Giovanni Girolamo Saccheri
Il matematico Girolamo Saccheri è considerato il primo scopritore (seppure suo malgrado) delle geometrie non euclidee. Nella sua opera principale, Euclides ab omni naevo vindicatus (1733), egli cercò di dimostrare l’assoluta verità della geometria euclidea e, assunta la falsità del V postulato di Euclide, trasse un vasto e coerente sistema di conseguenze geometriche nel tentativo di pervenire a una contraddizione. Questa contraddizione non c’era, giacché il postulato euclideo è indimostrabile, e così l’opera di Saccheri si concluse con un fallimento. Nel frattempo, tuttavia, egli aveva edificato i primi sistemi di geometria iperbolica ed ellittica.
Giovanni Girolamo Saccheri nacque a San Remo il 5 settembre 1667. Bambino di prodigiosa intelligenza, straordinaria memoria e grande capacità di ragionamento astratto (sembra che fosse uno scacchista eccezionale), iniziò gli studi nel collegio gesuitico di Genova, e li concluse nel 1694 nel collegio di Brera a Milano, dove studiò matematica con Tommaso Ceva (1648-1737). Nel medesimo 1694 venne ordinato gesuita e si trasferì a Torino come insegnante di filosofia; dal 1699 insegnò matematica, e talvolta teologia e filosofia, all’Università e al Collegio gesuitico di Pavia, dove morì il 25 ottobre 1733.
Fu un professore e un intellettuale assai stimato dai suoi contemporanei e presso la nobiltà sabauda, e la sua fama giunse talvolta anche all’estero (Gottfried Wilhelm von Leibniz ne conobbe alcune opere). La sua cerchia di amicizie comprendeva i matematici Giovanni Ceva (1647-1734, fratello di Tommaso) e Guido Grandi (1671-1742) e venne anche in contatto con il galileiano Vincenzo Viviani (1622-1703). Saccheri non amava scrivere e infatti ha lasciato una scarsa corrispondenza, alcune opere teologiche e poche opere scientifiche. L’Euclide vendicato fu pubblicato frettolosamente (e con qualche incertezza compositiva) nell’anno della sua morte, probabilmente per preservare almeno una parte della sua ampia attività di insegnamento. La vita di Saccheri ci è nota soprattutto attraverso la biografia scritta dal gesuita Francesco Gambarana (1669-1739), oggi edita (Mugnai, Girondino 2012, pp. 246-86; cfr. anche Pascal 1914).
Non vi può essere dubbio che il capolavoro di Saccheri sia l’Euclide vendicato; la scarsa produzione matematica precedente ha per noi valore soltanto documentario, e testimonia da un lato l’acume e la grande felicità dimostrativa di Saccheri, e dall’altro il suo forte conservatorismo intellettuale – il quale è forse anche un sintomo più generale del ritardo culturale dell’Italia al volgere del 17° secolo.
I Quaesita geometrica del 1693 risolvono elegantemente con metodo sintetico euclideo alcuni problemi geometrici che erano stati proposti dal conte Ruggero Ventimiglia. Saccheri stesso nota che tali problemi sono di soluzione banale mediante le tecniche algebriche e indica dunque nell’intento classicista e nell’attaccamento ai metodi dimostrativi antichi l’unico pregio formale della propria opera. Ciò non toglie che alcuni risultati di questa operetta giovanile possano rivestire una certa importanza, per quanto marginale, nella storia della geometria proiettiva (Brigaglia, Nastasi 1984).
La Neo-statica del 1708 si inserisce nei dibattiti fisico-geometrici della scuola galileiana che continuavano un poco stancamente all’inizio del nuovo secolo, senza apportarvi nessuna novità di rilievo. In quest’opera, Saccheri aderisce a una forma di teoria ‘geostatica’ che era stata un poco in voga in Francia negli anni Trenta del 17° sec., ma che poi era stata generalmente abbandonata (sulla Neo-statica cfr. Duhem 1906, 2° vol., pp. 261-65).
