GAVAZZI, Giovanni
Figlio di Giacomo, nacque presumibilmente nell'ultimo quarto del XV secolo a Poscante, piccolo centro della Val Brembana (oggi frazione di Zogno); il nome del padre verrà poi spesso accorpato a quello del figlio dando luogo al Giovanni Giacomo o al Giangiacomo con cui il G. viene talvolta citato.
La sua formazione pittorica avvenne probabilmente in terra bergamasca anche se in seguito il G. fu forse tra i tanti pittori della Val Brembana che lasciarono la propria terra d'origine attratti dal mito della pittura veneziana. La sua attività nella città lagunare non è documentabile, ma di cultura chiaramente veneziana è la pala firmata a datata 1512 ("Jo. Jacobi Gavazi de / Poscantu pinxit / M.D.XII") conservata nella sagrestia della chiesa di S. Alessandro in Colonna a Bergamo, la cosiddetta Madonna dello scoiattolo, probabilmente importata da Venezia (Rossi, 1979, pp. 3-5, 8).
L'ascendenza del veneziano Giovanni Bellini nella tipologia di questa Madonna col Bambino e gli evidenti richiami al bergamasco A. Previtali, anch'egli originario della Val Brembana e poi attivo a Venezia, dimostrano come l'opera fosse stilisticamente attardata rispetto alla data in cui fu eseguita. Infatti, a differenza di quanto affermato dal Pasta (1775, p. 81), che fu il primo a ricordare l'opera in questione come "pittura […] sì delicata e gentile che sembra di Gio. Bellino", il G. si rivela un pittore modesto e in ritardo rispetto allo sviluppo della pittura bergamasca del secondo decennio del Cinquecento, oramai aperta agli innovativi influssi di L. Lotto, attivo in città proprio in quegli anni.
Il Tassi (p. 44), primo biografo del pittore, da lui citato come talmente valente da poter "stare a fronte degli eccellenti professori di quel tempo", ricorda fra le sue opere, oltre alla Madonna dello scoiattolo, un dipinto in casa Appiani a Brescia da lui descritto come Madonna con Bambino e un vecchio, oggi identificato con una perduta Madonna con Bambino, s. Giovanni Battista e s. Caterina; due affreschi rappresentanti S. Apollonia e S. Alberto carmelitano, nella chiesa del Carmine a Bergamo, oggi espulsi dal catalogo del pittore e, infine, un Polittico nella chiesa dei padri riformati del Romacolo di Zogno, oggi smembrato e conservato all'Accademia Carrara di Bergamo, e anch'esso espunto dal catalogo del Gavazzi.
Da allora la storiografia locale andò aggiungendo alle opere citate dal Tassi una grande quantità di altri dipinti, polittici e pale d'altare della Bergamasca, che ampliarono il catalogo del pittore. L'evidente eterogeneità stilistica di tutte queste opere è stata sottolineata per primo dal Fornoni che si è chiesto in proposito come mai "non sia mai nato il dubbio che questi [dipinti] possano appartenere ad autori diversi" (p. 36). La critica successiva ha ridimensionato notevolmente il catalogo del G. attribuendo ad altri pittori bergamaschi, o a mano di ignoti artisti del primo Cinquecento, la maggior parte dei dipinti a lui assegnati e limitando la sua opera al solo dipinto di S. Alessandro in Colonna cui va forse aggiunto un affresco scoperto alcuni anni fa nel santuario della Madonna di Sombreno, nei pressi di Bergamo, ma di incerta attribuzione (Rossi, 1979, pp. 3-9; 1991, p. 240).
Il Fornoni (p. 38) è l'unico a riportare la notizia, non meglio documentabile, che nel 1527 il pittore era già morto ed aveva lasciato un figlio di nome Bernardino, documentato nella "vicinia" di S. Michele dell'Arco.
Una delle tante opere attribuite al G. - quella ricordata dal Tassi in casa Appiani a Brescia - è oggi riferita a Giacomo che, per il suo linguaggio pittorico più avanzato, viene ritenuto figlio del G. (Rossi, 1979, p. 8) e non il padre, come era stato inizialmente ipotizzato (Fornoni, p. 38) sulla scorta della firma presente sulla Madonna dello scoiattolo. La tavola di casa Appiani è perduta ma se ne conserva una riproduzione dalla quale è possibile leggere la firma del pittore ("Iacobus Gavatius de Bergomo pinxit"), trascritta con esattezza dal Tassi (p. 44), che attribuiva però l'opera al Gavazzi. Avrebbe dunque preso il nome del nonno questo pittore, anche lui di probabile formazione veneziana ma poi attivo nella provincia bergamasca a partire dal terzo decennio del XVI secolo. In questo periodo andrebbero infatti collocate la tavola in questione, che costituisce l'unica sua opera certa, e la Madonna con Bambino tra i ss. Girolamo, Agata, Pietro, Maddalena e un donatore, un tempo conservata nella parrocchiale di S. Martino ad Alzano Lombardo e oggi all'Accademia Carrara di Bergamo, attribuitagli da Rossi (1979, p. 8; Milesi, p. 180). Tali opere risentono degli innovativi risultati raggiunti proprio in quegli anni dalla pittura bergamasca grazie ai contributi di Lotto e di G. Cariani ma presentano anche alcuni arcaismi - ad esempio il gruppo del Redentore e angeli nella parte alta della pala di Alzano, che richiama modelli del primo Previtali - che, tuttavia, non sono tali da collocare il dipinto negli stessi anni della tavola di S. Alessandro in Colonna del G., né, tantomeno, in un momento ancora precedente.
