GARRUCCIO, Giovanni
Nacque a Fluminimaggiore, presso Cagliari, il 16 febbr. 1866, da Giacomo Giovanni Garrucciu (cognome che il G. volle modificare in età adulta) e da Giuseppina Melis.
Il padre, ingegnere, fu personaggio di rilievo nella locale vita economica e politica. Proveniente da Cagliari, ebbe incarichi importanti nelle industrie estrattive, alcune delle quali di proprietà britannica, insediatesi a Fluminimaggiore; del piccolo centro divenne, più tardi, anche sindaco.
Completati gli studi superiori, il G. intraprese la carriera militare: scelse l'artiglieria, forse congeniale a una provenienza familiare segnata dalla cultura tecnica. Entrato in servizio il 10 ott. 1884, il 2 ag. 1886 era sottotenente, optando per il passaggio dall'artiglieria allo stato maggiore. Il 14 sett. 1888 fu nominato tenente nel 1° reggimento artiglieria ma, al più tardi nel 1893, pur formalmente assegnato al 27° artiglieria, era comandato alla scuola di guerra.
Il servizio di stato maggiore e gli incarichi alla scuola di guerra segnalano, di fatto, una predilezione per le occupazioni sedentarie e di apparato, rispetto a un impegno più spiccatamente operativo. Taluni tratti del profilo personale si riflettono, dunque, nella carriera del G. il quale, facendo parte anagraficamente di quella leva di militari che espresse nel corso della Grande Guerra alcune personalità di notevole rilievo, tuttavia si caratterizzò per la scelta di rimanere quanto più possibile vicino al centro dell'amministrazione militare.
Nel 1895 era ancora presso il comando della scuola di guerra, l'anno successivo passò presso quello del corpo di stato maggiore. Nel 1899, di nuovo a disposizione del ministero della Guerra, ottenne, il 5 marzo, la promozione a capitano. Il 26 ottobre di quell'anno sposò, a Cagliari, Giovanna Fadda. Così impostata, la vita militare del G. prese un ritmo prevedibile e senza particolari accelerazioni: maggiore il 30 giugno 1909, fu nominato tenente colonnello il 31 dic. 1913 e presto assegnato al comando del corpo di stato maggiore. Alla vigilia dell'entrata dell'Italia nel primo conflitto mondiale, a quasi quarantanove anni, era colonnello.
Qualche anno prima, con un atto non infrequente fra i sardi diventati funzionari dello Stato, aveva chiesto che il suo cognome fosse trasformato in Garruccio. L'unico atto di rilievo, documentato in questo periodo intermedio, è la sua partecipazione alla guerra di Libia dove, probabilmente, cominciò a svolgere alcuni compiti all'interno delle prime strutture militari specificamente adibite alla raccolta delle informazioni, allo spionaggio e al controspionaggio; strutture che nelle guerre coloniali, e proprio in Libia, fecero le prime, non eccellenti, prove operative quando, da attività legate all'intraprendenza di singoli personaggi o saltuariamente svolte da diversi reparti, vennero organizzate in un'unità centralizzata.
Fra il ritorno dalla Libia e l'entrata in guerra dell'Italia, il G. dovette perfezionare le sue esperienze nei servizi informativi dell'esercito: i quali, dal canto loro, mostravano un notevole ritardo organizzativo se solo il 19 apr. 1915, a pochi giorni dall'ingresso in guerra, all'Ufficio I, preposto a questo compito, venivano riconosciuti un nuovo ordinamento e un aumento di organico, appena più confacenti alle necessità del momento. Nell'ottobre 1915 il G., già sottocapo dell'Ufficio I, fu nominato capufficio, venendo a collocarsi a diretto contatto con il comando supremo e al centro di tutta l'attività militare di informazione segreta.
Per la prima volta un ufficiale proveniente dall'artiglieria comandava un ufficio su cui la fanteria aveva tradizionalmente esercitato quasi un monopolio. Il lavoro assegnato all'Esercito (peraltro in scarsa cooperazione con quello della Marina) tendeva ad assommare la raccolta sia delle informazioni necessarie per l'impostazione della grande strategia di guerra, sia di quelle indispensabili per la tattica delle operazioni d'armata, sia, infine, di quelle che il comandante supremo, L. Cadorna, riteneva utili per orientare l'opinione pubblica e la vita politica del paese e che, di conseguenza, comportavano un certo controllo (e condizionamento) del fronte interno. Come se ciò non bastasse, le dinamiche personalistiche e le disfunzioni organizzative del comando supremo avevano finito per mettere l'Ufficio I in urto con l'Ufficio situazione di guerra dello stesso comando, il quale pure era preposto a servizi informativi.
