CAPPELLARI, Giovanni Giuseppe
Nato il 14 dic. 1772 a Rigolato (Udine) da Osvaldo e da Maria Maddalena Gussetti, dopo i primi studi compiuti presso l'arcidiacono del suo paese natale e altri sacerdoti della Carnia, passò all'università di Salisburgo per laurearsi in filosofia, ma per circostanze di famiglia non meglio precisate dovette sospendere la frequenza. La stessa causa lo costrinse a interrompere gli studi teologici iniziati nel seminario di Udine, ma poté riprenderli qualche tempo dopo ed essere ordinato sacerdote il 19 febbr. 1796. Venne destinato all'insegnamento ai chierici del seminario: umanità, filosofia, Sacra Scrittura, storia ecclesiastica, dogmatica furono oggetto delle sue lezioni, in parte ancor oggi rimasteci. Del seminario udinese divenne anche rettore (1812), ma poco tempo dopo, nella riorganizzazione fatta dall'I. R. governo austriaco dell'università di Padova in seguito alla caduta del Regno italico, il C. fu nominato senza concorso e a sua insaputa, nonostante mancasse della laurea, professore di teologia morale (1815). Lunga parte della sua vita trascorse successivamente a Padova, impegnato all'università, dove oltre che insegnare teologia morale e diritto canonico, cattedra alla quale fu trasferito nel 1819, tenne corsi di Sacra Scrittura e per ben due volte, nel 1818 e nel 1831, fu pure eletto rettore magnifico. Frattanto conseguì il 25 giugno 1816 la laurea in teologia e il 22 genn. 1826 quella inutroque iure. Come esperto di diritto canonico, fu consultato dai vescovi della regione e in modo particolare da quello di Padova e dal patriarca di Venezia. Come rettore ebbe modo nel 1831 di difendere alcuni sacerdoti insegnanti, accusati di essere antiaustriaci.
Aveva già sessant'anni, e credeva - come confesserà egli stesso nella sua prima lettera pastorale - di poter presto ritirarsi a vita privata, quando gli giunse inaspettata la nomina a vescovo di Vicenza da parte dell'imperatore (5 genn. 1832) e la conferma papale (2 luglio).
Fu consacrato il 18 novembre dello stesso anno nella cattedrale di Padova, di cui era pure canonico dal 1823 e fabbriciere, da quel vescovo, mons. Modesto Farina.
Sua prima cura fu quella di compiere la visita pastorale di quell'ampia diocesi che allora contava ben 209 parrocchie e 22 curazie, per conoscerne i bisogni e poter direttamente incontrarsi col popolo. Suo proposito era anche quello di convocare il sinodo, alla cui preparazione attendeva una commissione nominata dal suo predecessore mons. Peruzzi, ma diverse circostanze, tra cui il parere contrario dell'autorità civile, glielo impedirono. Nel governo pastorale il suo impegno più notevole fu quello del seminario, cui non solo procurò una nuova sede, costruita da Francesco Lazzari, professore dell'Accademia veneziana, capace di accogliere 300 alunni, ma del quale volle riformati gli studi: dette più larga parte alla filosofia e alla teologia nei confronti della retorica e dell'umanità, modificando nel 1857 il piano di studi imposto dal governo dopo il 1848 e giudicato farraginoso, anche a costo di rinunciare al riconoscimento del titolo di studio per i chierici (ottenuto nel 1853); ritoccando nel 1838 e ancora nel 1854 in armonia con le nuove esigenze il regolamento e sostituendo dispense ai testi fissati dal governo; inoltre, pur prescrivendo la lingua latina per l'insegnamento, volle che fosse eliminato l'apprendimento mnemonico delle lezioni. Anche l'aver stabilito che nel ginnasio l'insegnamento della religione fosse impartito dal rispettivo professore di classe e non da un catechista potrebbe essere segno di una volontà di impedire un distacco tra religione e cultura e tra religione e vita. Ma dove l'apertura alle idee moderne più si manifestò fu nell'aver voluto per il seminario insegnanti quali don Giacomo Zanella per le lettere, don Giovanni Rossi, fratello dell'industriale Alessandro, per la filosofia, don Giuseppe Fogazzaro, zio di Antonio, per la dogmatica. E cercò di difenderli, ma invano, quando il governo austriaco, sconfitta la rivoluzione del 1848, pretese l'allontanamento del Fogazzaro e del Rossi e le dimissioni dello Zanella. Pure con cui accolse la notizia della proibizione delle Cinque piaghe del Rosmini ci sembra vada inquadrata in quell'attenzione ai tempi nuovi, in ciò che essi potevano avere di positivo per la Chiesa e per la società.