Discorso alquanto diverso merita la Logica demonstrativa che, fra le opere di Saccheri, è seconda per importanza solo all’Euclide. Si tratta di un volume derivante probabilmente dalle lezioni universitarie di Saccheri e pubblicato per la prima volta nel 1697 sotto il nome di un suo allievo, il quale aveva forse utilizzato le dispense della Logica per il conseguimento del titolo accademico. La Logica fu ristampata poi varie volte ed edita infine a nome di Saccheri nel 1701 (sulle varie edizioni della Logica cfr. Pagli 2009).
I contenuti della Logica demonstrativa sono piuttosto classici e si adattano alla didattica della logica aristotelica nei collegi gesuitici; in particolare, l’opera di Saccheri sembra dipendere piuttosto significativamente dalla Logica analytica (1670) del gesuita Honoré Fabri (1607-1688; cfr. Mugnai, Girondino 2012). L’impianto generale dell’opera si distingue tuttavia per il peculiare rigore e la grande trasparenza nell’uso dei principi. Le sezioni dedicate alla logica proposizionale e alla teoria delle conseguenze sono soprattutto rimarchevoli, per quanto non aggiungano risultati autenticamente nuovi alla tradizione classica e medievale. L’elemento di maggiore novità dell’opera consiste in alcune dimostrazioni sulla validità o invalidità dei modi sillogistici, le quali sono condotte mediante istanze di quei medesimi sillogismi che si devono validare, e che quindi concludono al proprio risultato mediante un principio di riflessione fra la teoria e la metateoria (cfr. Logica demonstrativa, 1697, trad. it. 2012, pp. 130-32).
La seconda parte della Logica, inoltre, presenta un’articolata teoria della metodologia scientifica che è di grande importanza per la comprensione degli scopi e della struttura dell’Euclide vendicato. Qui Saccheri avanza una complessa epistemologia della matematica che culmina nel programma di dimostrazione di tutti gli assiomi della geometria euclidea. Un assioma è infatti una proposizione evidente, ma non indimostrabile; ed è anzi proprio la sua dimostrabilità a garantirne l’evidenza. Gli assiomi si distinguono tuttavia dai teoremi, in quanto la loro dimostrazione è immediata e priva di premesse.
Essa si può ottenere in due diverse maniere. La prima, e più comune, è la riduzione dell’assioma alle definizioni dei termini che vi compaiono; in questa maniera l’assioma è una semplice conseguenza delle definizioni nominali (ossia delle stipulazioni di significato) dei termini geometrici. Saccheri ritiene che la maggior parte degli assiomi euclidei si lascino dimostrare in questo modo. La seconda maniera di dimostrare un assioma consiste nel procedimento logico detto consequentia mirabilis. Si tratta dell’inferenza che da «non-p implica p» deduce la proposizione p senza ulteriori ipotesi. Questo procedimento logico era stato discusso inizialmente da Girolamo Cardano, ripreso da Cristoforo Clavio, e giunto infine ad accendere un vasto dibattito sul suo statuto logico che aveva coinvolto, fra gli altri, Christiaan Huygens (1629-1695) e il matematico gesuita André Tacquet (1612-1660; per una storia del dibattito cfr. Nuchelmans 1992, e Bellissima, Pagli 1996).
L’idea di Saccheri è che una proposizione provata per consequentia mirabilis sia dimostrata in maniera diretta ed evidentissima, ma che la dimostrazione distrugga in certo senso se stessa, giacché essa mostra che la premessa dalla quale muove (ossia, non-p) è falsa; la proposizione così dimostrata (cioè p), allora, si presenta come verità anipotetica, ed è quindi lecito rubricarla come un autentico assioma. Saccheri ritiene che sia proprio questo il procedimento con il quale Aristotele aveva ‘dimostrato’ il principio di non contraddizione nel Libro IV della Metafisica. Nella Logica demonstrativa Saccheri presenta numerose istanze dell’applicazione di questa inferenza logica, la quale sarà utilizzata in grande stile nell’Euclide vendicato.
