FEDERIGHI, Giovanni Francesco
Nacque a Firenze il 16 febbr. 1716 (battezzato il 1ºmarzo) da Mattias di Giovanni e da Maria di Luigi Bernardino Albizzi.
Appartenne ad una nobile famiglia fiorentina, i cui membri ricoprirono cariche nell'amministrazione centrale e periferica dello Stato sia nel periodo repubblicano (secc. XIV-XV), sia all'epoca del Granducato mediceo e lorenese. Ebbe antenati di una qualche notorietà tra i quali ricordiamo Francesco di Lapo, oratore ai Veneziani e in Lombardia nel 1390, suo figlio Benozzo, vescovo di Fiesole, e Carlo di Francesco (n. 1380), giurista e uomo di Stato. La famiglia si divise in due principali diramazioni nei figli di Carlo ed in quelli di Iacopo suo fratello. Di quest'ultimo ramo, cui appartiene il F., fecero parte il senatore Giovanni di Francesco (1612-1669), presidente della città e Stato di Siena, e il cavaliere Carlo Francesco, suo figlio, poi cappuccino, detto fra' Giovanni Antonio, famoso predicatore e generale dell'Ordine.
Della prima parte della vita del F. si sa poco. Ignoriamo infatti dove avesse seguito gli studi, ma è probabile che svolgesse studi legali e conseguisse il dottorato in utroque iure, come suggerisce la sua partecipazione in qualità di correlatore, negli anni della maturità, alle lauree in diritto di alcuni giovani nobili presso l'ateneo pisano. Alla morte del padre, avvenuta il 9 maggio 1727, divenne erede universale di un cospicuo patrimonio costituito da "luoghi di Monte" ed effetti mobili, da due fattorie e dalle case poste in Firenze, popolo di S. Maria Soprarno, in via dei Bardi, luogo di abitazione della famiglia.
Il F. ebbe una lunga e intensa carriera di funzionario che iniziò all'epoca della reggenza lorenese (1737-1765) e culminò nel periodo leopoldino come soprintendente allo scrittoio delle Possessioni granducali. Il primo incarico di cui si abbia conoscenza coincide con la sua appartenenza ai Buonomini delle Stinche, cioè i protettori dei carcerati (1737 e 1740). Ma la svolta nella sua carriera, destinata ad inserirlo stabilmente nei ranghi superiori dell'amministrazione, avvenne il 1ºfebbr. 1748 con la nomina a provveditore dell'ufficio dei Fiumi e Fossi di Pisa, magistratura riservata ad un cittadino fiorentino e rivolta principalmente al risanamento della città e del suo contado. A Pisa, dove rimase in questa qualifica sino al 1759, strinse vincoli di amicizia con l'aristocrazia locale, rinsaldati dal matrimonio con Anna del cavalier Piero Gaetano Prini, nobile pisano, avvenuto il 9 febbr. 1755. Da lei ebbe tre figli: Mattias, cavaliere di S. Stefano (1756-1831), con cui si estinse questo ramo della famiglia, Maria Maddalena 1758-1780) e Maria (1760-1803).
Con la riforma lorenese della nobiltà e cittadinanza 1750) fu ascritto al patriziato fiorentino (decreto del 24 genn. 1752, quartiere di S. Maria Novella, gonfalone Leon Rosso; luogo dove anticamente risiedeva la famiglia, nella via che da essa prese il nome). Nel 1761 venne nominato senatore (decreto del 23 apr. 1761), titolo che permetteva l'accesso a talune cariche quali il Magistrato supremo, tribunale civile di prima istanza di cui il F. fece parte pressoché ininterrottamente per venti anni. dal 1762 al 1782, assumendo al suo interno la carica di luogotenente nel 1762, 1767, 1772, 1779, 1781. Nel 1761 e 1767 fu inoltre uno dei Dodici buonomini.
La carriera del F. conobbe una decisa accelerazione con la venuta del nuovo sovrano Pietro Leopoldo d'Asburgo Lorena (settembre 1765). Allora fece infatti parte di quattro commissioni incaricate di esaminare tanto problemi particolari e circoscritti delle province dello Stato, quanto questioni generali e riguardanti l'insieme del Granducato. A il caso della deputazione sopra la Maremma, creata nel marzo 1766 per promuovere il risanamento di questa desolata provincia, che il motuproprio del 10 nov. 1765 aveva scorporato dallo Stato di Siena. Due anni dopo il F. fu chiamato a far parte, insieme con G. Pelli Bencivenni, segretario della Pratica segreta di Pistoia e Pontremoli, l'auditore S. Querci e il consigliere di Stato conte V. Alberti, di una deputazione incaricata di esaminare la situazione della provincia di Pistoia, gravata da problemi economici e fiscali: la "grande, bella e molto ben dettagliata relazione" allora prodotta è attualmente conservata nell'Archivio di Stato di Praga (Pietro Leopoldo d'Asburgo Lorena, Relazioni, II, p. 93 e nota). Nel 1773 fece parte, unitamente a Giovanni Targioni Tozzetti e al matematico Pietro Ferroni della commissione granducale (istituita con motuproprio del 10 maggio 1773) per la riunione della Società botanica con l'Accademia dei Georgofili, rappresentata, nella circostanza, da Giovanni Neri, Giuseppe Albizzi e Michele Ciani.
