BUONAMICI, Giovanni Francesco
Nacque a Prato nel 1592 da Piero di Bonamico e da Livia Camesecchi. Avviato dal padre allo studio delle leggi, si addottorò probabilmente a Pisa. In una lettera a Galileo Galilei del 1ºfebbr. 1630 si lamentò poi di essere stato costretto a "studiare diversamente dalla sua inclinazione" (Guasti, Opere, I, p. 277), che probabilmente era per le scienze naturali. Non intraprese comunque la professione forense, orientandosi invece subito verso la carriera diplomatica: era infatti assai giovane allorché seguì a Roma, con compiti di segretario, il marchese Cosimo Riccardi, ambasciatore granducale presso Paolo V, in una missione di cui s'ignora sia la data (ma dovrebbe potersi collocare intorno al 1620), sia lo scopo. A Roma dovette rimanere qualche tempo, mettendosi in luce presso quella corte, sia per le sue influenti parentele e relazioni toscane, sia per le sue qualità: secondo il contemporaneo Vannozzo di Francesco Buonamici, suo parente, egli conosceva infatti il latino, lo spagnolo, il tedesco ed il francese ed aveva una buona conoscenza delle principali questioni politiche e diplomatiche del tempo. Nel 1622 il nunzio pontificio Carafa, inviato a Vienna, lo scelse come proprio segretario. Alla corte imperiale il B. conobbe e sposò nel 1623 la pratese Alessandra Bocchineri, dama d'onore dell'imperatrice Eleonora Gonzaga. La protezione di quest'ultima valse al B. la carica di segretario dell'arciduca Carlo d'Asburgo, che egli seguì nello stesso 1623 alla corte spagnola. Morto l'arciduca durante questo soggiorno a Madrid, i servigi del B. presso Filippo IV furono richiesti dal duca di Neuburg: come agente di questo principe il B. si trattenne a Madrid sino al 1631.
Il Neuburg proponeva alla corte spagnola la propria candidatura al titolo di principe elettore, dal quale la Dieta imperiale aveva dichiarato decaduto Federico V del Palatinato in seguito alle sue pretese sulla corona di Boemia; chiedeva inoltre che gli fosse ufficialmente e definitivamente riconosciuta la dignità di "serenissimo", che la governatrice dei Paesi Bassi spagnoli, l'infanta Isabella d'Asburgo, si ostinava a negargli; protestava infine e chiedeva di essere indennizzato per i danni che l'esercito spagnolo arrecava ad alcuni suoi feudi. Il B. scrisse in proposito, secondo quanto riferisce Vannozzo Buonamici, "più scritture in difesa delle ragioni del suo padrone". Non poté avere soddisfazione alla richiesta del Neuburg di ottenere il titolo elettorale; ma le questioni dell'indennizzo e del titolo di "serenissimo" furono risolte con piena soddisfazione del duca.
In premio di questi servigi il B. otteneva dal Neuburg i titoli di consigliere di Stato e di consigliere privato. Un altro importante riconoscimento aveva già ottenuto nel 1624, essendo ammesso nel settembre nell'Ordine mediceo di S. Stefano: non si sa però per quali speciali meriti, giacché l'informazione dei dodici consiglieri dell'Ordine lo loda soltanto per essere di "vita cristiana et costumi onorati, dottore, e di belle lettere" (Notizie..., p. 56).
Durante il suo soggiorno alla corte di Spagna il B. iniziò una relazione epistolare con Galileo Galilei, destinata a prolungarsi in una cordiale amicizia. L'occasione all'inizio dei rapporti tra i due fu data dal matrimonio del figlio del Galilei con una cognata del B., celebrato nel 1629. La corrispondenza prese subito per ambedue un più personale interesse, giacché ciascuno dei corrispondenti incaricava l'altro di presentare alle rispettive corti di residenza alcune proposte che aveva molto a cuore: il B. inviava infatti allo scienziato fiorentino una Scrittura inmateria di navigazione (pubblicata da C. Guasti in Arch. stor. ital., s. 4, XVI [1885], pp. 3-24), nella quale sosteneva il progetto di costruzione di una compagnia toscana di navigazione con sede a Livorno; il Galilei, a sua volta, oltre a chiedere al B. alcune informazioni sullecorrenti oceaniche che si riprometteva di utilizzare nel Dialogo dei massimi sistemi, lo incaricava di sottoporre alla corte spagnola un suo "trovato per gradar la longitudine, punto massimo per la ultima perfezione dell'arte nautica" (Favaro, p. 677). Mentre non si hanno notiziedi un interessamento del Galilei per la presentazione alla corte granducale della Scrittura del B., questi avviò effettivamente le trattative nell'interesse del corrispondente fiorentino, ma non poté portarle a termine (né esse proseguirono senza di lui), perché dovette abbandonare la corte spagnola per trasferirsi a Roma sul finire del 1630, incaricato di una nuova missione del duca di Neuburg.
Questi chiedeva infatti alla S. Sede la dispensa per sposare una sua cugina non cattolica, la duchessa di Dupont. Oltre a questo incarico, portato positivamente a termine, il B. dovette rispondere in nome del duca, nel 1633, ad un opuscolo diffuso a Roma dagli agenti del duca di Baviera, sostenendo contro di esso i diritti che il Neuburg vantava sugli Stati del deposto Federico V del Palatinato.
A Roma il B. godette di molte relazioni nei circoli diplomatici e curiali, e pare che fosse in particolare dimestichezza con il cardinale "padrone" Francesco Barberini e con il residente toscano Piero Guicciardini.