L’Euclide vendicato s’iscrive in una solida tradizione di commenti rinascimentali e moderni al testo degli Elementi di Euclide. Fra i molti problemi discussi in questi commentari i più dibattuti erano certamente la teoria del parallelismo e la dottrina delle proporzioni. Gli studi sulla teoria delle rette parallele si concentravano soprattutto sulla possibilità di dimostrare il V postulato di Euclide, il quale appariva troppo complesso e poco evidente per essere annoverato fra i principi della geometria. Le discussioni sulla dottrina delle proporzioni si concentravano soprattutto sulle definizioni del Libro V degli Elementi, le quali sembravano talvolta (complice anche una tradizione medievale corrotta del testo euclideo) inutilmente complicate o altrimenti insoddisfacenti (sugli sviluppi della teoria delle parallele cfr., per es., Pont 1986, oppure Rosenfeld 1988; su quelli della teoria delle proporzioni in età moderna cfr. Giusti 1993).
Nel 1621, l’umanista Henry Savile (1549-1622) aveva definito questi due nuclei problematici «due nèi che deturpano il bellissimo corpo della geometria» (Praelectiones tresdecim in principium elementorum Euclidis, 1621, p. 140). Nel 1693, il matematico John Wallis (1613-1703), che ricopriva la cattedra savilliana di geometria dell’Università di Oxford, pubblicò un opuscolo sui due argomenti nel quale presentava le proprie soluzioni e concludeva dicendo di avere «vendicato» Euclide dalle accuse di inesattezza che gli erano state mosse.
L’Euclide vendicato da ogni neo di Saccheri nasce dunque dall’insoddisfazione delle soluzioni moderne a questi problemi classici, e si divide in due libri, il primo dei quali tratta la teoria del parallelismo, il secondo quella delle proporzioni. Saccheri non vi discute tuttavia soltanto l’opera di Wallis, ma fa ampio riferimento anche ai dibattiti italiani e a quelli di ambiente gesuitico della sua epoca. L’autore di gran lunga più citato è Clavio, che era il più rinomato matematico della Compagnia di Gesù e aveva tentato a sua volta, nel suo commentario agli Elementi (1589), una dimostrazione del V postulato (che Saccheri riconosce come fallace) e una revisione della teoria delle proporzioni. Occupa tuttavia un grande spazio anche la critica alle tesi dello Euclides restitutus (1658) di Giovanni Alfonso Borelli, che rappresenta le ricerche più avanzate della scuola galileiana sulla teoria delle proporzioni, e in generale manifesta un atteggiamento ‘moderno’, assai critico della geometria classica euclidea, che Saccheri ritiene di dover censurare.
Un altro testo molto presente nell’opera di Saccheri è il Cursus mathematicus (1654) di Claude François Milliet Dechales (1621-1678), matematico gesuita che era stato professore a Torino, e che era colpevole, agli occhi di Saccheri, di aver inaugurato quella maniera più facile e meno rigorosa di insegnare matematica nei collegi della Compagnia che egli intendeva avversare con le deduzioni stringenti e astratte del proprio Euclide vendicato. Obiettivi polemici non espliciti (ma identificabili) nell’opera di Saccheri sono il matematico Vitale Giordano (1633-1711), il cui Euclide restituto (1680) offriva un nuovo e importante tentativo di dimostrazione dell’assioma sulle parallele, e i Nouveaux elémens de géometrie (1667 e 1683) del matematico e teologo giansenista Antoine Arnauld (1612-1694).
Il Primo libro dell’Euclide vendicato riguarda la teoria delle parallele ed è senz’altro il più importante. Saccheri vi si propone di dimostrare il V postulato di Euclide e di dimostrare, inoltre, che esso è effettivamente un assioma e non un semplice teorema. Egli intende dunque provare il V postulato mediante un’inferenza per consequentia mirabilis, secondo l’epistemologia matematica avanzata molti anni prima nella Logica demonstrativa. In questa maniera egli avrebbe ‘vendicato’ Euclide, dimostrando che l’antico geometra era stato nel giusto nell’accogliere il V postulato fra i suoi principi autoevidenti.
