nomi di piante (ibid., XV, 1880, pp. 821-42), sia che studiasse suffissi derivativi (Di alcune forme dei nomi locali dell'Italia superiore, in Mem. Acc. Torino, s. 2ª, XXVIII, 1871, pp. 275-373) riconoscendo per primo la natura suffissale e l'origine gallica della terminazione in -iacum, e rivendicando al ligure antico la terminazione in -asco. Con numerose osservazioni lessicali ed etimologiche, riguardanti specialmente voci dialettali toscane, e col fornire su testi la prima descrizione scientifica del genovese antico (Arch. glottol. ital., II, p. 397; VIII, pp. 317-406; X, pp. 141-66), egli concepì la dialettologia soprattutto come contributo alla storia della lingua italiana; prevale invece un interesse immediato là ove egli attese alla descrizione del dialetto nativo. L'opera sua apparve frammentaria ai contemporanei, e piccola parte solo della preparazione e delle meditazioni di uno studioso modesto; ma è idealmente una nell'armonia di un pensiero dove l'inquieta curiosità di un erudito, e quasi di un artista, si contempera con una limpidezza sistematica che bene si adagiava nel rigore formale, allora necessario alla disciplina.
Bibl.: Sulla vita: D. Pezzi, La vita scientifica di G. F., in Mem. Acc. Torino, s. 2ª, XLIII (1892), p. 22; N. N., in Romania, XXI, p. 471; G. I. Ascoli, in Arch. glottol. it., II, pp. 395-96; XII, pp. iii-v; Lettere inedite di Graziadio Ascoli e di Ruggero Bonghi a G. F. [Schio 1907].
Per gli scritti, cfr. D. Pezzi, op. cit. Dopo il 1892, in gran parte a cura del nipote Giuseppe, Meghadūta o la Nube messaggera, in Bibl. d. Studi ital. di Filo. indo-iranica, Firenze 1877-99; Poesie giovanili inedite, Torino 1901; Un apologo indiano tradotto da G. F., in Atti Acc. Torino, XXXVII; Note lessicali ed onomatologiche, in Studj di filol. romanza, IX, pp. 693-706; Calenzuolo, lembrugiare, ecc., in Arch. glottologico it., XV, pp. 389-394; Atone finali determinate dalla tonica nel dialetto piveronese, ibid., XIV, pp. 111-136; Lessico piveronese, ibid., XVIII, pp. 276-327.