MELLINI, Giovanni Garsia
– Nacque a Firenze, verosimilmente nel 1562, da Mario e da Ortensia Jacovacci.
Il padre, che aveva servito nell’esercito pontificio, costretto a fuggire da Roma in seguito a un omicidio commesso, si rifugiò a Firenze e fece ritorno a Roma durante il pontificato di Gregorio XIII, che lo nominò luogotenente della guardia pontificia. Il fratello Pietro, canonico della basilica di S. Pietro, fu in Spagna dal 1590 al 1593 come collettore e successivamente come nunzio.
Il M., imparentato con i cardinali Girolamo e Fabrizio Verallo e cugino di Gaspare Paluzzi degli Albertoni, fu educato sotto la guida del cugino materno Giambattista Castagna, nel 1590 pontefice per pochi giorni col nome di Urbano VII, che gli ottenne da Sisto V la nomina ad avvocato concistoriale.
Esperto in diritto, il 26 febbr. 1591 divenne uditore di Rota. Nel 1596-97 accompagnò con funzioni di datario il cardinale Enrico Caetani nella legazione in Polonia; nel 1598 seguì la corte di ClementeVIII a Ferrara, quando il papa si recò a prendere possesso del Ducato tornato sotto la diretta giurisdizione della Sede apostolica. Quindi nel 1600-01 fu al seguito del cardinale nipote Pietro Aldobrandini, mandato a Firenze per benedire le nozze del re di Francia Enrico IV con Maria de’ Medici, e poi a Lione, dove, in qualità di legato, svolse opera di mediazione nelle trattative tra la Francia e la Savoia, concluse con l’accordo del 17 genn. 1601. Alla fine del 1604 a lui e ai colleghi uditori di Rota Francisco Peña e Alessandro Litta fu affidata la causa di canonizzazione di Carlo Borromeo. Nel 1605 divenne membro della congregazione per la Segnatura di grazia.
In seguito all’ascesa al pontificato di Paolo V Borghese, con il quale era imparentato, il M. fu designato come nunzio in Spagna. Il 1° giugno 1605 fu nominato arcivescovo titolare di Rodi e il 12 giugno consacrato dal cardinale Ludovico de Torres, arcivescovo di Monreale. Partì per la Spagna negli ultimi giorni di giugno e giunse a Valladolid, dove risiedeva la corte del re Filippo III, a metà settembre, in un momento in cui le relazioni tra Roma e la corte spagnola stavano attraversando una fase difficile.
Il nunzio Domenico Ginnasi aveva lasciato la Spagna all’inizio del 1605 in seguito a una serie di conflitti di giurisdizione, mentre il suo successore designato, Tommaso Lapi, era stato ricusato come filofrancese. A Roma l’ambasciatore spagnolo, il marchese di Villena Juan Fernández Pacheco, implicato nelle controversie tra i cardinali Pietro Aldobrandini e Odoardo Farnese, parteggiava per il secondo e ciò indusse Clemente VIII a chiederne il ritiro. Il M. si adoperò per ristabilire la normalità nelle relazioni e chiese che il marchese continuasse nel suo incarico, ma l’ambasciatore fu ugualmente sostituito a causa dei conflitti interni alla fazione spagnola a Roma.
I principali compiti del M. consistevano nel limitare l’influenza del cardinale Pietro Aldobrandini alla corte spagnola; moderare la politica del conte di Fuentes Pedro Enríquez de Acevedo, governatore di Milano, relativamente ai Grigioni; far intervenire Filippo III in favore dei cattolici d’Inghilterra dopo la congiura delle polveri (1605) e la successiva imposizione, da parte del re Giacomo I, del giuramento di fedeltà. In particolare il M. si adoperò affinché il re di Spagna appoggiasse nel modo più efficace la posizione di Paolo V nei confronti della Repubblica di Venezia, colpita da interdetto nel 1606, se necessario mediante l’uso della forza militare; tuttavia Filippo III, anche per ragioni finanziarie, preferì intervenire solo per via diplomatica.
