FONDULI (De Fondulis, De Fondutis, Fondulo, Fondullus, Fondolin), Giovanni
Nacque a Crema per sua stessa dichiarazione, "Ego Joannes Fondulus de Chrema sculptor" (Sartori, 1976), intorno al secondo decennio del sec. XV, da Fondulino discendente da nobile famiglia originaria di Soncino.
Il Liber expensarum fabricae del convento di S. Agostino di Crema registra la presenza del padre tra il 1440e il 1449, per la fattura di due calici d'argento, alcune statuette ed una ancona lignea intagliata per l'altar maggiore della chiesa (Temi de Gregory, 1950).
Pur nominato per lo più come faber, Fondulino gestiva una bottega polivalente, dove è probabile che il F. abbia compiuto l'apprendistato con altri familiari, come quel Bartolomeo de Fonduli, figlio di Fondulino, che compare nelle carte vicentine a partire dal 1471 quale titolare di una bottega di argentieri (Zorzi, 1961). Il F. risulta essersi trasferito a Padova prima del 1468 (Moschetti, 1927), abitante in "contrata Plateae", ammogliato con Clara, figlia di Samaritana, a sua volta moglie di uno Zurla di Crema. Si ignora se a Padova si fosse trasferito anche Fondulino che i documenti danno per deceduto prima del 1481.
La coincidenza cronologica del trasferimento del F. a Padova e di Bartolomeo a Vicenza, così come la dimora in Padova e in Vicenza di altri cremaschi, come gli Zurla e i Bonsignori (Zorzi, 1961), alimenta il sospetto che, data l'ascendenza ghibellina di queste nobili famiglie, essi fossero tra quei centoventuno cittadini cremaschi banditi dal provveditore A. Dandolo nel 1452per compiacere la fazione guelfa e confinati nel Veneto.
La prima opera del F. resa nota dai documenti è del 1469: lo scultore si impegna ad eseguire per Domenico di Monselice dell'Ordine agostiniano tre pale d'altare in terracotta e in pietra di Nanto, "una per lo altaro grande ... le altre do ... per li altari piccoli" (Sartori, 1989), per una chiesa in costruzione ad Este, entro il palazzo dei marchesi d'Este, pervenuta agli agostiniani per legato del marchese Taddeo. L'ornato previsto comprendeva una serie di figure, tra le quali il ritratto del marchese donatore, un Padreterno e un Cristo risorto entro le lunette, con le relative comici all'antica, vale a dire secondo il modulo rinascimentale ormai diffuso tra gli artisti della seconda generazione donatelliana. Il compenso pattuito al termine del lavoro era di 50 ducati d'oro.
Di tali opere, come di tutte le altre rese note dai documenti, non resta traccia, ma sicuramente esse servirono ad introdurre il F. nell'ambiente artistico padovano, tanto da essere in seguito richiesto per perizie e fideiussioni. Nel 1470 infatti, insieme con il pittore G. Maggi, fu incaricato della stima degli affreschi di P. Calzetta nella cappella di S. Giovanni in S. Maria dei Servi, stima per altro ricusata dal Calzetta che sosteneva essere il F. seppure buon maestro come scultore inadatto a giudicare un'opera di pittura per il fatto che non usava colorire da sé le figure modellate in terracotta (Rigoni, 1970).
L'anno successivo il F. si fece garante per i maestri lapicidi Zanino e Lazzaro, incaricati dai massari dell'Arca di scolpire la cortina marmorea intorno all'altare delle reliquie (Sartori, 1962). Se ne deduce che già a questa data egli non era estraneo all'ambiente artistico che ruotava intorno alla basilica del Santo, come attesterà di lì a qualche anno la sua partecipazione al concorso indetto dagli stessi massari per i bronzi del coro. Una serie di atti datati tra il 1471 e il 1482 (Sartori, 1989) danno notizia delle agiate condizioni economiche del F. e di alcuni particolari riguardanti la sua vita personale, come ad esempio una lite con l'orafo Gian Matteo. Particolare rilievo riveste un documento del marzo 1484 (Paoletti, 1893) che mette al corrente della partecipazione del F. al concorso indetto per le storie in bronzo del "choro de fuora" della basilica. Il modello da lui presentato veniva compensato con 25 ducati.
Interessante il fatto che il F. si trovò a gareggiare con gli affermati e quotatissimi Bertoldo e Bellano in un cantiere dove operavano i migliori artisti del tempo, e parimenti l'informazione che egli avesse continuato a praticare anche l'arte orafa appresa nella bottega paterna, tanto da essere in grado di concorrere per un'opera di prestigio destinata alla fabbrica più eminente della città. Da qui la ricerca di opere che potrebbero appartenergli tra i bronzetti padovani ancora anonimi o incertamente attribuiti: tra questi, in particolare, la Dea seduta della Wallace Collection (firmata "Jo. Cre."), raffigurante una giovane donna con il busto nudo posta su un piccolo trono ornato ai lati da due figure d'arpie, o le numerose placchette d'ispirazione classica siglate dalle iniziali "Jo. F.F." che si è tentato di sciogliere in "Johannes Fondulini Fondulus" (Terni de Gregory, 1950). L'ultima opera attestata dai documenti è la decorazione in cotto commissionata nel 1485 da A. Pesaro, non si sa per quale edificio di Padova. Il contratto allude a 20 teste da modellarsi in cotto (per un fregio?) e ad un gruppo di figure costituito dalla Vergine con il Bambino tra i ss. Rocco e Sebastiano.
Il 28 nov. 1485 il F. nominò suo procuratore il cugino Bartolomeo Fondulo, residente a Vicenza. La sua morte va quindi situata dopo tale data e prima del 1497, dal momento che in quest'anno lo scultore Antonio, figlio di Giacomo Antico, ricevendo la dote della moglie Caterina, la dichiara figlia del quondam G. F. da Crema (Zorzi, 1961).
Fonti e Bibl.: P. Paoletti, L'architettura e la scultura del Rinascimento in Venezia, Venezia 1893, pp. 271 s. n. 2; A. Moschetti, G. F. scultore, in Boll. del Civ. Museo di Padova, 1927, 1-2, pp. 76-79; Id., Il Museo civ. di Padova, Padova 1938, p. 120 n. 1; W. Terni de Gregory, Non "De Fondutis". I Fonduli, dinastia di scultori cremaschi, in Arch stor. lombardo, LXXVI (1949), pp. 238-240; Ead., Giovanni da Crema... (1950), in Scritti minori, a cura di M. Verga Bandirali, Crema 1964, p. 37; G.G. Zorzi, Notizie vicentine di artisti cremaschi..., in Arte lombarda. VI (1961), 1, p. 111; A. Sartori, L'armadio delle reliquie della sacrestia del Santo e Bartolomeo Bellano, in Il Santo, gennaio-aprile 1962, p. 32; E. Rigoni, L'arte rinascimentale in Padova, Padova 1970, pp. 25 s., 36 s.; A. Sartori, Documenti per la storia dell'arte a Padova, a cura di C. Fillarini, Padova 1976, pp. 99, 527; M. Panzeri, La famiglia dei Fondulo artisti cremaschi, in Quaderni cremaschi, II (1981), pp. 19-23; A. Sartori, Documenti di storia e arte francescana, I, Padova 1983, p. 284; IV, ibid. 1989, pp. 140, 189, 242, 355; U. Tlierne - F. Becker, Künstlerlexikon, VIII, p. 79.