La commissione più importante cui il F. partecipò fu tuttavia la deputazione sopra le Arti, l'Agricoltura e il Commercio, istituita con motuproprio sovrano (25 nov. 1766).
Presieduta da Francesco Pecci, direttore generale delle Finanze, e composta da alcuni tra i principali e competenti funzionari (lo stesso F., Giovan Battista Uguccioni, Antonio Serristori, Francesco Maria Gianni, Filippo Neri, Giuseppe Maria Gavard des Pivets, Angelo Tavanti), la "grande inchiesta" del 1766 doveva esaminare le condizioni economiche del paese attraverso una imponente rilevazione statistica dei vari settori produttivi (agricoltura, artigianato e commercio). La fondamentale importanza del lavoro allora svolto, avviato o anche soltanto progettato è stata a suo tempo sottolineata da L. Dal Pane. Si trattava di procedere ad un vero e proprio censimento delle risorse produttive del Granducato, propedeutico all'avvio di tutta la politica leopoldina in materia di riforme economiche e finanziarie. I lavori della deputazione furono divisi in quattro sottocommissioni: censimento della popolazione, inchiesta sulle arti e manifatture, bilancia commerciale, agricoltura e commercio dei cereali e del bestiame, che venne affidata al F. in collaborazione col Gianni, l'Uguccioni e F. Neri. Alla raccolta di dati in materia il F. lavorò concordemente con gli ultimi due, mentre emersero subito contrasti col Gianni sia per quanto riguardava l'impostazione dei lavori ed i criteri di raccolta delle informazioni (il Gianni era contrario ad una rilevazione sistematica effettuata in tutto lo Stato tramite i cancellieri comunitativi), sia per quanto concerneva le concrete proposte di cambiamento dell'assetto vigente. Mentre il F., l'Uguccioni e il Neri sostenevano la necessità di attendere i risultati complessivi dell'inchiesta prima di formulare ipotesi di riforma che sarebbero state comunque parziali, nonché l'esito dei lavori di altre deputazioni (quali la deputazione sopra l'Abbondanza del 1766) impegnate nello studio del rinnovamento generale dell'economia del Granducato, il Gianni fin da allora formulò l'ipotesi di allivellare le terre appartenenti alla Corona e agli enti laici ed ecclesiastici; tema che riprese negli anni seguenti, quando tale politica fu effettivamente varata, ed alla quale il F. si oppose tenacemente. Anche se non tutta l'inchiesta giunse in porto, data la grandiosità dell'impresa, ed emersero nel corso dei lavori orientamenti contrastanti, i materiali preparatori suggeriscono alcune linee di fondo dei futuri indirizzi riformatori leopoldini: abolizione delle dogane, soppressione di dazi, gabelle, pedaggi, liberalizzazione del commercio dei prodotti agricoli.
Tra gli inizi dell'esperienza leopoldina e gli anni ottanta il F. fece inoltre parte di varie magistrature collegiali, quali la Grascia (1767), i Pupilli (1769 e 1777), il Consiglio di giustizia (1765 e 1768), i Conservatori di legge 1762 e 1774), gli otto di guardia (1766 e 1773); e fu procuratore di Palazzo (1761, 1766, 1772), capitano del Monte comune (1765 e 1775) e sovrintendente generale dei Monti, il debito pubblico toscano. Dal 1770, ininterrottamente sino al 1784, fu assessore laico, di nomina granducale, del tribunale della Inquisizione. Nelle Relazioni del 1773 sugli uffici del Granducato Pietro Leopoldo riconosceva al F. notevoli doti di onestà, pur temperando il giudizio con riserve sulle sue effettive capacità di amministratore; pensava comunque, nel quadro della riorganizzazione complessiva delle Finanze, di ampliarne le competenze affidandogli la direzione generale dei boschi, ufficio al cui interno il F. ricopriva dal 1770 la carica di commissario di Firenze. La carica più rilevante, che ricoprì dal 1759 al 1781, fu quella di sovrintendente allo scrittoio delle Possessioni.