Saccheri dunque incomincia negando la validità del V postulato, per cercare poi di dimostrarlo proprio a partire dalla sua negazione. Egli considera (proposizioni 1-4) un quadrilatero, detto talvolta «quadrilatero di Saccheri», che ha i due angoli alla base retti e i due lati opposti uguali, e dimostra che i restanti due angoli sono retti (e il lato opposto alla base eguale alla base) se e solo se vale il V postulato. Ma se il V postulato (ossia la «ipotesi dell’angolo retto») non vale, allora è possibile che gli altri due angoli siano entrambi ottusi («ipotesi dell’angolo ottuso») oppure entrambi acuti («ipotesi dell’angolo acuto»). Saccheri sviluppa dunque nel corso del libro le principali conseguenze delle ipotesi dell’angolo ottuso e dell’angolo acuto, che sono in effetti teoremi importanti delle principali geometrie non euclidee, ossia (rispettivamente) la geometria ellittica e la geometria iperbolica. Il suo scopo è quello di provare che da entrambe queste ipotesi segue la verità dell’ipotesi dell’angolo retto, e quindi concludere sull’assoluta verità di quest’ultima (e del V postulato) per consequentia mirabilis.
Fra i molti risultati interessanti che egli ottiene nel corso delle dimostrazioni delle conseguenze delle due ‘ipotesi nemiche’, Saccheri offre una prova molto elegante, e assai nuova nei metodi e nella struttura logica, del fatto che se in un solo quadrilatero vale una delle tre ipotesi, allora in tutti i quadrilateri deve valere la medesima ipotesi (proposizioni 5-7, detti complessivamente talvolta «secondo teorema di Legendre»). Poi dimostra (proposizioni 8-14) l’impossibilità della geometria ellittica, ossia dell’ipotesi dell’angolo ottuso, con un ragionamento formalmente corretto che fa intervenire il II postulato euclideo sull’infinità delle rette (che è un postulato falso in geometria ellittica). È tuttavia possibile dubitare che egli vi sia veramente pervenuto per consequentia mirabilis (De Risi 2011, pp. 134-37). Segue il cosiddetto «primo teorema di Legendre» sul difetto angolare dei triangoli iperbolici (proposizioni 15 e 16), vari altri risultati generali sulle grandezze angolari (proposizioni 17-20), e la dimostrazione del «principio di Aristotele» (teorema 21 e scolii) il quale afferma che in geometria euclidea e iperbolica la distanza fra due rette che formano un angolo aumenta sempre.
I teoremi successivi (proposizioni 22-32) sono i più importanti di tutta l’opera e classificano le proprietà di incidenza delle rette iperboliche, distinguendo in tre classi mutuamente esclusive le rette incidenti, le rette parallele asintotiche e le rette ultraparallele, e introducendo il concetto fondamentale di angolo di parallelismo. Saccheri svolge poi una digressione su altri assiomi e postulati della geometria elementare, offrendone certe dimostrazioni per semplice comprensione dei termini (di nuovo, secondo il progetto epistemologico della Logica), e da qui conclude che due rette non possono essere tangenti senza coincidere completamente. Egli estende tuttavia erroneamente quest’ultimo risultato anche ai punti all’infinito, e ritiene di aver trovato una contraddizione nella «ipotesi dell’angolo acuto», perché in geometria iperbolica vi sono rette asintotiche che sarebbero tangenti «all’infinito» senza coincidere completamente. Conclude dunque (proposizione 33) affermando la verità del V postulato.
