FORMENTI, Giovanni
Nacque a Venezia nel 1514 da Antonio, di antica famiglia cittadina tradizionalmente dedita al notariato o all'impiego nella burocrazia statale e ricevette una compiuta educazione umanistica.
Entrato nella Cancelleria ducale, dopo l'abituale tirocinio fu per tre anni a Milano, dall'ottobre 1553, in qualità di residente, col compito precipuo di seguire le mosse delle truppe comandate dal duca di Alba, come testimoniano alcuni dispacci inviati al Consiglio dei dieci nel luglio del 1555 da Torino, dov'era accampato l'esercito cesareo impegnato contro i Francesi, e, in settembre, da Cuneo.
Nella circostanza il F. risulta accreditato - sia pure per brevissimo tempo - come inviato presso l'imperatore: non si trattò tuttavia di un incarico che comportasse particolari difficoltà, dal momento che Venezia non era impegnata nel conflitto, e infatti il F. trovò modo, nelle pieghe delle sue incombenze, di aiutare il fratello di Paolo Manuzio, Antonio, a sbrigare taluni affari a Milano, coltivando così un'amicizia che sarebbe durata tutta una vita.
Certamente più spinosa risultò la duplice missione che il F. sostenne, di lì a qualche anno, presso la S. Sede.
All'inizio del settembre 1560, con gesto clamoroso e imprevisto, Pio IV aveva infatti nominato vescovo di Verona l'allora ambasciatore veneziano a Roma, M. Da Mula, provocando la reazione della Repubblica, le cui leggi vietavano ai propri rappresentanti di ricevere benefici dalle corti presso le quali erano accreditati. Il 21 settembre, dunque, il Senato deliberò l'immediato rimpatrio del Da Mula e la sua temporanea sostituzione con il F.; senonché, di fronte alle giustificazioni addotte dal papa, ogni provvedimento - da una parte e dall'altra - venne revocato, e il F. poté tornare a Venezia praticamente senza aver dato inizio alla missione.
In realtà questa risultò solamente differita: qualche mese più tardi, il 26 febbr. 1561, Pio IV, con intempestiva pervicacia, creava addirittura cardinale il Da Mula, che stavolta accettò - sia pure con decisione sofferta - l'onore accordatogli. Alla metà di marzo il F. era già a Roma, con l'incarico di sollecitare il pontefice per la nomina a cardinale del patriarca di Aquileia, G. Grimani, accusato di eresia dal tribunale dell'Inquisizione, ignorando invece del tutto il Da Mula, considerato dal governo veneto alla stregua di un traditore. Nonostante l'impegno esibito dal papa, la questione si trascinò per anni, mentre il F. rientrò a Venezia alla fine di maggio, dopo l'arrivo del nuovo ambasciatore, G. Soranzo.
Secondo l'annalista A. Morosini, tra il 18 ott. e il 23 nov. 1562, il F. fu inviato presso l'imperatore Ferdinando per dirimere annose questioni confinarie che a Grado, in Friuli, suscitavano contrasti tra sudditi veneti e imperiali. Appunto per definire taluni risvolti dell'accordo era a Gorizia nell'agosto dell'anno seguente: quindi, il 13 luglio 1564, ricevette la commissione di recarsi in Polesine per prendere formalmente possesso in nome della Signoria di alcuni villaggi ceduti dagli Estensi (e analogo incarico espletò alla fine di marzo del 1569). Nel gennaio del 1565 tornò a Roma nel tentativo di ottenere finalmente la porpora cardinalizia per il Grimani; ma a marzo ancora una volta dovette rimpatriare senza aver nulla concluso.
Fu di nuovo in Austria nel maggio 1569, per invitare ufficialmente l'arciduca Carlo a Venezia; ma ben presto lo scoppio della guerra di Cipro aprì una nuova fase di attività del F.: nell'imminenza dell'aggressione turca, nel febbraio 1570, il Senato infatti lo inviò a Ferrara con l'intento di comporre le vertenze che opponevano quel duca alla S. Sede e facilitare l'appoggio della Cristianità alla Repubblica. Quindi, un anno più tardi, venne mandato direttamente a Roma per ottenere dal papa il permesso di reclutare soldati tra i suoi sudditi (in realtà nella speranza di coinvolgere ulteriormente lo Stato pontificio nel conflitto). Espletata con buon esito la missione, in riconoscimento dei tanti incarichi fedelmente assolti, il 31 ag. 1573 il F. passò dalle dipendenze del Senato a quelle del Consiglio dei dieci, col titolo di segretario. Due anni dopo (21 febbr. 1575) sfiorò l'elezione a cancellier grande, che riuscì invece a conseguire l'8 genn. 1581, prevalendo su un concorrente prestigioso come A. Milledonne.
