BRUNATI, Giovanni Francesco
Nacque il 5 genn. 1723 a Rovereto, nipote dell'abate Giovanni Battista Ruele, agente imperiale per gli affari religiosi e archivista dell'ambasciata imperiale presso la S. Sede. Studiò giurisprudenza a Innsbruck, Bologna, Padova e Roma e apprese perfettamente le lingue italiana, tedesca e francese. Dal 1746 coadiuvò lo zio nelle sue funzioni e appartenne al seguito dell'ambasciatore imperiale cardinale Alessandro Albani. Nel 1750 e 1751 il B. fu a Vienna, per chiedere alla corte di essere nominato successore dello zio.
Dopo la morte di questo nel giugno 1751 il B. assunse le funzioni di agente imperiale e archivista d'ambasciata a Roma e nel 1758 fu segretario dell'ambasciata straordinaria imperiale per il conclave. Come già suo zio, il B. si adoperò per ottenere l'unificazione degli uffici di agente e di spedizioniere. In ciò non era mosso solo da considerazioni finanziarie, ma dalla convinzione che tale riforma avrebbe accresciuto l'importanza di ambedue gli uffici, istituiti dalla corte imperiale nel 1714 (spedizione) e nel 1729 (agenzia). Due anni dopo la morte dello spedizioniere Matteo Ferravilla (1757), il cancelliere di Stato Wenzel Anton von Kaunitz si decise ad affidare al B. l'ufficio di regio spedizioniere (decr. del 12 marzo 1759).
Compito del B., in quanto agente, era condurre gli affari della corte di Vienna presso le autorità pontificie, sorvegliare l'osservanza del concordato e dei diritti di nomina e di patronato, controllare la distribuzione delle tasse e verificare i testi delle bolle, dei brevi e dei decreti, curando che non fossero lese le prerogative reali. Come spedizioniere competeva al B. il disbrigo di tutte le "materie regie" presso la Dataria, cioè tutti gli affari connessi con il diritto regio di nomina e patronato. Il B. non era competente per gli affari del clero ungherese; dal 1767 cessò anche la sua competenza per quelli di Lombardia, per i quali fu inviato un altro spedizioniere, l'abate Marcabruni.
Come il Kaunitz, il B. sostenne di fronte alla S. Sede la moderna ragion di Stato. All'epoca dell'ambasciata dell'Albani, di cui il Kaunitz diffidava in quanto cardinale e membro della Curia, il B. divenne il vero corrispondente e uomo di fiducia della corte di Vienna a Roma. Cosicché dopo che nel 1767 l'agenzia divenne l'ufficio centrale di tutte le relazioni con Roma, con la sola eccezione degli affari pertinenti al "forum internum", grazie alla collaborazione tra il Kaunitz e il B., essa si trasformò in un importante strumento della chiesa di Stato austriaca; l'agenzia conservò quest'importanza fino al concordato del 1855.
Ottimo conoscitore della situazione romana, il B. scrisse nel 1767 un'ampia Relazione della corte di Roma (Haus- Hof- und Staatsarchiv, Staatskanzlei,Roma Varia, fasc. 54, ff. 11-41) a informazione di Giuseppe II che doveva recarsi a Roma nel 1769. La Relazione è divisa in nove capitoli. In considerazione del particolare interesse dell'imperatore per l'esercito vi è annesso un Conto di spese delle forze militare di Sua Santità. Iltenore del rapporto è estremamente critico, ma anche obiettivo e senza accenti polemici. Nelle critiche circa l'esercizio del potere temporale del papa e le istituzioni amministrative dello Stato della Chiesa è rilevabile l'influenza del Montesquieu. Nel primo capitolo (Della potenza temporale del papa) ilB. elenca le province dello Stato della Chiesa, indicandone la popolazione (in totale due milioni); il papa è giudicato un sovrano assoluto, il cui potere sarebbe mitigato da leggi e bolle e dall'istituto del collegio cardinalizio, "un corpo intermediario". Nel secondo capitolo il B. tratta delle finanze, in particolare del sistema debitorio dello Stato. La durata relativamente breve del regno dei papi, il predominante interesse personale e la scarsa pratica delle