KOROMPAY, Giovanni
Nacque a Venezia il 26 apr. 1904 da Pietro e da Giovanna Locatelli.
La famiglia era di origine morava. Il nonno, divenuto prigioniero durante la terza guerra d'indipendenza nel 1866, al termine del conflitto decise di stabilirsi a Venezia. Qui, grazie alle conoscenze di greco, latino e anatomia dovute alla sua professione di medico, fu per un periodo direttore dell'Accademia di belle arti.
Allievo di E. Tito all'Accademia di belle arti, il K. ben presto prese le distanze dalla lezione stilistica del maestro. Già a diciotto anni, infatti, l'incontro con F.T. Marinetti, che nel 1922 si trovava a Venezia per presentare la mostra di E. Prampolini, lo colpì a tal punto da condizionare il futuro indirizzo del suo percorso artistico. In tale circostanza, oltre a Marinetti, col quale avviò un'amicizia duratura, conobbe F. Depero e lo stesso Prampolini, e aderì al movimento futurista.
Cosciente della rivoluzione linguistica che il movimento andava operando nelle arti figurative, il K. ne fu lucido propagandista (si fece anche promotore di un gruppo futurista veneziano, costituito insieme con il fratello Francesco, anch'egli pittore, da Magda Falchetto, sua futura moglie, e da Loredana Tron). Il K. entrò in contatto con il futurismo nell'epoca in cui veniva divulgato il manifesto dell'arte meccanica, e a interessarlo fu proprio il tema della macchina. Egli mantenne tuttavia una linea di condotta personale rispetto al movimento, non condividendo alcune delle posizioni politiche di Marinetti. Dall'inizio della sua militanza nel futurismo, il K. inoltre privilegiò la composizione geometrica sul dinamismo plastico. Ciò risulta evidente già nel quadro Rumore di locomotiva (1922: proprietà degli eredi, ripr. in Futurismo in Emilia Romagna, fig. 45), prima opera che documenta il suo pieno consenso alla poetica futurista: il richiamo al culto del dinamismo e della macchina appare evidente nelle forme che sintetizzano il movimento rotatorio del locomotore, la cui energia esplosiva trova espressione nei colori vivaci e decisi e nell'eco sonora del titolo.
Nel 1926 ebbe modo di partecipare alla mostra collettiva dei pittori futuristi organizzata dall'Opera Bevilacqua La Masa, esponendo dipinti e incisioni, tecnica quest'ultima in cui gli era stato maestro E. Brugnoli e alla quale si dedicò a partire dal 1924. Tra gli anni Venti e Trenta realizzò collages, assemblaggi, mobili, arredi d'insieme e sculture futuriste in legno; inoltre, suggestionato dalle visioni aeree consentite dall'impiego dei nuovi mezzi d'aviazione, dipinse una serie di aereopitture.
A tal proposito si devono citare Aereopittura, esposta alla Biennale veneziana del 1936 (collezione M. Wolfson jr., presso la Fondazione regionale Cristoforo Colombo di Genova), e Aereopittura: fantasia di motori (Roma, collezione privata: ripr. in Ali d'Italia…, p. 135). In entrambi i casi, e come in altri lavori di aereopittura, l'aereo, ridotto a un particolare, si trova al margine del quadro mentre l'intero spazio risulta dominato dal paesaggio cosmico. È questo nuovo paesaggio ad attrarre il K., il quale pare disinteressarsi alla propaganda militare che animava l'aereopittura.
Durante gli anni Trenta il successo professionale gli fu garantito anche dal rapporto che il fascismo aveva instaurato con i futuristi, motivo per cui fu invitato a partecipare a diverse esposizioni ufficiali: nel 1933 espose alla I Mostra nazionale d'arte futurista a Roma e in seguito alla mostra itinerante di aereopittura futurista ad Amburgo e a Berlino; fu inoltre presente alle Quadriennali romane del 1939 e del 1943. Quando tale rapporto cominciò a incrinarsi a favore delle tendenze artistiche sostenute da Margherita Grassini Sarfatti, per il K. divenne sempre più difficile trovare una propria collocazione professionale. Decise allora di iniziare a lavorare come giornalista per il Gazzettinodi Venezia, attività che gli consentì di vivere continuando a svolgere attività artistica. Nel 1936 sposò Magda Falchetto, da cui ebbe due figli, Piero e Barbara. Insieme si trasferirono poco dopo a Ferrara, dove il K. era stato chiamato da N. Quilici per collaborare al Corriere padano.
