GIOVANNI II il Buono, Re di Francia
Figlio di Filippo VI di Valois e di Giovanna di Borgogna, G. nacque il 24 aprile 1319 a Le Gué de Maulny presso Le Mans (dip. Sarthe). Il 28 luglio del 1332, già duca di Normandia, sposò Bona di Lussemburgo e Boemia, sorella dell'imperatore Carlo IV (v.), dalla quale ebbe nove figli, tra i quali il futuro re Carlo V (v.), Luigi d'Angiò, re di Napoli, Jean de Berry (v.), Filippo l'Ardito (v.), duca di Borgogna, e Isabella, moglie di Gian Galeazzo Visconti, duca di Milano. Nel settembre del 1349 morì di peste la prima moglie; cinque mesi più tardi G. contrasse un secondo matrimonio politico sposando Giovanna I, contessa d'Alvernia e Boulogne, vedova del duca di Borgogna, circostanza che gli assicurò il potere su questo ducato. Nel 1350, morto suo padre, ereditò il regno di Francia e venne consacrato a Reims il 26 settembre di quell'anno. Nel 1355, scaduto ormai l'armistizio con gli Inglesi, vi fu una ripresa della guerra dei Cento anni. L'anno seguente fu segnato dalla terribile disfatta francese di Poitiers (19 settembre 1356), nella quale Edoardo principe di Galles, detto il Principe Nero, figlio di Edoardo III d'Inghilterra, ebbe la piena vittoria. Durante la battaglia lo stesso G. fu fatto prigioniero e condotto in Inghilterra, dove trascorse quattro anni di cattività dorata, occupandosi di arte e musica. Il trattato di Brétigny e Calais del 1360 pose fine alla prigionia di G. e alla reggenza del delfino Carlo. Liberato il 25 ottobre del 1360, il re tornò tuttavia spontaneamente prigioniero in Inghilterra nel 1364, al posto del figlio Luigi d'Angiò, il quale, lasciato in ostaggio agli Inglesi, era però fuggito. G. morì a Londra l'8 aprile dello stesso anno.Definito nel sec. 17° prodigo, testardo, impulsivo e, ironicamente, 'il Buono' da Mézeray (1645, p. 429; Cazelles, 1974; Contamine, 1990), quasi per contrasto con il figlio, 'il Saggio' Carlo V, G. rimase una figura misconosciuta, sulla quale ha pesato il giudizio negativo per la disfatta di Poitiers. Grazie alla revisione critica di Tourneur-Aumont (1940) su Poitiers e agli studi che ne seguirono, soprattutto di Cazelles (1974; 1978; 1982), si è fatta luce sulla figura di G., re-novatore, vero e proprio cultore delle arti. Positivo fu infatti il giudizio dei contemporanei su G. - Francesco di Monte Belluna, Jean Froissart e Filippo di Mézières furono concordi nella valutazione positiva del suo operato (Cazelles, 1982, p. 35) - e particolarmente degna di nota è la testimonianza di Francesco Petrarca, il quale, durante una visita diplomatica a Parigi nel 1361 per conto di Gian Galeazzo Visconti, definì il re optimus et mitissimus (Cochin, 1917; Cazelles, 1982, p. 35), esaltando il suo amore per le arti e i libri. Da questa testimonianza sembra dunque sia stato G. il vero iniziatore della cultura letteraria dei Valois, e Delisle (1868) confermò questo dato quando, nell'esaminare la formazione della biblioteca di Carlo V, definì G. precursore del figlio nelle traduzioni in francese e nel collezionismo librario. Molti artisti che emersero pienamente nel regno di Carlo V sono documentati già dall'epoca di G.: è il caso, per es., del celebre architetto Raymond du Temple, che iniziò la ricostruzione del palazzo del Louvre già dal 1362 e che risulta documentato come probabile autore del rifacimento del jubé in Notre-Dame di Parigi, per adattarlo alla recinzione di coro voluta nel 1351 da