Di lì a qualche mese organizzò l'accoglienza a Venezia di un'ambasceria giapponese proveniente da Roma, ma la sua successiva attività fu sempre più condizionata e limitata dalla malferma salute; alla fine di dicembre del 1585, Aldo Manuzio il Giovane gli inviava da Bologna una lettera ricca d'affetto e di stima: è l'ultima testimonianza che possediamo sul F., il quale si spense, nella contrada di S. Geminiano, il 17 genn. 1587.
Tre giorni dopo fu sepolto nella chiesa di S. Stefano, dove una lapide ne ricorda tuttora il nome, alla presenza del doge P. Cicogna e della Signoria.
Fonti e Bibl.: Venezia, Bibl. del Civico Museo Correr, Cod. Cicogna, 1701: Pregi e fregi dei veneti gran cancellieri, pp. 141-144; Ibid., Mss. P.D.: G. Tassini, Cittadini veneziani, II, p. 228; ibid., 244b: Magni cancellarii Venetiarum, cc. 11v-12r; Arch. di Stato di Venezia, Dieci savi alle Decime. Redecima del 1582, b. 157 bis, n. 409; Ibid., Provveditori alla Sanità. Necrologi, reg. 818, ad diem. Sugli incarichi espletati in Lombardia e Piemonte nel 1553-55: Ibid., Senato, Deliberazioni, Secreta, reg. 69, c. 150rv; Capi del Consiglio dei dieci. Lettere di ambasciatori, b. 16, nn. 203-210; Senato, Dispacci, Germania, f. †, nn. 20 s.; Sulla successiva legazione all'imperatore Ferdinando: Ibid., Senato, Deliberazioni, Secreta, reg. 73, cc. 28rv, 31r, 112rv (il Rubricario Germania, b. B. I, è purtroppo inconsultabile); per la commissione relativa all'arciduca Carlo (7 maggio 1569): ibid., reg. 76, c. 80v; per gli incarichi presso la S. Sede: Ibid., Capi del Consiglio dei dieci. Lettere di ambasciatori, b. 24, nn. 128 s.; Senato, Terra, reg. 43, c. 15v; Venezia, Bibl. del Civico Museo Correr, Cod. Cicogna, 1539/V: Scrittura di Andrea Memmo Kr.… intorno alle cose di Roma, pp. 400 ss.; ibid., 3477/42-46; Nunziature di Venezia, IX, a cura di A. Stella, Roma 1972, pp. 222, 390 s., 447 s. Cfr. inoltre: Lettere di XIII huomini illustri…, Venetia 1584, p. 120; Lettere volgari di Aldo Manucci…, Roma 1592, pp. 19 s.; I libri commemoriali della Repubblica di Venezia. Regesti, a cura di R. Predelli, VI, Venezia 1903, pp. 304, 308 ss., 318 s.; F. Sansovino, Venetia città nobilissima et singolare…, Venetia 1663, pp. 323, 619; A. Morosini, Historia veneta, in Degl'istorici delle cose veneziane…, VI, Venezia 1719, pp. 163 s., 204, 357; E.A. Cicogna, Delle inscrizioni veneziane, VI, Venezia 1853, pp. 613 ss., 714, 737 s., 740; L. Carcereri, G. Grimani patriarca d'Aquileia…, Roma 1907, pp. 18, 21 ss., 25 s., 28 ss.; G. Tassini, Curiosità veneziane, Venezia 1933, p. 275; E. Pastorello, L'epistolario manuziano. Inventario cronologico-analitico 1483-1597, Firenze 1957, pp. 54, 147, 175, 258; P. Paschini, Tre illustri prelati del Rinascimento: E. Barbaro, A. Castellesi, G. Grimani, Roma 1957, pp. 168 ss., 172; Relazioni di ambasciatori veneti al Senato, II, Germania, a cura di L. Firpo, Torino 1970, p. XXV.