In questo ambito, e in questa situazione, la nomina del G. sollevò più di una polemica. Gli furono rimproverati personalismi, inadeguata gestione dell'Ufficio, nonché assenze e distrazioni. Qualche storico ha bollato il suo lavoro di "scarsa duttilità" e "ottuso burocratismo". Di fatto non è facile distinguere quanto, nella particolare circostanza, fosse di diretta responsabilità del G. e quanto invece rispecchiasse i caratteri della gestione dell'intero comando supremo nonché, in generale, della guerra da parte di Cadorna. In ogni caso due tipi di contrasti, quello funzionale fra Ufficio I e Ufficio situazione di guerra e quello politico fra Cadorna e i governi Salandra e Boselli, segnarono l'operato dell'Ufficio e spiegano l'origine del piano di riorganizzazione cui il nome del G. è più frequentemente associato.
In effetti, con il procedere della guerra, l'Ufficio I finì con l'ampliare ulteriormente le proprie competenze - sia militari sia politiche - alla situazione delle scorte e, più in generale, all'andamento economico del paese, accumulando informazioni che avevano rilevanza strategica e militare tanto per la mobilitazione italiana quanto per le massime decisioni di Cadorna. Nel contempo, ancor prima degli eventi sul fronte trentino del maggio 1916, le divergenze e le differenti valutazioni e previsioni riscontrabili fra i quindicinali Riassunti provenienti dall'Ufficio I e il Bollettino dell'Ufficio situazione di guerra si erano fatte così evidenti che persino le missioni militari alleate accreditate presso il comando supremo ne erano a conoscenza.
Nel suo primo anno di attività come capo dell'Ufficio I il G. monitorò attentamente la situazione del fronte interno, inviando allarmati rapporti a Cadorna, e tentò anche collegamenti con i servizi informativi militari degli Stati alleati; tuttavia non riuscì a prevedere con esattezza l'irruzione della Strafexpedition. Visto il conflitto che sempre di più opponeva il comando supremo al governo e, soprattutto, ai politici non interventisti, il G. ispirò una vasta campagna filocadorniana nel paese e sulla stampa. Soprattutto constatò la possibilità, e acquisì il gusto, di muoversi "al di fuori di ogni limitazione e pastoia". Di fronte al fermo rifiuto dell'Ufficio situazione di guerra di restringere le proprie competenze, particolarmente quelle operative-militari, il G. progettò di espandere altrove l'area d'influenza del suo Ufficio.
Proprio da ciò ebbe origine il progetto di riorganizzazione dei servizi informativi militari voluto dal G. e concretatosi nel nuovo ordinamento espresso dalla circolare del 5 ott. 1916. In sostanza, mentre all'Ufficio situazione di guerra del comando supremo erano lasciate le informazioni relative alle attività tattiche e la competenza sugli appositi uffici distaccati presso le armate (con il nome di Uffici informazione truppe operanti [ITO]), all'Ufficio I venivano affidati la raccolta delle informazioni relative al fronte interno e all'estero nonché i collegamenti con i centri esteri e gli uffici territoriali di Roma e di Milano.
Questo riordinamento, che creò ulteriore confusione in un servizio che da poco era stato accusato di scarsa efficienza, venne spiegato con un sempre maggiore interesse per la "politica" da parte del G., il quale finì con l'invadere le attività di altre istituzioni che agivano nello stesso campo. Si parlò, quindi, di polizia politica segreta di Cadorna, al quale effettivamente l'Ufficio I rispondeva e al quale il G., almeno in una certa fase, maggiormente si legò, anche per combattere le critiche sempre più diffuse.