In questa veste seguì da vicino la gestione del complesso patrimoniale costituito dalle fattorie e dalle terre di proprietà della Corona, ed ebbe parte negli anni Settanta e ottanta alle vicende che accompagnarono la politica delle allivellazioni. Voluta, come è noto, dal granduca su sollecitazione di F. M. Gianni, essa mirava - negli intenti dei promotori - alla formazione di una piccola proprietà coltivatrice mediante l'alienazione a contadini e mezzadri delle terre granducali e di quelle degli enti religiosi e dei luoghi pii. Le ragioni umanitarie che sottendono l'intero progetto, e le motivazioni d'ordine pubblico ed economico avanzate dai suoi difensori, trovarono nel F. un deciso avversario, tanto da indurre G. Giorgetti a collocarlo al centro dell'"opposizione conservatrice" del disegno leopoldino. Il F. riteneva infatti - condividendo in questo le idee di G. F. Pagnini, A. Tavanti, G. B. Nelli, G. Neri ed altri - che l'indebitamento contadino e l'assoluta scarsità di risorse finanziarie da parte dei ceti subalterni delle campagne minassero dalle fondamenta ogni coerente tentativo di modernizzazione dell'agricoltura, impedendo investimenti e migliorie strutturali (colmate, bonifiche ecc.) indispensabili all'incremento della produzione e del reddito.
Ma l'apporto del F. al dibattito sulle allivellazioni e la sua attività di supremo amministratore del patrimonio regio rivelano in lui anche un sicuro possesso degli aspetti tecnici dell'agricoltura, nonché il profilo di un funzionario solerte, certamente fedele agli interessi della Corona. Ogni vendita, come lui stesso scriveva a Pietro Leopoldo, andava effettuata al migliore offerente "con notevole vantaggio per il suo Reale interesse" (Arch. di Stato di Firenze, Scrittoio delle Possessioni, f. 3380, c. 122); mentre ogni intervento che potesse agevolare le condizioni di pagamento e di gestione dei contadini, andando al contempo a discapito delle entrate sovrane, era da lui sostanzialmente frenato o concesso con estrema parsimonia. Tutto questo è alla base della decisa presa di posizione a favore del grande affitto o della vendita delle terre granducali, cosa che di fatto si verificò negli anni Settanta con sostanziale stravolgimento degli originari intenti del granduca.
La figura del F. non si esaurisce in quella - seppur notevole - dell'alto funzionario. Ascritto all'Accademia della Crusca (29 ag. 1737), fu anche uomo di studio ed ebbe un vivo interesse per le scienze sperimentali. A queste sue inclinazioni fa tra l'altro esplicito riferimento Ferdinando Morozzi, Dello stato antico e moderno del fiume Arno e delle cause e de' rimedi delle sue inondazioni. Ragionamento istorico mattematico (Firenze 1762), che nella dedica del volume al F. ne ricorda le "riprove non ordinarie de' [suoi] ... progressi ammirabili nelle arti e nelle scienze fisico-meccaniche per mezzo delle sperimentali macchine, spettacolo giocondo alla sua diletta patria Firenze". Dell'apertura intellettuale del F. è testimonianza anche il carteggio col camaldolese Giovanni Claudio Fromond, che nel luglio 1764 si affrettò a comunicargli le prime impressioni a caldo della lettura del Dei delitti e delle pene di C. Beccaria: distrutte, per volontà del Fromond, le lettere del F., le responsive rappresentano comunque ampiamente la gamma d'interessi del F., aperto alle nuove idee e in contatto con esponenti autorevoli della comunità britannica in Toscana. Ma il riconoscimento più vivace dell'impegno culturale del F. è forse offerto da G. Pelli Bencivenni, che gli fu collega negli alti ranghi dell'amministrazione: "Sono stato a vedere il gabinetto delle macchine del senator Gio. Francesco Federighi. Questo gentiluomo è il primo che abbia fatta in Firenze la macchina elettrica, doppo che da certi forestieri 35 anni fa in circa fu portata a vedere come il mondo nuovo [...] Sparse la cognizione delle fisiche moderne, e fece conoscere il gusto nato doppo la riforma delle vecchie filosofie, ma perché la nobiltà nostra non ha studiato, né studia, non fece molti allievi, tanto più che professò sempre un certo epicureismo, per cui da giovane amò le donne, da vecchio ama la quiete, e l'indolenza" (G. Pelli Bencivenni, Efemeridi, s. 2, X, 21 luglio 1782, cc. 1837v-1838r).
Poco prima della morte, avvenuta a Firenze il 21nov. 1784, fu anche eletto presidente dell'allora costituita Accademia di belle arti (1784).
