GIOVANNI imperatore d'Occidente
Dopo la morte di Onorio, alle difficoltà in cui versava l'Italia, che, minacciata dal conte Bonifazio e priva di un capo, stava per ricadere nell'anarchia, il Senato oppose un rimedio eleggendo imperatore G., allora primicerio dei notari (dicembre 423). Il suo govemo fu mite e ispirato a buone intenzioni. Vana fu però la sua richiesta a Teodosio II di riconoscerlo come legittimo collega. Egli s'illuse infatti di poter governare l'Occidente avendo a colleghi Teodosio II e Valentiniano III e coniò monete coi nomi di questi ultimi. Ma l'imperatore d'Oriente, sotto le pressioni di Galla Placidia, che si trovava allora a Costantinopoli e lo sollecitava a salvare il trono al piccolo Valentiniano III, si decise dopo qualche esitazione alla guerra. G. si trovò allora in una situazione molto grave. Ad Arelate (Arles) era scoppiata un'insurrezione delle truppe nella quale era stato ucciso il suo prefetto Esuperanzio; e contro Bonifazio, che, dall'Africa, aveva tagliato all'Italia i rifornimenti, aveva mandato la parte migliore delle sue truppe. Non si trovava perciò affatto in grado di poter resistere all'assalto che l'Oriente sferrava per terra e per mare contro l'Italia, onde, evitando le battaglie campali, si rinchiuse in Ravenna (gennaio 425). Quivi, dopo un primo successo riportato per mare sul duce nemico Ardaburio che fu fatto prigioniero, fu assediato dal figlio di costui Aspare, che intanto, passando senza colpo ferire con Galla Placidia attraverso la Venezia Giulia, era giunto in Italia. I soccorsi che Ezio doveva recargli dagli Unni giunsero tardi. Nel maggio del 425 Aspare entrava in Ravenna e catturava G., che fu giustiziato.
Bibl.: O. Seeck, Geschichte des Untergangs der antiken Welt, VI, Stoccarda, 1921, p. 95; id., in Pauly-Wissowa, Real-Encycl., IX, col. 1745; Cohen, Médailles Impériales, VIII, 2ª ed., p. 208, n. 4; E. Stein, Geschichte des spätrömischen Reiches, I, Vienna 1928, pp. 427-428.