L’11 sett. 1606 il M. fu creato cardinale. Nonostante le ripetute richieste di tornare a Roma, Paolo V lo lasciò al suo posto fino a quando non fu risolta la controversia con Venezia. Il 7 febbr. 1607 fu nominato vescovo di Imola, diocesi economicamente più redditizia di quella di Rodi, che non governò direttamente e alla quale rinunciò prima del 27 giugno 1611. Lasciata Madrid, dove nel frattempo si era trasferita la corte, il 31 ag. 1607, poco dopo l’arrivo del suo successore Decio Carafa, proveniente dalle Fiandre, il M. raggiunse Roma i primi di dicembre. Nel concistoro del 15 dicembre ricevette il cappello cardinalizio e il 7 genn. 1608 gli fu assegnato il titolo presbiteriale dei Ss. Quattro Coronati. Il 19 dic. 1607 partecipò per la prima volta a una seduta della congregazione del S. Uffizio.
Pochi mesi dopo il M. partì da Roma diretto a Praga e a Vienna. Il 5 maggio 1608 Paolo V lo nominò legato de latere all’imperatore Rodolfo II d’Asburgo e a suo fratello Mattia, in procinto di diventare re d’Ungheria, da tempo divisi da forti contrasti.
La missione, che aveva lo scopo di riportare la pace tra i due esponenti della casa d’Austria, era parte del progetto che da anni la S. Sede, la Spagna e i principi della casa d’Asburgo conducevano per assicurare un candidato cattolico sul trono imperiale. Condotta dal 12 maggio all’8 settembre, la missione non ebbe successo, sgradita com’era all’imperatore, che la interpretava come un indebito tentativo di ingerenza nel problema della successione, e per il fatto che il legato valicò le Alpi quando i due fratelli erano ormai arrivati a una composizione. Tuttavia l’operazione consentì di stabilire un nunzio presso l’arciduca Mattia nella persona di Placido de Marra, la cui azione si rivelò utile nel precario panorama del cattolicesimo in Austria e in Ungheria.
Negli anni successivi la posizione del M. in Curia si rafforzò progressivamente: il 14ag. 1610 Paolo V lo nominò suo vicario per la diocesi di Roma, carica che gli sarebbe stata confermata anche dai successori del pontefice.
Secondo una relazione circa le congregazioni romane, databile verso il 1610, il M. svolgeva all’epoca le funzioni di segretario del S. Uffizio in assenza del cardinale Pompeo Arrigoni, era prefetto della congregazione del Concilio, membro delle congregazioni dei Vescovi e regolari, dei Riti, dell’Indice, della Segnatura di grazia. Nel 1611 divenne membro della speciale congregazione per gli Affari di Salisburgo – nella quale svolse un ruolo di primo piano – istituita per studiare le implicazioni dello scontro intervenuto tra l’arcivescovo Wolf Dietrich von Raitenau e il duca Massimiliano di Baviera. Fu, tra l’altro, protettore dei crociferi (1608); del collegio Nardini di Roma (1611), dei carmelitani (1611), divisi in quattro famiglie; dei fatebenefratelli (1611); dei collegi germanico e ungarico (1612) insieme con i cardinali Roberto Bellarmino, Carlo Madruzzo, Scipione Borghese e Franz von Dietrichstein; fu inoltre comprotettore del Collegio inglese di Roma e del monastero romano di S. Cecilia (1618).