La refutazione della geometria iperbolica non passa quindi, propriamente, per nessun errore matematico significativo, ma soltanto per un’indebita estensione delle proprietà delle rette dal finito all’infinito. Saccheri, in ogni modo, ritiene che la dimostrazione appena offerta sia insoddisfacente: non perché egli ne ravvisi l’errore, ma perché essa conclude per semplice riduzione all’assurdo e non per consequentia mirabilis. Egli aggiunge dunque una lunga discussione (proposizioni 34-39) sulle proprietà degli ipercicli (le curve equidistanti da rette iperboliche date), e offre una seconda dimostrazione, per consequentia mirabilis, del V postulato. Questa seconda prova è tuttavia completamente e grossolanamente errata, e inciampa in considerazioni assai semplici di analisi infinitesimale. Ciò mostra assai bene come Saccheri, che era un geometra classico davvero abilissimo nelle costruzioni di geometria sintetica, pagasse il proprio iperconservatorismo scientifico con una quasi totale ignoranza dei nuovi metodi analitici, i quali diventano necessari quando si voglia procedere un poco oltre i risultati elementari di geometria iperbolica (sui risultati di Saccheri in geometria non euclidea cfr. Bonola 1906, Agazzi, Palladino 1998 e De Risi 2011).
La chiusura di Saccheri nei confronti dei nuovi metodi algebrici e analitici è particolarmente dannosa nel Secondo libro dell’Euclide vendicato, il quale presenta una vasta costruzione sulla teoria euclidea delle proporzioni. Saccheri vi offre alcuni risultati di una certa importanza riguardo alla struttura logica e ai principi assiomatici della teoria euclidea delle grandezze, nonché alcune critiche ben mirate di alcuni tentativi di riforma radicale di questa teoria (come quello di Borelli). Non vi si trovano tuttavia teoremi positivi di qualche rilievo, e la discussione di Saccheri sull’argomento era già assai invecchiata quando fu pubblicata: le sottili dispute dell’Euclide vendicato erano state soppiantate da molti anni dall’impiego dell’algebra e dell’analisi che avevano reso sotto molti aspetti obsoleta la teoria classica delle proporzioni per qualsiasi impiego scientifico effettivo.
L’importanza dell’Euclide vendicato sta certamente nell’aver offerto la prima trattazione ampia delle proprietà elementari della geometria ellittica e iperbolica, e d’aver individuato tre diversi sistemi geometrici in base alle proprietà di parallelismo. I limiti dell’opera si trovano essenzialmente nella menzionata chiusura di Saccheri alle nuove tecniche algebrico-analitiche, che non soltanto lo condusse all’errore di credere di aver confutato la geometria iperbolica come impossibile, ma gli impedì anche di esprimere quantitativamente le importanti proprietà geometriche che egli aveva scoperto. I progressi delle geometrie non euclidee nel secolo seguente sono per lo più da attribuirsi all’uso che i matematici successivi fecero dell’analisi infinitesimale in ambito geometrico.
Questi matematici più tardi, in ogni caso, ebbero (come sembra) notizia solo indiretta dell’opera di Saccheri, la quale non godette di grande fortuna nel 18° sec. (proprio perché alquanto antiquata già al suo apparire). Le sue ricerche furono note al filosofo Thomas Reid (1710-1796), che pure ebbe certi meriti nell’assiomatizzazione della geometria sferica. La più ampia trattazione (critica) della teoria delle parallele di Saccheri si trova però in una fortunata Recensio del 1763 del matematico tedesco Georg Simon Klügel (1739-1812), che ebbe vasta eco in Germania e fu letta, fra gli altri, da Johann Heinrich Lambert (1728-1777), il quale fu indotto a tentare una dimostrazione del V postulato. Lambert discute a lungo delle proprietà dello spazio iperbolico nella sua Theorie der Parallellinien (1766, pubblicata nel 1786), senza tuttavia superare di molto i risultati di Saccheri – se non, appunto, nell’analisi quantitativa. Fu probabilmente attraverso le opere di Klügel e di Lambert che i successivi protagonisti della rivoluzione non euclidea, Carl Friedrich Gauss (1777-1855), Nicolai Lobačevskij (1792-1856) e János Bolyai (1802-1860) poterono conoscere qualcosa dei risultati di Saccheri. Non sembra invece che Adrien-Marie Legendre (1752-1833) fosse a conoscenza del libro del gesuita. L’Euclide vendicato si trova menzionato brevemente in alcuni repertori bibliografici settecenteschi e in poche opere minori italiane di inizio Ottocento, ma poi scompare quasi del tutto nel 19° secolo. Fu riscoperto dal matematico Eugenio Beltrami (1836-1900), che, in un celebre articolo (Beltrami 1889; cfr. anche Segre 1902-1903), ne volle vedere il precursore degli scopritori delle geometrie non euclidee.
