GLORIA, Giovanni
Nacque a Padova nel 1684. Probabilmente figlio dell'intagliatore Girolimo Gloria (Sartori), attivo per la basilica del Santo nel 1720, dovette formarsi anch'egli come intagliatore sulle orme paterne. Già verso la fine del secondo decennio del Settecento, il G. era in stretti rapporti con Girolamo Frigimelica Roberti. Questi dovette educarlo nella pratica dell'architettura, facendosi aiutare dal G. nei disegni per il rifacimento interno e la nuova facciata (mai portata a termine) della cattedrale di Padova, per la nuova Biblioteca universitaria e per la ricostruzione di villa Pisani a Stra.
Le prime opere scultoree documentate del G. sono i bassorilievi in legno che ornano la cantoria e il pulpito della chiesa arcipretale di Ponte di Brenta, risalenti al 1733 (Semenzato).
Nell'episodio dell'Adorazione dei pastori, posto sulla fronte della cantoria, la scioltezza della narrazione ricorda il fare di Giovanni e Antonio Bonazza, soprattutto le scene di soggetto analogo (l'Adorazione dei pastori e l'Adorazione dei magi) eseguite dai due scultori veneziani tra il 1730 e il 1732 per la cappella del Rosario nella chiesa dei Ss. Giovanni e Paolo a Venezia.
Tra il 1732 e il 1740 il G. fu impegnato nell'edificazione dello scalone, tuttora esistente, che conduce nella sala capitolare della Scuola del Santo presso la basilica di S. Antonio a Padova. In data imprecisata realizzò anche il pulpito ligneo e l'altare di S. Libera nella chiesa di S. Maria del Carmine. Ben nota è, invece, la vicenda della progettazione dei nuovi scaffali per la biblioteca del seminario vescovile; a partire dal 1720, infatti, su iniziativa del vescovo di Padova, cardinale Giorgio (II) Corner, si erano iniziati ad ampliare i locali dell'aula meridionale destinati a ospitare una nuova sala per la custodia e la consultazione dei volumi. Da una serie di pagamenti (Padova, Archivio del Seminario, Libro a tagli 1722-1740: Di Mauro, p. 104) è possibile circoscrivere l'esecuzione dei lavori agli anni compresi tra il 1740 e il 1744.
L'inizio si desume da una causale di pagamento a Francesco Benato "per aver fatto li bucchi per gli armari della libreria nuova" in data 7 nov. 1740, mentre ancora nel 1742 il G. pagava il trasporto di "tole di nogara" nella sua bottega; infine, nel 1744, gli veniva recapitato altro legno per "far vasi per la libreria nuova" (ibid.), vale a dire gli ornamenti che costituiscono il coronamento della struttura.
Nel 1739 il G. venne registrato con la qualifica di "marangon" come residente a Padova nella parrocchia di S. Egidio, con la moglie Caterina e i figli Girolamo, Domenico, Marina, Rinaldo, Maria e Chiara. Il fatto che gli ultimi pagamenti per la libreria vengano diretti ancora al "marangon Gloria", testimonia come fino ad allora fosse noto soprattutto come intagliatore, nonostante già da tempo, grazie ai rapporti con il Frigimelica, avesse cominciato a occuparsi anche di architettura.
Un'innegabile imponenza architettonica, del resto, è l'effetto prodotto dall'insieme delle scaffalature, che nella sovrapposizione di due ordini di paraste ioniche, con un'elegante balaustra a divisione dei due livelli (l'inferiore più avanzato), ricorda il precedente arredo della biblioteca dei benedettini dell'isola di San Giorgio Maggiore a Venezia, eseguito tra il 1665 e il 1671 dal tedesco Francesco Pauc sulla base di un disegno di Baldassarre Longhena. In un insieme in cui la gradevolezza delle linee decorative è prova di una sicura padronanza del linguaggio tardobarocco, per altro stigmatizzato da G. Valentinelli a metà Ottocento perché "non del tutto rispettoso delle regole classiche" (Di Mauro, p. 106), sono celati alcuni accorgimenti funzionali di grande ingegno, come le scale per salire al livello superiore poste all'interno degli angoli dell'avancorpo e gli stipi per i manoscritti situati dietro le lesene.
