GATTI (Gatto), Giovanni
Figlio di Gerlando, nacque verso il 1420 a Messina, dove il padre, nativo di Agrigento, si era trasferito.
Entrò giovinetto nel convento di S. Domenico della sua città e coltivò un ampio ventaglio di discipline: filosofia, teologia, astronomia e scienze matematiche, diritto canonico e civile, che apprese frequentando diversi Studi italiani. Si dedicò particolarmente alle lingue classiche: latino, ebraico e greco, quest'ultima perfezionata durante un viaggio in Grecia appositamente effettuato.
Fino al 14 febbr. 1451 (non si conosce la data iniziale) insegnò logica nell'Università di Firenze, nella quale il 10 ott. 1454 venne incorporato come lettore delle Sentenze di Pietro Lombardo. Il 25 genn. 1458 ottenne da papa Callisto III il titolo di cappellano pontificio e l'aspettativa su un beneficio secolare in Inghilterra, che gli sarebbe stata successivamente confermata da Pio II il 4 sett. 1462. Nel 1459 dimorò per un certo tempo sull'isola di Chio, dedicandosi allo studio del greco e all'istruzione religiosa della colonia genovese ivi residente.
Dal 1461 al 1466 fu lettore di arti nello Studio di Ferrara; il suo stipendio ammontava nel 1461-62 a 150 ducati, nel 1462-63 a 200 ducati e nel 1465-66 a 300 ducati. Negli anni 1464-65 vi lesse anche teologia. Il 22 ag. 1465 ottenne presso la stessa università il dottorato in diritto canonico. Stando ai suoi biografi, avrebbe insegnato anche a Bologna. In quegli anni compose l'unica opera filosofica conosciuta, la quaestio "Utrum corpus mobile an ens mobile sit primum subiectum in tota philosophia naturali", nella quale si sostiene la dottrina dei tomisti, secondo cui l'ens mobile è l'oggetto primo della fisica (conservato manoscritto alla Bibl. comunale di Siena: cfr. Kaeppeli, 1975, p. 440 n. 2359). Frattanto, nel 1462 era stato nominato dal papa inquisitore per la città e l'archidiocesi di Messina e aveva ricevuto in commenda l'abbazia di Itala in Sicilia, con il compito di ristabilirvi l'osservanza monastica.
Alla fine del 1466 con l'umanista Galeotto Marzi il G. andò a Esztergom per associarsi alla corte dell'arcivescovo Giovanni Vitez, cancelliere del re Mattia di Ungheria e della nuova Università di Pozsony, presso la quale forse insegnò. Il soggiorno in Ungheria dovette essere di breve durata se da un documento del 22 nov. 1467 risulta che il G. era membro del circolo del card. Bessarione, al quale appartennero anche T. Gaza, V. Simonelli di Viterbo, medico del cardinale, N. Perotti, Callisto Andronico, Teofrasto da Narni, D. Calderini e P. Leto. Lo stesso Bessarione consultò il G. per la composizione della sua nota opera filosofica In calumniatorem Platonis (edita a Roma nel 1469) e da lui attinse molte delle sue cognizioni sulla scolastica occidentale. Nel dialogo del francescano dalmata Jurai Dragišić (Giorgio Benigno Salviati) De immutabilitate et libertate Dei (edito dal Vat. lat. 1056 da G.J. Etzkorn, con il titolo De arcanis Dei. Card. Bessarion eiusque socii anno 1471 disputantes…, Roma 1997) il G. compare fra i dotti interlocutori della cerchia del cardinale Niceno, a testimonianza degli intensi legami del G. con questa élite intellettuale.
Il 18 nov. 1468 Paolo II gli affidò in commenda il monastero basiliano dei Ss. Pietro e Paolo in Agrò, nel quale promosse l'insegnamento delle lettere greche.
Il 20 apr. 1472 Bessarione, in compagnia del G. e di N. Perotti, partì per la corte di Francia, inviato da papa Sisto IV per indurre il re Luigi XI alla crociata contro i Turchi. A Lione il G. ricevette la notizia della sua nomina a vescovo di Cefalù (1° giugno), ottenutagli dal re Giovanni d'Aragona, che in precedenza si era servito di lui più volte come ambasciatore presso il pontefice per questioni relative alla Sicilia; la sua candidatura era stata forse sostenuta presso il pontefice anche dal Bessarione. Il 22 apr. 1474 il G. ricevette in commenda il monastero cistercense di S. Maria in Nucharia, in diocesi di Messina. Il 1° sett. 1475 il papa lo trasferì alla sede di Catania il cui vescovo, Francesco Campoli, era morto a Roma prima di potervisi recare. La nomina incontrò l'opposizione di Giovanni d'Aragona che, vantando il diritto di patronato, aveva già designato Bernardo Margarit a quella diocesi e ne vietò quindi l'ingresso al Gatti. Tuttavia, con l'appoggio di Sisto IV, il 1° novembre dello stesso anno il G. riuscì a prendere possesso della sede assegnatagli, che governò per mezzo di vicari: prima Giovanni de Ficarra, poi Andrea Stizzia.
Il conflitto insorto tra Sisto IV e Giovanni d'Aragona venne composto nel 1479 ricorrendo a un compromesso: Bernardo Margarit veniva riconosciuto vescovo di Catania, mentre il G. avrebbe dovuto tornare alla sua precedente sede di Cefalù. Tuttavia, il G. non accettò la soluzione e si ritirò nel convento domenicano di Messina, dedicandosi agli studi; qui intrattenne rapporti cordiali con C. Lascaris, che dirigeva una scuola di greco, il quale gli dedicò la sua operetta Vitae illustrium philosophorum Siculorum et Calabrorum, scritta forse dietro suggerimento del Gatti.
Di lui rimangono poche orazioni: una rivolta ai componenti della Maona di Chio (1459), edita da J. Monfasani (1997, pp. 1335-1338); alcune pronunciate in presenza di Paolo II e Sisto IV, collocabili tra il 1468 e il 1471 (cfr. Kaeppeli, 1975, nn. 2360-2366). Una breve epistola consolatoria rivolta dal G. a Federico da Montefeltro in occasione della morte della moglie di questo, Battista Sforza (1472) è stata edita dal Cinquini (1906). Due orazioni funebri, tenute la prima il 7 maggio 1474 nella chiesa di S. Prassede in Roma in occasione dei funerali del cardinale Alain de Coëtivy e la seconda nell'agosto del 1477, sempre a Roma, a S. Salvatore in Lauro in morte del cardinale Latino Orsini, lo mostrano a lungo assente dalla Sicilia, dove fece definitivamente ritorno solo dopo che gli fu rifiutata la diocesi di Catania.
Il G. morì a Messina prima del 26 nov. 1484 e fu sepolto nella cattedrale.
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