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Firenze, Carte Ceramelli Papiani, 1957; Carte Sebregondi, 2143; Carte Gianni, ff. 36, 39; Decima granducale, 3802, c. 2583; Deputazione sulla nobiltà e cittadinanza, f. 9, Patrizi diFirenze, Quartiere di S. Maria Novella, ins. 13; Notarile moderno, Protocolli, 22541, Notaio Iacopo Lucchesi (testamento del padre Mattias che lo nomina erede universale); Segreteria di Finanze anteriori al 1788, ff. 234, 1102 (carte della deputazione del 25 nov. 1766 sullo stato delle arti, manifatture, agricoltura e commercio); Segreteria di Gabinetto, E 124, cc. 164 s., 429; f. 126, c. 68: Relazioni del granduca Pietro Leopoldo sulle magistrature [1773]; Scrittoio delle Possessioni, ff. 3380-3382: Rappresentanze dell'... senatore Gio. Federighi soprintendente generale allo Scrittoio delle Possessioni di S. A. R., 1780-81; ff. 2481-2507: Negozi dell'... senatore Giovanni Federighi soprintendente generale, 1759-80; Arch. diStato di Pisa, Uffizio dei Fiumi e Fossi, f. 55, c. 256r; f. 57, c. 23v; f. 58, c. 13r. Missive del F. si conservano in Firenze, Biblioteca Moreniana, Mss. Palagi, 382, ins. 7: 3 lettere del 1737; Ibid., Biblioteca naz., Carteggi, N. A. 906, II, 29; Ibid., Autografi Gonnelli, cart. 13, 83; a Giovanni Targioni Tozzetti (23 luglio 1768-13 sett. 1773), ibid., Targioni Tozzetti, 160, 205, 234, segnalate in T. Arrigoni, Inventario del carteggio di Giovanni Targioni Tozzetti, in Nuncius, I (1986), pp. 59-139, ad Indicem; a Giuseppe Pelli Bencivenni (11 giugno 1767-21 ott. 1784), in Arch. di Stato di Firenze, Carteggio Pelli Bencivenni, 2777, 3099, 4874, 4848, 4954, 5288, 5313, 5813, 5814; le missive di G. C. Fromond (tra le quali quella citata nel testo del 22 giugno 1764) sono conservate a Milano, Bibl. Ambrosiana, cod. Z. 391 sup. (L. Firpo, Le edizioni italiane del "Dei delitti e delle pene", Milano 1984, in Ediz. naz. d. opere di C. Beccaria, I, Milano 1984, pp. 387 s., 390); Firenze, Bibl. nazionale, ms. N. A. 1050, s. 2: G. Pelli-Bencivenni, Efemeridi, II, cc. 2307v-2308r (21 nov. 1784); X, cc. 1837v-1838r (21 luglio 1782), cit. in M. A. Morelli Timpanaro, Su alcuni semi-letterati fiorentini del sec. XVIII, in Critica storica, XXVI (1989), 2-3, p. 241 n. 22; Almanacco fiorentino, Firenze, anni 1767-1784, passim; Pietro Leopoldo d'Asburgo Lorena, Relazioni sul governo della Toscana, a cura di A. Salvestrini, II, Firenze 1970, pp. 92 s.; L. Ruta, Acta graduum Academiae Pisanae, III (1700-1737), Supplementum (1737-1765), Pisa 1980, pp. 36, 47, 97; A. Ademollo, Marietta de' Ricci, ovvero Firenze al tempo dell'assedio, a cura di L. Passerini, IV, Firenze 1845, pp. 1492 ss.; A. Zobi, Storia civile della Toscana..., II, Firenze 1850, p. 23; L. Dal Pane, Ilavori preparatori per la grande inchiesta del 1766 sull'economia toscana, in Studi storici in onore di G. Volpe, Firenze 1958, I, pp. 264-313; F. Diaz, F. M. Gianni dalla burocrazia alla politica sotto Pietro Leopoldo di Toscana, Milano-Napoli 1966, pp. 54, 159-163, 167, 169, 199; A. Wandruszka, Pietro Leopoldo. Un grande riformatore, Firenze 1968, pp. 190 s.; G. Giorgetti, Per una storia delle allivellazioni leopoldine. I. Il modello contrattuale, i criteri esecutivi e i precedenti storici del primo esperimento (1769). II. Orientamenti generali e contrasti d'indirizzo nel primo periodo d'attuazione (1770-1781), in Id., Capitalismo e agricoltura in Italia, Roma 1977, pp. 96-216; Id., Note sul grande affitto in Toscana nel secolo XVIII, ibid., pp. 288-330, ad Indicem; Accademia delle arti e del disegno. Nuovo statuto. Annuario, 1981-1982, Firenze 1982, p. 76; S. Parodi, Catalogo degli accademici dalla fondazione, Firenze 1983, p. 197.