TESTA, Giovanni Francesco
– Nacque a Parma il 26 dicembre 1506 da Bernardo, intagliatore e intarsiatore parmigiano, e da Angelica, e fu battezzato il 29 dicembre di quell’anno.
Come il più giovane Giovanni Battista Fornovo (1530-1585), fu allievo e collaboratore come architetto di Iacopo Barozzi detto il Vignola. Entrato in contatto con il maestro a più di cinquant’anni, rispetto al più sperimentale Fornovo risulta un po’ attardato sul primo Cinquecento parmense e un semplificatore del Vignola più ‘quieto’. Dovette essere un professionista affidabile e probabilmente agiato se verso il 1574 poté prestare alla corte parmense 600 scudi, recuperati con gli interessi negli anni seguenti.
Dal 1525 lavorò insieme al padre nel coro delle benedettine di S. Alessandro in Parma, come risulta da un contratto del 5 giugno 1525. Nel 1531 continuò, insieme al fratello minore Pasquale (1524-1596), il coro dei benedettini cassinesi di S. Giovanni Evangelista a Parma, iniziato nel 1512 da Marco Antonio Zucchi. Lo terminò nel 1538, realizzando sei stalli completi. Nel settembre del 1537, mentre stava completando il coro parmense, firmò il contratto per quello di S. Pietro a Modena, della stessa congregazione cassinese, composto di trentadue scanni superiori e trentadue inferiori, per 250 scudi d’oro. Nel 1539 realizzò il telaio in legno per la copertura della cupola sangallesca di S. Maria della Steccata e nel 1540 fu mandato dai deputati alla fabbrica di quella chiesa a Mantova per ricevere da Giulio Romano il bozzetto della Incoronazione della Vergine, poi affrescata da Michelangelo Anselmi. Tra il 1542 e il 1546 diede i disegni per la cantoria e gli ornamenti di legno dell’organo nella stessa chiesa.
Nel 1539 risulta ingegnere della «Reparazione et fortificazione della città di Parma» (Adorni, 2008, doc. 19, p. 304), dall’anno successivo, per volontà di Paolo III, assieme al ferrarese Jacopo Meleghino, collaboratore di Antonio da Sangallo il Giovane e suo successore nel 1546 nella carica di architetto delle mura di Borgo a Roma (p. 294, nota 78). Nel 1542 lo sostituì nella carica Francesco Bonzagni, molto probabilmente perché Testa fu inviato da Paolo III a Vienna al servizio di Ferdinando d’Asburgo, allora re dei Romani, che si opponeva all’espansione di Solimano il Magnifico. Come scrive Bonaventura Angeli (Historia della città di Parma, Parma 1591, p. 652), Testa «fu deputato Ingegniero perpetuo sopra la fortificazione di Parma», anche se in posizione probabilmente subordinata.
Nel censimento voluto nel 1545 dal duca Pier Luigi Farnese, Testa risulta quarantenne, ammogliato con Angela (25 anni) e abitante ancora con il padre (60 anni), la madre (55 anni) e il fratello Pasquale (20 anni).
Può essere che nel 1545, sotto il governatore apostolico Marino Grimani, progettasse le porte urbiche di S. Croce e di S. Michele insieme a Benedetto Zaccagni, detto il Torchiarino.
Tra il 1546 e il 1547 progettò in Ghiaia il nuovo macello, precedentemente ubicato in piazza della Steccata. Negli stessi anni, per volontà di Pier Luigi Farnese, ricostruì con il Torchiarino e Battista Calvi il ponte ‘della preda’ sul Parma, risistemando anche il tratto urbano contiguo della via Emilia, e causando molti malumori per gli espropri necessari.
Con lo stesso Torchiarino collaborò agli allestimenti effimeri per il primo ingresso a Parma di Margherita d’Austria come duchessa nel 1550, predisponendo due archi trionfali all’antica.
Tra il 1555 e il 1556, insieme al fratello Pasquale, Testa intagliò la grande ancona nell’abside di S. Giovanni Evangelista a Parma che ancora contiene la Trasfigurazione di Gerolamo Bedoli, autore anche del disegno dell’ancona.
Nel 1556 fu pagato dal Comune di Parma per la visita e il disegno «pro constructione domum militum pro custodia civitatis» (ibid., p. 275).
Dal 1564 Testa fu impegnato nel cantiere del palazzo Farnese a Piacenza come fidato esecutore dei progetti che il Vignola ritoccò in quell’anno dopo i tentativi di boicottaggio di Francesco Paciotto, primo progettista del palazzo tornato sul cantiere nel 1563, e di riprogettazione parziale da parte di Fornovo. Ancora nel 1588 Testa appare come custode dei progetti del maestro Barozzi quando il duca Alessandro Farnese pensò di continuare il cantiere del palazzo. Probabilmente ebbe una funzione analoga nel Giardino ducale e nel palazzo del giardino a Parma, dove risulta variamente coinvolto dal 1557 al 1574.
