GIOVANNI Italo ('Ιωάννης ὁ 'Ιταλός)
Nato nel tema bizantino di Langobardia (la Calabria), dopo breve soggiorno col padre militare in Sicilia, andò a Bisanzio a studiare sotto Michele Psello. Si conciliò il favore di Michele VII che lo chiamò a corte e gli affidò una missione in Italia. Accusato d'aver tradito l'impero, scappò a Roma: ottenuta la grazia, ritornò a Costantinopoli. Caduto Psello in disgrazia, gli succedette nell'insegnamento.
Impetuoso, scorretto nell'espressione, era un formidabile dialettico, le cui dottrine, benché sospette di eresia, avevano largo seguito nelle alte classi e nella gioventù. Una denuncia presentata contro di lui a Michele VII nel 1077 non ebbe seguito per l'intervento di persone influenti. Una nuova denuncia del 1082 trovò accoglienza presso Alessio I Comneno, il quale si mostrò più zelante del clero nella difesa della fede. Nel sinodo del 1082 fu emanato il decreto di condanna in 11 articoli, per avere, p. es., spiegato per raziocinio l'unione ipostatica, per aver rinnovato opinioni di antichi filosofi (metempsicosi, preesistenza delle anime), ecc.
Dall'esame degli opuscoli sinora pubblicati, risulta che G. I. è in fondo aristotelico (specialmente nel campo della logica e della retorica). Vi si osserva però un certo sincretismo: per alcuni problelni tenta di conciliare Platone con Aristotele, facendo qualche concessione al neoplatonismo (Opuscula selecta, ed. G. Cereteli, I-II, Tiflis 1924-1926).
Bibl.: K. Krumbacher, Geschichte der byz. Lit., 2ª ed., Monaco 1897, p. 444 segg.; F. Chalandon, Les Comnènes, I, Parigi 1900, pp. 311-319; L. Petit, Dictionnaire de Théologie catholique, VIII, Parigi 1924, pp. 826-828.