Queste relazioni spiegano come il B. potesse essere un testimone abbastanza informato dei retroscena di Curia nella lunga vicenda della ritrattazione del Galilei, durante la quale fu tra gli amici più vicini allo scienziato fiorentino, gli fu largo di aiuto e di conforto, e fu probabilmente, con il residente Guicciardini, tra quanti consigliarono ilGalilei a sottrarsi all'ingiurioso processo accogliendo l'invito di Francesco Morosini di trasferirsi in territorio veneto sotto la protezione della Repubblica. Soprattutto però il B. raccolse le confidenze e le impressioni dei circoli diplomatici e dello stesso Galilei nei giorni del processo. Il momentaneo ottimismo dello scienziato e dell'ambasciata toscana a Roma si riflettono così in un frammento di diario lasciato dal B. e pubblicato in Ediz. nazionale degli scrittidi G. Galilei, XV, p. 111, del 2 maggio 1633, nel quale il diplomatico pratese ricorda l'azione moderatrice esercitata da Maffeo Barberini nel 1616 nella Congregazione incaricata di esaminare il Galilei. Ma questo tono ottimistico manca naturalmente nella relazione redatta dal B. alla fine del processo, la quale presenta un notevole interesse ed anzi, per alcuni episodi ed atteggiamenti dei vari personaggi implicati nel processo, è indubbiamente una fonte di primaria importanza.
Di questa memoria del B. esistono due copie, la prima autografa e l'altra posteriore di un secolo all'autore, il cui confronto è compiuto in Ediz. naz. degli scritti di G. Galilei, XIX, pp. 407-411.La seconda copia differisce in alcuni passaggi importanti dalla copia autografa ed in parte ne modifica il pensiero, e ha dato luogo a varie perplessità sulla sua attribuzione al B., smentite poi dal ritrovamento della redazione originaria. In questa il B. espone, talvolta in modo non conforme alla verità storica, ma certamente esprimendo il punto di vista degli amici del Galilei, la lunga vicenda della controversia risalendo ai primi momenti di essa, nel 1616. Il B. sostiene che il primo intervento dell'Inquisizione era stato sufficiente a distogliere il Galilei dai suoi studi sulla teoria eliocentrica; se li aveva ripresi, è la significativa asserzione del B., fu in seguito alle pressioni del cardinale di Hohenzollern, cui non era stato estraneo, nel 1624, lo stesso Urbano VIII. Il B. accusa degli sfavorevoli sviluppi della controversia il padre Firenzuola, commissario del S. Uffizio, la cui animosità verso il Galilei spiega come un effetto dell'"odio et persecutione fratescha" di lui contro il maestro del Sacro palazzo Niccolò Riccardi, protettore del Galilei: per "l'impertinente et ambitiosa passione di un frate" il Galilei era dunque stato costretto ad "abiurare formatamente l'openione del Copernico, anchor che a lui fosse superfruo, ché non l'ha tenuta né difesa, ma solamente disputata". A questa versione degli avvenimenti, senza dubbio parziale, ma perfettamente corrispondente al giudizio che il Galilei stesso dava della vicenda come di un episodio della lotta tra domenicani e gesuiti, il B. diede la più ampia diffusione, inviandola anche all'estero. Al Galilei, tornato ad Arcetri, il B. mandava poi una copia di questa sua memoria, oltre alla copia della sentenza e dell'abiura, come il Galilei stesso gli aveva chiesto.
Il ritorno definitivo del B. in Toscana seguì di poco la conclusione del processo. Ottenuto il congedo dal duca di Neuburg, egli ebbe infatti dal granduca Ferdinando II la carica di governatore degli "spedali" di Prato (1634). In questa città ricoprì anche, nel 1634, l'ufficio di gonfaloniere e due anni dopo era deputato a rappresentare il Comune, insieme con Cosimo Cicognini e con le rispettive mogli, nei festeggiamenti per la venuta in città della granduchessa. Nel 1637, secondo Vannozzo Buonamici, scrisse su richiesta di Ferdinando II una Informatione della persona,stati e interessi del serenissimo signor duca di Neoburg.
Continuò in questi anni con inalterata cordialità l'amicizia tra il B. ed il Galilei, il quale pare anche che avesse una senile inclinazione sentimentale per la moglie di lui, cui è indirizzata l'ultima lettera dettata prima di morire dallo scienziato ad Evangelista Torricelli, dove del resto non è dato trovare altre espressioni che di cordiale cortesia.
Sembra che il B. avesse un ultimo incarico diplomatico da Mattia de' Medici nel 1641 ma se ne ignora la natura.
Morta il 22 sett. 1649 la Bocchineri, il B. sposò l'anno successivo la pratese Maddalena di Bartolomeo Zeti. Morì a Prato il 10 genn. 1669.
Fonti e Bibl.: Ediz. naz. degli scritti di G. Galilei, XV, p. 111; XIX, pp. 407-411; XX, p. 405; Notizie del cavaliere G. F. B. compilate da un Vannozzo della stessafamiglia, a cura di C. Guasti, in Arch. stor. ital., s. 3, XVII (1873), pp. 56-67; C. Guasti, Opere, I, Scritti storici, Prato 1894, passim;G. Favaro, Amici e corrispondenti di Galileo,A. Bocchineri, F. Rasi,G. F. B., in Atti d. R. Istituto veneto di scienze,lett. e arti, LXI(1901-1902), pp. 665-701; G. de Santillana, Processo a Galileo, Milano 1960, pp. 27, 391 s., 415, 513, 515, 532 s., 535 s., 544-546, 568 s., 642, 647.