Nella primavera del 1848, pur accettando di cantare il Te Deum e benedire la nuova amministrazione e di eccitare, anche se in tono moderato, alla difesa della città e alla costituzione dei corpi franchi, non si era certo mostrato eccessivamente entusiasta di fronte agli avvenimenti, sia per la sua mentalità legittimista, sia per prudenza, anche perché pensava che l'Austria avrebbe schiacciato la "rivoluzione". Dopo il 1848, di fronte alla reazione anticlericale seguita al fallimento del mito neoguelfa, egli divenne, come molti altri, più intransigente e vide nell'Austria la tutela della religione, soprattutto dopo il concordato del 1851 favorevolissimo alla Chiesa, da lui accolto con soddisfazione.
Della sua opera pastorale va sottolineato lo appoggio dato alla fondazione della Congregazione degli esercizi spirituali per quelle "missioni al popolo", "predicazione istruttiva e popolare" - come sottolineerà il C. nella sua lettera di approvazione -, che tanta efficacia avevano avuto nel passato e che erano allora un po' trascurate; la costituzione di nuove parrocchie sia in città sia nel contado, per poter meglio soddisfare i bisogni spirituali della popolazione; la collaborazione data al ritorno degli Ordini e Congregazioni religiosi sulla cui opera faceva gran conto, al rassodamento dell'istituto di S. Dorotea per il quale ottenne nel 1837 l'approvazione sovrana e nel 1839 quella papale, e ai Figli della carità, istituiti nel 1836 per l'"educazione dei figli poveri, abbandonati, vagabondi, scostumati che si dicevano berechini, ora figli di carità". La sua preoccupazione per i poveri si manifestò nell'assidua partecipazione alle sedute della Commissione generale della pubblica beneficenza - e ciò mentre lo statuto ne richiedeva la presenza solo quattro volte l'anno - e alla Commissione straordinaria di pubblico soccorso, istituita per venire incontro a quanti avevano dovuto sopportare le conseguenze della guerra, e in modo particolare con la sua azione a favore dei colerosi nel 1835-36. Diede pure il suo appoggio alla casa di ricovero e di industria e alla prima conferenza di S. Vincenzo de' Paoli, fondata a Vicenza nel 1856. Egli stesso stabilirà nel suo testamento che gran parte della sua biblioteca fosse venduta e il ricavato dato ai bisognosi. Manifestazione di carità e contemporaneamente di comprensione dei tempi nuovi ci sembra invece l'appoggio da lui dato alla Società di mutuo soccorso per gli artigiani, fondata nel 1858 dal Bertolini e dal Lampertico con scopi associativi e assistenziali.
In mezzo a tutte queste sue attività egli sentiva pure il peso delle responsabilità e degli anni così da maturare, prima nel luglio del 1848 e poi nell'aprile del 1850, il proposito di notificare all'imperatore e al papa le sue dimissioni, che però vennero respinte.
Il C. morì a Vicenza il 7 febbr. 1860.
Fonti e Bibl.: Fondamentale per la ricostruzione della vita e dell'azione pastorale del C. è il Fondo Cappellari, bb. 1-4 del Seminario vescovile di Vicenza, che contiene un fascicolo intitolato "Notizie intorno a Gio. Giuseppe Cappellari vescovo di Vicenza", documenti vari riguardanti il suo episcopato, lettere a lui indirizzate, testimonianze su di lui, manoscritti di suoi discorsi ed omelie, gli appunti delle lezioni di filosofia e di dogmatica da lui tenute nel seminario di Udine e quelli del corso di teologia morale del 1815 all'università di Padova. Gli atti della visita pastorale sono invece nell'Arch. della Curia vescov. di Vicenza, Visitationum, b. 22/0574, come pure quelli ufficiali del suo ministero, Atti di Curia, dalla b. 14/0520 alla b. 27/0533. Tra le lettere pastorali edite ricordiamo la sua prima Epistola pastoralis ad clerum et populum Vicentinae Dioecesis, Padova 1832 (tradotta pure in italiano: Venezia 1832) e quelle in occasione dei fatti del 1848: Lettera pastorale ai parroci della città e diocesi 3 apr. 1848; Lettera pastorale al popolo della città e diocesi 28 apr. 1848; Lettera pastorale ai cittadini di Vicenza1º maggio 1848, tutte stampate a Vicenza nello stesso anno.