Nel 1611, dopo la caduta in disgrazia del cardinale Michelangelo Tonti e la morte del cardinale Lanfranco Margotti, avvenuta il 30 novembre, il cardinale nipote Scipione Borghese e il M., che aveva contribuito non poco al mutare degli equilibri, rimasero i soli interlocutori di PaoloV. Il cardinale nipote si occupava della segreteria di Stato e del patronage, e il M. della segreteria di Stato e del S. Uffizio. Il lavoro dei due cardinali era coordinato dal segretario di Stato Porfirio Feliciani, succeduto a Margotti; tuttavia non di rado il M. discuteva i problemi direttamente con il papa e comunicava le decisioni a Feliciani, affinché ne informasse gli interessati. Il M. divenne il consigliere più ascoltato di Paolo V per le questioni relative alla Spagna e all’Impero. Godeva inoltre di ampia autonomia negli affari di competenza dell’Inquisizione, dapprima come supplente del cardinale Arrigoni, spesso assente da Roma, e poi come segretario, designato dal papa il 20 ott. 1616. In tale veste si occupò di due controversie ampiamente dibattute in quegli anni: la richiesta presentata al papa da Filippo III di definire il dogma dell’Immacolata Concezione della Madonna e un nuovo capitolo sulla controversia relativa alle lamine di piombo incise in arabo, trovate nel 1595 presso il Sacro Monte di Granado, in cui si leggevano mirabili affermazioni su Maria, che l’arcivescovo di Siviglia Pedro de Castro y Quiñones considerava strettamente correlate all’Immacolata Concezione. Nella seduta del S. Uffizio del 31ag.1617 Paolo V preferì l’opinione del M. rispetto a quella di Roberto Bellarmino, favorevole alla definizione dogmatica, ed emanò un decreto, promulgato il 12 settembre, che vietava di combattere in pubblico la posizione immacolista.
Dopo la morte di Paolo V (28 genn. 1621), il M. mantenne ancora un posto centrale in Curia. Il 6 genn. 1622, al momento di istituire la congregazione di Propaganda Fide, Gregorio XV lo ascrisse tra i membri del nuovo organismo. A lui fu affidata, insieme con i cardinali Ottavio Bandini e Roberto Ubaldini, la redazione della bolla di fondazione, promulgata il 22 giugno, insieme con le attribuzioni del nuovo organismo. Nella ripartizione delle aree di competenza al M. furono assegnati il Portogallo, il Brasile, le Indie orientali e i territori posti sotto il patronato portoghese, che facevano riferimento al collettore di Portogallo.
Nel lungo e combattuto conclave seguito alla morte di Gregorio XV, avvenuta l’8 luglio 1623, la candidatura del M. fu sostenuta dalla fazione capeggiata dal cardinale Scipione Borghese e osteggiata dal gruppo del cardinale Ludovico Ludovisi. Il 22 luglio il M. ottenne 26 voti su 52 e rimase in corsa per il pontificato fino ai primi giorni di agosto, quando i due capi fazione convennero sulla candidatura di Maffeo Barberini che, eletto il 6 agosto, prese il nome di Urbano VIII.
Sotto il nuovo pontefice il M. conservò le attribuzioni di cui aveva goduto nei precedenti pontificati. Dall’attività da lui svolta all’interno di Propaganda Fide appare chiaramente l’intreccio tra le sue numerose competenze.
Il M. si occupò non solo dei territori sottoposti al patronato portoghese, ma anche delle missioni nel Vicino Oriente e delle problematiche proprie del cattolicesimo inglese, come il Collegio inglese di Roma, di cui era comprotettore, e l’istituto delle dame inglesi fondato da Mary Ward, sul quale intervennero tre congregazioni di cui il M. era membro: dei Vescovi e regolari, del S. Uffizio e Propaganda Fide. Particolare importanza rivestì la controversia per il controllo dell’Università di Praga, che vide protagonisti l’imperatore Ferdinando II e i gesuiti da una parte, e l’arcivescovo della capitale boema Adalbert von Harrach, sostenuto dal nunzio Carlo Carafa dall’altra. Propaganda Fide, intervenuta dal 1625, assegnò la pratica al M., che si adoperò per salvaguardare i diritti dell’arcivescovo.
Il 14 apr. 1627 il M. fu trasferito al titolo di S. Lorenzo in Lucina e il 20 ag. 1629 passò all’ordine dei cardinali vescovi, avendo ottenuto la sede suburbicaria di Frascati.
Il M. morì a Roma il 2 ott. 1629 e fu sepolto nella tomba di famiglia in S. Maria del Popolo.
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S. Giordano