FROJO, Giovanni
Nato a Catanzaro il 1° apr. 1847 da Achille e Marianna Masciari, all'età di dieci anni si trasferì a Genova per studiare pianoforte e contrappunto con G. Bassi; approfondì anche gli studi teorici e cominciò a comporre le prime romanze. Nel 1866 fu ammesso al conservatorio di S. Pietro a Majella di Napoli e si perfezionò con S. Pappalardo e con B. Cesi, entrando a far parte di quella schiera di seguaci che contribuirono all'affermarsi della scuola pianistica napoletana. Determinante nella sua formazione fu l'approfondimento degli studi bachiani.
Incoraggiato dal maestro, diede inizio nel 1869 all'attività concertistica; dopo aver esordito nelle sale dei circoli napoletani, suscitò ben presto ampi consensi in tutt'Italia.
Come pianista egli adottò lo stile interpretativo "classico" sostenuto dal Cesi, che nella seconda metà del secolo proponeva il superamento della preesistente pratica virtuosistica intesa come improvvisazione, fantasia, platealità gestuale, potenza tecnica e sonora, introducendo il principio dell'esecuzione filologica e fedele alle intenzioni dell'autore. Le interpretazioni pianistiche del F. erano "vive, vibranti e al tempo stesso controllatissime" e colpivano per "l'estrema chiarezza del fraseggio, la particolare incisività nell'esposizione di un tema, al quale egli dava un risalto nettissimo, quasi scultoreo, facendolo emergere in un contesto di sonorità… carico di vibrante partecipazione" (Manno, p. 58). Questo senso spiccato della melodia, spogliato del virtuosismo, rivela probabilmente anche l'influenza di S. Thalberg, di cui Cesi fu l'allievo prediletto e il più diretto continuatore. Le idee del F. in proposito sono espresse chiaramente nei suoi scritti teorici.
L'attività concertistica durò fino al 1873, anno in cui decise di dedicarsi all'insegnamento, trasferendosi dapprima a Catania e ritornando poi nella città natale. Nel 1870 era stata eseguita per la prima volta nella cattedrale catanzarese la sua Messa da gloria. Nel 1873 fu nominato maestro di musica dell'educandato provinciale; continuò a comporre e a esibirsi in tutte le occasioni mondane e ufficiali. La spiccata propensione verso l'attività didattica, che divenne da quel momento l'impegno principale, emerge in primo piano dall'impostazione dei suoi scritti e si riflette anche in determinate scelte compositive. Il suo Nuovo metodo teoricopratico per pianoforte (o La scuola del meccanismo), pubblicato a Milano nel 1874, fu adottato in numerosi conservatori e ricevette l'approvazione di docenti e direttori come P. Platanía, J.B. Duvernoy, A. Marmontel, L. Casamorata, B. Cesi, L. Rossi.
L'opera è preceduta da una parte propedeutica, che espone i principî fondamentali di teoria musicale e quelli relativi alla lettura dello spartito, seguita da dieci lezioni elementari dedicate al solfeggio, che fungono da introduzione al metodo vero e proprio. Inoltre progredendo gradualmente nelle difficoltà fino agli esercizi più complessi, oltre che mirare ai risultati tecnici, intendeva stimolare l'acquisizione del "sentimento della misura, quello della tonalità e della modulazione, infine, la varietà della sonorità e dell'accento", preparando "gli allievi pianisti a diventare musicisti" (Vismara). Facendo tesoro della propria esperienza di didatta, il F. pubblicò anche altri metodi, fra cui quello elementare Giardino d'infanzia (Torino 1883), anch'esso molto apprezzato.
In quegli anni il F. aveva cominciato a pubblicare i primi scritti teorici, le Osservazioni sulla musica e i Ragionamenti musicali (Catanzaro 1872) in cui, prendendo spunto dalle grandi tematiche approfondite dall'epoca romantica, affrontava in modo sintetico alcuni problemi discussi dagli studiosi, come l'origine della musica e i rapporti di questa con le altre arti.
Nello stesso 1872 pubblicò il Saggio storico-critico sulla musica indiana, egiziana, greca e principalmente italiana (Catanzaro), opera in cui intese mettere in luce i momenti di passaggio e le relazioni tra la civiltà musicale greca e quella occidentale.
