CAVALLERINI, Giovanni Giacomo
Nacque a Roma il 16 febbr. 1639, da nobile famiglia originaria di Modena. Studiò presso i gesuiti del Collegio Romano e si laureò in utroque alla Sapienza. Entrò successivamente in Curia in qualità di avvocato; "in un vivacissimo ingegno - scrisse il Cardella - innestò la cognizione della scienza legale e della sacra erudizione". Durante il pontificato di Alessandro VII (1655-67) fu iscritto al clero romano e ottenne la nomina a luogotenente dell'uditore di Camera: incarico che svolse con tanta abilità e onestà da ricoprirlo per ben venti anni, dando quasi l'impressione che le autorità della Curia si fossero dimenticate di lui. Ma Alessandro VIII (1689-1691), appena eletto al soglio pontificio, lo nominò uditore di Rota il 2 dic. 1689. Egli svolse quindi l'attività curiale per lunghi anni e sotto ben sei pontificati; la sua fama di uomo giusto e incorrotto si diffuse ben presto a Roma, facendo di lui uno dei personaggi chiave dell'attività curiale per lunghi anni.
L'attività del C. in Curia si svolse in un delicato periodo di riforma interna dello Stato pontificio, contrassegnato da alcune importanti riforme tendenti a debellare in primo luogo il nepotismo, in secondo le corruttele, almeno le più evidenti, e a conseguire, infine, l'abbattimento delle franchigie. I privilegi goduti infatti dagli ambasciatori stranieri e dal loro seguito avevano creato nel corso del sec. XVII delle situazioni gravi e imbarazzanti per la S. Sede, e avevano compromesso il prestigio del pontefice e la sicurezza della città. Non era certamente facile governare e rendere sicura Roma, piena com'era di spadaccini e di spie, di rifugiati e di proscritti. I maggiori problemi si ebbero soprattutto con i rappresentanti di Luigi XIV, che fin dall'inizio del suo regno non si era dimostrato certo ben disposto verso la S. Sede e che si trovava allora nella favorevole condizione di poter dare il la alla politica e alla diplomazia europea.
Il C. aveva quindi il suo da fare in Curia, quando il 30 giugno 1692 venne incaricato di uno dei compiti più delicati allora sul tappeto, la nunziatura di Francia.
L'atteggiamento antiromano della Chiesa francese aveva trovato in Luigi XIV un alleato prezioso. Nel 1673 egli aveva esteso a tutti i vescovati i diritti di regalia, ossia la facoltà per lo Stato di godere delle entrate episcopali durante la vacanza del titolare e di conferire le prebende; a nulla valsero le energiche proteste del pontefice. La situazione continuò ad aggravarsi e nel 1682 l'Assemblea del clero francese emise i famosi quattro articoli della Chiesa gallicana. Tale atto fu considerato a Roma come un "attentato di ribelli",per dirla con Voltaire (Il secolo di LuigiXIV, Torino 1951, p. 432). In seguito a tale decisione si verificarono atti di vera e propria violenza, quali le angherie cui fu sottoposto il nunzio pontificio Angelo Ranuzzi. Alessandro VIII, salito al trono pontificio nel 1689, assunse un atteggiamento estremamente rigido nei confronti della Francia, il che provocò un ulteriore inasprimento delle posizioni di Luigi XIV. Nel 1691, sul letto di morte, il pontefice pronunciò una solenne e drastica dichiarazione di nullità contro le deliberazioni gallicane. Il rigido atteggiamento di Alessandro VIII favorì il compito del suo successore, Innocenzo XII, e la situazione si avviò verso una soluzione onorevole per entrambe le parti.
In campo francese motivazioni più che plausibili spingevano il re e i suoi ministri a cercare una base di accordo: la riconciliazione con la S. Sede avrebbe portato alla corte di Versailles un senso di distensione e di pace nel momento in cui la lunga guerra della lega di Augusta aveva dato alla Francia intera la sensazione che la politica di Luigi XIV avesse passato ogni ragionevole misura. La riconciliazione con la S. Sede avrebbe procurato notevoli vantaggi in politica interna, e, per quanto riguarda la politica estera, avrebbe potuto avere una benefica influenza sull'atteggiamento nei confronti della Francia dei vari Stati italiani, che avrebbero preferito il predominio francese a quello spagnolo. Nel 1692, inoltre, la Francia si trovava in una situazione disperata dal punto di vista finanziario, sia per le ingenti spese belliche sostenute, sia per la carestia che si era abbattuta sulle sue campagne.
In questo clima, decisamente favorevole ad un accordo tra Francia e S. Sede, il C. con l'approvazione di Luigi XIV, fu nominato nunzio a Parigi il 30 giugno 1692, succedendo al Nicolini, morto il 4 febbraio di quell'anno.
Il 25 giugno 1692 fu creato arcivescovo di Nicea, col mantenimento delle cariche fino ad allora ricoperte; fu inoltre nominato prelato domestico e assistente al soglio pontificio.