Ben documentato è l’apporto di Testa in occasione dell’ingresso solenne in città nel 1566 di Maria di Portogallo, sposa del principe ereditario Alessandro Farnese, con importanti lavori di «abbellimento delle strade e della Piazza» (ibid., pp. 151-155). In quella circostanza sistemò con criteri moderni la medievale piazza Grande, per esempio sostituendo le finestre medievali con quelle rettangolari, e rifece la facciata del palazzo di Benedetto Buralli in contrada San Michele proprio per il passaggio della principessa. In essa rielaborò modi del suo maestro Vignola, al quale era un tempo attribuita. Nella stessa occasione dovette contribuire all’allestimento degli archi di trionfo effimeri: quello su contrada Santa Lucia (oggi strada Cavour) fu realizzato da suo fratello Pasquale.
A cavallo del 1570 Testa collaborò al programma di ‘decoro’ urbano del duca Ottavio Farnese con la costruzione di due piccole chiese poste una, la Madonna della Scala (ora distrutta), a fondale di contrada San Michele sul terraglio delle mura, e l’altra, la Madonna degli Angeli, a ridosso delle mura presso Porta Nuova, a fondale di strada dei Genovesi (ora strada Farini). A dar retta ai ricordi grafici, la facciata di S. Maria della Scala sembra richiamare facciate di chiese del trattato di Sebastiano Serlio e di chiese romane del Vignola.
Secondo il cronista Angelo Maria Edoari da Erba (1572), Testa «fu inventore con Ottavio de Farnesi 2° duca [...] del condotto dell’acque di Malandriano» (ibid., doc. 22, pp. 304 s.), cioè dell’acquedotto farnesiano con acqua potabile che serviva la città e la corte con due tubature in terracotta (di oltre 7 km) fasciate da calcestruzzo (ibid.). Iniziato nel 1570, fu completato nel 1573 per la parte cittadina, che arrivava alla grande fontana nella piazzola a est del palazzo comunale e continuava per alimentare altre fontane.
Il 7 marzo 1575 Testa fu pagato dal Comune di Parma 30 lire imperiali per visitare e ripristinare il ponte rovinato sull’Enza a Sorbolo.
Il 26 ottobre 1575 nominò suo fratello Pasquale erede universale, lasciando alla propria moglie il diritto di alloggio nella casa del marito e un vitalizio di 25 lire imperiali all’anno.
Il 30 giugno 1580 gli Anziani del Comune di Parma pagarono Testa per la visita, il disegno e il capitolato per il ponte sull’Enza.
Negli anni Ottanta del Cinquecento Testa progettò il grande palazzo Tarasconi in contrada dei Genovesi (ora strada Farini), riprendendo in parte lo schema compositivo dei progetti di Antonio da Sangallo il Giovane per il palazzo per Bonifacio Aldighieri previsto su quello stesso sito.
In particolare risulta interessante la scala a chiocciola a pianta ovale con il colonnato dorico continuo, che richiama per certi versi quella bramantesca del Belvedere e per altri quella vignolesca nel palazzo Farnese a Caprarola. Il palazzo fu completato dopo il 1604 seguendo di massima il progetto originario.
Nel 1583 Testa fu pagato per lavori di sistemazione del presbiterio della cattedrale parmense, forse a completamento della trasformazione prevista da Bedoli qualche anno prima, e realizzò il modello per la cantoria contro l’organo.
L’abside di S. Giovanni Evangelista a Parma fu ampliata dai benedettini cassinesi nel 1586 per ricollocare il coro, originariamente sotto la cupola, in una posizione più gradita alla Controriforma.
È possibile che l’intervento sia stato realizzato da Testa, probabilmente consultato anche per adattare il coro nella nuova collocazione. Come all’interno fu riproposto, tramite una copia di Cesare Aretusi, il catino con l’Incoronazione della Vergine del Correggio (parzialmente salvata), è probabile che all’esterno i benedettini volessero riprendere la partizione originaria dell’abside.
Morì a Parma il 10 gennaio 1590 e fu sepolto in quella stessa chiesa di S. Giovanni, come attesta la lapide in controfacciata, posta dal fratello Pasquale, morto il 5 dicembre 1596.
Fonti e Bibl.: Parma, Biblioteca della Galleria nazionale, ms. 103: E. Scarabelli Zunti, Documenti e memorie di belle arti parmigiane, IV, 1551-1600, s.v.
A. Ronchini, Intorno alla scoltura in legno. Notizie storico-patrie, in Atti e memorie delle RR. Deputazioni di storia patria per le provincie modenesi e parmensi, VIII (1876), pp. 297-328; L’abbazia benedettina di San Giovanni Evangelista a Parma, a cura di B. Adorni, Milano 1979; B. Adorni, L’architettura farnesiana a Piacenza, 1545-1600, Parma 1982; F. Frisoni, Il coro ligneo e i banconi della sagrestia, in O. Baracchi Giovanardi et al., San Pietro di Modena. Mille anni di storia e di arte, Milano 1984, pp. 149-158; B. Adorni, L’architettura a Parma sotto i primi Farnese, 1545-1630, Reggio Emilia 2008.