Per quanto riguarda gli scritti su di lui occorre anzitutto citare quelli numerosi editi nella circostanza della morte: A. Capparozzo, Elogiofunebre a mons. vescovo G. G. C… nelle solenni esequie fatto dal Comune, Vicenza 1860; G. B. Dalla Valle, Laudatio in funere I. I. C. episcopi Vicentini, Vicetiae 1860; D. Villa, Ossequio funebre in Bassano ... nel trigesimo della morte del ill. e rev. mons. G. C., Bassano 1860; F. Farina, Elogiofunebre di mons. G. G. C. ... recitato nella chiesa del suo seminario, Vicenza 1860; G. B. Dalla Valle, Discorso pel collocamento del cuore di mons. vescovo C. nella chiesa del nuovo seminario, Vicenza 1860; G. Costa, Cenni biografici dell'immortale G. G. C. vescovo di Vicenza, Vicenza 1860; F. Mercante, Mons. G. G. C. Commemorazione, Verona 1860; P. Rossato, Per l'inaugur. della statua di mons. G. G. C., Vicenza 1863. Sono però degli opuscoli che valgono di più come testimonianza di affetto e di rimpianto che non per i dati storici che forniscono. Più ampio e documentato svolgimento hanno invece i due volumi comparsi in occasione del cinquantesimo (T. Veggian, G. G. C., vescovo di Vicenza, Vicenza 1910) e del centesimo anniversario della morte (G. Mantese, G. G. C. vescovo di Vicenza nel primo centenario della morte, Vicenza s.d., ma 1961). Per la sua opera per il seminario cfr.: La inauguraz. del nuovo seminario di Vicenza, Vicenza 1854; C. Cagliaro, Storia del seminario vescovile di Vicenza, Vicenza 1936, pp. 83-165; G. Mantese, La collaborazione del rettore A. Graziani col vescovo G. C. nell'erezione del seminario di Vicenza, Vicenza 1942; Id., Ilseminario e la vita religiosa vicentina negli ultimi cento anni, Vicenza 1954, pp. 3-42. Un breve profilo dell'episcopato del C. è pure in Id., Memorie storiche della Chiesa vicentina, V, Vicenza 1954, pp. 29-38. Per la ricostruzione dell'ambiente vicentino di quegli anni e qualche nuovo apporto alla biografia del C. cfr.: Id., La cultura religiosa e gli studi teologici a Vicenza negli anni dell'unificazione italiana, in Chiesa e Stato nell'Ottocento. Miscell. in onore di Pietro Pirri, II, Padova 1962, pp. 391-418 (in particolare pp. 393 s., 397-399); A. Gambasin, Il clero padovano e la dominaz. austriaca: 1859-1866, Roma 1967, pp. 28, 83, 115, 252; Aspetti di vita pubblica e amministr. nel Veneto intorno al 1866, Vicenza 1969, pp. 49, 72, 75, 77, 84, 89, 94, 113, 288-290, 292, 301; C. Mantese, Rosmini nell'ambiente liberale e liberale moderato dell'800 vicentino, in Rosmini e il rosminianesimo nel Veneto, Verona 1970, pp. 227-252; E. Reato, Le origini del movimento cattolico a Vicenza: 1860-1891, Vicenza 1971, pp. 10 s., 21, 30 ss., 429 ss. 645 813-96; Cattolici e liberali veneti intorno al problema temporalistico e alla questione romana, Vicenza 1972, pp. 185 s., 209, 319, 455.