G. (Sauval, 1724, II, pp. 11-13; Kletzl, 1938). Nel 1337 G. iniziò i lavori di rinnovamento del castello di Vincennes che si conclusero solo con Carlo V (Lehoux, 1966, p.7). Cedette inoltre al delfino la residenza patrimoniale dei Valois, il castello di Vivier-en-Brie, dove il futuro Carlo V fece ricostruire la cappella a esatta somiglianza della Sainte-Chapelle di Parigi (Autrand, 1994, p. 79). Residenza preferita di G. fu Vaudreuil (Normandia); le fonti ricordano inoltre quelle di Gentilly, Bicêtre, Saint-Germain-en-Laye e altre dimore provinciali.Amante della pittura e collezionista di quadri, G. affidò al pittore Jean Coste, con la supervisione di Girard d'Orléans, pittore di corte, l'esecuzione degli affreschi nel suo castello di Vaudreuil, oggi purtroppo ridotto a rudere. Jean Coste vi lavorò per sette anni, dal 1349 al 1356 (Dimier, 1925, p. 14): la galleria venne affrescata con soggetti della Vita di Cesare, in un'altra sala era dipinta una grande scena di caccia, mentre la cappella del castello era decorata con scene della Vita della Vergine e di s. Anna e con la Passione di Cristo. In un oratorio annesso venne affrescata un'Annunciazione. Il grandioso progetto testimonia la volontà di competere con Avignone, che G. vide personalmente più volte, insieme agli artisti della sua corte: della prima visita, nel 1342, dopo la morte di Benedetto XII, per raccomandare l'elezione al soglio pontificio di Pierre Roger, poi Clemente VI, resta testimonianza in un dipinto raffigurante il papa che offre a G. un dittico devozionale con le icone di Cristo e della Vergine, un tempo posto sull'altare della Sainte-Chapelle a Parigi e oggi perduto, ma noto grazie a una copia seicentesca di Roger de Gaignières (Parigi, BN, Cab. Estampes, Coll. Gaignières, Oa 11, cc. 85-88). Il dipinto, opera italiana forse di Matteo Giovannetti (Kahr, 1966; Sterling, 1987, nr. 20, fig. 73), documentato dal 1343 al servizio di Clemente VI, commemorava l'arrivo a Parigi del piccolo dittico, copia dell'originale bizantino di proprietà papale ad Avignone, e testimoniava altresì il comune interesse per la pittura della corte avignonese e di quella francese. Jean de Bondol trent'anni dopo, forse per diretto suggerimento di Carlo V, si ispirò a questo dipinto per la composizione della celebre miniatura del 1371 che mostra Carlo V mentre riceve da Jean de Vaudetar la Bible historiale (Aia, Rijksmus. MeermannoWestreenianum, 10 B 23, c. 2r).Della pittura del tempo si è invece conservato il ritratto di G. (Parigi, Louvre), forse il primo esempio di ritratto autonomo in Occidente, datato al 1349 (Castelnuovo, 1966; Erlande-Brandenburg, 1979; Vaivre, 1981; Les fastes du Gothique, 1981, nr. 323; Sterling, 1987, nr. 21, fig. 77), negli anni in cui la tendenza realistica dominante a corte era la più appropriata per permettere all'ignoto pittore, probabilmente Girard d'Orléans, di assimilare le novità avignonesi.Collezionista e committente di manoscritti, G. mantenne a sue spese Jean Susanne in qualità di illuminator librorum (Delisle, 1868, p. 16) e non cessò mai di arricchire la propria biblioteca, alla sua morte ereditata quasi completamente da Carlo V e solo in parte da Jean di Berry, il quale dal 7 al 9 aprile 1364 era presente in Inghilterra alla redazione dell'inventario dei beni paterni (Pabst, 1884, p. 46; de Winter, 1985, p. 55). A Poitiers, nel 1356, G. venne catturato insieme a diversi manoscritti che portava sempre