GABRIELI, Giovanni
Musicista, nato nel 1557 a Venezia, dove morì il 12 agosto 1612. Nipote e allievo di Andrea (v.), della sua vita abbiamo anche più scarse notizie. Sappiamo soltanto che, condiscepolo di H. Leo Hasler, contrasse molte amicizie con famiglie tedesche, seguendo in ciò le consuetudini dello zio; acquistata ben presto gran fama di eccellente compositore, godette la stima e l'ammirazione di Alberto V di Baviera, che lo avrebbe voluto a Monaco organista o compositore di corte. Secondo alcune testimonianze, peraltro non del tutto attendibili, il G. sarebbe stato alla corte bavarese negli anni 1575-79; in Germania fu invitato nel 1597 per le nozze dell'amico J. J. Fugger, ma non si sa se egli fece questo viaggio. Al Fugger dedicò però, in tale occasione, la prima parte delle sue Sacrae symphoniae. Nel 1585 fu nominato primo organista di S. Marco (secondo il Benvenuti, il G. avrebbe però avuto in pratica il secondo organo), e in tale ufficio rimase per il resto della sua vita, sebbene, specie dal 1606, tormentato da grave malattia, fosse sovente e a lungo sostituito da Paolo di Savii e da G. Priuli. Nel 1609 ebbe per allievo Heinrich Schütz, inviato dal langravio Maurizio di Kassel; il che dimostra la vastità della sua fama europea, confermata del resto dalle lodi dei teorici Praetorius e Calvisius che lo indicavano a modello d'insuperabile perfezione.
La sua opera polifonica si distingue per le magnifiche qualità coloristiche, onde il frequente confronto con i grandì pittori del Cinquecento veneziano non è suggerito soltanto da ragioni letterarie, ma è giustificato da elementi di vera affinità spirituale.
Oltre a dieci composizioni contenute nei Canti e concerti di Andrea e Gio. Gabrieli del 1615, le sue opere maggiori sono le Ecclesiasticae cantiones, a 4, 5 e 6 voci, Gardano, Venezia 1589, e soprattutto le Sacrae symphoniae... tam vocibus quam instrumentis, 6-16 voci, ivi 1597, e il secondo libro delle stesse Sacrae symphoniae 6-19 voci, ivi 1615. In esse è preferita la forma del mottetto, ormai rinnovata da una fantasia inimitabile e ardente: il numero delle voci s'accresce dando ampiezza ai quadri musicali, audacemente concepiti e realizzati. I problemi contrappuntistici, intesi secondo i principî tradizionali della tecnica fiamminga e, in un certo senso, del Palestrina stesso, sono qui completamente superati; il rigore dello sviluppo formale dominato dalla fissità del cantus firmus e dalle obbligate variazioni del tenor e delle altre voci, è interamente caduto per lasciar posto all'espressione musicale più varia, libera e colorita. Giovanni G. è insuperato nel rinnovamento dei modi ecclesiastici, nell'uso delle armonie cromatiche, nella mobilità e nel raggruppamento policorale delle voci: sono riechezze sonore di colori smaglianti che raggiungono e forse superano gli effetti più audaci del tono e del chiaroscuro della scuola pittorica veneziana. Nell'arte di Giovanni G. veramente straordinaria è l'armonia della composizione, nell'impreveduta, affascinante molteplicità dei suoi atteggiamenti; l'invenzione tematica spezza ogni vincolo dando luogo a sviluppi melodici ora fluenti ora trattenuti e ad audacie realistiche e descrittive sempre equilibrate da un gusto finissimo. L'estrema potenza dell'espressione coloristica fu raggiunta da Giovanni G. nella fusione dei timbri strumentali con quelli vocali, già iniziata dallo zio Andrea G.; nelle Canzoni e sonate a 3 e 22 voci, Venezia 1615, s'affermano le possibilità d'un nuovo stile, ove l'effetto timbrico-orchestrale, già per sé stesso ardito (spesso violini si accompagnano con cornetti e tromboni) è ancora intensificato da elementi dinamici assolutamente originali nella novità della loro applicazione. È da notare che fra le composizioni in quest'opera esplicitamente designate come "sonate", ne compare una "con tre Violini overo altri instrumenti" con accompagnamento obbligato del basso, che può valere come uno dei più interessanti documenti storici del genere. Le altre canzoni strumentali sono invece caratteristiche per il numero assai rilevante delle parti; la loro composizione, come scrive A. W. Ambros, palesa il gioco polifonico "legato" della tecnica organistica. I temi sono caratterizzati dalla vivacità e dalla scorrevolezza delle loro figurazioni, ma il loro svolgimento serba una costante regolarità pur nel passaggio delle diverse parti, le quali sono suddivise secondo la disposizione dei "cori spezzati", dialogando coralmente fra loro.
Alla polifonia profana appartengono, oltre i Madrigali a 6 voci, sette madrigali pubblicati nel terzo libro a 5 voci di Andrea G., e molti pezzi isolati che si possono rintracciare in quasi tutte le raccolte del tempo, sino al 1620. Quanto si è detto a proposito dell'opera organistica di Andrea G., vale altresì per i numerosi pezzi di Giovanni, contenuti nella pubblicazione comune; sennonché il secondo conferisce ai ricercari una struttura formale più decisa e uno sviluppo tematico più definito: Le parti della composizione mostrano, infatti, più omogenei riflessi psicologici, specialmente nei passi dove l'elaborazione contrappuntistica si libera dal rigore astratto della tecnica polifonico-vocale cinquecentesca per assumere una vigorosa plasticità strumentale.
Bibl.: Dopo lo studio d'insieme di C. von Winterfeld, J. G. und sein Zeitalter che risale al 1834 e le notizie soprattutto bibliografiche e generiche contenute in F. Caffi, Storia della musica sacra nella già cappella ducale di S. Marco in Venezia dal 1318 al 1797, Venezia 1853; cfr.: Geschichte der Musik di A. W. Ambros, 1862-77; Geschichte der Motette di H. Leichtentritt, Lipsia 1908. V. inoltre: L. Torchi, La musica strumentale in Italia nei secoli XVI, XVII e XVIII, in Rivista musicale italiana, V (1898), pp. 464-66; O. Keller, Geschichte der Musik, 1923, I, p. 94 segg.; G. Benvenuti, A. e G. G. e la musica strumentale in S. Marco, in Istituz. e Monum. dell'arte music. italiana, Milano 1932.