GORIA, Giovanni
Nacque ad Asti, il 30 luglio 1943, da Luigi, geometra dipendente comunale, e da Pierina Ferrero, commerciante in generi alimentari. Dopo aver conseguito il diploma di ragioniere il G. s'iscrisse alla facoltà di economia e commercio dell'Università di Torino, dove si laureò, nel 1967, discutendo con S. Ricossa una tesi dal titolo Organismi e istituti operanti nel quadro della programmazione regionale in Italia.
Responsabile dell'Ufficio studi e programmazione dell'Amministrazione provinciale di Asti e poi della locale Camera di commercio, dal 1974 al 1976 fu amministratore della Cassa di risparmio di Asti. Il G. percorreva intanto una rapida carriera politica nelle file della Democrazia cristiana (DC), partito al quale si era iscritto giovanissimo nel 1960 e del quale nel 1975 divenne segretario provinciale. Pur non avendo mai fatto parte degli organi elettivi delle amministrazioni locali, fu candidato alla Camera dei deputati nelle elezioni politiche del 20 giugno 1976 e risultò eletto nella circoscrizione Cuneo-Alessandria-Asti con 22.972 preferenze.
Nel corso della legislatura il G. fece parte della commissione Finanze e Tesoro e fu inoltre membro dell'Ufficio economico della DC, coordinatore della Commissione interpartitica sulla finanza pubblica e consigliere economico della presidenza del Consiglio.
Alle elezioni del 3-4 giugno 1979 il G. venne confermato deputato per la stessa circoscrizione riportando 25.118 voti preferenziali. L'11 giugno 1981 entrò a far parte del governo presieduto da G. Spadolini come sottosegretario al Bilancio e alla Programmazione economica. Nel maggio 1982 si dimise dall'incarico governativo per assumere quello di responsabile del dipartimento economico della DC.
Militante nella corrente della sinistra di base negli anni Settanta, il G. divenne uno dei più stretti collaboratori di C. De Mita, segretario politico della DC dal 1982 al 1989, mantenendo tuttavia una posizione indipendente nell'ambito della sinistra democristiana.
Il 1° dic. 1982 la sua nomina a ministro del Tesoro costituì una delle novità più rilevanti del governo presieduto da A. Fanfani, anche perché nell'Italia repubblicana nessuno, di così giovane età, aveva mai ricoperto quella carica.
Questo elemento e la sua immagine, un po' al di fuori di quella tradizionale del politico italiano, di persona più vicina alla gente e al comune buon senso, contribuirono ad accrescere in breve tempo la popolarità del G., facendone "l'uomo nuovo" della DC.
Alle elezioni del 6 giugno 1983 fu candidato come capolista nella stessa circoscrizione e venne rieletto deputato con 54.610 voti di preferenza. La posizione politica del G. ne uscì consolidata e gli valse la conferma a ministro del Tesoro anche nei successivi governi presieduti da B. Craxi e da A. Fanfani, nel quale ultimo, dal 17 aprile al 29 luglio 1987, ricoprì ad interim anche l'incarico di ministro del Bilancio.
Il G. resse le sorti del Tesoro in un periodo assai travagliato per i conti dello Stato. Nel 1983, di fronte a una crescita incontrollata della spesa pubblica, il governo Craxi varò una manovra da 47.000 miliardi, che consentì di contenere l'aumento del deficit. Continuò invece ad aumentare il debito pubblico, a un tasso annuo del 26%, e la sua incidenza sul prodotto interno lordo (PIL) balzò, nel corso del 1983, dal 66 al 72%. Si parlò allora di una possibile tassazione dei buoni ordinari del Tesoro (BOT) che, con un tasso d'inflazione superiore al 12%, garantivano alti rendimenti; il G. espresse la sua contrarietà a tale misura guadagnandosi l'apprezzamento di un gran numero di risparmiatori. L'anno seguente egli propose un piano di rientro del debito pubblico che mirava alla stabilizzazione del rapporto tra debito e PIL nell'arco di un quadriennio, subordinato a una crescita del PIL reale del 3% medio annuo e dei prezzi del 5% medio annuo. Il piano mancò i suoi obiettivi: il rapporto tra debito pubblico e PIL salì al 77,4% nel corso del 1984 per raggiungere l'84,3% nel 1985. La crisi dei conti pubblici toccò allora il suo apice e il deficit giunse a sfiorare i 120.000 miliardi, pari al 14,7% del PIL, il picco più elevato dal dopoguerra. La situazione migliorò nel 1986, facendo registrare una significativa contrazione del deficit pubblico e un rallentamento del tasso annuo di crescita del debito pubblico, che nel corso della seconda metà degli anni Ottanta si collocò in media al 14% a fronte del 24,5% del quinquennio precedente; ciò nonostante l'incidenza del debito pubblico sul PIL progredì ulteriormente passando nello stesso periodo dall'88% a oltre il 100%. A incidere negativamente sull'andamento dei conti pubblici sopraggiunse nel 1987 una fase d'instabilità politica e di conflittualità tra i due maggiori partiti di governo, la DC e il Partito socialista italiano (PSI), che si rifletteva anche nell'elaborazione della legge finanziaria.