con sé, tra i quali una Bible historiale di sua committenza (Londra, BL, Royal 19.D.II; ante 1356) e i Miracles de Notre Dame di Gautier de Coincy (Parigi, BN, nouv.acq.fr. 24541), miniato da Jean Pucelle e bottega per i genitori di G., Giovanna di Borgogna e Filippo di Valois. Il sovrano commissionò al suo premier chapelain Gace de la Buigne un'opera da dedicare a suo figlio Filippo l'Ardito, il Roman des deduis, iniziato nel 1359 (de Winter, 1985, p. 137). Pierre Bersuire, grande letterato e personale amico di Petrarca, completò nel 1356, su committenza di G., la traduzione delle Décades di Tito Livio (Parigi, BN, fr. 260-262); Jean de Vignai tradusse per lui gli Echecs moralisés, e monumentale opera fu la traduzione della Bibbia a opera di Jean de Sy (Parigi, BN, fr. 15397), nella quale il testo delle Sacre Scritture, oggetto di una nuova traduzione, doveva essere accompagnato da numerose glosse.La portata innovatrice della figura di G. nell'ambito della committenza letteraria esercitò una decisiva influenza sull'evoluzione dello stile miniatorio, come hanno particolarmente messo in luce recenti studi (Avril, 1972; 1978; 1982; Cazelles, 1978; Erlande-Brandenburg, 1979; Les fastes du Gothique, 1981). Iniziò e si realizzò pienamente proprio durante il regno di G. un nuovo stile 'naturalista' caratterizzato dal gusto per il dettaglio fisionomico, dall'interesse per "l'universo familiare dell'uomo" (de Winter, 1985, p. 8), in opposizione alle forme 'cortesi' di Jean Pucelle, soprattutto grazie all'opera di un eccezionale e misconosciuto artista, il Maestro del Remède de Fortune, che illustrò le opere di Guillaume de Machaut Le Remède de Fortune e Le Dit du Lion (Parigi, BN, fr. 1586). Questo artista-novatore (Avril, 1982) si ingegnava a sviluppare le indicazioni scenografiche che davano sfondo alle sue pitture, caratterizzate, nelle scene all'aperto, da una natura verdeggiante con i caratteristici 'alberi a fungo' (stile aux boqueteaux), divenuti poi di moda durante il regno di Carlo V. Il Maestro del Remède de Fortune conobbe le novità avignonesi ed ebbe inoltre contatti con artisti nordici che frequentarono in questo periodo gli ateliers parigini (Avril, 1982). Uno di essi era il miniatore di due manoscritti del Pèlerinage de la vie humaine (New York, Pierp. Morgan Lib., 772; Monaco, Bayer. Staatsbibl., Gall. 30), che collaborò insieme con il Maestro alla decorazione della Bible moralisée historiée di G. (Parigi, BN, fr. 167; Les fastes du Gothique, 1981, nr. 272; de Winter, 1985, nr. 40; Sterling, 1987, nr. 22) e predilesse l'illustrazione di una "umanità truculenta ed espressiva" (Avril, 1982, p. 30) popolata da tipi plebei, e dal gusto estraneo alla temperie parigina, ma in accordo con le province settentrionali della Francia e con le Fiandre. La Bible moralisée historiée è un eccezionale manoscritto la cui decorazione, composta di cinquemilacentododici vignette a grisaille, fu affidata da G. a un atelier diretto da Jean de Montmartre, formato da quindici artisti diversi (Avril, 1972). Datata agli anni dal 1349 al 1352, in essa si nota la presenza ridotta del Maestro del Remède de Fortune e l'assenza di Jean le Noir: negli stessi anni questi due importanti miniatori erano occupati contemporaneamente all'illustrazione di altri due codici commissionati da G.: il messale di Saint-Denis (Londra, Vict. and Alb. Mus., 1346-1891), miniato dal Maestro del Remède de Fortune, e il