APA, Giovanni Francesco (al secolo Carlo)
Nato a Napoli nel 1612 da Aniello, facitore di commedie e abile mestierante teatrale, entrò fra i chierici regolari delle Scuole pie nel 1627 col nome di Giovanni Francesco del Gesù. Un anno prima era entrato il fratello, Giuseppe di S. Nicolò, che morì nella lontana fondazione di Nikolsburg, in Germania. L'A. fece la professione solenne nel 1629, nelle mani del fondatore dell'Ordine, s. Giuseppe Calasanzio. Studiò alcuni anni a Roma, poi a Narni (1631-35), dove insegnò anche nella "prima", stimato dai superiori che pregarono ripetutamente il Calasanzio di prolungare il suo soggiorno. Nel 1635 passò, come semplice chierico nella Casa di Firenze, dove insegnavano i più illustri scolopi galileiani: i pp. Morelli, Michelini e Settimi. Insegnò qui nella prima scuola di grammatica e compose, a fini didattici, un De arte dicendi libri quinque, custodito manoscritto nella biblioteca della casa generalizia di S. Pantaleo.
Nel 1638 gli fu affidata la direzione di una scuola per giovinetti di famiglia nobile, detta Scuola dei nobili e anche Accademia degli Sviluppati: si realizzava così un disegno suggerito dal p. Castelli fin dal 1633, ma a lungo osteggiato dal Calasanzio, che aveva sempre mirato a realizzare nelle sue scuole la più completa parità fra gli allievi. Per l'insegnamento del latino l'A. elaborò un nuovo metodo cui diede subito applicazione. Nella corrispondenza di questo periodo (1638 e anni seguenti) fra l'A. e il Calasanzio, che seguì con attenzione l'esperimento, si discute di una nuova grammatica dell'A., di cui il Calasanzio auspica più volte la pubblicazione. Sembra che l'A. si fosse ispirato al metodo, pratico-mnemonico, di Gaspare Schoppe (Scioppius), metodo criticato e rifiutato nelle scuole gesuitiche, ancora legate all'insegnamento tradizionale del latino.
Nel 1641, in occasione di un viaggio a Napoli, l'A. formò quattro scolopi al suo metodo, ma dovette interrompere la sua opera perché richiamato a Firenze dal nuovo padre provinciale, Mario Sozzi. Gli scolopi, e particolarmente la Casa fiorentina, attraversavano allora un periodo burrascoso, per i contrasti con i gesuiti e per dissensi interni tra il gruppo di padri seguaci di Galileo e un altro gruplso, obbediente alle direttive del S. Uffizio, guidato dal p. Sozzi. L'A. mantenne, come pare, un atteggiamento cauto e conciliante, e nel 1643 riuscì finalmente ad ottenere l'imprimatur per la sua grammatica, I principi della lingua latina praticati in Firenze nell'Acc. degli Sviluppati, Roma 1643.
Nel 1646 ottenne di tornare a Napoli: dopo la sua partenza la scuola decadde sino a estinguersi. Insegnò nella Casa della Duchesca, dove erano più di 400 alunni.
Elaborò allora un'altra grammatica pratica, ad uso degli allievi, mentre la prima era piuttosto ad uso degli insegnanti: Teatro della Latinità, nel quale praticamente si tratta con ogni facilità della natura e costruzione dell'otto parti dell'Oratione latina, Napoli 1655. "Teatro", spiega l'A., in quanto come al teatro sono nascosti i trucchi e lo spettatore vede solo quello che interessa, così nell'opera il lettore trova solo regole pratiche, la cui ragione ultima deve ricercarsi nell'altro suo libro.
Imprigionato per tre mesi insieme con due confratelli dal cardinale Filomarino, sotto l'accusa di avere vestito novizi, contravvenendo al decreto papale di soppressione dell'Ordine, scrisse in carcere I sagri Trofei dei Fanciulli, per gli scolari della prima classe di leggere, che sembra sia stato stampato. Nel 1656 apparve a Napoli Il Fido Campione, opera drammatica in musica.
Morì nello stesso 1656 a Posillipo, dove si era rifugiato per sfuggire la peste che infieriva in città.
Fonti e Bibl.: Epistolario di San Giuseppe Calasanzio, a cura di L. Picanyol, Roma 1951, IV, pp. 204 s.; V, p. 149 e passim; N. Toppi, Biblioteca napoletana, Napoli 1678, p. 144; L. Picanyol, La Scuola dei Nobili... , in Rass. di storia e bibliografla scolopica, V (1939), pp. 3-28; Id., Le Scuole Pie e G. Galilei, ibid., XI-XII (1942), p. 155.