persone responsabili impedirebbero l'istituzione di un "sistema", cioè di una pianificazione comprensiva e a lungo termine, e contribuirebbero notevolmente alla deteriore situazione finanziaria ed economica dello Stato della Chiesa. Nel terzo capitolo, sull'agricoltura, le manifatture e il commercio, appare ancora la considerazione che "la costituzione del governo porta radicalmente in se stessa la causa per cui non può fiorire". Il B. critica la ripartizione della proprietà terriera e imputa, coerentemente con le teorie del tempo, la situazione critica dell'economia anche alla scarsità della popolazione provocata dal celibato ecclesiastico. Il B. lamenta l'eccessivo numero dei giorni festivi che stimolano la pigrizia e provocano l'esportazione dei prodotti greggi che non possono venir lavorati nel paese. Il quarto e il quinto capitolo sono dedicati alle condizioni sociali ed all'amministrazione della giustizia a Roma, dando al B. lo spunto per criticare la grande quantità di frati, la questua e gli asili, la condanna alle galere e, non ultimo, a censurare le cattive condizioni igieniche delle strade romane. Il sesto capitolo tratta delle caratteristiche positive e negative dei Romani, della loro educazione e istruzione (Carattere de' Romani,loro educazione e studi). Egli loda gli sforzi compiuti da Clemente XIII per sradicare la superstizione, per mezzo dell'insegnamento intensivo del catechismo impartito non solo ai bambini ma anche agli adulti, e per elevare la religiosità del popolo; ma nota con rammarico che a Roma non vi sono cattedre di storia naturale, agricoltura, commercio, diritto pubblico e politica. Nel settimo capitolo (Della milizia dello stato ecclesiastico) ilB. scrive che l'esercito pontificio "non è destinato come altrove a render lo stato formidabile, e a procurare un'intiera sicurezza, ma a una mera pompa o al più, a mantener il buon ordine fra cittadini". Nel capitolo ottavo (Del papa considerato come capo di tutta la Chiesa cattolica) ilB. confronta i principî di Clemente XIII e del suo segretario di Stato Torrigiani, e il loro comportamento nei confronti degli Stati europei, con quelli che ispirarono la politica pontificia durante il pontificato di Benedetto XIV. La politica di Clemente sarebbe la politica del no, mentre Benedetto XIV si era guadagnata la stima dei principi facendo concessioni, con savia ponderatezza, laddove sapeva di essere comunque perdente. Nell'ultimo capitolo seguono ritratti caratteristici del pontefice e dei cardinali.
Oltre a questa relazione generale, sono da segnalare i rapporti stilati dal B. nel periodo cruciale del conflitto tra Giuseppe II e papa Pio VI.
Il B. morì a Roma il 6 genn. 1806.
Fonti e Bibl.: Vienna, Haus- Hof- und Staatsarchiv, Staatskanzlei-Rom,Berichte und Weisungen, 1751-1806;Ibid., Rom,Varia, fasc. 54;Ibid., Botschaftsarchiv Rom, V, Agentiearchiv, fasc. 18;Biblioteca Civica di Rovereto, Fondo Brunati; H. Schlitter, Die Reise des Papstes Pius VI. nach Wien, in Fontes Rerum Austriacarum,Diplomataria et acta, XLVII, 1, Wien 1892, pp. 4, 14, 15, 17, 33, 40, 41, 110-141; XLVII, 2, ibid. 1894, pp. 38, 51, 56, 57, 67, 72, 78, 142, 148; L. von Pastor, Storia dei papi, XVI, 1, Roma 1933, pp. 466, 1024, 1026; XVI, 2, ibid. 1933, pp. 75, 314, 414-416, 466-469; XVI, 3, ibid. 1934, pp. 4, 7, II, 27, 30, 62, 70, 91, 541; F. Maass, Der Josephinismus, I, Wien 1951, pp. 23, 48, 67 s., 109-112, 113 s., 119, 123, 168 s., 174, 237, 265; R. Blaas, Die k.k. Agentie für geistliche Angelegenheiten, in Mitteilungen des österreichischen Staatsarchivs, VII (1954), pp. 47-61; A.Wandruszka, Leopold II., II, Wien 1965, p. 16; G. Klingenstein, Rom und der Kirchenstaat im Jahre 1767. Der Bericht des k.k. Agenten G. F. B. für Kaiser Joseph II, in Quellen und Forsch. aus römischen Archiven und Bibliotheken, LI (1972), pp. 468-515.