GARZONI, Giovanni
Figlio di Bonagiunta, nacque, forse a Pescia, nel Pistoiese, nel secondo decennio del sec. XIV da una delle più importanti famiglie lucchesi di tradizione ghibellina.
Tra i maggiori esponenti della nobiltà rurale, i Garzoni si erano precocemente inurbati, trasferendosi dalla Valdinievole e insediandosi a Lucca. Compresi tra i magnati banditi dallo statuto del 1308, dopo il trionfo dei neri alcuni membri della casata, con le loro famiglie, abbandonarono Lucca e si rifugiarono in un primo momento a Bologna e poi a Venezia. Parte dei Garzoni fuorusciti fecero ritorno in Lucca all'epoca della signoria di Castruccio Castracani, cui dettero appoggio e collaborazione, come dimostra l'esempio di Lippo di ser Bonagiunta Garzoni, che fu consigliere del signore. La scomparsa del Castracani comportò per i Garzoni, da una parte, l'abbandono della Valdinievole attratta nell'orbita d'influenza della guelfa Firenze e, dall'altra, una più intensa partecipazione alla vita pubblica cittadina. La posizione raggiunta da alcuni di loro nell'attività pubblica e l'appoggio dell'imperatore Carlo IV rappresentarono per la famiglia un punto di forza, almeno per quanto riguardava il controllo dei residui possessi nella Valdinievole. In particolare il G., insieme con il fratello Bartolomeo, venne creato conte palatino con diploma del 31 marzo 1376.
Le prime attestazioni documentarie relative all'attività del G. risalgono al 1351, quando egli si rivolse agli Anziani di Lucca per ottenere provvedimenti contro homines di Castelfranco, che gli avevano sottratto 700 capi di bestiame minuto. Iniziò la carriera politica a Lucca nel 1355, quando la città era sotto il dominio di Pisa, come capitano di guerra nelle vicarie di Valleriana e di Valdilima per la conservazione delle fortezze. Nel 1362, approfittando del conflitto allora apertosi tra Pisani e Fiorentini, tentò senza successo di impadronirsi con la forza di Altopascio e di Castelvecchio (quest'ultimo era stato concesso dall'imperatore alla sua famiglia). Degli esordi del G. parla in più occasioni il cronista lucchese G. Sercambi e ne sottolinea soprattutto l'attività militare, ricordando la sua partecipazione, nel luglio del 1363, a un'operazione di rappresaglia compiuta dai Pisani contro le milizie fiorentine: per il suo comportamento il G. si guadagnò il titolo di cavaliere accanto a Ghisello degli Ubaldini, che aveva condotto l'impresa, a Giovanni Della Rocca, a Castruccio Mugia degli Antelminelli, a Dino Lanfranchi e a Niccolò di messer Uberto del Veglio, tutti personaggi noti per la loro fedeltà alla causa antiguelfa. Nel 1365 fu nuovamente vicario di Valleriana. Il Sercambi sottolinea a più riprese il sostegno prestato dal G. al governo di Pisa, contro i tentativi compiuti dai suoi concittadini per liberarsi dall'odiato giogo. Secondo il cronista, ad esempio, sarebbe stato il G. a convincere, nel marzo del 1369, in occasione di una congiuntura critica, il conservatore di Lucca Matteo d'Arezzo, rappresentante del governo pisano, a non allontanarsi dalla città. Tuttavia siamo informati che nell'aprile del 1369, quando Lucca ottenne grazie all'intervento dell'imperatore Carlo IV il riconoscimento della sua libertà, il G. si distinse tra le truppe municipali nei combattimenti che portarono alla riconquista del porto di Motrone in Versilia. Nei mesi successivi, quando sembrò profilarsi l'eventualità di un accordo tra Lucca e i Visconti, il G., secondo quanto afferma il Sercambi, si sarebbe allontanato dalla città insieme con altri concittadini "pogho amici di Lucha". È certo, in ogni modo, che vi aveva già fatto ritorno nell'estate del 1369. Dopo questa data, per alcuni anni, le fonti locali non fanno più menzione del G. e di una sua attività nella regione.