In definitiva il disinvolto operato del capo dell'Ufficio I e le sue ampie competenze (dalla censura militare alle informative sullo stato dell'opinione pubblica sino al controllo di alcuni settori della classe politica per conto del comando supremo) non potevano non preoccupare i sostenitori dello Stato liberale e, soprattutto, non potevano non urtare contro le legittime competenze di altri organi civili, prima fra tutte quella direzione generale della Pubblica Sicurezza presso il ministero dell'Interno che, negli anni di guerra, andava sviluppando un proprio Ufficio centrale di investigazione. Urti e sovrapposizioni non fecero altro che complicare il lavoro dei vari servizi, già di per sé poco coordinato: a ciò si aggiunse che, a fronte delle sempre più numerose attività di controllo, richieste e ottenute (fra cui persino quella di sottoporre a censura la posta della Banca d'Italia), il G. non riuscì a ottenere un corrispettivo ampliamento del personale, a una parte del quale era, poi, alquanto inviso. Il risultato finale fu che ai timori sollevati dal suo comportamento non corrispose neppure un vero miglioramento del servizio (per esempio, alla fine del 1917, tutti i cifrari militari italiani sembravano noti al nemico).
Il G. si trovò, quindi, al centro di trame, ancora oggi poco chiare, in uno dei momenti chiave del conflitto, e, in ogni caso, sempre dalla parte di Cadorna: a questo presentò rapporti che mostravano un paese insofferente e stanco dello sforzo bellico e una classe politica sempre più diffidente nei confronti del comandante supremo e sempre più restia ad accettarne le richieste di maggiori risorse per il fronte (e di neutralizzazione dell'opposizione interna "disfattista"). È difficile quindi sottovalutare l'importanza dell'Ufficio I nel creare, o nel rafforzare, in Cadorna lo stato d'animo che lo portò a scrivere a P. Boselli le famose quattro lettere della primavera-estate del 1917. E sempre il G., nominato maggior generale il 31 maggio 1917, fu considerato fra i principali promotori della contemporanea campagna giornalistica volta a esaltare la figura del comandante supremo in contrapposizione non solo al governo ma come possibile alternativa all'ordinamento liberale, legittimando così le voci di una cospirazione militare. Intanto, nel luglio 1917, l'Ufficio I era arrivato a prevedere la "preparazione di complotti insurrezionali" in alcune città d'Italia, fra cui Torino, soffiando sul fuoco dello scontro fra Cadorna da un lato e Boselli e V.E. Orlando dall'altro. Ma, a questo punto, il G. si era esposto eccessivamente e Cadorna, il 9 settembre 1917, lo sostituì.
Ancora una volta sono poco chiare le esatte ragioni di questa sostituzione. All'interpretazione di chi lo vide sacrificato da Cadorna alle richieste di Orlando si contrappone la versione del suo subordinato, poi successore, O. Marchetti, secondo cui il G., fra la fine della primavera e l'estate 1917, avrebbe tentato un riavvicinamento a esponenti politici i quali gli avrebbero chiesto (o promesso?) di organizzare un ufficio informazioni centrale politico-militare collegato al governo; incarico che il G. avrebbe accettato. Lasciato, però, privo di direttive e di mezzi idonei, sarebbe stato infine sfiduciato da entrambe le parti in causa.
Tenuto conto della data del suo allontanamento dall'Ufficio I, il G. avrebbe forse potuto andare esente dalle accuse di non aver previsto l'attacco di Caporetto. Ma queste furono comunque addebitate a lui come all'Ufficio che aveva diretto negli anni centrali della guerra. Cercò di discolparsene di fronte alla Commissione d'inchiesta sul disastro di Caporetto, ma non fu convincente. E, per quanto tentasse di porre a frutto la lunga esperienza e i molti contatti acquisiti durante la permanenza ai vertici dei servizi segreti militari, fu definitivamente accantonato.
Morì a Milano il 18 maggio 1920.
Fonti e Bibl.: C. Pettorelli Lalatta, ITO. Note di un capo del servizio informazioni d'armata, Milano 1934, p. 39; O. Marchetti, Il servizio informazioni dell'esercito italiano nella Grande Guerra, Roma 1937, pp. 98, 146; G. Carboni, Più che il dovere. Storia di una battaglia italiana (1937-1951), Roma 1952, p. 31; T. Marchetti, Ventotto anni nel Servizio informazioni militari, Trento 1960, p. 99; P. Melograni, Storia politica della Grande Guerra, Bari 1969, pp. 349 s.; G. Boatti, Le spie imperfette, Milano 1987, p. 166; G. Procacci, Soldati e prigionieri italiani nella Grande Guerra. Con una raccolta di lettere inedite, Roma 1993, p. 36.