Nel Saggio, ancor più che nelle opere precedenti, si manifesta il modo di procedere dell'autore che, attraverso una trattazione chiara e articolata su diversi piani concomitanti, prende spunto da una serie di problemi di carattere antropologico, filosofico, estetico, teorico, tecnico e inserisce numerose notizie sull'uso, la funzione, la concezione, l'esecuzione della musica presso i diversi popoli, la descrizione degli strumenti, la citazione delle fonti dirette e indirette, la biografia degli autori.
Nell'opuscolo su Muzio Clementi, la sua vita, le sue opere e la sua influenza sul progresso dell'arte (Milano 1879), dopo aver individuato il rapporto tra le vicende biografiche, l'attività pianistica e compositiva e la formazione del musicista, e aver considerato il ruolo di caposcuola che "formò" una schiera di "artisti di merito distinto", nonché l'impegno nell'editoria e nell'industria e nel commercio dei pianoforti, il F. propendeva a dare particolare rilievo all'influenza che le opere di Clementi esercitarono sullo sviluppo della musica pianistica.
L'ultimo scritto, Origine e sviluppo dell'arpa (Padova 1887), è frutto di uno spiccato interesse verso questo strumento, al quale subito dopo dedicò libri di esercizi, di cui l'ultimo e più importante, la Scuola della tecnica dell'arpa (Torino 1896), è concepito per "servire da introduzione agli Studi caratteristici e meccanici di Bochsa, Labarre, Dizj, Thomas, Vizthum, Désargus, Parish, Alvars, Hasselmans, Godefroid, Bovio ed altri" (Prefaz. al volume).
Il F. morì a Catanzaro il 17 maggio 1925.
Tra le opere i repertori ricordano anche un Dizionario critico-biografico dei più notevoli organisti, pianisti e compositori italiani antichi e moderni e una monografia su Gerolamo Frescobaldi, la sua vita e le sue opere (secondo il De Gubernatis "premiata dall'Accademia del R. Istituto musicale di Firenze), due scritti inediti di cui si sono perse le tracce.
Per quanto riguarda le composizioni il F. appartiene alla categoria dei pianisti-compositori la cui abbondante produzione comprendeva soprattutto quei generi salottieri in voga, destinati a dilettare le serate della borghesia ottocentesca.
Basti citare alcuni titoli: Arlecchino (valzer), Sogno di una fanciulla (notturno), In gondola (barcarola), Il pescatore di corallo (barcarola), Danza di zingari, polka-fantasia, gran valzer di concerto, Al chiaro di luna (fantasia serenata), Sulle rive del Jonio, Marcia araba, Canzonetta silana. Oltre la citata Messa da gloria compose numerosissime romanze, fantasie su opere e composizioni pianistiche di vario genere, liriche per canto e pianoforte, raccolte di pezzi per arpa, mandolino e pianoforte, per pianoforte e violoncello e per altri strumenti. Le sue composizioni (molte delle quali dedicate agli esponenti del mondo musicale, culturale e politico con i quali fu in contatto), spesso caratterizzate da immediatezza e freschezza d'ispirazione, furono pubblicate dagli editori Ricordi, Lucca, Venturini, Blanchi, Vismara, Giudici e Strada.
Fonti e Bibl.: G. Paloschi, Annuario musicale, storico, cronologico univ., Milano 1876, p.27; A. De Gubernatis, Diz. biogr. degli scrittori contemporanei, Suppl., Firenze 1879, pp. 1165 s.; F. Blanchi edit., Cenni critici sulle opere di G. F., Torino 1887; D. Vismara, Cenni critici sulle opere di G. F., Milano 1887; G. Manno, Musicisti calabresi: G. F. e l'arte musicale, in Calabria letteraria, XXXI (1983), 4, pp. 58 ss.; G. Argentieri-Piuma, Contributo per una ricerca sulla produzione musicale di autori calabresi, II, ibid., XXXII (1984), 2, p. 50; A. Furfaro, Storia della musica e dei musicisti in Calabria, Cosenza 1987, pp. 47, 60, 68, 109, 119; F.J. Fétis, Biogr. univ. des musiciens, Suppl., p. 351; G. Masutto, I maestri di musica ital. del sec. XIX, Venezia 1884, p. 87; A. De Angelis, Diz. dei musicisti, Roma 1928, p. 351.