Tra la fine del 1369 e il luglio del 1370 il G. fu podestà di Verona. Si trasferì in seguito a Venezia, dove da tempo risiedevano numerosi membri della sua casata, alcuni dei quali, stando ai dati dell'estimo del 1379, avevano le loro abitazioni tra le contrade di S. Cassian e di S. Gregorio. Nel dicembre del 1372 combatteva al soldo di Venezia contro Francesco il Vecchio da Carrara; l'11 giugno 1373 fu dal doge Andrea Contarini nominato consigliere "apud Capitaneum in campo nostro" (Corsi, p. 50). Il governo della Serenissima gli fu riconoscente per i servizi resi: il 28 marzo 1374 fu infatti beneficiato del privilegio di cittadinanza veneziana "per grazia", mantenendo, a quanto pare, la doppia cittadinanza con l'obbligo delle imposizioni fiscali sia a Lucca sia a Venezia.
La sua fama di uomo d'armi e di "ghibellino" favorì i buoni rapporti tra il G. e i Visconti, testimoniati dalla nomina a podestà di Vercelli, carica che egli ricopriva nella primavera del 1376; dalla nomina, del 6 aprile dello stesso anno, a procuratore di Gian Galeazzo Visconti, per trattare con l'imperatore Venceslao il riconoscimento del titolo di vicario imperiale di Milano; da una lettera di Bernabò Visconti del 7 giugno seguente; dalle successive nomine a podestà di Piacenza e di Lodi. Manteneva allora anche buoni rapporti con i signori di Verona, se è vero che il 6 giugno 1377 Bartolomeo e Antonio Della Scala indirizzarono una lettera agli Anziani di Lucca per ottenergli la licenza di tornare in patria con la sua famiglia. D'altro canto, in un documento milanese del 20 giugno dello stesso anno, pubblicato da L. Osio (p. 190), si fa menzione "de domino Iohanne Garzono gibelino luchensi capite partis, qui requisitus fuit per literas pape, et qualiter litere non fuerunt date sed celate et missa copia Florentinis, qui non vellent dictum dominum Iohannem Lucam accedere". Sul finire del 1377 era podestà a Genova, come risulta da una lettera degli Anziani di Lucca. Conservò quella carica sino alla fine del 1378. In tale veste, nei primi mesi di quell'anno, ricevette un'istanza di alcuni mercanti lucchesi che chiedevano protezione per i loro interessi. Nel 1379 fu nuovamente inviato da Gian Galeazzo Visconti come ambasciatore presso l'imperatore Venceslao. Nel 1384 rivestì la carica di commissario di Pietrasanta per conto del Comune di Lucca. Nella tarda estate del 1385, mentre si trovava a Pavia, ebbe l'onorifico incarico di accompagnare da Lucca a Milano la cognata del consigliere visconteo Bartolomeo Piacentini, donna Caterina, come risulta dal salvacondotto concessogli a tal fine da Gian Galeazzo Visconti il 7 settembre. Militando nuovamente sotto le bandiere della Serenissima, partecipò al conflitto che nel 1386-87 contrappose Padova a Venezia: nel corso delle operazioni venne catturato e trascorse alcuni mesi prigioniero nelle mani dei da Carrara. Nel 1395, come riferisce il Sercambi, fu inviato, insieme con Nicolao Maulini, dal governo lucchese a congratularsi con Gian Galeazzo Visconti, che era stato creato dall'imperatore, il 1° maggio di quell'anno, duca di Milano.
Il G. intrattenne rapporti anche con la Sede apostolica, come risulta da una lettera di Gregorio XI del 10 nov. 1376 e da una missiva dell'antipapa Clemente VII del 29 sett. 1378. Su di essi nulla possiamo dire di certo per la laconicità e il silenzio delle fonti a noi pervenute.