Fonti e Bibl.: Bergamo, Biblioteca civica, MMB 364: Miscellanea di notizie patrie (1858), c. 17; Ibid., AB 233: E. Fornoni, Note biografiche sui pittori bergamaschi (1920 ca.), IV, pp. 36-42; F. Bartoli, Le pitture, sculture e architetture delle chiese e d'altri luoghi pubblici di Bergamo, Vicenza 1774, pp. 14 s.; A. Pasta, Le pitture notabili di Bergamo…, Bergamo 1775, pp. 39, 81; F.M. Tassi, Vite dei pittori, scultori e architetti bergamaschi, Bergamo 1793, I, pp. 44 s.; II, a cura di F. Mazzini, Milano 1969-70, pp. 112, 313; L. Lanzi, Storia pittorica della Italia (1795), Firenze 1970, II, p. 40; G. Marenzi, Guida di Bergamo (1824), Bergamo 1985, pp. 103, 123, 134, 169; P. Locatelli, Illustri bergamaschi, Bergamo 1867-69, I, pp. 28, 31 s.; J.A. Crowe - G.B. Cavalcaselle, A history of painting in North Italy (1871), London 1912, III, pp. 437-439; B. Villa, La Valle Brembana con Taleggio e Serina e la Valle Imagna con la Brembilla Vecchia, Bergamo 1895, pp. 26 s., 75; A. Venturi, Esposizione diocesana in Bergamo, in L'Arte, I (1898), p. 454; V. Muzio, Note e ricordi della Esposizione d'arte sacra in Bergamo (agosto-settembre 1898), Bergamo 1899, pp. 11 s.; L. Angelini, Un polittico di scuola bergamasca, in Rassegna d'arte, VI (1906), 4, p. 62; Id., Arte bergamasca. Di una tavola di Andrea Previtali in Alzano Maggiore, ibid., VIII (1908), pp. 136-138; Id., Affreschi cinquecenteschi scoperti in una cappelletta presso Bordogna (Bergamo), in Pagine d'arte, III (1915), 7, p. 58; N. Tarchiani, Una mostra d'arte antica a Bergamo, in Emporium, LI (1920), p. 290; Inventario degli oggetti d'arte d'Italia, A. Pinetti, Provincia di Bergamo, Roma 1931, pp. 13, 54, 167, 332, 361; A. Morassi, La Galleria dell'Accademia Carrara in Bergamo, Roma 1934, pp. 7, 36; B. Belotti, Storia di Zogno e di alcune terre vicine, Bergamo 1942, pp. 262 s.; B. Berenson, Italian pictures of the Reinaissance. Venetian school, London 1957, p. 81; B. Belotti, Storia di Bergamo e dei Bergamaschi, Bergamo 1959, III, pp. 510, 558; L. Pelandi, Attraverso le vie di Bergamo scomparsa. Il borgo di S. Leonardo, Bergamo 1965, p. 108; R. Bassi-Rathgeb, Una tavola firmata del Caversegno, in Arte veneta, XXV (1971), p. 266; M. Lumina, S. Alessandro in Colonna, Bergamo 1977, pp. 150, 152 s.; L. Pagnoni, Chiese parrocchiali bergamasche, Bergamo 1979, pp. 28, 32, 59, 157, 170, 175 s., 210, 241, 283, 287, 305, 331; F. Rossi, Accademia Carrara di Bergamo. Catalogo dei dipinti, Bergamo 1979, pp. 86, 143 s.; Id., in I pittori bergamaschi dal XIII al XIX secolo. Il Cinquecento, III, Bergamo 1979, pp. 1-9; M. Di Tanna, Dal bestiario lottesco: lo "sciurus vulgaris", in Osservatorio delle arti, V (1990), p. 49; S. Milesi, Moroni e il primo Cinquecento bergamasco, Bergamo 1991, p. 180; F. Rossi, in Pittura a Bergamo dal romanico al neoclassico, Milano 1991, pp. 12, 18, 22 s., 240; V. Polli, Dittici, trittici e polittici. Antiche pitture custodite nelle chiese della Valle Brembana, Bergamo 1992, pp. 14, 50; U. Thieme - F. Becker, Künsterlexikon, XIII, p. 299.