Salterio di Bona di Lussemburgo (New York, Metropolitan Mus. of Art, The Cloisters, 69.88), miniato da Jean le Noir. La Bibbia costituisce una specie di cerniera (Avril, 1982) tra lo stile ancora pucelliano e il nuovo realismo inaugurato dal Maestro del Remède de Fortune. Nelle due bibbie successive di G., la Bible historiale di Londra e la Bibbia di Jean de Sy (post 1355), è ormai realizzato uno stile che "rigetta deliberatamente le delicatezze grafiche per far posto a un deciso realismo" (Avril, 1982, p. 30).Il Maestro della Bibbia di Jean de Sy (v.) può dunque considerarsi un seguace del Maestro del Remède de Fortune, anche se non riuscì a "eguagliare l'arte consumata dell'incomparabile illustratore di Machaut" (Avril, 1982, p. 31). La Bibbia di Jean de Sy rimase incompiuta al sesto fascicolo, a causa della battaglia di Poitiers. L'illustratore, chiamato oggi Maestro della Bibbia di Jean de Sy (Les fastes du Gothique, 1981, nr. 280; Sterling, 1987) e un tempo impropriamente Maestro aux Boqueteaux, confuso con uno stile aux boqueteaux che iniziò prima di lui e continuò poi per tutto il regno di Carlo V, mostra un temperamento realista che ha fatto pensare a una provenienza da un centro della corte di Venceslao, duca del Brabante, del Limburgo e del Lussemburgo, fratello dell'imperatore Carlo IV.Legami e irradiazioni dell'arte boema si notavano tuttavia anche in modo più diretto durante il regno di G. proprio a opera di Bona di Lussemburgo, sua prima moglie, la quale, sorella dell'imperatore Carlo IV, estese la sua protezione a letterati e artisti boemi (de Winter, 1985, p. 9). Il poeta e musicista Guillaume de Machaut, personalità di spicco alla corte di Francia, aveva già lavorato per il re di Boemia Giovanni il Cieco, padre di Bona, e non poté dunque essere estraneo alla committenza di costei l'interesse verso le novità stilistiche nel clima di scambio tra Francia e Boemia che la regina certamente incoraggiò.In questo contesto non stupisce che Jean le Noir, nel Salterio di Bona di Lussemburgo, datato dal 1345 al 1350, avesse tratto i suoi modelli, per es. per la celebre doppia immagine dell'Incontro dei tre vivi e dei tre morti (cc. 321v, 322), dal Trionfo della morte dipinto a Pisa da Buonamico Buffalmacco (v.) verso il 1336 (Les fastes du Gothique, 1981, nr. 267; Sterling, 1987, p. 110, nr. 13) e avesse elaborato le novità italiane con un nuovo gusto per il particolare crudo e realistico. Tra gli altri miniatori attivi alla corte di G., oltre a quelli già menzionati, sono da ricordare anche Jean de Wirmes e Jean d'Orléans, figlio di Girard d'Orléans (m. nel 1361), attivo poi nel regno di Carlo V, per il quale è stata recentemente ipotizzata l'identificazione con il Maestro del Paramento di Narbona (v.; Sterling, 1987, pp. 220-224).G. fu committente inoltre di gioielli e cristalli: si ricorda il cristalliere Pierre Clouet e il suo orefice, Jean le Braelier, esperto nella tecnica dello smalto traslucido, che venne adottata proprio a partire dal regno di G., e della lavorazione poinçonnée (Les fastes du Gothique, 1981, p. 222).Oltre alla miniatura e all'oreficeria, G. è noto per aver favorito la diffusione della musica. Collezionista di nuovi strumenti, il suo Hôtel du Duc in Normandia comprendeva un piccolo tesoro di strumenti rari: flauti di Boemia, chitarre latine e moresche, trombe e altri strumenti a fiato.
Bibl.:
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