Il G. morì negli ultimi anni del sec. XIV, forse a Lucca, e probabilmente fu sepolto nella chiesa di S. Romano, dove i Garzoni avevano due sepolcri, uno dei quali riservato dal 1348 ai figli e discendenti di Bonagiunta.
Il G. nel 1396 aveva dotato l'altare di S. Giovanni Battista della chiesa di S. Romano. Aveva esercitato, insieme con il fratello Bartolomeo, il patronato sull'altare e sulla cappella dei Ss. Leonardo e Urbano della pieve di Pescia, come attestano documenti del 1367 e del 1374 conservati presso l'Archivio di Stato di Lucca.
Aveva sposato in prime nozze Tuccinella di Princivalle del Veglio e in seconde nozze Dialta di Puccino Muggia degli Antelminelli, appartenenti ambedue a nobili famiglie ghibelline. Da loro aveva avuto numerosi figli, tra cui ricordiamo Giovanni, erudito monaco cistercense che morì a Firenze nel 1410, e Garzone, che svolse per conto di Paolo Guinigi, signore di Lucca (1400-1430), compiti di informatore presso la corte di Gian Galeazzo Visconti tra l'ottobre e il dicembre del 1401.
Fonti e Bibl.: Archivio di Stato di Lucca, Archivio Buonvisi, I, reg. 57, cc. 359rv, 361v, 362rv, 364r-365v, 389v; Diplomatico. Dono Garzoni, 31 marzo 1376; Vicario poi Commissario della Valleriana o Villa Basilica, reg. 28, c. 14r; Manoscritti, 125, c. 156rv; Archivio di Stato di Venezia, Commemoriali, reg. 7, f. 190v; Grazie, reg. 17, f. 21r; G. Gatari - B. Gatari, Cronaca carrarese, a cura di A. Medin - G. Tolomei, in Rer. Ital. Script., 2ª ed., XVII, 1, pp. 78 s., 251 s., 270, 276; G. Sercambi, Le croniche…, a cura di S. Bongi, in Fonti per la storia d'Italia [Medio Evo], XIX, Roma 1892, pp. 122, 156, 158 s., 167 s., 177, 315; C. Salutati, Epistolario, a cura di F. Novati, ibid., XVI, ibid. 1893, p. 139; Inventario dell'Archivio di Stato in Lucca, VI, Archivi Gentilizi, Archivio Garzoni, Lucca 1961, pp. 113-150 (partic. pp. 116 s.); Documenti diplomatici tratti dagli archivi milanesi, a cura di L. Osio, I, Milano 1864, p. 120; Regesti del R. Archivio di Stato in Lucca, II, Carteggio degli Anziani, a cura di L. Fumi, Lucca 1903, pt. I, pp. 81-83, 105-107; pt. II, pp. 98, 101-104, 124, 292, 454, 478 s.; Carteggio di Paolo Guinigi 1400-1430, a cura di L. Fumi - E. Lazzareschi, in Memorie e documenti della storia di Lucca, XVI, Lucca 1925, p. 5; G. Tommasi, Sommario della storia di Lucca, Firenze 1847, pp. 224-227; S. Ammirato, Istorie fiorentine, Torino 1853, III, p. 268; G. Ansaldi, Cenni biografici dei personaggi illustri della città di Pescia, Pescia 1872, pp. 121-132; I. Taurisano, I domenicani in Lucca, Lucca 1914, p. 7; D. Corsi, G. di ser Bonagiunta de' G. da Lucca, in Archivi, s. 2, XXIII (1956), pp. 49-61; C. Meek, Lucca 1369-1400. Politics and society in an early Renaissance City-State, Oxford 1978, p. 308; L. Beunger Robbert, I Lucchesi ed i loro affari commerciali a Venezia al tempo di Castruccio, in Castruccio Castracani e il suo tempo. Atti del Convegno… 1981, Lucca 1984, pp. 187-202 (partic. pp. 198 s.); L. Molà, La comunità dei Lucchesi a Venezia. Immigrazione e industria della seta nel tardo Medioevo, Venezia 1994, pp. 56, 68.