È di poco successivo un impegno che sancisce l'inizio della partecipazione attiva del G. a imprese di più largo respiro: tra il 1748 e il 1750, infatti, gli venne affidata la direzione dei lavori per la costruzione del teatro Nuovo, oggi Verdi, su progetto dell'architetto reggiano Antonio Cugini. È ovvio, naturalmente, che il conferimento al G. di un tale incarico era dovuto alla netta predominanza delle strutture in legno rispetto alle parti in altri materiali che caratterizzava i teatri del tempo. Il teatro padovano era stato ideato con una cavea centrale circondata da quattro file di palchi destinati alla nobiltà cittadina, poi modificate in successivi interventi. Il G. fu anche autore, in anni imprecisati, del progetto per la chiesa di S. Rosa a Padova, demolita nel 1810.
Di mano del G., ancora in qualità di intagliatore, sono gli stalli del coro e il baldacchino per l'altare maggiore della basilica del Santo, eseguiti in un lasso di tempo posteriore all'incendio del 1749. Il baldacchino, oggi non più esistente, fu eseguito su disegno di Giorgio Massari tra il 1751 e il 1752.
Nel 1755 il G. presentò al capitolo della cattedrale padovana un progetto molto dettagliato per l'edificazione della cupola centrale.
Sebbene approvato in un primo tempo, nel maggio del 1756 Giorgio Massari propose alcune modifiche da apportare al bulbo e al profilo esterni della cupola; tali modifiche furono probabilmente inserite nel progetto del G. che, ancora nel 1759, ricevette emolumenti sia per la direzione dei lavori sia per i disegni realizzati.
Nel 1759 il G. propose al capitolo della cattedrale un modello al vero per la realizzazione di un altare del Santissimo, ornato da rilievi in bronzo di Giacomo Gabano, che costituisce l'ultima testimonianza del suo operato; l'opera, ancora incompiuta tre anni più tardi, dovette essere terminata secondo le direttive di Massari dopo la morte del Gloria.
Il G. morì a Padova probabilmente intorno al 1759.
Fonti e Bibl.: G. Valentinelli, Della Biblioteca del Seminario di Padova, Venezia 1849, p. 4; N. Pietrucci, Biografia degli artisti padovani, Padova 1858, pp. 139 s.; C. Semenzato, G. G., Jacopo Gabano, Agostino Fasolato, in Padova, III (1957), 10, pp. 13 s., 18; G. Bresciani Alvarez, La cattedrale, in Padova. Basiliche e chiese, a cura di C. Bellinati - L. Puppi, Vicenza 1975, pp. 94-97; R. Maschio, I luoghi teatrali, in Padova. Case e palazzi, a cura di L. Puppi - F. Zuliani, Vicenza 1977, pp. 313 s.; A. Sartori, Archivio Sartori. Documenti di storia e arte francescana, I, a cura di G. Luisetto, Padova 1983, pp. 871-873; IV, ibid. 1989, p. 322; G. Lorenzoni, Un possibile percorso tra le sculture, in Le sculture del Santo di Padova, a cura di G. Lorenzoni, Vicenza 1984, p. 231; G. Toffanin, Cento chiese padovane scomparse, Padova 1988, p. 165; A. Pasetti Medin, "Fabbrica costrutta alla perpetuità": documenti per la storia architettonica del seminario dal Seicento al Novecento, in Il seminario di Gregorio Barbarigo. Trecento anni di arte, cultura, fede, a cura di P. Gios - A.M. Spiazzi, Padova 1997, pp. 43, 60; A. Di Mauro, Gli armadi della biblioteca e i mobili del seminario, ibid., pp. 103 s., 106, 114; U. Thieme - F. Becker, Künstlerlexikon, XIV, p. 264.