Da allora l’Euclide vendicato è abbastanza noto, è stato tradotto in inglese, tedesco e italiano, e i suoi risultati principali (nonché la strana vicenda della sua composizione) sono menzionati sovente nei manuali di geometria elementare.
Quaesita geometrica a comite Rugerio de Vigintimillijs omnibus proposita […], Mediolani 1693.
Logica demonstrativa, Torino 1697 (trad. it. Logica dimostrativa, a cura di M. Mugnai, M. Girondino, Pisa 2012).
Neo-statica […], Mediolani 1708.
Euclides ab omni naevo vindicatus, Mediolani 1733 (trad. it. Euclide vendicato da ogni neo, a cura di V. De Risi, Pisa 2011).
E. Beltrami, Un precursore italiano di Legendre e di Lobatschewsky, «Rendiconti dell’Accademia dei Lincei», 1889, 5, pp. 441-48.
C. Segre, Congetture intorno all’influenza di Girolamo Saccheri sulla formazione della geometria non euclidea, «Atti della regia Accademia delle scienze di Torino», 1902-1903, 38, pp. 351-63.
A. Favaro, Due lettere inedite del P. Girolamo Saccheri d.C.d.G. a Vincenzo Viviani, «Rivista di fisica, matematica e scienze naturali», 1903, 47, pp. 426-30.
P. Duhem, Les origines de la statique, 2 voll., Paris 1905-1906.
R. Bonola, La geometria non-euclidea. Esposizione storico-critica del suo sviluppo, Bologna 1906.
A. Pascal, Girolamo Saccheri nella vita e nelle opere, «Giornale di matematiche di Battaglini», 1914, 52, pp. 229-51.
A. Agostini, Due lettere inedite di Girolamo Saccheri, «Memorie della reale Accademia d’Italia. Classe di scienze fisiche, matematiche e naturali», 1931, 2, pp. 3-20.
L. Tenca, Relazioni fra Gerolamo Saccheri e il suo allievo Guido Grandi, «Studia Ghisleriana», 1952, 1, pp. 19-45.
A. Brigaglia, P. Nastasi, Le soluzioni di Girolamo Saccheri e Giovanni Ceva al “Geometram quaero” di Ruggero Ventimiglia. Geometria proiettiva italiana nel tardo Seicento, «Archive for history of exact sciences», 1984, 30, 4, pp. 7-44.
J.-C. Pont, L’aventure des parallèles. Historie de la géométrie non euclidienne: précurseurs et attardés, Berne 1986.
B.A. Rosenfeld, A history of non-euclidean geometry. Evolution of the concept of a geometric space, New York 1988.
G. Nuchelmans, A 17th-century debate on the consequentia mirabilis, «History and philosophy of logic», 1992, 13, 1, pp. 43-58.
E. Giusti, Euclides Reformatus. La teoria delle proporzioni nella scuola galileiana, Torino 1993.
F. Bellissima, P. Pagli, Consequentia mirabilis. Una regola logica fra matematica e filosofia, Firenze 1996.
E. Agazzi, D. Palladino, Le geometrie non euclidee e i fondamenti della geometria dal punto di vista elementare, Brescia 1998.
P. Pagli, Two unnoticed editions of Saccheri’s “Logica demonstrativa”, «History and philosophy of logic», 2009, 30, 4, pp. 331-40.
V. De Risi, introduzione e note a G. Saccheri, Euclide vendicato da ogni neo, Pisa 2011, pp. VII-LXXIX e 115-248.
M. Mugnai, M. Girondino, introduzione e note a G. Saccheri, Logica dimostrativa, Pisa 2012, pp. IX-LXVII e 246-58.