Qui frequentò Tato (G. Sansoni) e A. Magri, aereopittori come lui, con i quali partecipò alla mostra futurista organizzata nel 1940 a Ferrara da Marinetti. Nel 1941, sempre a Ferrara, prese parte alla mostra del gruppo futurista di Savarè (con la moglie Magda, G. Sgarbi e G. Gandini); e nel 1942 espose alla Biennale di Venezia alcune aereopitture (tra cui L'aereoplano allo specchio, conservato a Bologna in collezione privata: ripr. in Scudiero, p. non numerata).
A partire dagli anni Trenta, oltre che verso le opere futuriste, la sua ricerca si indirizzò verso composizioni geometriche "astratte" (definizione peraltro rifiutata dall'autore): lo testimoniano la serie "Verticalismi veneziani" (1934-35: tra questi l'opera eponima, ripr. in K., pp. 58 s.) o dipinti quali Atmosfera di Capri, del 1933 (Ferrara, Museo civico d'arte moderna), dove architetture e paesaggi industriali scomposti in singole parti si trasformano in sequenze di forme semplificate, prevalentemente verticali. Nello stesso periodo realizzò alcune sculture in legno e bronzo, concepite come assemblaggi di forme primarie di ispirazione cubofuturista, come Cantiere navale del 1934 (Bologna, galleria Paolo Nanni: ripr. in G.K., 1979, p. 174).
La convivenza cronologica di aereopitture e composizioni geometriche astratte dimostra come tali esperienze siano da considerare aspetti di un percorso continuo. Simili appaiono infatti l'analisi del soggetto e la sintesi progressiva della visione iniziale. Il colore conserva le implicazioni simboliche già presenti nelle opere futuriste (giallo quando il paesaggio raffigurato è costituito dagli altiforni, grigio per le architetture); e anche i temi che affascinano l'autore non sono diversi: è sempre l'estetica della macchina, rivelatrice della bellezza moderna, a essere indagata. Tuttavia, l'esito della nuova fase astratta dell'opera del K. non è spiegabile se non si tiene conto anche dell'attenzione che egli ebbe per le ricerche dell'avanguardia europea, in particolare di P. Mondrian, e per la lezione di Prampolini, cui fu legato da un profondo rapporto di amicizia e scambio professionale.
Nel 1944 una bomba cadde nelle vicinanze dello studio del K., situato nei pressi della stazione, provocando la distruzione della quasi totalità della sua produzione artistica (tra cui la serie intitolata "Stati d'animo", omaggio a U. Boccioni) e della sua raccolta documentaria (corrispondenze, riviste, documenti e fotografie).
Nel 1945 il Corriere padano fu costretto a chiudere; così egli si trasferì con la moglie a Bologna. Qui iniziò a riorganizzare un locale gruppo futurista, di cui divenne segretario; e nel 1951, insieme con Prampolini, G. Acquaviva, U. Peschi e A. Caviglioni, promosse la Mostra nazionale della pittura e scultura futuriste.
La rassegna fu dal K. fortemente voluta, nonostante gli esiti del suo lavoro apparissero in quegli anni ormai completamente orientati verso l'astrazione geometrica. Egli desiderava cogliere l'occasione della mostra per realizzare un'analisi storica sul movimento e sulla sua funzione culturale nel contesto dell'arte italiana del primo Novecento. In tal senso il suo appassionato impegno, testimoniato dalle molte lettere inviate ad amici futuristi durante l'organizzazione (tra cui quelle dei fondi Crali, Depero e Thayaht presso l'archivio del Museo di arte contemporanea di Trento e Rovereto), aveva soprattutto l'obiettivo di chiarire il ruolo di quegli artisti che come lui avevano partecipato al secondo futurismo e le caratteristiche peculiari di questa seconda fase del movimento. Nel suo testo di apertura al catalogo il K. manifestava chiaramente le proprie idee in proposito, sottolineando come i futuristi di seconda generazione fossero stati gli unici a opporsi alle tendenze di ritorno al classicismo dei novecentisti, i soli a rivendicare l'importanza di un linguaggio espressivo della modernità e a mantenere aperto il dialogo con le avanguardie europee (in G. K., 1979, pp. 25-27).
A Bologna il K. continuò a esercitare la professione di giornalista collaborando con il Resto del Carlino. Nel 1954 la sua partecipazione insieme con P. Dorazio, G. Turcato, C. Accardi alla mostra degli astrattisti a Macerata, dove provocatoriamente espose un quadro intitolato Venezia (ubicazione ignota), provocò il suo definitivo inquadramento da parte della critica nelle file dell'astrattismo, inizio di quell'incomprensione della sua opera durata fino agli anni Ottanta.