L'esito delle elezioni del 14 giugno 1987, nelle quali il G. era stato riconfermato alla Camera per la stessa circoscrizione con 61.999 voti preferenziali, aveva premiato sia la DC sia il PSI. A dispetto delle previsioni che la davano in declino, la DC vedeva aumentare i consensi e si sentiva pertanto legittimata ad assumere la guida del governo. D'altra parte il PSI, che si era rafforzato a spese dei partiti laici minori, ambiva a svolgere un ruolo ancora più determinante e competitivo nei confronti della DC. Il permanere dello stato di tensione tra socialisti e democristiani, all'indomani di una vivace campagna elettorale, rese improponibile la candidatura del segretario della DC De Mita alla guida del governo. Per decantare la situazione si pensò allora di fare ricorso a un governo di transizione e il G. fu ritenuto l'esponente politico più indicato ad assumerne la guida. Ricevuto l'incarico, il G. presiedette il primo governo della X legislatura, dal 19 luglio 1987 al 13 apr. 1988.
Ancora una volta il G. si trovò a essere il più giovane esponente politico ad avere mai ricoperto quella carica nell'Italia repubblicana. "Date le circostanze della sua nascita e il suo carattere di provvisorietà il governo Goria era destinato a vita difficile, costretto a barcamenarsi tra un PSI che cercava di condizionarne la politica e l'immagine come prova della sua accresciuta influenza e una DC che ne prendeva le distanze fin dall'inizio in attesa che si creassero le condizioni per un governo diretto da De Mita" (Mammarella, p. 525).
All'inizio di novembre, per un disaccordo sulla legge finanziaria, i liberali decisero di uscire dal governo, costringendo il G. alle dimissioni. La crisi si risolse rapidamente con il rientro della decisione dei liberali, che consentirono il rinvio del governo alla Camere dalle quali ottenne la fiducia. L'esecutivo si trovò nuovamente esposto alle tensioni interne alla maggioranza, evidenziate dall'offensiva dei franchi tiratori in occasione del voto sulla legge finanziaria, che fu approvata nel marzo 1988. A quel punto la DC reputò che il governo avesse esaurito il suo compito e indusse il G. a dimettersi.
Il 18 giugno 1989 il G. venne eletto, con oltre 640.000 voti preferenziali, riportati nella circoscrizione Nordovest, al Parlamento europeo, dove ricoprì la carica di presidente della commissione politica. Nell'aprile 1991 si dimise da tale incarico per assumere quello di ministro dell'Agricoltura nel governo presieduto da G. Andreotti.
In tale veste il G. decise il commissariamento della Federconsorzi, che portò alla liquidazione dell'ente, indebitato per 4000 miliardi.
Alle elezioni del 5-6 apr. 1992 il G. fu confermato per la quinta volta nel seggio parlamentare, riportando nella stessa circoscrizione 33.837 voti di preferenza. In giugno entrò a far parte del governo presieduto da G. Amato come ministro delle Finanze, carica che mantenne fino al 19 febbr. 1993, allorché si dimise in seguito al suo coinvolgimento in una vicenda giudiziaria relativa alla gestione della Cassa di risparmio di Asti.
L'amarezza per tale vicenda, che si concluse con il suo proscioglimento, e il manifestarsi di una grave malattia segnarono i suoi ultimi mesi di vita.
Il G. morì ad Asti il 21 maggio 1994.
Fonti e Bibl.: Necr. in Corriere della sera, 22 maggio 1994; G. Pansa, Lo sfascio, Milano 1987, ad indicem; G. Pallotta, Storia dell'Italia repubblicana, Roma 1987, ad indicem; T. Staiti, Davide e G. La resistibile ascesa di un impiegato di provincia, Milano 1991; P. Craveri, La Repubblica dal 1958 al 1992, Torino 1995, ad indicem; P. Ginsborg, Storia d'Italia 1943-1996, Torino 1998, ad indicem; G. Mammarella, L'Italia contemporanea 1943-1998, Bologna 1999, ad indicem; Storia economica d'Italia, II, Annali, a cura di P. Ciocca - G. Toniolo, Milano-Roma-Bari 1996, ad indicem; I deputati e senatori dell'undicesimo Parlamento repubblicano, Roma 1992, ad vocem; A. Pieroni, Diz. degli italiani che contano, Milano 1986, ad vocem; Diz. stor. del movimento cattolico. Aggiornamento 1980-1995, ad vocem.