GIOVANNI II Comneno, imperatore d'Oriente
Successe il 15 agosto 1118 al padre e fondatore della dinastia Alessio I, di cui era già collega sin dal 1092. Era nato nel 1088. Si assicurò il potere lottando contro la sorella Anna, che pretendeva, come primogenita, il trono. Continuando l'opera del padre, si propose la riconquista di tutte le provincie orientali, cadute successivamente nelle mani degli Arabi e dei Turchi, degli Armeni e dei crociati europei. Già nel 1113 occupò Laodicea, nell'alta valle del Meandro, e Sozopoli, facilitando le comunicazioni terrestri con Attalia. Nel 1122 la guerra con i Veneziani, scoppiata perché l'imperatore aveva rifiutato di riconoscere i loro privilegi nei porti bizantini e finita col trionfo dei Veneziani, l'aveva per poco distratto dai suoi disegni. Ma una improvvisa invasione dei Pecceneghi in Tracia nel 1121, le agitazioni dei Serbi verso il 1123-28, lo ricondussero nei Balcani; la guerra con l'Ungheria gl'impose di correre nel 1128 alla conquista di Belgrado, occupata da Stefano II. Verso il 1130 gli fu possibile riprendere le operazioni in Anatolia: una spedizione in Paflagonia restituì all'impero Castamon, ricacciando il signore turco di Melitene che dall'alto Eufrate cercava estendersi sino al litorale del Mar Nero. L'importante città fu ripresa nel 1134 dai musulmani e fu necessaria per riconquistarla una nuova spedizione. Frattanto lo stato turco di Melitene si sfasciava e il sultanato selgiuchida di Iconio era costretto a subire l'alleanza di Giovanni II. Questi rimase convinto che la potenza dei musulmani d'Anatolia fosse finita. E s'ingannò. Egli si preoccupò invece di ricuperare la Cilicia, dove la dinastia armena dei Rupenidi aveva creato uno stato a sé con velleità d'indipendenza, e di liquidare la questione del ducato latino di Antiochia. Nel 1136 attaccò per terra e per mare la Cicilia; occupò Adana, Tarso, Mopsuestia, Anazarbo; fece prigioniero il principe Armeno Zeone e lo inviò a Costantinopoli. Attaccò poi il ducato di Antiochia e assediò la stessa città. Costretto il principe, Raimondo di Poitiers, a chiedere pace, a riconoscere la sovranità feudale di G., lo investì solennemente (1137). Nella primavera del 1138, G. II continuò la marcia, con l'intenzione di attaccare Aleppo. Prese Buzā‛ah, ma fallì all'assedio di Shaizar. Si ritirò allora ad Antiochia, cercando di mettere un presidio nella cittadella. Ma dovette accontentarsi di conservare un alto potere feudale. Attraverso l'altipiano anatolico, dove si trovò nuovamente di fronte il sultano di Iconio, tornò a Costantinopoli. Nel 1139, ritentò attacchi ai Turchi di Iconio dalla Cilicia e a quelli di Melitene dal Ponto; nel 1140 si avanzò su Neocesarea, ma dissidî familiari lo costrinsero a ritirarsi.
Preoccupato com'era della formazione del regno normanno di Sicilia e dell'avversione del papato alla sua politica di riconquista della Siria latina, G. II si volse a ristabilire i legami di alleanza con Venezia, già a lui nemica nei primi anni del regno, con Pisa e Genova. Col papato era stato in relazione al tempo di Callisto II per la questione dell'unione delle chiese; con l'Impero ebbe rapporti cordiali, per la comune inimicizia verso Ruggiero II d'Altavilla. Nel 1142 l'imperatore scese per Sozopoli ed Attalia in Cilicia per impadronirsi di Antiochia. Ma, fra i preparativi militari, morì l'8 aprile 1143 nel campo imperiale fra Anazarbo e Mopsuestia. G. II aveva sposato una principessa ungherese Piriska, detta Irene e ne aveva avuto otto figli: Alessio e Andronico, premorti, Isacco e Manuele, Maria, Anna, Teodora ed Eudossia. La tradizione bizantina esaltò G. e lo denominò Calogiovanni non tanto per le sue doti fisiche, quanto per le sue virtù e le sue belle qualità morali.
Bibl.: F. Wilken, Rerum ab Alexio I, Iohanne, et Manuele Comnenis gestarum libri IV, Heidelberg 1811; F. Chalandon, Les Comnènes, II: Jean Comnène (1118-1143), et Manuel I Comnène (1143-1180), Parigi 1913.