Tra la fine degli anni Cinquanta e gli anni Settanta, pur riscuotendo l'interesse di molti critici e partecipando a importanti esposizioni collettive e personali (tra cui si ricordano quella presso la Bevilacqua La Masa del 1958, le Biennali di Venezia del 1960 e di San Paolo del Brasile del 1969, la personale presso la galleria Marlborough di Roma del 1975 e quella presso la Galleria comunale d'arte moderna di Bologna del 1979), svolse una vita solitaria e ritirata, prevalentemente dedita all'arte. Nel 1968 la Biennale di Venezia gli dedicò un ampio spazio personale con l'esposizione di diciassette opere, e gli venne assegnato il premio internazionale della critica: da quel momento i suoi lavori raggiunsero quella celebrità che gli consentì di vivere in prevalenza dell'attività artistica, abbandonando la professione di giornalista.
A partire dagli anni Cinquanta la pittura del K. si mosse in direzione di un rigore geometrico sempre più accentuato. Ne sono frutto i dipinti della serie "Architetture" (tra cui Architettura, ripr. in K., p. 67) o quelli dedicati a particolari luoghi, come Ricordo di Grecia (1960: Bologna, galleria Paolo Nanni, ripr. in G. K., 1979, p. 85), ma anche le serie "Composizioni" e "Verticalismi" degli anni Settanta (si vedano Composizione e Verticalismi greci: ripr. ibid., pp. 150, 160), quando la ricerca si orientava sempre più verso combinazioni modulari di essenziale semplicità. Accanto alle pitture significativo ruolo assunsero anche le sculture in metallo e cemento, in cui l'autore interpreta con austerità, attraverso l'estrema rarefazione delle linee costruttive, la bellezza e il nitore di congegni e oggetti meccanici (come la scultura Composizione architettonica del 1960, ripr. ibid., p. 179, o Verticalismi del 1966, presso l'industria farmaceutica Alfa di Bologna).
Significativa fu la sua produzione di acqueforti: in quelle degli anni Sessanta e Settanta i paesaggi industriali e urbani sono interpretati attraverso un procedimento di semplificazione strutturale che li rende riconoscibili solo grazie ai titoli (tra questi Cantiere navale del 1970: proprietà degli eredi, ripr. in K., p. 97).
Nel 1979 un ictus gli compromise parzialmente l'uso della mano destra, obbligandolo a limitare l'attività artistica. Dal 1984 si trasferì a Rovereto. Dopo la morte della moglie (1986), rimase presso la casa di soggiorno Rovereto, dove gli era stato allestito un atelier personale. Lì morì il 21 marzo 1988.
Fonti e Bibl.: Rovereto, Arch. del Museo di arte contemporanea di Trento e Rovereto, Fondo Depero, Corrispondenze, 4357, 4537, 4438, 4456, 4475, 5762, 5634, 4542, 4548, 5458, 5917, 5180, 1117, 5207, 5217, 1775; Fondo Crali, Corrispondenze, Cra 3, Cra 9 s.; Fondo Thayaht, Corrispondenze, 36-38, 27 s.; Roma, Arch. della Galleria nazionale d'arte moderna, b. Giovanni Korompay, rassegna stampa; G. K. (catal.), Bologna 1979 (con bibl.); K. (catal.), Brescia 1989; Futurismo in Emilia Romagna (catal.), Modena 1990, fig. 45; L. Tallarico, L'etnia culturale emiliana nella fase iniziale di Prampolini e in quella conclusiva di K., ibid., pp. 61-64, 127-130; La pittura in Italia. Il Novecento/1, II, Milano 1992, pp. 289, 374, 926 s. (con bibl.); M. Scudiero, Omaggio a G. K. (catal.), Rovereto 1993; B. Mantura, Volo e pittura. Dipinti inediti poco e mal noti raffiguranti il volo, Roma 1994, pp. 138, 160 s., tavv. XXXIV s., XCIII; Futurismo. I grandi temi 1909-1944 (catal.), a cura di E. Crispolti - F. Sborgi, Milano 1997, pp. 243, 253, 258, 355; Ali d'Italia. Manifesti e dipinti sul volo in Italia (catal.), Bologna 2000, p. 135; Futurismo 1909-1944 (catal.), Roma 2001, pp. 360, 389, 585; Parole e immagini futuriste dalla collezione Wolfson, Milano 2001, pp. 26, 58, 140 s., 171, 199; G. K. (catal.), a cura di M. Giongo - G. Canestrini - M. Scudiero, Rovereto 2001; A.M. Comanducci, Diz. illustrato dei pittori, disegnatori e incisori italiani moderni e contemporanei, III, Milano 1972, pp. 1649 s.; Novecento italiano. Pittori e scultori 1900-1945. Opere e mercato, a cura di M. Agnellini, Novara 1997, pp. 116 s.; Il dizionario del futurismo, a cura di E. Godoli, II, Calenzano 2001, pp. 622 s.