GIOVANNI Haccai (etiopico: Yoḥannes Hakkāy "Giovanni il pigro". Nelle relazioni portoghesi il nome è trascritto Johanes Acâj od Akâj; nella traduzione francese della relazione Lobo: Jean Akay)
Capo abissino, vissuto nel sec. XVII.
Nativo di Tergilè; di carattere irrequieto, incostante quanto ambizioso, G. ebbe una vita agitata d'intrighi e di contraddizioni. Nel 1628, quando il negus Susenyos si era già dichiarato favorevole ai cattolici, G. tramò con altri capi tigrini una congiura per catturare un gruppo di gesuiti giunti a Massaua che avrebbero dovuto proseguire per l'Etiopia. Fallita la congiura, egli riuscì a sottrarsi alla punizione del negus. Nel 1632, succeduto al negus Susenyos suo figlio Fāsiladas, G. prima mantiene un contegno incerto e accoglie nell'Acchelè Guzai (oggi Eritrea) uno dei fratelli del nuovo negus come pretendente al trono; poi muta atteggiamento e consegna il principe al negus Fāsiladas. Ma, quando il negus espelle nel 1634 il patriarca Alfonso Méndez e i suoi gesuiti, G. si reca incontro a loro nella valle del Mareb e li ospita nell'Acchelè Guzai con molte proteste di amicizia. Ben presto, tuttavia, pensa di servirsi di loro come preziosi ostaggi per ottenere dal negus nuovi onori e cariche, e li fa sorvegliare, prima su di un'amba, poi di nuovo nel paese. Il negus accede a trattare con G. e gli promette di ripristinarlo nella carica di Bāḥr-nagāš (signore, cioè, dell'altipiano eritreo). G. allora, represso un tentativo di fuga del patriarca, gli consegna le lettere regali di esilio e gli ordina di partire entro due giorni, scortato, per Massaua. Il patriarca è così consegnato da G. ai Turchi di Massaua. Ma, mentre il Méndez denuncia il tradimento di G., costui già sembra pentirsi di essersi lasciato sfuggire gli ostaggi; e accetta abilmente di accogliere nuovamente da Massaua nel suo territorio dell'Acchelè Guzai il vescovo Apollinare d'Almeida e i gesuiti padre Francesco Rodriguez portoghese e Francesco Giacinto fiorentino. Ma più tardi, persuaso dalle lusinghe e minacce del negus Fāsiladas, gli consegna i tre ecclesiastici che vengono uccisi. G. ha già ampliato, per successive concessioni regie, i suoi dominî nell'attuale territorio eritreo; e, succeduti i francescani ai gesuiti, egli si mette di nuovo in rapporto col prefetto apostolico, il francescano Antonio da Virgoletta, il quale anzi è spinto, dalle proteste di devozione di G., a proporlo alla Santa Sede per uno speciale segno di gratitudine da accordargli con autografo del pontefice (ciò che non fu fatto). Continuò egli così a tollerare nel suo territorio gli ultimi Portoghesi rimasti in quelle regioni, senza tuttavia mai compromettersi troppo in loro favore. La figura di G. è tipica nella storia di quelle estreme regioni settentrionali dell'altipiano eritreo i cui capi hanno sempre dovuto giuocare insieme e sulle aspirazioni degli stati esteri aventi dominî in Mar Rosso e sul desiderio del negus abissino di attribuire esclusivamente a sé stesso le trattazioni con i paesi d'oltremare.
Bibl.: M. De Almeida, Historia de Ethiopa a Alta ou Abassia, in Rerum Aethiop. Script. Occid. ined., a cura di C. Beccari e S. J. (specialmente VII, VIII, IX, XII, XIII), Roma 1903-1917; Etiopia Francescana, a cura di T. Somigli, Quaracchi 1928; J. Lobo, Rélation histor. d'Abissinie, Parigi 1728.