Il C. partì subito per la Francia; il primo dispaccio inviatogli dalla Segreteria di Stato reca la data del 22 luglio e l'istruzione di mostrarsi ben fermo in quelle che erano le aspettative del pontefice, senza però tentare di ottenere niente di più per quanto concerneva la questione della regalia, in quanto pretese eccessive avrebbero potuto, tra l'altro, sovvertire tutto l'ordinamento costituzionale francese. Suo compito principale era quello di accordarsi sulla forma della lettera con la quale i membri dell'Assemblea del 1682 avrebbero dovuto dare soddisfazione alla S. Sede. I cardinali francesi, soprattutto il cardinale Forbin, avrebbero voluto che tale dichiarazione fosse la più generica possibile, mentre il papa non intendeva assolutamente deflettere dalle sue rigide posizioni. La questione poté essere formalmente risolta grazie all'abilità diplomatica del Cavallerini.
Tra i vari problemi sul tappeto, inoltre, c'era quello della preconizzazione dei vescovi francesi: negli ultimi concistori infatti erano stati preconizzati soltanto quei prelati che non avevano partecipato all'Assemblea del 1682. Si presentava quindi sempre più urgente una risoluzione per coloro che avevano invece sottoscritto gli ormai famosi quattro articoli. Il C. già dall'agosto del 1692 aveva ricevuto istruzione dal segretario di Stato Fabrizio Spada di ottenere delle dichiarazioni rassicuranti in tal senso dai cardinali francesi; ma non riusciva ad ottenere una giusta formulazione delle lettere da indirizzare al pontefice. Dopo vari incontri e trattative, alla fine il C. trovò la soluzione alla situazione creatasi: egli ottenne cioè da alcuni vescovi francesi la dichiarazione che essi nel 1682 non avevano avuto l'intenzione di appellarsi ad un concilio, ma avevano soltanto voluto lodare l'operato del loro re.
Nei mesi successivi le consultazioni fra le due parti continuarono incessanti, quando nel dicembre 1692 la Segreteria di Stato incaricò il C. di intervenire presso il sovrano e gli inviò le bozze di due lettere che Luigi XIV avrebbe dovuto sottoscrivere per porre così fine alla questione. L'intervento del Bossuet, vescovo di Meaux, fu decisivo a questo punto delle trattative. Il C. nel gennaio del 1693 si recò presso di lui: questi approvò la seconda delle due bozze di lettere inviate da Roma, che avrebbero dovuto essere sottoscritte dal re e dai vescovi, e promise anche che sarebbe intervenuto a questo proposito presso Luigi XIV.
Il 16 febbraio il Bossuet trasmise al C. un nuovo progetto approvato dal re e dai cardinali che andava grandemente incontro alle aspettative del pontefice. Infine il 14 settembre del 1693 Luigi XIV inviò al pontefice una lettera con la quale gli comunicava di aver ordinato che le prescrizioni dell'editto del 1682 sulla dichiarazione del clero francese decadessero. Nello stesso giorno ogni partecipante all'Assemblea del 1682 indirizzò al papa una lettera di scuse.
L'opera del C. ebbe così il meritato successo: le capacità dimostrate nell'attività curiale si rivelarono anche in un campo assai più delicato e difficile. Il 5 ott. 1693 il papa convocò il concistoro, nel quale comunicò la rinuncia di Luigi XIV e le scuse dei vescovi; dopodiché preconizzò ben dodici vescovi francesi.
In riconoscimento dei servizi resi alla S. Sede il C., il 12 dic. 1695, fu creato cardinale prete di S. Bartolomeo all'Isola; era stato ascritto inoltre alle Congregazioni del Concilio, dei Vescovi e regolari, di Propaganda Fide.
Il C. rimase in Francia ancora fino al 1696. Tornato a Roma, vi morì il 18 febbr. 1699. Fu sepolto nella chiesa di S. Carlo ai Catinari.
Oltre che nell'Archivio Segreto Vaticano, numerose lettere e relazioni del C. e di altri a lui, riguardanti gli anni 1692-1696, sono conservate nella Biblioteca Giovardiana di Veroli.
Fonti e Bibl.: Arch. Segr. Vat., Segr. di Stato, Francia, 181-191, passim; G.Palazzi, Fasti cardinalium, V, Venetiis 1703, p. 114; L. Cardella, Memorie stor. de' cardinali, VIII, Roma 1794, pp. 32 s.; P. Richard, Origines et developp. de la Secrétairerie d'Etat Apostolique (1417-1823), in Rev. d'hist. eccl., XI (1910), 4, pp. 740 ss.; M.Dubruel, La provision des évéchés français après la réconciliat. des cours de France et de Rome sous Innocent XI, in Rev. d'hist. de l'Eglise de France, II (1911), pp. 40, 44, 303, 314 ss.; L. Karttunen Les nonciatures apostol. permanentes de 1630 à 1800, Genève 1912, p. 71; B. Katterbach, Referendarii utriusque Signaturae, Romae 1931, p. 332; P. Brezzi, La diplom. pontificia, Milano 1942, pp. 226 ss.; J. Meuvret, Les aspects politiques de la liquidation du conflit gallican - juillet 1691-septembre 1693, in Rev. d'hist. de l'Eglise de France, XXXIII(1947), pp. 257-270 passim; A. G.Martimort, Le gallicanisme de Bossuet, Paris 1953, pp. 635 s., 649, 713; L. von Pastor, Storia dei papi, XIV, 2, Roma 1962, pp. 440, 472; G. Moroni, Diz. di erudizione storico-ecclesiastica, XI, col. 24; G. Mazzatinti, Inventari di manoscritti delle Biblioteche d'Italia, XXXIV, pp. 24 ss.